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Bardonecchia. Al Sommeiller, a 3009 metri di altitudine, il Centro della Cultura di Alta Quota

Partiranno nelle prossime settimane i lavori per la realizzazione del Centro della cultura di alta quota. Bivacco colle del Sommeiller a 3009 metri di altitudine.

L’intervento è stato presentato, nel corso di un incontro al Palazzo delle Feste di Bardonecchia, dal sindaco Chiara Rossetti e da Devis Guiguet del pool di progettisti locali, che curerà l’opera. ” Un progetto- ha detto il sindaco Chiara Rossetti- che abbiamo a cuore. Il Sommeiller è all’apice di una Valle a cui teniamo tanto e su cui stiamo investendo molto”. ” Si va nella direzione di vedere compiuto un sogno” ha aggiunto Francesco Avato, sindaco quando l’intervento, finanziato con fondi europei Alcotra, fu avviato. Ed eccolo il progetto,  spiegato da Denis Guiguet, : ” sarà un piccolo edificio prefabbricato di 100 metri quadrati,  realizzato con legno locale da aziende locali. Una struttura non gestita,  con più funzioni tra cui quella di Centro di documentazione della storia e del futuro della montagna”. La struttura,  che dovrebbe essere ultimata prima dell’inizio della stagione autunnale,  reinterpreta quella del precedente rifugio Ambin nella forma e con la stessa tonalità di colore rosso. È progettata per offrire 14 posti per dormire e sarà accessibile a tutti, anche alle persone con difficoltà motorie. ” La montagna è e deve essere di tutti – ha concluso Devis Guiguet- Il 2022 si può certamente definire l’anno della ripartenza del Sommeiller”.

I giovani e la sessualità

Da sempre i giovani sono stati associati al vigore fisico, all’energia, agli istinti sessuali.

