SOMMARIO: “Benito” di Guerri – Il soldato Balbis , un vero patriota – “Copie d’autore”, una mostra molto speciale – Lettere







“Copie d’autore”, una mostra molto speciale
Il fascino dell’arte abbraccia la nostra vita da sempre e la potenza della bellezza arriva nel profondo dell’anima ,diceva Thomas Mann. Davanti ad un’opera pittorica spesso possiamo ritrovarci, sentire, condividere sentimenti profondi. I grandi classici suscitano sempre forti emozioni: meraviglia e calore. Poterli ammirare è un dono che facciamo a noi stessi. Risvegliare il brivido emotivo, ammirando opere di grandi pittori del passato è lo scopo di questa bella esposizione unica nel suo genere che viene allestita a Torino, ad ARTE, da Marco Giordano, pittore e musicista, nel suo atelier in corso Francia 169.

Si tratta di “COPIE D’AUTORE”: vengono proposte in copia opere di grandi maestri come Vincent Van Gogh, Modigliani, Jean Baptiste Corot, Michelangelo Merisi “Caravaggio”, ed altri. Le opere selezionate, ad olio, sono un percorso di studio, dedizione, amore e tecnica realizzate da diversi autori di alto livello formativo. Se non si può arrivare all’intoccabile opera dei grandissimi maestri, ci sono le copie d’autore. VENERDI’ 20 DICEMBRE ore 17- 21 potremo ammirare in anteprima la mostra che rimarrà aperta fino al 27 febbraio 2025, martedì, giovedì, venerdì, sabato e domenica ore 17-21. Marco Giordano è ‘ un artista di grande valore e di grandi meriti con un curriculum esemplare . che merita l’attenzione dovuta ad un uomo libero che vive per l’arte, senza arzigogoli politici, facendone la passione della sua vita.
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LETTERE scrivere a quaglieni@gmail.com
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La lunga storia della repubblica gaullista in Francia è al capolinea dopo aver garantito molti decenni di stabilità di governi di diverso orientamento, per merito di un sistema elettorale che aveva salvato la Francia anche oltre De Gaulle, l’unico grande statista del 900 francese. Oggi quel sistema retto da un ambizioso e incapace come da noi è stato Renzi, è alla fine. L’estrema sinistra e l’estrema destra hanno avuto il sopravvento, elidendosi a vicenda. Le ragioni non sono solo riconducibili a Macron, ma ad un mutamento economico e sociale di cui erano segni premonitori allarmanti i gilet gialli e una immigrazione aggressiva che sta distruggendo la sicurezza delle grandi città. La protesta populista che si manifesta è un grave pericolo per le istituzioni repubblicane. La Le Pen rivela una incapacità politica vistosa che si manifesta anche nel nuovo fronte popolare il peggio della gauche. Sono due elementi segno di un ritorno al passato che sradica la Francia dal contesto europeo, dove Macron ha cercato di esercitare un ruolo egemone senza averne le capacità. Anzi, Macron è uno dei padri della crisi della UE. La Francia potrà riprendersi solo liberandosi dalla sua politica personalista, riuscendo a rilanciare un nuovo gaullismo, anche se anche in Francia manca una classe dirigente. Il problema vero dell’Europa è la mancanza di statisti sostituiti da comparse che rivelano tutti i loro limiti. Magari c’è qualche politicante in circolazione definito leader , ma gli uomini e le donne di Stato sia pure potenziali latitano. La prima comparsa è stata Macron che spera di passare alla storia per un discutibile restauro di Notre Dame dove temo si terrà il suo
situazione è ancora peggio soprattutto a Ponente. Cerco di sintetizzare anche dopo aver sentito chi lavora da trent’anni in ferrovia. Genova e il Levante ligure sono serviti oltre che dal servizio locale / regionale anche da molti treni intercity, che già da soli elevano il servizio ad un buon livello. Ciò non accade nel Ponente dove treni di collegamento diretto con Torino, Milano, Venezia, Firenze, Roma sono praticamente inesistenti. Per questo sarebbe già sufficiente a giudicare il servizio con un voto basso: se aggiungiamo la bassa frequenza e qualità dei treni locali (vere tradotte per immigrati), allora il servizio merita un voto pessimo. Nel Levante nessuna delle 31 fermate è stata mai soppressa dalle Ferrovie e il servizio ha mantenuto quel livello di capillarità necessario per una regione montuosa come la Liguria, difficile per le comunicazioni. A Ponente si evidenzia un’altra situazione: treni veloci quasi inesistenti, il raddoppio della linea appare una scusa per spostare a monte i treni e decimare le stazioni che sono poche e lontane dai centri abitati e hanno provocato una diminuzione di utenti. Il raddoppio in posti come Alassio ed Albenga si rivelerà un disastro. Il nuovo governo non ha mosso un dito. I collegamenti col Piemonte sono pessimi. Io sono almeno vent’anni che non prendo treni, che sono quasi sempre in ritardo.
