quaglieni- Pagina 8

La rubrica della domenica di Pier Franco Quaglieni

SOMMARIO: 25 aprile 80 anni dopo – Referendum – Lettere

25 aprile 80 anni dopo
Chi vuole vedere il 25 aprile 1945 come una data storica deve necessariamente storicizzare , evitando le  esaltazioni acritiche. C’è un libro di Dino Messina  dal titolo molto  significativo “Piazzale  Loreto. I due volti della liberazione” che merita di essere letto. Messina analizza i diversi giudizi su quell’ultimo episodio che rappresentò secondo Parri una “carneficina sudamericana”, mentre Bocca giunse a definirlo con la  sfrontatezza dello scribacchino (che era stato anche antisemita) un “atto rivoluzionario”. La violenza non è mai giustificabile di per sé. Questo è un principio sul quale non si può derogare specie se a farne le spese sono dei cadaveri.
Il 25 aprile va comunque celebrato come fine di una terribile guerra durata cinque anni che per altri versi chiudeva una guerra civile europea iniziata nel 1914 la quale ebbe una parentesi di pace tra il 1919 e il 1939: una sorta di guerra dei trent’anni, come è stato detto, forse semplificando molto perché la storia non si ripete mai. Il sogno del 25 aprile fu quello della pace, della libertà, della democrazia che non sempre si realizzarono, anche se  pensiamo anche solo alla guerra fredda. In Italia si aprì  un lungo periodo di libertà e di democrazia garantito da una Costituzione che si è rivelata il frutto migliore e più duraturo del 25 aprile. Non bastò un generico antifascismo perché non tutto l’antifascismo fu democratico. E non bastò neppure il sogno europeo, già nato nella mente di Einaudi ben prima del manifesto di Ventotene, a dare concretezza all’unità europea ,anche se l’Europa, nel suo  pur difficile cammino, ha garantito una pace insperabile: i nazionalismi e le cupidigie nazionali sono dure a morire. I veri valori ad aver vinto il 25 aprile sono però  quelli dell’ Europa oggi putroppo  in profonda crisi. Il modo migliore per festeggiare la Liberazione è quello di guardare al futuro, sperando che Putin e Trump non rappresentino il ritorno ad un passato che speravamo archiviato per sempre. Gli Stati Uniti che diedero un contributo fondamentale alla liberazione dell’Europa, non possono finire ostaggio di un  vecchio visionario pericoloso che cerca di stravolgere il mondo.
.
Referendum
E’ legittimo invitare a votare ai referendum indetti dalla Cgil per giugno. Ma non va dimenticato che il referendum implica un quorum e che quindi  è legittimo astenersi dal voto quando l’elettore lo ritenga opportuno. Esistono due vie: il voto contrario e il non voto. Se consideriamo che i promotori intendono dare al voto referendario il valore di una “rivolta sociale”, coloro che non condividono questa scelta  possono opporsi contribuendo a far saltare il quorum. Non si tratta di imitare i consigli del vecchio cardinale Ruini, si tratta di impedire che il referendum rappresenti uno strumento illecito di pressione politica volto a mutare l’esito del voto. Guai a mettere in conflitto il voto referendario con il voto politico a cui ci si oppone con le elezioni e con referendum politicizzati. Dopo il referendum sul divorzio (tema che doveva restare estraneo dal contesto politico contingente) ci furono forze politiche che tentarono la spallata e in parte  ci riuscirono , approfittando del voto referendario, a governare tutte le principali città l’anno dopo nel 1975 attraverso giunte rosse che si ressero anche sul voto di trasformisti che passarono in cambio di assessorati al fronte. Chi non è favorevole a queste conseguenze che Landini evoca parlando persino di fronte popolare, vota contro o si astiene. Con l’astensione puo ‘rendere nullo il referendum come prescrive la legge. E qui si pone un altro problema: sperperare tanti soldi per un referendum che non raggiunge il quorum può significare secondo alcuni giuristi un danno erariale. Facilitare la raccolta delle firme per via informatica senza alzare il numero dei firmatari proponenti  si rivela un errore grossolano di bassa demagogia. Il numero dei richiedenti va innalzato in base al cambiamento dei tempi e alle nuove tecnologie comunicative. Gli appelli di don Ciotti non meritano di essere considerati in termini politici. Sono le solite, trite esternazioni che si ripetono da decine d’anni quasi sempre inascoltate.
.
LETTERE scrivere a quaglieni@gmail.com
.
Del Din patriota
In riferimento all’articolo sulla Medaglia d’oro al Valor Militare del Din che ho molto apprezzato, vorrei ricordare che la stessa ha detto che preferisce essere definita patriota e non partigiana perché lei si senti’ al servizio della patria e non di una parte. Una scelta molto importante. Ho letto che la Fivl di cui la del Din è presidente onoraria  non raccoglie i partigiani monarchici, ma si estende a quelli socialisti. Mi sembra una sbandata della nuova presidenza che mi allontana dalla Fivl, sempre più simile all’Anpi. Il mio defunto marito patriota nella Resistenza ne sarebbe indignato.     Esterina de Filippis
Non seguo da anni la Fivl di cui fui dirigente in Liguria con Lelio Speranza. Mi sorprende quanto mi dice perché monarchici furono molti resistenti a partire da Enrico Martini Mauri per giungere alla Del Din.La Fivl cacciò il vicepresidente Edgardo Sogno, monarchico , ma il motivo era riconducibile al tentato golpe, reato da cui venne assolto, anche se con un giornalista in punto di morte ammise di aver pensato  realmente ad un golpe. La Fivl avrebbe dovuto attendere prima di cacciare Sogno  anche se, alla fine, stando all’intervistatore, aveva ragione. La Fivl di Lelio Speranza era cosa diversa dalla attuale che dialoga amabilmente con l’Anpi e invita come  unico oratore ufficiale Rosy Bindi. Sarebbe interessante conoscere quanto lo Stato dia annualmente ad una federazione di partigiani senza partigiani perché quasi tutti estinti. Un po’ come i Mille di Garibaldi nel ‘900.
.
L’educazione all’affettività
Cosa pensa dell’idea di aggiungere nelle scuole l’educazione all’affettività? A me sembra una sciocchezza o una furbata per inserire a scuola l’Lgbtq in modo surrettizio. E poi quale competenza avrebbero i docenti? Magari essi stessi hanno delle famiglie disastrate e violente…    Alessandra Rizzi
Mi sembra un’idea razionalmente fragile, per usare un termine oggi di moda, un’idea  emotivamente e politicamente poco pensata e poco sensata. L’affettività si apprende vivendo e  amando e non ci sono scuole che servano ad insegnarla. Si apprende amando e soffrendo come abbiamo fatto noi. Non sempre, ovviamente, perché ci sono donne e uomini negati ai sentimenti che al massimo vivono in modo interessato, istintivo o  algido la vita. In passato si voleva l’educazione sessuale a scuola, adesso quella all’affettività. Forse sono io che non riesco a capire la novità che si vorrebbe introdurre. Il mondo dell’intimità potrebbe invece  riguardare la famiglia, ma oggi molti genitori non saprebbero intervenire, ammesso che non abbisognino essi stessi di corsi specifici che insegnino loro l’arte di essere genitore.

Giovanni Quaglia presidente dell’Accademia Albertina di Torino

IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni
.
Una delle più importanti e storicamente significative istituzioni culturali di Torino, voluta da Carlo Alberto nel suo slancio riformatore, ha da oggi in Giovanni Quaglia il suo nuovo, autorevole presidente. Bisogna andare indietro alla presidenza del pittore Enrico Paulucci per trovare un Presidente dell’Accademiadella statura di Quaglia, laureato in Lettere, medaglia d’oro di benemerito della scuola, della cultura e dell’arte, docente universitario. Quaglia venne anche insignito della massima onorificenza dello Stato, il cavalierato di gran croce al merito della Repubblica .
Per due mandati presidente della Provincia di Cuneo, Quaglia ha un cursus honorum che pochi possono vantare a partire dal lungo periodo in cui è stato esemplare presidente della Fondazione Crt di Torino. Non ha mai voluto fare il parlamentare per rimanere legato al territorio piemontese, come solo seppe fare un altro cuneese, Aldo Viglione. Io ricordo di essere stato ospite dell’Accademia in locali cadenti che portavano ancora i segni di una contestazione distruttiva che fece strage della istruzione artistica subalpina. A fatica l’Accademia si riprese. Ricordo che una volta la Rsu ebbe da ridire sul fatto che, insieme al presidente dell’ordine dei giornalisti Sinigaglia, commemorai all’Accademia Oriana Fallaci. Un uomo dalle qualità intellettuali e dalle capacità di governo come Quaglia farà dell’Accademia un polo di eccellenza come dimostrò di saper fare delle officine ferroviarie dismesse in condizioni di abbandono, creando le Ogr . Bisogna essere grati al presidente che ha posto la sua esperienza al servizio di Torino e di una sua importante istituzione che merita di essere guidata da un uomo esperto e colto come lui. Quaglia  viene dalla Granda da dove sono venuti tanti statisti soprattutto democristiani e liberali nel solco tracciato da Einaudi da Soleri e dai tanti cattolici che hanno hanno fatto di Cuneo una provincia bianca a tutela della libertà e della democrazia.