Questo vale tanto per gli uomini quanto per le donne. Concetti quali la verginità, l’amica di mamma che svolge il ruolo di nave scuola, gli amici più esperti o più anziani che riferiscono, spesso condendo i racconti con molta fantasia, le loro esperienze per testimoniare come si faccia.
E tutti aspettano la loro prima volta, segno che si entra nell’età adulta, complice una cultura che non sempre permette di parlare liberamente di sesso, che troppo spesso ancora oggi non consente un dialogo sereno e aperto tra genitori e figli.
La pornografia, un tempo riservata all’età maggiore se non si conosceva un edicolante compiacente, ora è dominio di tutti, anche dei più piccoli, perché non vi è alcun controllo reale sugli accessi alle decine di migliaia di siti web che, gratuitamente, propongono video per ogni gusto.
Il reale problema della pornografia, al di là di qualsiasi considerazione religiosa, morale o etica, è di carattere pedagogico.
I giovani, come chiunque si avvicini ad un qualcosa di nuovo, inesplorato, tende a considerare positivamente ciò che apprende, ciò che gli viene proposto, non possedendo ancora strumenti culturali che gli consentano una valutazione oggettiva.
Risulta quindi normale che i preliminari non esistano, che i rapporti vengano praticati senza protezione alcuna, che una bellissima quarantenne porti a casa un clochard e con quest’uomo faccia diventare il kamasutra un libro di preghiere.
Come il cinema insegna (e le recenti riprese torinesi lo hanno dimostrato) la finzione, grazie a montaggi, audio ad hoc e professionisti del sesso rende naturale ciò che in realtà sarebbe impraticabile o, comunque, pericoloso.
Sono purtroppo ancora molte le ragazzine che si concedono con facilità in cambio di pochi euro, complice un tasso etilico elevato, o per ottenere un oggetto griffato. I siti di incontri sono pieni di annunci di ragazze che, dichiarando 20-25 anni, in foto ne dimostrano, si e no, 17-18 se non addirittura meno e garantiscono prestazioni di alto livello al naturale (senza protezioni).
Dalla comparsa dell’HIV, l’inizio degli anni ’80, l’attenzione si era alzata portando ad una riduzione dei casi di malattie a trasmissione sessuale (MTS), ad un aumento nell’uso dei preservativi e, in generale, ad una maggior attenzione nei confronti dei possibili mezzi di trasmissione.
Come spesso accade, dopo almeno 30 anni di relativa tranquillità, si assiste ora ad una recrudescenza delle MTS e non soltanto per quanto riguarda HIV, epatite B e C ed altre malattie che ormai erano considerate solo un ricordo (sifilide, gonorrea, ecc).
Noi umani, i giovani ancor più, pensiamo spesso di essere immuni da ogni malattia, che ogni patologia possa riguardare gli altri, ma mai se stessi e, di conseguenza, non adottiamo le precauzioni più elementari; l’istinto atavico della riproduzione, purtroppo, rende ad alcuni maschi difficile accettare l’uso del preservativo, con la motivazione della perdita di sensibilità o dello spreco del seme.
Il risultato è che si incontrano sempre più spesso diciottenni positivi all’HIV per aver voluto provare qualche minuto di adrenalina, a moltissime donne viene diagnosticato l’HPV (papilloma virus) del quale alcuni genotipi sono spesso responsabili dei tumori maligni.
Il preservativo viene spesso associato solo alla prevenzione delle gravidanze, pensando che il sesso orale o anale non consenta la trasmissione di batteri, virus ed altre agenti patogeni. Le MTS vengono solitamente divise in tre categorie: quelle la cui trasmissione è quasi esclusivamente sessuale (Sifilide, Chlamydia, Gonorrea, Tricomoniasi, Papillomavirus, Herpes genitale e Chlamydia), quelle trasmissibili non esclusivamente per via sessuale (Epatite B, HIV, Citomegalovirus) e quelle la cui trasmissione per via sessuale è poco frequente (Candida, Epatite C).
Anni addietro l’attore Michael Douglas, che contrasse un carcinoma al cavo orale, attribuì all’HPV della moglie la causa (trasmessa attraverso rapporti orali).
Troppo spesso alcune donne, in primis alcune prostitute, accettano rapporti non protetti perché “si vede che sei pulito” o a condizione che l’uomo eiaculi all’esterno; o hanno un microscopio a scansione negli occhi o non conoscono il significato di portatore sano e di sieropositività. Alcuni studi, a mio giudizio statisticamente inaffidabili, hanno rivelato che negli anni 2020 e 2021 i casi di MTS sono calati rispetto agli anni precedenti; forse non hanno considerato che moltissime persone non si sono recate nei laboratori durante la pandemia, se non in caso di assoluta necessità ignorando così di aver contratto una patologia.
Alcune ragazze accettano di avere rapporti completi durante le mestruazioni, agevolando la penetrazione nel corpo del partner di eventuali agenti patogeni.
I virus, in particolare, possono entrare attraverso minuscole abrasioni nei tessuti (irritazione dei genitali, detergente intimo aggressivo o con pH errato, spazzolino da denti troppo duro, uso degli stuzzicadenti o cure odontoiatriche, emorroidi) manifestandosi anche dopo settimane.
In alcuni casi la patologia può restare silente (Epatite) evolvendo in carcinoma epatico anche dopo anni.
Il Comune di Torino ha evidenziato due fattori a mio parere preoccupanti: più del 27% (1 su 4) delle persone intervistate dal progetto pilota “Sanarcobaleno” non ha mai eseguito un test HIV e la maggior parte non conosceva lo stato sierologico del proprio partner; inoltre, la maggior parte delle nuove infezioni è trasmessa da chi non conosce il proprio stato sierologico.
In ultima analisi: vale la pena rischiare la vita o, quanto meno, di compromettere seriamente la salute propria e dei propri cari per un momento di piacere spensierato?
La prostituzione stessa, vuoi una italiana tendenza a non legittimare le cose scomode, vuoi un’immigrazione incontrollata ha notevolmente aumentato l’offerta con conseguente adeguamento della domanda. Su un sito di annunci-incontri, nella sola Torino sono comparsi in un solo giorno quasi 900 annunci diversi tra prostitute femmine e trans; una statistica ha rivelato che ognuno di essi riceve circa 10 clienti al giorno per cui significa che ogni giorno circa il 5% dei torinesi maschi (e penso che altre grandi città non siano molto diverse) si rivolga a professionisti del sesso (di tutti i generi).
Questo dato mostra un problema non solo di ordine sociale ma anche, e soprattutto, psicologico: perché così tante persone devono ricorrere al sesso al pagamento, avendo spesso una relazione stabile? Cosa spinge a rischiare la salute e, talvolta, una pesante sanzione se sorpresi in auto in atteggiamento inequivocabile?
All’interno di questo quadro, quantomeno preoccupante, in cui giovani ed adulti cercano l’affermazione della propria individualità attraverso l’espressione di un bisogno primario per la sopravvivenza della specie, la sessualità dei giovani adolescenti è spesso descritta come spregiudicata, senza limiti e sempre più precoce. Frequentemente viene disapprovata dagli adulti che si mostrano sorpresi o disorientati dalla mancanza di regole con cui crescono queste nuove generazioni, senza riflettere sul fatto che sono proprio gli adulti ad improntare i giovani. Tra l’altro, quando si parla di “comportamenti a rischio” non si può sottovalutare il fatto che questi sono tali per l’adulto mentre l’adolescente, com’è noto, non ha ancora ben strutturato la percezione del rischio. Per l’adolescente è normale e naturale esprimere la propria vitalità, la piena energia, in un quadro di riferimento che è quello trasmesso dall’adulto e le cui caratteristiche sembrano andare nella direzione del sesso come potere e come merce di scambio in una fissità di ruoli e stereotipi di genere. O almeno questo traspare dai modi degli adolescenti, dai testi delle canzoni che amano ascoltare e dal materiale (confezionato dagli adulti) che anche i più piccoli possono facilmente visionare in rete.
L’elevata esposizione ai rischi derivante dall’espressione spregiudicata della sessualità e la scarsa tendenza ad approfondire le proprie conoscenze, può condurre a problemi anche gravi di salute fisica e/o psicologica oltre che aprire la strada alle dipendenze da sostanze varie e dalle tecnologie.
Ebbene, cosa può fare l’adulto, il responsabile dell’educazione delle future generazioni, a fronte di questo stato delle cose?
Alcuni pensano di avere il dovere di controllare e contenere, altri fingono di non vedere o comunque non danno peso ritenendo di non essere direttamente coinvolti (i propri figli costituiscono sempre “casi a parte”), altri ancora provano a porsi domande e a riflettere sui cambiamenti culturali e i modelli di riferimento, avendo a cuore la salute psicofisica delle giovani generazioni.
Di fatto le criticità legate all’espressione della sessualità sono trasversali e coinvolgono tutte le fasce di età, considerato anche il prolungarsi dell’adolescenza. La società attuale è un crogiuolo di contraddizioni in cui si fatica a trovare una propria direzione: i forti valori di riferimento stanno lasciando il posto ad un’etica neutra e non univoca, le norme di riferimento sono sostituite da comportamenti normali che delegittimizzano la trasgressione e l’affermazione personale è al centro di tutto a discapito dei rapporti sociali.
Non è facile orientarsi in questo contesto, anzi, il rischio di esperire un divario eccessivo tra gli innumerevoli modelli spacciati come riferimenti e le proprie risorse percepite, è sempre dietro l’angolo e può portare sia ad un eccesso di spregiudicatezza che ad inibizioni, chiusure e ritiri precoci dopo le prime esperienze “non all’altezza”.
Dove la famiglia e gli amici non sono sufficienti a venire in aiuto, si può ricorrere ad un esperto (medico, psicologo, sessuologo) che, lungi dall’avere la bacchetta magica, può comunque, a seconda delle proprie competenze, fornire informazioni pratiche e indicazioni, oltre che accogliere e accompagnare le giovani personalità nei loro percorsi di formazione individuale.

Sergio Motta

Cristiana Francesia

“Tutti i linus. 100 anni con Charles Schulz” alla Reggia di Venaria

Dal 25 Giugno 2022 al 11 Settembre 2022  Reggia di Venaria

La Milanesiana di Elisabetta Sgarbi, ospita  la mostra Tutti i linus. 100 anni con Charles Schulz a Venaria Reale (Torino), in occasione del centenario della nascita di Charles M. Schulz.

Tutti i linus. 100 anni con Charles Schulz” è una  esposizione in anteprima che ripercorre i 57 anni della rivista “linus”, l’autore dei celeberrimi Peanuts. Giovanni Gandini, Umberto Eco e Oreste del Buono, fino all’attuale direzione di Elisabetta Sgarbi e Igort: è un viaggio nel colore, nelle idee, nella storia d’Italia, attraverso la rivoluzione a fumetti di “linus”.

Scusi, ma lei chi è? Cosa ci fa in casa mia?

Quando non ci si riconosce di fronte allo specchio e non si sa più chi sono i propri famigliari
Siamo talmente abituati a passare di fronte ad uno specchio e riconoscerci, che non ci facciamo più
caso, ma cosa succederebbe se un giorno ci svegliassimo e non fossimo in grado di identificare la
nostra figura, ponendoci di fronte alla superficie riflettente in cui ci guardiamo fin da bambini?
Esiste una condizione patologica, nota come sindrome di Capgras che contempla tale situazione.
La sindrome prende il nome dal medico che la identificò in un paziente ormai quasi 100 anni fa; la
malattia è nota anche come “sindrome dell’impostore”.
Poiché la sindrome di Capgras è rara è, di conseguenza, difficile da studiare. La maggior parte di
ciò che sappiamo proviene dai resoconti dei medici sui singoli pazienti e sappiamo anche da alcune
recenti ricerche che è più facilmente riscontrabile tra le persone affette da patologie
neurodegenerative come la demenza: fino al 16% delle persone affette da demenza a corpi di Lewy,
un particolare tipo di inclusioni cellulari, o da Alzheimer presentano anche la sindrome di Capgras.
Si verifica facilmente anche in persone che presentano differenti patologie cerebrali, come la
schizofrenia, il Parkinson o l’epilessia; può manifestarsi anche in esiti di ictus o nel caso di una
lesione cerebrale traumatica, o in persone sofferenti di schizofrenia.
Una ricerca stima che le persone con schizofrenia e demenza costituiscano l’81% di tutti i casi. Uno
studio sulla sindrome di Capgras ha utilizzato un database sanitario di 250.000 persone nel Regno
Unito, trovando solo 84 casi in quell’ampio gruppo. Un filo conduttore era che molte persone con la
sindrome di Capgras avevano anche altri tipi di deliri. Le persone affette da questa patologia
tendono inoltre a essere di mezza età, ad avere avuto in passato altri problemi di salute mentale. Le
donne sono più colpite degli uomini, con frequenza quasi doppia.
Il riconoscimento del volto di un’altra persona è un processo complicato, che coinvolge un notevole
flusso di stimoli neurologici e cognitivi deputati a valutare, elaborare e determinare chi sia la
persona di fronte alla quale ci troviamo. Avviene in aree cerebrali situate nell’area temporale e
occipitale e in parte del sistema limbico ed è opinione comune che possa esservi una mancanza di
connessione tra il riconoscimento facciale e le emozioni provocate dal vedersi comparire di fronte
un volto familiare.
Quando si vede un volto noto, nel cervello entrano in azione due sistemi. Il sistema nervoso
periferico trasmette le informazioni somatiche ed emotive relative a quel volto al sistema nervoso
centrale, il quale è deputato ad analizzare le caratteristiche di quel volto con un processo che in
tempi infinitamente piccoli giunge a riconoscerlo, o a identificarlo come non conosciuto. I medici
non sanno ancora esattamente quali siano le cause della sindrome di Capgras, ma numerosi indizi
portano a credere che l’interruzione della connessione fra il sistema nervoso centrale ed il
periferico, sia una delle cause principali della malattia.
Molti pazienti con la sindrome di Capgras presentano una o più alterazioni nel tessuto encefalico;
non è necessario che le alterazioni riguardino esattamente le parti del cervello responsabili del
riconoscimento, possono semplicemente trovarsi in aree ad esse collegate.
Si ritiene che le emozioni siano controllate dall’amigdala, un ammasso cellulare a forma di
mandorla situata in profondità all’interno dei lobi temporali del cervello; vi sono due amigdale, una
situata in ciascun emisfero cerebrale. Si tratta di una struttura del sistema limbico coinvolta in
molte delle nostre emozioni e motivazioni, in particolare quelle legate alla sopravvivenza. E
coinvolta nell’elaborazione di emozioni come paura, rabbia e piacere. L’amigdala a anche
responsabile della determinazione di quali ricordi sono archiviati e dove sono archiviati i ricordi nel
cervello. Si pensa che questa determinazione sia basata sull’enorme risposta emotiva che un evento
evoca, in particolare l’incontro e il riconoscimento di un volto amico. In pratica si tratta di una
sentinella delle nostre emozioni.
Se il tessuto cerebrale di sua pertinenza viene ad essere alterato da malattie degenerative o
neoplastiche, il paziente può riconoscere il volto di qualcuno, ma non associa alcuna emozione alla
vista di un volto familiare, cioè lo riconosce coscientemente come volto, ma non riesce a collegarlo
a ad una persona da cui sia legato emotivamente.
Ed ecco che allora la sindrome di Capgras è anche definita “sindrome dell’impostore”, perché le
persone affette da questo disturbo sono fermamente convinti che alcuni impostori abbiano
sostituito i loro cari e nessun ragionamento può far cambiare loro idea.
Tale delirio riguarda non solo le persone, ma anche gli animali domestici, o addirittura alcuni
oggetti possono non essere più riconosciuti.
In casi particolarmente accentuati, nel paziente il delirio del mancato riconoscimento, può associarsi
alla idea che un luogo in cui vive abitualmente sia stato riprodotto fedelmente, ma non sia quello
“originale”, e che addirittura esistano due versioni identiche dello stesso luogo e che lui si trovi
costretto a vivere in quello clonato. Questa patologia, che prende il nome di paramnesia duplicativa,
è collegata a lesioni cerebrali localizzate nel lobo frontale
Alcuni esperti suggeriscono una terapia per aiutare il paziente e i suoi cari a gestire la malattia. Con
le terapie di riabilitazione, le persone care devono cercare di mettersi al posto del paziente per
capire al meglio quali siano le emozioni che sta provando. Questo approccio alla malattia offre al
paziente un senso di sicurezza, in particolare se teme che l’impostore sia lì per fargli del male.
Anche la consulenza familiare si rivela molto utile. Cercare di persuadere una persona affetta da
sindrome di Capgras che si sta sbagliando non risolve la situazione, ma può causare maggiore
sofferenza per tutti. Le persone care dovrebbero sempre cercare di mostrare compassione.
E’ fondamentale tenere sempre presente che è una condizione patologica a causare la falsa
credenza. Si deve provare a distrarre il malato, facendogli svolgere una delle sue attività preferite.
Una voce rilassante e un tocco delicato dimostreranno il vostro sostegno e li aiuteranno ad
affrontare la realtà.
La diagnosi si basa essenzialmente sul riconoscimento dell’ideazione delirante da parte del paziente.
È necessario effettuare un esame neurologico corretto ed escludere l’eventuale consumo di sostanze
tossiche come la ketamina e ricercare, mediante una approfondita anamnesi possibili antecedenti
psichiatrici, oltre alla ricerca di pregressi traumi cranici. La valutazione del paziente comprenderà
uno studio di imaging cerebrale tramite tomografia assiale computerizzata (TAC) e risonanza
magnetica (RM). A queste indagini potrà essere associata l’esecuzione di un elettroencefalogramma
(EEG) per escludere possibili focolai di coinvolgimento del cervello.
È importante coinvolgere i familiari o chi si prende cura del paziente per sapere quando sono
iniziate le allucinazioni e per ottenere quanti più dettagli possibile.
Oggi, oltre alla funzionalità e alle patologie ben conosciute in ambito Accademico, alcune correnti
di pensiero ipotizzano anche la teoria che l’amigdala sia responsabile della nostra capacità di
trascendere quanto vi è di conosciuto, mantenendo la percezione dell’ordinaria realtà attraverso
l’inibizione della maggior parte dei segnali sensoriali che bombardano il cervello e il corpo
filtrandoli, permettendoci così di vivere l’ordinaria realtà che percepiamo come “normale”.
L’iperattivazione dell’amigdala rimuove i filtri sensoriali, come dimostrato da alcuni pazienti che a
seguito di interventi neurochirurgici sull’amigdala hanno riferito di aver sperimentato la sensazione
di aver avuto accesso ad una dimensione “altra” potendo comunicare con gli “spiriti” o di aver
ricevuto particolari indicazioni, provenienti direttamente dall’Aldilà.
Indicazione questa assai intrigante e, forse, conosciuta da antichi popoli che hanno lasciato
rappresentazioni delle loro divinità dipinte all’interno di una “mandorla mistica”, un involucro che
ricorda la forma dell’amigdala, la cui stimolazione, come detto, potrebbe, forse, aprire le porte ad
una dimensione ancora sconosciuta ai nostri sensi, ma ben conosciuta da tutti quelli che credono ad
una dimensione spirituale a cui, in occasioni particolari ci sarebbe data la possibilità di accedere.
Rodolfo Alessandro Neri