La rubrica della domenica di Pier Franco Quaglieni

SOMMARIO: I giovanissimi e la guerra – Paola Del Din, la patriota – Lettere

I giovanissimi e la guerra
L’ausiliaria della Rsi Marilena Grill, barbaramente violentata e uccisa da un gruppo di partigiani all’età di 17anni, è stata ricordata ad 80 anni dalla sua  tragica fine dall’emissione di un francobollo. Un fatto eccezionale, se consideriamo le difficoltà che incontrò un libro su di lei scritto da Massimo Novelli. Il liceo d’Azeglio di Torino, di cui la ragazzina era alunna, ignorò il libro così come ignora il francobollo. Non c’è da stupirsene, ma da esserne indignati, perché larga parte di quella scuola si identifica nel “fascismo degli antifascisti”, come diceva Flaiano.
Gimmi Curreno  scappò dal Real Collegio Carlo Alberto mentre studiava, per unirsi ai partigiani di Martini Mauri che combattevano nel Cuneese. Venne fucilato all’età di 16 anni dai fascisti ed ebbe la medaglia d’oro al Valor Militare. A 80 anni dalla sua morte eroica, quando  davanti al plotone di esecuzione gridò via l’Italia e viva il Re ,nessuno lo ha ricordato, se escludiamo un mio pezzo sul Corriere. Era anni fa uscito un libercolo  dal titolo “Mauri e i suoi”, in una collana diretta dal noto storico di Torre San Giorgio, che ignorava totalmente il nome di Curreno. Miserie indecenti perché a scribacchiare il libro fu un piccolo pittore di Almese, non so dire se artista o imbianchino, che sarebbe stato anche  partigiano con Mauri di cui il comandante non mi aveva mai parlato. Ma io voglio trarre una riflessione che vada oltre questi fatti. La guerra civile porta dei giovanissimi a fare scelte anzi tempo.
Nella Grande Guerra i giovani falsificavano l’identità per andare al fronte, ma quasi sempre venivano rimandati a casa. Solo al Duca Amedeo d’Aosta venne consentito di essere arruolato a 16 anni, ma sicuramente non venne mandato in prima linea, come afferma certa agiografia. Mandare dei ragazzini in guerra fu proprio della Rsi, che sfrutto’ l’entusiasmo di quelli che Luciano Violante definì i ragazzi di Salò. Per altri versi dalla seconda guerra mondiale in poi sono state vittime i civili, bambini compresi. La guerra aerea ha distrutto intere città, quella nucleare americana in Giappone ha fatto un massacro infame. La guerra nucleare che stiamo rischiando dovrebbe portare i potenti del mondo a più miti consigli . Il 25 aprile io festeggerò soprattutto la fine della guerra anche se tanti fanatici maramaldi non deposero le armi e condussero una guerra civile personale. L’unico grande valore da celebrare è quello della pace che Kant sognava perpetua. Non sono un pacifista perche’ quella posizione favorisce le guerre, come diceva Pannella. Ma di fronte ad un disastro nucleare che può significare la fine del mondo, io sto dalla parte di chi opera per salvare la pace contro chi fomenta la guerra.
.
Paola Del Din, la patriota
La prof. Paola Del Din, la partigiana autonoma, anzi la patriota menzionata dal re  Carlo III nel suo discorso al Parlamento è la Presidente onoraria della Fivl  di cui segue da sempre  l’attività. E ‘un simbolo della lotta di Liberazione ed è l’unica Medaglia d’Oro al Valor Militare della Resistenza  vivente, anche  per il suo servizio come agente dello Special Operations Executive (Soe) britannico durante la Seconda guerra mondiale. Paola Del Din è la partigiana friulana della Brigata Osoppo, che a 101 anni è tra gli ultimi testimoni delle operazioni dietro le linee, compiute dai servizi segreti britannici e per questo è entrata nel discorso al Parlamento italiano di Re Carlo III. Per i suoi 100 anni aveva ricevuto gli auguri del sovrano, tramite l’ambasciatore britannico in Italia Edward Llewellyn, nel 2023, oltre a quelli del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella e della presidente del Consiglio Giorgia Meloni, che l’aveva citata in una sua lettera al “Corriere della Sera” in occasione del primo 25 aprile da premier.
Del Din fu addestrata dal Soe e paracadutata in Friuli esattamente 80 anni fa: proprio oggi ricorre infatti l’anniversario dell’inizio della missione Bigelow a cui era stata assegnata la patriota. “So che in questo giorno stiamo tutti pensando a Paola, che ora ha 101 anni, e rendiamo omaggio al suo coraggio”, ha dichiarato Carlo III nel suo intervento alle Camere riunite. Del Din, prima di entrare ufficialmente tra le file del Soe nell’estate del 1944, aveva compiuto su incarico della Osoppo e del maggiore Manfred Czernin, ufficiale di collegamento britannico paracadutato in Friuli, un’altra missione ad alto rischio per portare documenti top secret al comando alleato superando la linea del fronte a Firenze. Inoltre ha sempre mantenuto un legame forte col Regno Unito, andando diverse volte a Londra nel dopoguerra, e con alcuni ufficiali conosciuti durante l’addestramento come agente. La prof. Del Din va ricordata per due altri fatti che l’hanno resa invisa alla sinistra : si è battuta per la difesa di Trieste italiana che i partigiani rossi volevano dare a Tito ed è stata durante il referendum idealmente  dalla parte del re Umberto II  con cui mantenne un rapporto anche durante il lungo esilio. Essere in contatto con lei da molti anni anche nella Fivl di cui è stata insuperabile presidente, è per me un titolo di onore. Suo fratello Renato, ufficiale degli Alpini , cadde durante la guerra di Liberazione nel 1944 e anche lui venne insignito della Medaglia d’oro al Valor Militare. E’ strano che il nome di Paola sia risuonato in Parlamento da parte del Re e per anni sia stato ignorato da chi ritiene che la Resistenza verde o azzurra, in una parola tricolore, non sia vera Resistenza.
.
quaglieni penna scritturaLETTERE scrivere a quaglieni@gmail.com
.
Da un torinese a un altro
Gentile Professor Quaglieni,Sono un torinese da anni residente all’estero. Per puro caso mi è capitato di leggere un suo articolo su Il Torinese, a proposito dei molti ristoranti tradizionali che hanno chiuso a Torino in questi ultimi anni. La lettura mi ha riportato ai miei anni giovanili e, come a lei, ha risvegliato molti cari ricordi.Vorrei condividere con lei solo un pensiero. I molti ristoranti da lei citati avevano tutti una personalità: arredamento, tipo di cucina, menu, titolari. Erano inconfondibili. Oggi, mi pare che imperi una standardizzazione dello stile, per cui le porzioni sono minimaliste, la decorazione dei piatti più importante della sostanza dei medesimi, gli ingredienti devono avere un pedigree più altisonante di un cavallo da corsa (guai se le cipolle rosse non sono di Tropea e il parmigiano non è stagionato 60 mesi).Si è persa la spontaneità e con essa, in qualche modo, l’allegria della convivialità. In compenso i clienti sono diventati tutti critici di cucina e sputano sentenze su Trip Advisor. Un caro saluto   
Riccardo Maria Radic

 

Condivido tutto il suo discorso. I locali che piacevano a noi non ci sono più. Forse c’è a Pino la Pigna d’oro  dove la famiglia Perotto mantiene ancora  una coerenza preziosa e rarissima, vera rara avis. In città si mangia male e aveva ragione Mario Soldati nel dire che solo in Provincia è meglio. Ma anche nei paesi è difficile trovare  oggi la buona trattoria di un tempo. Non voglio essere castrofista, ma come mangiano i giovani mi fa rabbrividire. Anche nelle case alle pentole è stato sostituito il microonde e la casalinga cucina in pigiama e d’estate in slip, magari fumando. E’ un altro mondo. Ho pena per questi giovani e per il loro futuro gastronomico e no. La convivialità si è persa del tutto. E’ meglio se andiamo al Centro  e al Sud. Torino è rimasta la città della Fiat e dei barachin, diventati tramezzini insipidi da acquistare al bar o al supermercato insieme ad una bottiglia di Coca Cola.
.
.
Liberali
Perché, secondo lei, che è uno dei maggiori studiosi della storia del liberalismo, i liberali sono di fatto scomparsi come partito dalla scena politica italiana? Non così,  almeno in parte,  è  accaduto in Europa.    F. Arrighi
I motivi sono molti e risalgono al secondo dopo guerra quando i liberali si rivelarono incapaci di tener testa ai tre  partiti di massa: Dc, Psi, Pci. Buona parte del partito liberale di prima della dittatura fascista finì nella Dc,  nell’Uomo Qualunque e nei monarchici che nel 1953 ebbero un grande successo. Con la morte prematura nel 1945  di Marcello Soleri allora ministro del tesoro e loro massimo leader indiscusso, i liberali ebbero segretari mediocri. Lo stesso Malagodi fu troppo espressione della Confindustria.