Un futuro più etico con Confimi Industria Piemonte e Wurth

 

Martedì 21 Giugno, si è siglato un accordo importante tra Confimi Industria Piemonte e Wurth, presso il Palazzo dei Conti di Bricherasio in provincia di Torino. “Il progetto presentato ed approvato, avrà lo scopo di creare e mantenere corsi professionalizzati in materia di artigianato per soggetti sottoposti al regime carcerario”. Un passo importante per Confimi Industria Piemonte che continua nel suo percorso di ascesa etico e produttivo. Il Presidente Confimi Industria Piemonte, Hella Soraya Zanetti Colleoni dichiara: “Portare cultura ed istruzione, all’interno degli istituti penitenziari tra le donne e i giovani che devono riabilitarsi, rappresenta un piccolo e grande strumento per dare attuazione alla Costituzione e al principio di rieducazione a cui essa si ispira”. Un programma che sottolinea l’opportunità, per i detenuti il lavoro fa la differenza, rende tutto più vitale, soprattutto se gestito da soggetti imprenditoriali capaci di proporre lavoro vero. Anche I rappresentanti di Wurth Loris Carbonetti National Key Account e il Sales manager Capone Giuseppe hanno sottolineato l’importanza di tale iniziativa e di quanto sia in linea con la loro filosofia aziendale. Lo stesso Carbonetti afferma “Siamo felici di questo progetto, in Würth, ci impegniamo da sempre per favorire la valorizzazione dei percorsi formativi per i giovani e dei soggetti fragili”. Un progetto che conferma un mutamento positivo per le realtà future, considerando che, un tempo le aziende e le grandi corporation puntavano solo ed esclusivamente a vendere il loro prodotto, al cosiddetto “posizionamento”. Il marketing e la comunicazione, attraverso le campagne pubblicitarie, erano malleabili al solo scopo di parlare di un prodotto, del suo valore e dei suoi benefici. La reputation dei brand era misurabile in termini di relazione diretta con i loro prodotti, la loro efficacia nel cuore dei consumatori. Un regime a sistema fino a qualche tempo fa, mentre oggi parliamo di cambiamento. Le aziende si mostrano molto più sensibili ed attente nello sposare un progetto che sia in linea con un obiettivo sociale ed etico.

Edisu Piemonte al Vertice globale sugli affari e i servizi per gli studenti

Il presidente Sciretti: “Confronto con i colleghi per innovare il settore”

Il presidente di Edisu Piemonte Alessandro Ciro Sciretti e il direttore Donatella D’Amico hanno partecipato al sesto Vertice globale sugli affari e i servizi per gli studenti ospitato da Student Affairs Ireland e University College Cork nei giorni scorsi.

Un appuntamento di approfondimento e discussione in cui i principali attori del diritto allo studio universitario si confrontano su quali azioni mettere in pratica per rispondere in maniera sempre più adeguata alle esigenze degli studenti e offrire servizi di qualità che nel contempo rispettino i 17 goal dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite.

Nella tre giorni all’University College di Cork, attraverso gruppi di lavoro e momenti di networking gli Stati partecipanti si sono dati come obiettivo quello di un programma strategico comune per mettere in campo una serie di azioni su ciascuno dei 17 goal, con particolare attenzione ai temi dell’uguaglianza e giustizia sociale nell’istruzione superiore, sostenibilità delle sedi del diritto allo studio, e ai programmi di Life Long Learning.

“Il costante confronto con i colleghi del resto d’Europa e di tutto il mondo è fondamentale per innovare un settore, quello dei servizi agli studenti universitari, che è rimasto statico per troppi anni. Orientamento universitario, internazionalizzazione, sostenibilità e molti altri temi necessitano dello scambio di buone pratiche per guardare al futuro” ha dichiarato il presidente di Edisu Piemonte Alessandro Ciro Sciretti, delegato da Andisu, l’associazione nazionale degli organismi per il diritto allo studio universitario, per partecipare all’Ecsta, European Council for Student Affair.

“Dialogare con le altre esperienze di diritto allo studio è il modo migliore per elaborare delle strategie globali che possano avere ricadute positive sui singoli territori delineando un modello di servizi per gli studenti universitari che sia sempre più in linea con quei principi delineati dall’Agenda 2030 che proprio in un sistema di istruzione di qualità e accessibile individua uno dei perni per uno sviluppo sostenibile per le prossime generazioni” ha dichiarato il direttore generale di Edisu Piemonte Donatella D’Amico.

Politecnico di Torino tra i migliori nella classifica di U-Multirank 2022

Politecnico di Torino tra i migliori nella classifica di U-Multirank 2022, il più grande database internazionale sulle università del mondo

U-Multirank, sviluppato con il supporto della Commissione Europea e Programma Erasmus, valuta ogni anno oltre 2.200 università: l’ateneo torinese si conferma eccellenza in knowldge transfer

 

Nella sua nona pubblicazione annuale, l’ U-Multirank , classifica avviata dalla Commissione Europea e cofinanziata dal Programma Erasmus, premia Politecnico di Torino, che si conferma tra i migliori in knowledge transfer.

Gli ultimi dati rilevati dalla ricerca U-Multirank non solo forniscono indicazioni sulle prestazioni nazionali delle università, ma, in quanto classifica globale multidimensionale, consentono di mettere in luce la diversità del settore dell’istruzione superiore su un palcoscenico mondiale.

In Italia le università con il maggior numero di punteggi più alti includono:

Università italiane con il maggior numero di migliori risultati in assoluto

Totale punteggi “A” 2022

Università Bocconi

15

Università Humanitas

14

Scuola IMT Alti Studi Lucca

13

Politecnico di Bari

12

Università IULM

12

Politecnico di Torino

12

La piattaforma di U-Multirank, il più grande database internazionale sulle università del mondo, consente infatti agli utenti di generare confronti interattivi multidimensionali su cinque dimensioni di performance: una valutazione ponderata dell’offerta formativa che consente agli utenti di orientarsi meglio nella scelta dell’università e che colloca gli istituti italiani in cima alle classifiche di determinate aree di eccellenza. Nell’ambito della Ricerca, ad esempio, il 72% delle università italiane ottiene una valutazione superiore alla media, mentre il 62% si posiziona molto bene per connessione e impegno verso il territorio, attività con valore educativo, culturale e di sviluppo sociale:

Le indagini più recenti, che coinvolgono in totale 82 università italiane, misurano le performance dei vari istituti su scala nazionale e globale: osservando da vicino le prestazioni degli atenei nazionali nella categoria Ricerca di U-Multirank, si può capire facilmente perché le italiane si trovano in vetta al ranking. Le seguenti misurazioni della capacità di Ricerca evidenziano le specifiche aree di forza delle università italiane:

Numero di posizioni Post-dottorato (93% di risultati ‘A’ o ‘B’ )
Tasso di citazione (85%)
Pubblicazioni più quotate (83%)
Pubblicazioni ad accesso aperto (79%)
Percentuale di autrici donne (79%)

Offrendo una classifica personalizzabile, gli studenti possono scegliere con maggiore consapevolezza cosa o dove studiare in base a ciò che è più importante per loro. A loro volta, le università possono utilizzare i dati di U-Multirank per valutare i propri punti di forza e di debolezza e trovare il modo di creare o rafforzare i propri piani strategici, compresi gli aspetti di cooperazione.