 

Malagodi
Ma a dare la mazzata finale fu il trasferimento dalla destra alla sinistra della Dc del partito liberale voluto da Zanone che nel 1976 segnò il crollo di un partito che nel 1972 si stava quasi  riprendendo, tornando al governo. Un partito liberale collocato alla sinistra della Dc fece scappare i liberali verso la Dc. L’ultima mazzata la diede Tangentopoli perché anche il pli si fece prendere con le mani del sacco. La fine la decretò Costa,  chiudendo il partito e la sede storica di via Frattina per non pagare i debiti ed ottenere un seggio da Berlusconi per sè e i suoi amici. Berlusconi lanciò lo slogan della “Rivoluzione liberale” che illuse i residui liberali rimasti. Zanone ed altri invece scelsero il Pd dove il liberalismo era poco di casa . Un vero partito liberale non so se e quando potrà rinascere . Da un po’ di tempo sono nati in Italia  i conservatori che non sono di per sé liberali, anzi. FI attuale è la meno lontana dal liberalismo, anche se non diede  adeguato spazio a liberali veri come Martino e Biondi. Ma il discorso è più complesso perché, ad esempio, l’anarco – liberalismo sembra sedurre, senza avere possibilità di affermarsi politicamente: le semplificazioni argentine della motosega non si attagliano all’Europa. Oggi in un momento di esaltazione violenta  dei dazi da parte di  Trump  viviamo nel periodo storicamente più  illiberale: un ritorno al Medio Evo.

La rubrica della domenica di Pier Franco Quaglieni

SOMMARIO: Einaudiani inconsapevoli? – Cardini, la mascotte pluralista – Lettere

Einaudiani inconsapevoli?
È  stata davvero un po’  penosa la vicenda del cambio del direttore del Circolo dei lettori perché è venuta fuori in tutta la sua evidenza la forte politicizzazione del contrasto che si era determinato. Culicchia non può certo essere considerato un direttore neutrale o tecnico, ma marcatamente politico, anche se oggi è  appoggiato dalla destra.
La cosa più curiosa è la vicenda della laurea che non è stata considerata dirimente come avviene in tutti i pubblici concorsi. Sembra quasi che sia stato inconsciamente applicato il principio einaudiano che nega il valore legale dei titoli di studio, una annosa questione di cui si è discusso per decine d’anni. In questo caso avere o non avere una laurea è stato considerato indifferente. La cultura, d’altra parte, anche quella fatta da libri e da lettori  (e ovviamente lettrici !, come ha voluto sottolineare il neo direttore) non può basarsi su un banale pezzo di carta.
.
Cardini, la mascotte pluralista
Alla Biennale della democrazia non sono stati totalmente di parte nell’invitare ospiti di un solo orientamento politico perche’ hanno invitato anche l’ottuagenario prof. Franco Cardini, storico insigne del Medio Evo che come Barbero si diletta  spesso a praticare scorribande sulla storia  contemporanea. Cardini è  stato in giovinezza per non molto tempo iscritto al MSI  e quindi rappresenta l’altera pars che manca.
foto: francocardini.it
Ma in effetti è difficile catalogare oggi Cardini un uomo di destra, anche se in tempi recenti sembra aver riscoperto le sue lontane origini giovanili. Anche al festival della storia di Genova dove tutto il programma è stato monopolizzato da storici della stessa appartenenza, è  stato invitato Cardini che costituisce un alibi per chi monopolizza iniziative pubbliche, realizzate con denaro pubblico, per fini politici più che evidenti.
.
quaglieni penna scritturaLettere scrivere a quaglieni@gmail.com
.
Scuola di ateismo?
Ho ascoltato un pezzo di intervista con Papa Giovanni Paolo II che, ricordando le sue origini polacche e l’ateismo di Stato vigente nell’Est, sosteneva che la scuola più che laica era “ateizzante”, negatrice cioè di ogni valore religioso.
Cosa ne pensa?    Giuseppe Giani
Il  grande Papa polacco si spingeva a ritenere che la scuola dovesse essere anche luogo di catechesi, persino a livello universitario. Ascoltai questa affermazione  in un discorso papale all’Università di Torino dove udii una tesi tanto coraggiosa quanto temeraria che portò i docenti laici più settari   addirittura a disertare  preventivamente l’incontro con il Pontefice, già dando per scontato in partenza  quanto avrebbe detto. L’idea del Papa era in effetti  un’idea non conciliabile con la laicità intesa come premessa di  una libera circolazione delle idee e delle fedi. Ma io andai egualmente all’incontro col Papa. Non appartenevo già allora a quella schiera di professori che alla “Sapienza” di Roma vietarono al  successore di Wojtyla  di parlare. Ma era ed è anche oggi fuor di dubbio che il Papa avesse ragione nel sostenere che certo laicismo diventasse ateizzazione, cioè scuola di un  ateismo negatore di ogni fede. Il laicismo attuale che vede le religioni come il retaggio di un passato oscurantista non ha nulla a che vedere con la laicità liberale fondata sulla pluralità e sul rispetto. La laicità non si limita alla tolleranza settecentesca, ma difende e pratica il rispetto delle diverse fedi, come insegnava il grande Francesco Ruffini, oggi del tutto dimenticato. La libertà di credere e  di non credere, come diceva il Maestro piemontese del secolo scorso.
.
Dazi trumpiani
Dev’essere chiaro che dopo i dazi di Trump più nessuno in Italia, che si dica anche solo  lontanamente liberale, possa dirsi Trumpiano. La sua è una politica volta a sovvertire gli equilibri mondiali con finalità distruttive simili ad una guerra.     Pietro Angeli
Concordo con Lei. Trump  è  un flagello che andrebbe messo a tacere. Sta rovinando rapporti storici con l’Europa con la prepotenza del pirata. E sta danneggiando in primis gli USA. Chi in Italia continua ora a considerarsi trumpiano va considerato per quello che è: un traditore della Patria italiana ed europea. Il dramma è che noi abbiamo ai vertici dell’Europa una piccola donna tedesca inadeguata al ruolo, che andrebbe mandata a casa al più presto. Lo stesso va detto di Macron. Mattarella si sta rivelando  inaspettatamente un gigante.
.
Unitre
L’unitre è un’ottima iniziativa che occupa il tempo libero degli anziani con conferenze e lezioni su tante materie, ma non è certo una Università, anche se di Università private l’Italia è piena e putroppo alcune “facilitano” il conseguimento di lauree honoris causa o con titoli riconosciuti senza adeguati controlli. L’Unitre è cosa seria e non contrabbanda titoli  non riconosciuti.
A Torino c’è anche la vecchia Università popolare  nata da ambienti filantropici filo massonici agli albori del secolo legati alla famiglia Bachi padre e figlio. Anche qui non si parla di titoli di studio rilasciati dall’Universita’ popolare tanto criticata ingiustamente da Gramsci. Non ho capito come mai il non laureato Culicchia abbia dichiarato che frequenterà l’Unitre. Una battuta, una provocazione o un’irrisione verso chi è dottore veramente.     N. De Santi
Non so che dirle. Lei fa un resoconto perfetto della situazione torinese fondata su Unitre e Università popolare. Su Culicchia non saprei dirle nulla perché vuole supplire alla mancata laurea con la frequenza dell’ Unitre. Forse come dice Lei è una battuta. Se posso dire, di pessimo gusto.