Estia e Homes4All uniti per la rigenerazione urbana e sociale

 Oggi a Torino e in prospettiva  su scala nazionale

Homes4All la startup innovativa società benefit che opera secondo un modello innovativo di rigenerazione urbana e di finanza ad impatto sociale riducendo l’emergenza abitativa si rafforza in una partnership d’eccellenza con ESTIA, società per azioni di Amministrazione Condominiale che opera in Italia con principi virtuosi di trasparenza e qualità. La mission di Homes4All – coniugare, attraverso il social housing, investimenti immobiliari privati e impatto sociale contribuendo a realizzare città più inclusive – si allinea con l’operato di Estia rafforzandosi nel servizio di gestione e amministrazione condominiale. La partnership è ufficialmente iniziata con il conferimento della gestione di un condominio situato in zona Barriera di Milano, a Torino.

Questo percorso di partenariato appena iniziato, ha come obiettivi principali:

– Amministrazione condominiale e Building management
– Favorire interventi di efficientamento energetico degli edifici
– Sviluppo di Comunità energetiche
– Promozione di interventi volti alla valorizzazione dell’immobile, le performance reddituali degli stabili
– Monitoraggio e presidio costante della comunità condominiale e sportelli di ascolto destinati alle famiglie in situazioni di difficoltà abitativa al fine di migliorare il percorso di inserimento e di ridurre il rischio locativo

“La partnership con Estia è importante e strategica per lo sviluppo della gestione immobiliare non solo su Torino ma anche sul territorio nazionale. Inoltre, il primo condominio conferito in gestione ad Estia è particolarmente significativo per Homes4All per la valenza sociale che ha nel quartiere e per tutte le attività connesse che intendiamo sviluppare” dichiara Giorgio Mosci – Presidente di Homes4All. Estia, società che ha interamente rivoluzionato il processo di gestione condominiale, dispone di un Team composto da specialisti ed esperti Amministratori di Condominio coadiuvati da tecnici ed ingegneri che, occupandosi degli aspetti amministrativi, legali, assicurativi e fiscali garantiscono un servizio di altissimo livello. La mission di Estia è di garantire prima di ogni altro la miglior soluzione a qualsiasi esigenza che si possa avere in casa o nel condominio, promuovendo le scelte che valorizzano l’ambiente, le persone e la comunità.

“Siamo orgogliosi di questa nuova partnership. È necessario che le realtà imprenditoriali sappiano armonizzare gli obiettivi economici con quelli sociali e ambientali del territorio di riferimento, contribuendo con la loro attività a rendere la società più inclusiva e sostenibile. Questo primo progetto pilota nella nostra città conferma quanto Torino e il Piemonte siano territori fucina di idee e innovazione. Con l’aiuto di Homes4All e le  amministrazioni locali ci auguriamo di estendere la nostra mission a tutto il territorio nazionale. Abbiamo un grande sogno: essere i migliori in Italia nel semplificare la vita delle persone nella propria casa, creando una società più sostenibile e inclusiva. ” afferma
Giuliano Garesio, Ceo di Estia SpA

Università e Politecnico, cresce il tasso di occupazione dopo la laurea

Performance positiva dell’Ateneo torinese rispetto all’anno precedente e alla media nazionale. Aumentano il tasso di occupazione a un anno dalla laurea, sia per i laureati triennali che per i laureati di secondo livello, e la retribuzione mensile

È stato presentato  il Rapporto 2022 AlmaLaurea sul Profilo e sulla Condizione Occupazionale dei laureati, XXIV Indagine. Curato da AlmaLaurea, Consorzio Interuniversitario fondato nel 1994 e che rappresenta 77 Atenei italiani, ha indagato la condizione occupazionale dei laureati italiani e le caratteristiche del capitale umano uscito dal sistema universitario nel 2021.

Per quanto riguarda l’Università di Torino, l’indagine sulla condizione occupazionale ha coinvolto complessivamente 25.825 laureati. I dati si concentrano sull’analisi delle performance dei laureati di primo e di secondo livello usciti nel 2020, intervistati a un anno dal titolo, e su quelle dei laureati di secondo livello usciti nel 2016, intervistati dopo cinque anni.

Per i laureati triennali (mai iscritti a un successivo corso), aumenta il tasso di occupazione a un anno dalla laurea dal 72,8% (nel Rapporto 2021) al 76,2% (nel Rapporto 2022), cala il lavoro part-time dal 22,6% al 21,4% e la retribuzione passa da 1.301 a 1.304 euro mensili netti. UniTo fa registrare una performance positiva anche rispetto alle medie nazionali. Il tasso di occupazione dei laureati triennali Unito è del 76,2% rispetto al 74,5% nazionale.

Anche per i laureati di secondo livello a 1 anno dalla laurea, rispetto ai risultati del precedente Rapporto, l’Università di Torino migliora il tasso di occupazione, dal 72,1% del 2021 al 75,4% nel 2022, e la percentuale degli occupati con un lavoro a tempo indeterminato, dal 17,7% al 24,4%A 5 anni dalla laurea di secondo livello, il tasso di occupazione rimane pressoché invariato rispetto all’anno precedente, mentre aumentano la retribuzione mensile netta, che passa da 1.563 euro del 2021 a 1.603 euro del 2022, e la percentuale degli occupati con un lavoro a tempo indeterminato, che sale dal 54,3% al 57,6%.

In confronto ai dati nazionali, l’Ateneo torinese fa registrare risultati migliori nel tasso di occupazione a 1 anno dalla laurea (75,4% contro il 74,6% nazionale), a 5 anni dalla laurea (90,3% contro l’88,5% nazionale) e nella retribuzione mensile netta, che a 1 anno è di 1.416 euro rispetto al dato nazionale di 1.407 euro, mentre a 5 anni è di 1.641 euro rispetto a 1.635 euro

 

LA LAUREA AL POLITECNICO DI TORINO È UNA GARANZIA PER TROVARE LAVORO

Quasi il 90% dei laureati lavora a un anno dal titolo magistrale e con retribuzioni superiori ai laureati degli atenei italiani

I laureati del Politecnico coinvolti nell’indagine sono 8.542; tra questi, 4.130 di primo livello e 4.407 laureati magistrali, mentre a livello nazionale il campione è composto da 660 mila laureati di 76 università italiane.

Appuntamento atteso dagli studenti e dalle loro famiglie, che spesso influenza la scelta del percorso di studi, l’Indagine conferma una tendenza ormai consolidata: i laureati del Politecnico di Torino trovano lavoro, e ricevono in media retribuzioni più alte rispetto ai laureati degli altri atenei italiani, anche in periodi di recessione come quelli che stiamo vivendo.

Analizzando più nel dettaglio il profilo occupazionale dei laureati del Politecnico, l’Indagine evidenzia che si tratta di giovani che in larga parte (l’87,4%) continuano gli studi dopo la laurea triennale, rimandano cioè al post-laurea di tipo magistrale il vero ingresso nel mondo del lavoro. Tra i laureati triennali che non si sono mai iscritti a un corso di laurea magistrale e che quindi sono entrati nel mondo del lavoro, il tasso di occupazione risulta comunque del 76,7%, a fronte di un dato nazionale del 74,5%.

Il dato di riferimento più significativo risulta comunque quello che riguarda i laureati magistrali a un anno dalla laurea, che continua a salire rispetto agli anni precedenti, in controtendenza con l’andamento nazionale: è occupato l’89,5% dei laureati magistrali del Politecnico di Torino, un valore di gran lunga superiore alla media nazionale del 74,6%. Sempre molto alto il tasso di occupati a un anno dalla laurea magistrale nell’area dell’Ingegneria90,5% (a fronte di una media nazionale di 82,8%); al di sopra della media nazionale (del 79,8 %) anche il dato relativo ai laureati magistrali in Architettura, con l’82,8% di occupati.

 

La percentuale di occupati aumenta ancora, secondo gli ultimi dati di Almalaurea, a cinque anni dal conseguimento dal titolo, quando raggiunge il 92,9% a fronte dell’88,5% del dato nazionale.

Interessante la tipologia di occupazione di questi laureati (il 43% può contare su un contratto alle dipendenze a tempo indeterminato) e con una significativa differenza di retribuzione tra i laureati magistrali del Politecnico e la media italiana: 1.599 euro netti mensili a fronte di una retribuzione media di 1.407 euro a un anno dal titolo e 1.872 euro rispetto a 1.635 euro a cinque anni dalla laurea.

L’Indagine fornisce infine alcuni dati interessanti circa il profilo dei laureati. Da notare come il rapporto con il mondo del lavoro cominci per i laureati del Politecnico già negli anni degli studi: il 33,8% tra i laureati di primo livello e il 46,4% dei magistrali ha svolto tirocini riconosciuti dal proprio corso di studi e la metà degli studenti dei due livelli di studio lavora già durante lo svolgimento del percorso formativo.

Altro dato che emerge è la dimensione internazionale del Politecnico, con una percentuale di studenti stranieri in crescita: il 15,5% in media (il 11,2% di quelli magistrali, a fronte del 4,2% a livello nazionale). Inoltre, quasi un terzo degli studenti durante la Laurea Magistrale compie un’esperienza di studio all’estero, nonostante le restrizioni dovute alla pandemia, gli studenti hanno comunque ripreso a spostarsi.

Incoraggianti infine le risposte relative alla soddisfazione: in generale, quasi 9 laureati su 10 si dichiarano soddisfatti dell’esperienza universitaria nel suo complesso e l’85,6% dei laureati è soddisfatto del rapporto con il corpo docente.

“Anche quest’anno i dati emersi dall’indagine annuale proposta da Almalaurea ci confermano che è vincente la nostra scelta di puntare sulla didattica innovativa e sulla progettazione di corsi che, in accordo con il tessuto produttivo, possano formare professionalità legate alle nuove tecnologie che oggi le aziende faticano a trovare sul mercato e a formare autonomamente; così come la scelta di massimizzare la dimensione internazionale del nostro Aeneo, attraendo i  migliori docenti, ricercatori e studenti da tutto il mondo” commenta il Vice Rettore alla Didattica del Politecnico Sebastiano Foti.

“Il trend positivo evidenziato anche quest’anno dal rapporto  sulla condizione occupazionale dei nostri studenti è ormai consolidato da molti anni e conferma la solida reputazione che l’Ateneo ha acquisito a livello nazionale ed internazionale  – aggiunge la Delegata del Rettore per l’accompagnamento al lavoro Carla Chiasserini – anche grazie ai numerosi accordi sottoscritti con aziende nazionali ed internazionali per incrementare la didattica  learning by doing attraverso i tirocini e le tesi di laurea svolte in azienda, una modalità che consente alla domanda e all’offerta di lavoro di incontrarsi e conoscersi ancora prima della fine del percorso universitario”.

 

 

Torino Pride è ‘Queer e ora’

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Appuntamento sabato 18 giugno alle 16,30, in corso Principe Eugenio angolo corso San Martino. Il corteo sfilerà per il centro e si concluderà in piazza Vittorio dove si susseguiranno gli interventi delle associazioni del Coordinamento e delle compagnǝ di lotta, con un’attenzione per le realtà e movimenti maggiormente invisibilizzati.  

Al motto di ‘Queer e ora’, il Torino Pride si prepara a sfilare per le strade della città e a rivendicare maggiori diritti: una legge per il riconoscimento dei figli delle coppie omogenitoriali, una legge contro l’omo-lesbo-bi-trans-a-fobia, politiche più efficaci di contrasto alla violenza maschile e di genere, maggiori tutele per i migranti LGBTQIA+, il matrimonio egualitario, la difesa della legge 194. Queste e tante altre le richieste che saranno portate in piazza sabato 18 giugno, riunite nel documento politico che è la somma delle rivendicazioni e delle riflessioni che il Coordinamento Torino Pride e le associazioni che lo compongono offrono alla città.