La rubrica della domenica di Pier Franco Quaglieni

SOMMARIO: Elezioni universitarie – Una minaccia grave – Franceschini – Lettere

Elezioni universitarie
I risultati delle elezioni universitarie non premiano i pro Palestina che hanno inscenato agitazioni e occupazioni devastanti. La sinistra di “studenti indipendenti” (da che cosa ?) e “Cambiare rotta “hanno perso il 14 per cento dei consensi, pur restando maggioritaria. La moderazione dei cattolici è stata premiata con un più 4,8% di voti. Anche il FUAN, che non ha mai cambiato il nome e resta quello del MSI, ha avuto un incremento di voti del 3 per cento. Ci sarebbe da obiettare su chi viola la legge con occupazioni ma vuole anche farsi rappresentare nel cda dell’Ateneo.
Il dato più eclatante è la mancata partecipazione degli studenti al voto: una percentuale del 16 per cento appare ridicola.
I rappresentanti eletti finiscono di essere più rappresentanti di sè stessi che di gruppi. Ricordo che l’elezione di organismi universitari morì con la contestazione. Gli ultimi eletti erano pallidi rappresentanti di una democrazia universitaria che aveva contribuito a formare una classe politica. Basterebbe pensare a Pannella, ad esempio. Il ‘68, con la finta democrazia diretta delle assemblee permanenti, pose fine ad un’esperienza importante per la storia dell’Università  italiana e della democrazia . In quelle competizioni si formarono leaders importanti. Dopo la fine della contestazione del ‘68 e del ‘77 si cercò di ripristinare gli organismi rappresentativi , ma senza risultati . Conobbi piccoli capi molto ambiziosi e velleitari. Con  Patuelli segretario della gioventù liberale andai a sostenere la lista liberale, ma seppi che i repubblicani avevano deciso  con scarsa intelligenza di correre da soli. Poi ebbi qualche contatto con universitari che vedevano certi posti come trampolini di lancio per un avvenire politico che non ci fu. I partiti devono svegliarsi perché un 16 per cento di votanti rivela una forma di falsa democrazia apparente e truffaldina. In ogni caso andrebbe ribadito che l’Università è il luogo in cui  soprattutto si deve  studiare.
.
Una minaccia grave
Pur volendo attendere per dare un giudizio su Trump non ideologico, non è possibile dopo i recenti sconquassi non esprimere un giudizio preoccupato su un personaggio privo di equilibrio e prigioniero di interessi economici che intendono governare attraverso di lui. La democrazia americana è stata stravolta e il legame  storico con l’Europa infranto. Nessun repubblicano  americano può ritrovarsi in un autocrate bizzarro e arrogante. Reagan è l’unico presidente conservatore che sia riuscito nell’intento di correggere i guasti dei presidenti democratici.
Quattro anni di Trump possono provocare al  mondo danni irreparabili. Anche il suo modo di intendere la pace è autoritario e foriero di altre guerre. La politica dei dazi si rivelerà negativa anche per gli USA  e il presidente sta manifestando una ignoranza in materia economica davvero preoccupante. Trump è un elefante in una cristalleria che intende travolgere la diplomazia per affermare una politica di forza che può portare alla terza guerra mondiale. Chi oggi si dice trumpiano in Europa dimostra di non capire nulla di politica.
.
Franceschini
Non ho mai stimato un personaggio piuttosto insignificante della  politica nostrana di origine cattolico – comunista. Come ministro alla cultura (per fortuna non ebbe altri dicasteri più importanti) si rivelò mediocre. Adesso se ne esce fuori con la proposta di dare ai figli il cognome della madre anziché quello del padre, contravvenendo a secoli di storia.
Qui non c’entrano il matriarcato o il patriarcato, anche se Franceschini con la sua proposta non mira certo all’eguaglianza tra i sessi. Sono questioni di ordine pratico che impediscono la sciocchezza voluta dalla Consulta  del doppio cognome che si rivela molto  problematico in Spagna. Se per secoli si è andati avanti così c’è un motivo molto concreto: quello di non generare confusioni anagrafiche. Per un certo numero di famiglie può anche essere la mutilazione di un nome onorato e prestigioso a cui non si vede perché un bambino debba rinunciare. Chiamarsi Pirandello o Marconi è un onore per chi ha diritto, che nessun Franceschini può cancellare  con una proposta propagandistica volta a toglierlo per qualche giorno dall’oblio. Forse Franceschini non è particolarmente orgoglioso della sua storia familiare?
.
LETTERE  scrivere a quaglieni@gmail.com
.
La biennale della democrazia
La biennale della democrazia in pochi giorni giunge persino alla bocciofila di Vanchiglietta, ma esclude istituzioni culturali storiche torinesi per ragioni di discriminazione ideologica?  Cosa ne pensa?   Tiziana Raiteri
Non rispondo perché mi sento il primo discriminato come studioso, mai invitato a parlare alla Biennale. Adesso ne faccio quasi motivo di vanto essere escluso aprioristicamente. Vengo invitato in tutta Italia e all’estero, ma alla Biennale mai. Dove inaugura le lezioni Barbero, è bene rimanere distanti. Lui va anche a parlare ai centri sociali, che spesso fanno della violenza la loro ragione di vivere.
.
Sgarbi
Lei è amico di Sgarbi che è gravemente ammalato per una sindrome depressiva. Cosa ne pensa ?   Barbara Fratello
Il rispetto e l’amicizia sincera nata da Fogola tanti anni fa mi impone il silenzio sulle condizioni di Vittorio, che presto si riprenderà. Sono certo  di una ripresa. Ho letto che una delle figlie dopo essere andata a trovarlo dopo mesi di assenza ha detto ad un giornale che il padre andrebbe trasferito in psichiatria. Una frase barbara e incivile indegna di una figlia a cui Sgarbi con il suo lavoro forsennato ha garantito una vita di agi.
.
Savoia
Abito in Savoia da anni e ho letto una bella intervista al più importante giornale della Savoia al principe Sergio di Jugoslavia, figlio di Maria Pia di Savoia. Il principe sa bene che le incaute dichiarazioni del cugino Emanuele Filiberto hanno offeso i cittadini della Savoia, che verrebbero privati delle tombe del re Umberto II e della regina Maria Jose’, che Emanuele Filiberto vorrebbe al Pantheon. Sarebbe un non senso però, dice il principe, ignorare che Vittorio Emanuele III e la regina Elena rimarrebbero a Vicoforte.     Ettore Teppati
Ho letto anch’io l’intervista, naturalmente non ripresa dai giornali italiani. Credo che un governo di centro – destra dovrebbe avere il coraggio di chiudere una annosa vicenda che non fa onore all’Italia. Ma la strada perseguita da Emanuele Filiberto è sbagliata e vedrei in Fratelli d’Italia un ostacolo a rendere l’onore del Pantheon a Vittorio Emanuele  III, che mandò a casa Mussolini nel ‘43 e lo fece arrestare. Neppure gli antifascisti lo riconobbero come un gesto importante. Dopo tanti anni siamo fermi lì. E il trasferimento alla chetichella a Vicoforte ha peggiorato il percorso verso il Pantheon.

Il manifesto non piacque neppure a Ventotene, ma al Polo lo ignorano

IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni

Forse solo più Boldrini può insistere sul Manifesto di Ventotene perché anche l’indignato deputato di Alessandria  dalla lacrima facile, che è andato in escandescenze per il manifesto,  pare si sia calmato.
Ma ho voluto con calma  rinverdire un ricordo, riprendendo in mano la biografia di Ernesto Rossi  di Giuseppe Fiori, autore della biografia di Gramsci e di Berlinguer, sempre allineato a certe posizioni  senza mai uno strappo.
Ebbene Fiori descrive la delusione per il
Manifesto appena partorito dal duo Spinelli – Rossi diffusasi proprio a Ventotene tra i confinati nel 1941. Cito:  “Ai primi lettori il manifesto pare frutto di menti stralunate .( …) Bauer lo lesse allibito”. Nel testo di Fiori sono citate tutte le critiche possibili. Sarebbe ingeneroso citarle. Tra i confinati solo Pertini firmo’ il manifesto, salvo poi ritirare la firma. Lo stesso Spinelli si accorge delle ingenuità “rozzamente  leniniste” del manifesto e nota come solo giellisti minori lo abbiano firmato. Rossi si offende e rompe i rapporti con gli altri confinati. Bauer aveva rivelato il fragile sistema nervoso di Rossi più che comprensibile in un uomo provato da anni di carcere.
Una volta chiesi a Massimo Mila, carcerato e poi confinato con Rossi  un’opinione sul Manifesto di Ventotene. Non volle parlarne e cambiò subito discorso. I limiti di tanti di “Giustizia e libertà” a cui lui stesso appartenne lo portarono ad aver simpatia per il Pci. Senza voler infierire su nessuno perché Rossi merita rispetto assoluto per la sua onestà intellettuale, va detto che il Manifesto non ebbe adesioni neppure quando nacque a Ventotene.
Se gli indignati di oggi fossero un po’ colti e avessero letto oltre il testo redatto nel 1941, il testo di Fiori, avrebbero taciuto,  evitando una figuraccia che indebolisce il vero federalismo di oggi.
Dal testo di Fiori si apprende di una giornata passata a Dogliani a casa di Einaudi nei 45 giorni badogliani del 1943 che rivela i rapporti allora molto superficiali che Rossi aveva avuto con i testi federalisti di Einaudi scritti per la I guerra mondiale e che portano a pensare che Einaudi non sia stato uno dei padri ideali del Manifesto del 41 che deve tornare nei piani alti delle biblioteche o addirittura uscirvi come un’operina malcongeniata che meritava l’oblio in cui era caduta  con il passare del tempo.

La rubrica della domenica di Pier Franco Quaglieni

/

Sommario: Il manifesto di Ventotene ripescato – Corso Sommeiller – Sull’uso dell’asterisco a scuola – Lettere

Il manifesto di Ventotene ripescato
Ad aver sbagliato a tirare fuori dai polverosi archivi senza leggerlo o rileggerlo, il Manifesto di Ventotene è il giornale “Repubblica” e il vecchio Corrado Augias autore di una introduzione che rivela un certo annebbiamento politico. Se l’Europeismo si rifà a quello stantio documento, siamo alla frutta. Esso è il prodotto di un esaltato come Spinelli, un uomo generoso e idealista, ma privo di senso pratico, impregnato di idee comuniste, malgrado la cacciata dal PCI. Ernesto Rossi l’altro firmatario, liberista di scuola einaudiana, poté incidere poco sul fanatismo  ideologico di Spinelli anche se poi, appena poté , prese le distanze anche dagli azionisti e andò a scrivere per il “Mondo “ del liberale Pannunzio. Anche Rossi era un po’ fanatico e visionario soprattutto per un anticlericalismo viscerale e intollerante.  Poi le cose finirono con il mito di uno Spinelli che, tornato nel PCI, divenne il padre nobile dell’Europa.
Pochi lessero il Manifesto di Ventotene o ne dimenticarono il contenuto. Fui forse tra i pochi che lo lesse a fondo e abbandonò il Movimento Federalista che continuava a sbandierare il Manifesto. Il vero europeismo è quello di Einaudi, Soleri, Pannunzio, Brosio, Martino, Badini Confalonieri, De Gasperi, Schumann, Adenauer che non considerarono mai Spinelli un pensatore e neppure un uomo di azione di cui fidarsi. Anche Bobbio non aveva grande stima di Spinelli, che era cognato di Franco Venturi, anche lui abbastanza critico sul Manifesto. E’ strano che “Repubblica”  sia caduta in questo incidente di percorso. Mi rifiuto di credere che Scalfari (nella foto) avrebbe sbandierato il superatissimo e dogmatico Manifesto, scritto in un momento di sconforto in cui è facile perdere la lucidità politica. La reazione isterica di certi deputati che hanno colto l’occasione per esibire la loro incolta faziosità non merita commenti. Non uno sfogo momentaneo, ma la manifestazione di un incurabile e bilioso vetero  comunismo.
.
Corso Sommeiller
L’ingorgo di Corso Sommeiller va fermato subito e non fra tre mesi. Certe sciocchezze si vedono ad occhio, stando un’ora in loco. L’assessora che fa collezione di disastri nella viabilità torinese, va sostituita e al massimo posta allo Stato civile dove ha potestà di governare l’altra Torino, quella dei cimiteri dove gli abitanti non possono più lamentarsi.
Ma anche li’ ci sono i parenti che costrinsero alle dimissioni chi permise l’oltraggio delle salme indecomposte  del cimitero generale. In quel caso pago’ l’assessore, ma avrebbero dovuto pagare altri con sanzioni penali che non ci furono.
.
Sull’uso dell’asterisco a scuola
In questa rubrica parlammo della peregrina idea del preside del liceo classico Cavour di Torino di introdurre l’uso dell’asterisco e dello  schwa nelle comunicazioni scolastiche. Ora il Ministero dell’Istruzione e del merito si esprime negativamente sull’uso dell’asterisco nella scuola, adducendo a riprova quanto ripetutamente affermato, in termini ufficiali, dall’Accademia della Crusca che ha dichiarato che va escluso l’asterisco al posto delle desinenze (maschili e femminili), le uniche che appartengono alla lingua italiana. Cosa farà il “ Cavour “?
Temo che anche altre scuole si siano lasciate travolgere della demagogia linguistica oggi moda. Il rettore Geuna aveva esteso l’asterisco anche all’Università, poi è tornato alla normalità comunicativa. Quando a suo tempo scrivemmo del glorioso “Cavour” di  Vigliani, di Griffa, Polledro (i grandi presidi che preservarono il liceo dall’ ondata demagogica sessantottarda) fummo gli unici a protestare contro la decisione del preside, presa in armonia  con l’associazione ex allievi che, presieduta a vita  dall’avvocato Marzano, invita a parlare solo  ospiti a senso unico, usando  esclusivamente  un asterisco politico inequivocabile, quello   declinato  solo sempre verso l’estrema sinistra: un vero e proprio razzismo politico.
Lettere scrivere a quaglieni@gmail.com
.
Eurocomunisti
Da quando i comunisti si sono aperti all’Europa? Se non ricordo male nel 1979. Prima erano anti europeisti, vedendo il loro riferimento nell’Europa orientale del patto di Varsavia. Queste cose vanno ricordate. I comunisti non hanno nulla a che fare con il Manifesto di Ventotene, salvo alcune farneticazioni di Spinelli che in tempi successivi rinnegò. Spinelli non fu un uomo politico serio e lo riconobbe  nella sua autobiografia.  Quando vedo la sceneggiata  isterica di Fornaro alla Camera mi viene da ridere. Peppino Pasquali
.
A me viene  invece da piangere. Fornaro è pietoso e non merita attenzione. Io posso portare la mia modesta esperienza di giovane  vice presidente del Consiglio italiano del Movimento Europeo dal 1970 al 1975. I comunisti non erano nel Movimento Europeo, anzi erano fortemente  contrari all’Europa federalista .Le polemiche contro il Movimento Europeo erano all’ordine del giorno. Io ricordo le aspre ironie di Pajetta contro di noi. Essi erano con Mosca. Mi spiace, ma la verità è questa. Gli europeisti erano i liberali alla Einaudi e alla Pannunzio, i repubblicani alla Pacciardi  e alla La Malfa, i radicali alla Pannella, I socialisti democratici alla Saragat e Silone. Anche tra i socialisti c’erano molti filo comunisti anti europeisti. Integralmente europeisti erano i democristiani che tennero la barra dritta sempre, malgrado Malfatti che si dimise dalla presidenza della Commissione europea per tornare a far politica in Italia. La destra monarchica e missina non era europeista e neppure atlantica. Solo successivamente cambiò timidamente le sue  posizioni per scelta anticomunista, pur mantenendo il suo originario nazionalismo.
.
Ronzulli, il Senato e il linguaggio istituzionale
Che la Ronzulli sia diventata vicepresidente del Senato mi stupì molto, ma che essa usi il turpiloquio quando presiede il Senato, mi appare ingiustificabile. Queste persone non possono rappresentarci.   Luigi A. Ferro
La volgarità ormai è talmente diffusa a tutti i livelli che  non mi stupisce che la Ronzulli dica “cazzo”  in Senato anche quando è seduta sulla poltrona di presidente. Mi stupirei del contrario. E qui mi fermo.