Si parte alle 16,30 da corso Principe Eugenio per sfilare a testa alta, senza limiti o vergogna, raccontando attraverso i corpi che inonderanno come una marea  le vie del centro le “stupefacenti eccezionalità” che compongono la nostra società, anche in ricordo della prima manifestazione che fu un gesto di rivolta. Era infatti il 5 aprile 1972 quando un gruppo di militanti interruppe un congresso di sessuologia a Sanremo, contestando le teorie riparative e rivendicando il primo spazio di protagonismo e parola. Da allora molto è cambiato, ma la strada dei diritti e di affermazione delle identità è ancora lunga.

Ecco che le persone queer, lesbiche, bisessuali, trans e transgender, gay, aromantiche, asessuali, intersessuali, non binarie e molto altro, infiniti siderali di galassie in movimento, sono determinate a continuare in un percorso di sfida e di lotta contro chi vuole limitare diritti, non riconoscere le diversità, ostacolare il diritto a essere felici. Secondo il Coordinamento è necessaria una città aperta, la revisione della legge sul cambio di genere verso una prospettiva di autodeterminazione e una maggiore attenzione ai servizi di accompagnamento, in particolare verso le persone più giovani, ma anche diritti per le persone con disabilità, contrasto al razzismo, tutela del clima, richiesta di una corretta narrazione dei movimenti e all’autodeterminazione sul fine vita e ai diritti nel mondo .

“Siamo stanchә di avanzare un centimetro per volta, stanchә delle mediazioni al ribasso sui nostri corpi e sulle nostre vite e sulle nostre relazioni, stanchә di dover conquistare spazi sicuri di libertà e condivisione. Per questo scendiamo per le strade al grido di “Queer e ora!”. Perché non è solo questione di diritti, di giustizia, di uguaglianza. È questione di orgoglio per le nostre identità, le nostre non conformità, che ci appartengono e vogliamo scoprire e abbracciare; è questione di rabbia, verso chi tenta di limitarci; è questione di felicità, che non vogliamo più rimandare. È questione di noi, e dovete averci a che fare”, spiega Marco Giusta, coordinatore del Torino Pride.

In testa al corteo ci saranno gli esponenti del movimento, rappresentanti delle 22 associazioni che compongono il Coordinamento Torino Pride, e compagnǝ di lotta, come Vladimir Luxuria, direttrice del Lovers Film Festival. Presenti anche le istituzioni con il sindaco di Torino Stefano Lo Russo e l’assessore ai Diritti Jacopo Rosatelli. Ai patrocini ricevuti quest’anno, oltre a quello della Città di Torino e della Città Metropolitana di Torino, si confermano quelli di Università degli studi e del Politecnico, a cui si aggiunge quello dell’Accademia Albertina.

“Torino è orgogliosa di ospitare il Pride del 18 giugno e l’Amministrazione è certa di rappresentare il sentimento di una comunità cittadina accogliente ed inclusiva”,  commenta l’assessore comunale Rosatelli. Che aggiunge: “La Città sarà sempre al fianco della comunità LGBT+ e di chi si impegna per una società libera da ogni pregiudizio, discriminazione e violenza, nella quale sia garantita pari dignità ad ogni persona. Per questo abbiamo chiesto ai parlamentari eletti in Piemonte un intervento legislativo urgente che permetta il riconoscimento alla nascita dei figli delle coppie omogenitoriali, e sosteniamo una riforma organica del diritto di famiglia, come quella proposta da Rete Lenford e Famiglie Arcobaleno”.

“Il Torino Pride torna ad invadere le strade con la sua moltitudine colorata e festante e come sempre determinata a proseguire con convinzione il cammino del riconoscimento dei diritti di tutt3. Continua ad esserci bisogno di leggi che tutelino diritti umani fondamentali. Il cammino è lungo, c’è ancora bisogno di impegnarsi in progettualità come PortoSicuro, che vede impegnata la Città metropolitana di Torino insieme alle associazioni LGBTQIA+, per prendersi cura delle persone e per costruire una società più giusta. È per me un onore partecipare al Torino Pride anche quest’anno. Le istituzioni devono essere sempre più parte di questo cammino di civiltà, al fianco della comunità LGBTQIA+, perché la rivoluzione culturale che serve possiamo farla solo insieme”, spiega Valentina Cera Consigliera Delegata alle politiche di parità della città metropolitana.

Nel corso del Pride verranno raccolte le firme per la proposta di legge promossa da Torino Città per le Donne per introdurre la doppia preferenza di genere nella legge elettorale regionale, insieme all’ordine alternato di candidati e candidate.

La manifestazione sarà trasmessa in diretta da Toradio, media partner dell’evento.

Quest’anno inoltre il Pride compie uno sforzo per essere maggiormente inclusivo, grazie alla consolidata collaborazione con SMAT che installerà quattro punti acqua lungo il percorso, alla creazione di spazi di decompressione e punti di scarico sensoriale all’interno del corteo, la traduzione in linguaggio dei segni per gli interventi dal palco, fino ad arrivare alla segnalazione dei servizi igienici per le persone con disabilità lungo il percorso e alla distribuzione di tappi per le orecchie per il corteo. Anche la festa finale, che sarà ospitata al Centralino in via delle Rosine 16, si caratterizza per essere una festa accessibile, con ingresso per le persone con disabilità motoria da via Giolitti 35/a, bagni accessibili, gender free e spazi di decompressione all’interno del cortile.

Durante la manifestazione sarà possibile, per chiunque lo richieda, effettuare gratis i test a risposta rapida HIV e sifilide grazie alle attività delle associazioni che fanno parte di Fast Track Cities.

Al termine della manifestazione, grazie all’interessamento dell’assessorato ai Trasporti della città di Torino, GTT fornirà un passaggio di navette per le persone che vogliono tornare in piazza 18 dicembre da dove il corteo è partito.