La rubrica della domenica di Pier Franco Quaglieni

SOMMARIO: Spadolini ministro dei beni culturali – La Biennale di Democrazia – Erik Gobetti e il 10 Febbraio -Per l’Europa sempre e da sempre ma l’appello di Serra mi lascia indifferente – Lettere

Spadolini ministro dei beni culturali
In un’aula del Collegio Romano sede del Mic è stato ricordato il cinquantennale della fondazione da parte di Giovanni Spadolini del ministero dei beni culturali e ambientali nel 1975. L’attuale ministro ha ricordato i trascorsi repubblichini e fascisti di Spadolini senza che il suo uomo di fiducia Cosimo Ceccuti abbia replicato al Ministro qualcosa. Ceccuti che deve tutto  a Spadolini, anche la casa, ha fatto un discorso retorico dal quale emergerebbe uno Spadolini Salvatore dei beni culturali in sfacelo che non corrisponde al vero. Lo stesso Spadolini preferì occupare altri ministeri più prestigiosi , abbandonando il ministero per la cultura. Spadolini avrebbe compiuto cent’anni nel 2025 e già sono iniziate le celebrazioni per il centenario la cui regia è affidata a Ceccuti che Spadolini trattava come un tutto -fare, appellandolo familiarmente  Cosimo, non certo pensando a De Medici. Non ha avuto il coraggio di affidare il centenario a studiosi che potessero parlare con il distacco critico necessario del suo benefattore . Lo conobbi bene per il centenario di Pannunzio quando tentò di cancellare il Centro Pannunzio,  avendo in cambio la vice presidenza del Comitato , ma sbaglio ‘ pesantemente perché il comitato venne annullato dal ministero su mia istanza. Un piccolo personaggino anche fisicamente rispetto al corpulento Spadolini disegnato da Forattini .Gente da dimenticare, non certo destinata a entrare nella storia italiana. Malgrado i soldi delle banche, in primis quella un po’ chiacchierata di Verdini. Questo è il caso di un ossequioso tirapiedi che involontariamente ha distrutto o almeno molto ridimensionato l’immagine di un uomo che forse  meritava altri ricordi.
.
La Biennale di Democrazia
Essa appare una sorta di giocattolo in mano all’esimio prof. Gustavo Zagrebelski, studioso di fama e amabile e garbata persona. Anche lui all’apparenza un mite giacobino.  La biennale accoglie solo studiosi di una sola parte politica, creando uno strano pluralismo tra sinistra – sinistra ed estrema sinistra. Gli altri non vengono neppure considerati: un razzismo politico assai poco democratico.   Edmondo Bertaina ha avuto il coraggio di chiedere quanto costa la Biennale e da chi sia finanziata. Ha inoltre evidenziato la tendenziosità dell’insieme della baracca affidata a studiosi di un solo colore che va dal rosso acceso al rosso accecante. E’ una Biennale che va cambiata.
E r i k   G o b e t t i  e  il 10 Febbraio
Invitare il solo  E r i k   G o b e t t i   in una scuola a parlare di foibe è errore marchiano. Lo fanno gli  insegnanti faziosi e incolti. E se si invitasse a parlare alla banca del sangue un vampiro senza contraddittorio? Su temi sensibili in una scuola è indispensabile  il contraddittorio. Non è una ingerenza o una lesione  all’autonomia didattica il farlo presente, anzi è doveroso richiedere a chi dirige una scuola impedire scorribande politiche camuffate da storia. Gli studenti vanno rispettati. L’egemonismo di alcuni estremisti dell’Istoreto non va confuso con la storia dell’istituto della Resistenza e dell’ ANPI di Nino Boeti che hanno sempre avuto un atteggiamento rispettoso del dramma delle foibe e dell’esodo.
.
Per l’Europa sempre e da sempre ma l’appello di Serra mi lascia indifferente
Non andrò in piazza  il 15 marzo per l’Europa. Non sono mai andato volentieri in piazza e ci sono andato pochissime volte per Jan Palach  e a sostegno delle vittime dei terroristi islamici che fecero strage dei redattori della rivista Charlie Hebdo. In quest’ultimo caso mi pentii perché la satira deve avere rispetto delle religioni e non oltraggiarle. Forse ho partecipato un’altra volta ad un sit -in radicale, ma la presenza di Viale mi ha subito messo a disagio e mi allontanai dopo pochi minuti. Ritengo che sia più utile adoperare la penna più che i piedi e in tante occasioni invece ho scritto appelli ed articoli. Per l’Europa non si può restare inerti e non c’è il bisogno dell’appello di Michele Serra, che non ho mai stimato. A muoversi per l’Europa vale invece l’appello ideale di Luigi Einaudi , di Ernesto Rossi, di Alcide De Gasperi ,di Mario Pannunzio, di Gaetano Martino e Vittorio Badini Confalonieri, mentre nutro dei dubbi su Altiero Spinelli,  fautore di un europeismo socialistoide poco chiaro. Ritengo un errore nel 1975 aver rinunciato, dopo cinque anni di impegno a fianco di Mario Scelba e di Giuseppe Petrilli  come vice presidente, a partecipare al Movimento Federalista Europeo: dopo aver visto cosa accadeva a Bruxelles e a Strasburgo ritenni di dedicarmi esclusivamente al Centro “Pannunzio”. L’impegno europeo dei miei amici Sergio Pistone ed Emilio Papa è rimasto indelebilmente nel mio DNA.
Oggi bisogna muoversi per una nuova Europa davvero unita anche militarmente  ed economicamente capace di interloquire e di resistere a Trump , a Putin , alla Cina . Un ‘Europa protagonista di una Nato di cui non sia un alleato di serie B. L’Europa burocratica di Bruxelles non mi ha mai convinto . L’Europa dei 27 che deve decidere solo  all’unanimità; ma dà spazio alle evasioni fiscali e alle delocalizzazioni non mi è mai piaciuta. Non mi piacque inizialmente neppure quella dell’Euro da cui l’Italia uscì fortemente penalizzata, ma ritengo oggi che senza l’Euro saremmo al disastro assoluto . Fu  preziosa lungimiranza quella di Ciampi in modo particolare. Oggi quasi nessuno solleverebbe dubbi sulla moneta unica europea capace di tenere testa al dollaro. Ma bisogna anche riprendere l’Europa delle radici storiche giudaico – cristiane che vennero rifiutate. L’Europa vera è fatta da secoli di storia, non solo dai Lumi settecenteschi. Bisogna tornare a credere ad un’Europa antidoto alle guerre come pensavano Einaudi e De Gasperi, l’Europa delineata magistralmente da Benedetto Croce nel suo grande libro dedicato alla storia europea. Per questa Europa vale più che mai la pena di combattere. Essa non è una bandiera blu con tante stelline , ma un patrimonio di valori che noi italiani vediamo rappresentati da Cavour e da Cattaneo, da Mazzini e Garibaldi  insieme a tanti patrioti che dal 1943 al 1945 combatterono  contro l’Europa barbara di Hitler. Se fosse, ad  esempi, Valdo Fusi a chiamarmi in piazza il 15 marzo , non avrei esitazioni. Ma al di là della piazza occorrono le idee e su questo piano il contributo del Centro “Pannunzio”  non potrà mai mancare. Siamo e saremo in prima linea per l’Europa.
.
LETTERE scrivere a quaglieni@gmail.com
.
Pietre d’inciampo
Quale promotore della pietra di inciampo dedicata a Virginia ci tengo a precisare che le pietre sono sempre state solo due. La collocazione fu promossa dal Prof. Brandone che organizzò una bellissima mostra di archivio ed organizzammo  un evento in aula magna ritrovando anche dei rari filmati di Virginia in bicicletta e con la sua famiglia e alla fine fu recitato un kaddish, preghiera in onore dei defunti. La Preside prof. Alpestre fu fondamentale in tutto questo anche perché normalmente le pietre sono collocate davanti all’ultima abitazione della persona, cosa che in questo caso non fu possibile e si pensò che il d’Azeglio fosse il luogo giusto dopo che gli studenti con la loro  ricerca di archivio hanno fatto rinascere Virginia e Franco ex allievi. Infine le segnalo che le pietre sono gestite dalla scuola e dai ragazzi con grande cura ed amore, la manutenzione è sempre ottima.   Mario Montalcini
Grazie per le precisazioni del dott. Montalcini di cui prendiamo atto, anche se il lettore Rag. Filippelli ha documentato con fotografie le sue affermazioni. Se posso dire, del prof. Brandone non ho mai avuto stima, ma ha fatto benissimo ad occuparsi delle pietre d’inciampo che sono così importanti da  obbligarci ad evitare inutili polemiche. Di fronte al dramma delle infami deportazioni tedesche non è il caso di aprire stantie  polemiche banalizzanti. Oggi le due pietre sono in ottimo stato e ne prendiamo atto. Metto però in evidenza il silenzio del preside del liceo D’Azeglio.
.
Piazza Europa
Dopo aver letto il suo pezzo sull’Europeismo seguirò il suo esempio  e non andrò in piazza seguendo Michele Serra. Ho incominciato  invece a rileggere il grande libro di Federico Chabod sull’idea di Europa.   Michele Torra
Fa bene a rileggere Chabod, maestro di più generazioni di storici che fa parte insieme a Croce del mio DNA. Egli scrisse quel libro durante la seconda guerra mondiale  nella Milano occupata dai nazifascisti. Ci sono pagine di una costante attualità come solo i classici sanno scrivere. Serra al confronto è un signor nessuno.
.
“Il sindaco fermi l’assessore Foglietta”
L’assessore Foglietta forse non doveva essere mai nominata assessore, ma il disastro che sta facendo sul cavalcavia di corso Sommeiller, strozzando il traffico, è davvero intollerabile. Va fermata come andrebbe fermato il progetto dispendioso di via Roma pedonalizzata. Luisa Giani
.
Concordo con lei. Foglietta è il tallone d’Achille dell’amministrazione torinese. Anch’io penso che andrebbe sollevata da un incarico a cui si rivela palesemente inadeguata.
.
Il ritorno di Umberto II
La richiesta del principe Emanuele Filiberto, con motivazioni anche storicamente  errate  per il ritorno della salma del nonno Umberto II in Italia al Pantheon è poco dignitosa, specie se collegata al recupero dei gioielli delle Corona. Emanuele Filiberto è incapace di rappresentare la dinastia sabauda. Le Guardie del Pantheon che travalicano  la loro funzione, gli creano un grande danno di immagine. il principe faccia il ballerino, faccia  il ristoratore a Montecarlo, si goda la nuova giocane compagna che ha scelto, lasciando la moglie e non rompa le palle. Re Umberto non è  Faruk d’Egitto. Fece un grande errore chi volle Vittorio Emanuele III accolto alla chetichella a Vicoforte. Non peggioriamo la situazione. I cortigiani di Vittorio Emanuele sono inesistenti e oggi esiziali. Mio nonno morì in Russia per fedeltà al Re in una guerra pazza.    Lettera firmata  
Re Umberto II
Concordo con Lei, a parte l’asprezza del suo linguaggio. Così la Dinastia va purtroppo verso il naufragio del ridicolo, il peggiore. Il principe Sergio figlio di Maria Pia di Savoia è l’unico degno e credibile che può risollevare le sorti.

La rubrica della domenica di Pier Franco Quaglieni

/

Sommario: Piccole donne, piccoli uomini per la pace? – Moranino e i suoi compagni del PCI – Lettere

.
Piccole donne, piccoli uomini per la pace?
La grave crisi internazionale, a parte Trump entrato nella politica estera mondiale come un vero elefante in una cristalleria  (il giudizio su di lui  dovrà  pero’ essere espresso solo alla conclusione della crisi, prescindendo da ogni altra valutazione che non sia la eventuale pace raggiunta in Ucraina e in Israele), ha posto in ulteriore evidenza il bassissimo livello delle classi politiche americane, israeliane (i palestinesi non hanno classe politica, ma solo terroristi fanatici), russe, ucraine, europee.
Di fronte a due guerre che possono portare alla terza mondiale il mondo ha a sua disposizione funzionari di partito che non hanno la benché minima preparazione sui temi della geopolitica e parlano di riarmo come se stessero sbucciando le patate in cucina. Ci sono anche gli ometti che vogliono imitare De Gaulle e la sua force de trappe che impedì all’Europa un esercito unico, ma non creò altri danni anche se la situazione era molto diversa e con il generale c’erano statisti che mitigarono le pretese senili del Presidente francese. Macron e la presidente tedesca della Unione Europa che si nota solo per un vecchio titolo nobiliare che non ha neppure una storia, sono gli esempi di gente che occupa posti a loro non adatti e sta giocando con il fuoco. La mediocrità della classe politica italiana brilla in tutta la sua inadeguatezza confusionaria che divide anche i partiti. Questo è un momento in cui i nominati immeritatamente in posti di responsabilità rivelano tutta la loro fragilita’ e pericolosità. Essi fanno pensare agli “statisti” europei che non sbarrarono la strada ad Hitler e  e consentirono perfino a Mussolini di recitare la parte di “salvatore della pace” a Monaco. In questo contesto i diversi commentatori televisivi e della carta stampata, abituati da sempre alle vulgate da ripetere, diventano davvero ridicoli. Chiedere un’ opinione ad una deputata cinque stelle che stenta ad usare la lingua italiana , appare una delle tante stupidità che annebbiano i nostri cervelli.
Solo il Papa – al di là delle sue idee – rivela una statura non confrontabile. Forse semplifica in modo manicheo i fatti, ma nella sostanza rivela una superiorità intellettuale che gli dovrebbe essere riconosciuta. Ma i piccoli politicanti che si trovano ad esercitare funzioni del tutto sproporzionate  in politica ester , non riescono neppure a comprendere la lucidità di Francesco. Abbiamo gente adatta nella migliore delle ipotesi a fare i consiglieri comunali di piccoli municipi, giocano con la diplomazia che non conoscono e sono  anche privi di studi adeguati.
.
Moranino e i suoi compagni del PCI
I delinquenti comuni che durante o subito dopo la Resistenza ammazzarono ricorrendo a  modi bestiali  partigiani  non comunisti, donne, fascisti arresisi, e si salvarono dai rigori della legge scappando in Cecoslovacchia, sono stati ristudiati da Enrico Miletto che, lasciati gli studi relativi alle foibe al collega negazionista Gobetti, adesso si occupa in un libro dal titolo “Oltrecortina” di questi individui, impossessandosi di una parola che non appartiene alla storia dei comunisti.
In esso si parla di gente condannata all’ergastolo come Moranino che fuggì all’estero per evitare le conseguenze penali dei suoi misfatti, malgrado la generosa amnistia Togliatti del 1946. Miletto imputa ad una persecuzione da parte di una magistratura non adeguatamente epurata il rigore nel perseguire chi tra i partigiani si macchiò di omicidi indiscutibili. Con l’autore del libro vorrei avere un incontro a due con un moderatore non di parte per sfidarlo e contestargli le affermazioni più eclatanti. Il tempo passa, ma la memoria di certi fatti ignominiosi resta.
.
Lettere scrivere a quaglieni@gmail.com
Pietre d’inciampo al “D’Azeglio”
Il liceo “D’Azeglio”, l’ enclave dell’antifascismo settario, ha quattro pietre di inciampo di deportati in Germania davanti al suo ingresso in via Parini.  Due settimane fa le ho fotografate con due pietre  mancanti e due molto mal ridotte. Oggi le ho rifotografate: due mancanti e due tirate a lucido. Come mai?       F. Filippelli
.
Lo deve chiedere al Preside  del liceo, ferreo custode dell’antifascismo dell’Istituto. E gli chieda anche cosa pensa del francobollo dedicato all’ex all’allieva  fascista quindicenne  Marilena Grill, uccisa barbaramente nel 1945 dai partigiani. A lei magari risponde. Ai miei articoli no.
Mazzoleni deve chiarire
L’Assessore  comunale all’ Urbanistica di Torino Paolo Mazzoleni, plurinquisito a Milano anche nello scandalo relativo al  “Salva Milano”, ritirato anche dalla discussione in Parlamento, malgrado fosse il cavallo di battaglia del sindaco di Milano Sala. Cosa ne pensa?    Angela Servetto
Lo scandalo di Milano appare di dimensioni enormi, tale da far saltare la stessa  Giunta Sala. Non sappiamo in che misura l’assessore torinese sia coinvolto, ma il problema è a monte. Ha senso avere un assessore all’Urbanistica a Torino così attivo  professionalmente a Milano e in più  inquisito in 4 vicende giudiziarie riguardanti l’urbanistica meneghina? Al di là della presunzione di innocenza che deve valere per tutti, qui il caso è legato alla opportunità e alla sensibilità politica dell’assessore  che farebbe bene a fare, sua sponte, un passo indietro. Nella storia del Consiglio comunale quella appare la strada  maestra da seguire, ma  le vicende attuali, dal caso Viale in poi, indicano esempi diversi.
.
.

La rubrica della domenica di Pier Franco Quaglieni

SOMMARIO: Trump: non ci sono parole – Gentile e il mafioso Messina Denaro – Mimmo Fogola – Lettere

Trump: non ci sono parole
La politica americana sui dazi si rivela del tutto inaccettabile e mette in evidenza un Trump che non ha statura politica ed economica e si rivela esclusivamente uno spregiudicato uomo di affari che crede che governare sia come gestire un grande magazzino.
Tutta la storia dimostra che uomini come lui sono dei potenziali  disastri  per i governati, dei disastri che si rivelano  una rovina anche per  tutti i popoli coinvolti: la globalizzazione infatti abbatte i confini soprattutto del male e rende ogni malattia politica una epidemia. Pensiamo al presidente Reagan, un liberale,  liberista capace di tenere alto il nome degli USA a livello internazionale dopo i fallimenti democratici da Kennedy in poi, partendo  dalla guerra in Viet Nam. Trump è anni luce diverso da Reagan. I conservatori non hanno nulla da spartire con  le megalomanie le arroganze, la sregolatezza, la totale mancanza di quella “discrezione” che Guicciardini riteneva la virtù  necessaria ad un politico.   Governare significa saper dimostrare senso della misura, equilibrio, diplomazia, realismo politico. Questo arricchito secondo modalità poco limpide,  che si ritiene unto da Dio, non ha mai letto nulla. Non sa chi siano stati i padri fondatori degli Stati Uniti, Tocqueville e Popper, per non parlare di Dahrendorf, studioso acuto della crisi della democrazia.   Non sa neppure chi  siano i liberisti della Scuola  Austriaca. Nicola Matteucci e Lorenzo Infantino che li introdussero in Italia , sarebbero stupefatti da questo avventuriero  a cui  l’età non dà  neppure un quid di saggezza in più, ma induce anzi un  velleitarismo visionario proprio dei vecchi che hanno perso il senno. La regola del mondo libero è quella  fondata sul libero scambio da opporre al bieco protezionismo. Dove circolano le merci liberamente circolano anche liberamente le idee.  I dazi danneggiano tutti e impoveriscono anche chi si illude di poterli imporre per trarne vantaggi. La politica delle sanzioni e dei dazi ha solo creato danni e tensioni.
E ‘ un modo vecchio di vedere i rapporti internazionali. E queste sono riflessioni storiche, non legate alle polemiche odierne. Chi ha amato la democrazia americana attraverso le pagine di Tocqueville, di Pannunzio, Sartori e di Luraghi non può stare zitto, anche se non condivide per nulla le spiritose  semplificazioni di D’Alema, passato dall’antiamericanismo di Togliatti al filo americanismo di Napolitano per poi finire in età senile di nuovo anti americano in difesa di una democrazia che  non lui ,ma altri hanno i titoli storici per difendere. E mi fermo qui, augurandomi di sbagliare perché i liberali non vivono di certezze inossidabili, ma di dubbi e di continue verifiche.
.
Gentile e il mafioso Messina Denaro
Gentile non è amato neppure dalle istituzioni piemontesi , come si è visto di recente , ma a Castelvetrano, dove nacque, è fatto oggetto di attacchi ignobili . Il Comune ha programmato incontri e convegni per ricordare i 150 anni della nascita del filosofo e i 100 anni dell’Enciclopedia Treccani da lui fondata.
Associazioni antifasciste locali protestano e non vogliono ricordi. Il fatto di essere nato a Castelvetrano non giustifica nulla come non giustificherebbe nulla per il concittadino Messina Denaro. Un accostamento che rivela ignoranza, beceraggine , faziosità di chi l’ha scritto. Paragonare il filosofo Gentile con un capo mafioso impedisce di intavolare un dibattito. E pensare che io fui invitato per molti anni  a Castelvetrano a  parlare in convegni su Gentile senza proteste da parte di nessuno, Anpi in primis. Venne a parlare di Gentile anche  Leoluca Orlando. Sicuramente chi protesta contro Gentile continua ad inneggiare al barbaro e vile omicidio a cui venne condannato. Chi protesta contro Gentile con tanta rozzezza è il figlio spirituale (si fa per dire) dei suoi sicari fiorentini.
.
Mimmo Fogola
L’editore e libraio torinese Mimmo Fogola è mancato improvvisamente a 76 anni.
Apparteneva ad una storica famiglia di librai toscani trasferiti a Torino che creò la più bella libreria torinese, non a caso intitolata a Dante Alighieri. Mio padre comprava i libri scolastici e non scolastici solo da Fogola per la ricchezza illimitata di offerta della libreria anche per libri non recenti altrimenti non trovabili. A me diceva sempre: “Non perdere tempo con i cartolai che fingono di essere librai: vai subito da Fogola e troverai tutto, anche le edizioni sgradite ai conformisti”.
Insieme alla libreria nacque successivamente una bella casa editrice con libri e collane che onoravano l’editoria torinese troppo schiacciata su Einaudi. E poi nacque anche una Galleria d’arte di grande valore. Tanti anni fa conobbi in quella galleria un giovane Sgarbi che Fogola non attese la Tv di Costanzo per far conoscere come critico. Soldati aveva un’antipatia preconcetta verso i Fogola a causa delle dicerie banali di un suo cugino che lui considerava molto e che invece era un poveretto, sia pure pieno di soldi perché beneficato da Vittorio Valletta. Ma, ad esempio, tanti scrittori di rango amavano Fogola per presentare i loro libri in una atmosfera libera da pregiudizi ideologici. Avrei dovuto pubblicare un libro con loro, anche su suggerimento della comune amica Anna Ricotti. Mi spiace che i miei impegni di insegnamento lontano dal Piemonte aggravati dalla  gravissima malattia di mio Padre, mi impedirono di poter vantare tra le mie un’opera edita da Fogola. La libreria venne chiusa molti anni fa e da allora Torino ebbe solo Feltrinelli come unica libreria con tutto ciò che questa catena rappresenta di positivo, ma anche di negativo. Io ci entro malvolentieri, pensando al dinamitardo guerrigliero e miliardario che la fondò. Da Fogola sentivo il profumo della libertà come sotto i portici di via Sacchi si sente il profumo del cioccolato. I più giovani non sanno nulla e la stessa libreria di piazza Carlo Felice, un tempo dei famosi  Fogola, chiusa da 11 anni, forse non dice più nulla, anche se appartiene a pieno titolo alla storia della città. Ciò ha anche  consentito di scrivere in libertà cose non vere sulla sua storia che non è mai stata esposta politicamente secondo la cultura dominante sotto la Mole. Queste cose vanno dette se non si vuole fraintendere il personaggio come in parte hanno fatto molti giornali, servendosi di un comunicato pieno di errori e di imprecisioni, redatto non si sa da chi, che tutti hanno saccheggiato per scrivere il loro pezzullo. Che Fogola fosse il fornitore della Real Casa di Norberto Bobbio che riceveva in larga misura i suoi libri in omaggio, è un’ esagerazione che può scrivere solo chi non sa. Per molta sinistra Fogola era un “covo di reazionari” da cui ingiustificatamente tenersi lontani. In un certo senso Fogola fu l’Adelphi non solo torinese.
.
LETTERE scrivere a quaglieni@gmail.com
.
Verrecchia a Vienna
Sono stato allievo alle medie di uno strano personaggio di cui avevo dimenticato anche il nome: il prof. Anacleto Verrecchia, come mi ha ricordato Wikipedia  che ho sfogliato casualmente sul pc. Mi ha stupito leggere che il modesto Verrecchia, assolutamente non apprezzato né da allievi né dai colleghi anche per le sue assenze,  fosse diventato un germanista e un diplomatico come addetto culturale all’ambasciata di Vienna. Lei ne sa qualcosa? Luigi Alzati
Verrecchia è morto da molti anni e oggi è dimenticato. Ebbe qualche attimo di fugace notorietà , ma poi si scoprì’ che non era uno studioso , ma un professorino di scuola media con un’esagerata concezione di sé. Non credo fosse laureato in germanistica perché nessun germanista vero come Magris ne conosceva l’esistenza . Edoardo Ballone, il raffinato giornalista figlio di madre viennese e coltissimo divulgatore di cultura mitteleuropea,  ci scherzava su dicendo che alcuni si consideravano germanisti perché andavano a caccia di uccelli germani. Era una battuta forse un po’ troppo dissacrante, ma la boria del professorino poteva se non giustificarla almeno suscitarla.  Scribacchiava sui giornali, ma i suoi articoli sui temi più disparati rivelano superficialità. Non fu certamente un diplomatico, ma un professore che per un certo periodo prestò servizio sempre nel ruolo di insegnante di scuola media inferiore, nelle scuole italiane all’estero  tra cui quella funzionante in Austria. Quell’insegnamento all’estero dava vantaggi economici ed era molto ricercato dagli insegnanti che volevano migliorare economicamente la loro situazione . Leggo anche che su Wikipedia c’è scritto che fu amico di Prezzolini. Questa affermazione posso escluderla in modo tassativo di persona  Ma direi di lasciare il professore nell’oblio in cui è caduto. Forse Wikipedia dovrebbe attuare controlli preventivi prima di accettare qualunque informazione.