Il giornalista Aldo Cazzullo ha dedicato una trasmissione alla data storica del 2 giugno 1946, giorno del referendum. Come monarchico non ancora trentenne protesto per la faziosità di Cazzullo che ha dato spazio solo alla voce repubblicana e ha taciuto l’ipotesi di brogli elettorali e di violenze che ci furono. Rita Assale
Ho sentito sul tg Sky che alla prima della Scala il presidente della Repubblica Mattarella ha delegato a rappresentarlo la senatrice Segre. Mi sembra che il presidente sia di norma sostituito dal presidente del Senato ai sensi dell’articolo 86 della Costituzione. Cosa ne pensa? Franco Franchini
La Corte Costituzionale ha dichiarato l’incostituzionalità di parti importanti della legge Calderoli sull’autonomia differenziata delle Regioni. Sarebbe stato opportuno posticipare la pubblicazione della notizia dopo le elezioni regionali d’autunno, non essendoci urgenze all’orizzonte, ma restano comunque importanti le sette obiezioni di ordine costituzionale ad una legge che favorisce la frammentazione regionalista destinata a realizzare un autonomismo localistico sbagliato e antinazionale. Semmai sarebbe stato utile abolire le Regioni a Statuto speciale del tutto anacronistiche e fonte di sprechi, tornando ad un regionalismo compatibile con l’unità d’Italia su temi come la Sanità, venuto drammaticamente in evidenza con la pandemia. Quello di Calderoli non è il regionalismo né di Cattaneo, né di Miglio, ma quello confuso di un dentista bergamasco già autore di una legge elettorale tra le peggiori. Oggi sarebbe indispensabile, di fronte alla globalizzazione, un comportamento politico basato sulla rapidità delle decisioni e sull’unità nazionale. Rischiare di disfare l’unità d’Italia è un errore storico grave. La Consulta, dichiarando incostituzionale parte della legge, impedisce anche la celebrazione di un referendum su una materia giuridica complessa non riconducibile ad un sì o ad un no. L’abuso dei referendum è sempre in agguato e difficilmente verrebbe raggiunto il quorum richiesto.
sostituite con nuove vetrate oggetto di un pubblico concorso per volere di Macron. Si tratta di un’idea incredibile che non rispetta la storia. Quelle vetrate creavano un clima emotivo all’interno del tempio che va conservato. Ascoltare una messa tra quelle navate era un qualcosa di unico che faceva cogliere il valore del misticismo anche nella Francia di Voltaire. Notre Dame va restaurata senza manomissioni post moderne che tradiscono la storia. Solo l’affermazione della grandeur di un presidente incapace e ambizioso può giustificare la manomissione di un’opera che va lasciata come era. Questa notizia è passata nella più totale indifferenza. Anche la Francia ha perso il senso della sua storia?
sistematica .Va fatta prevenzione, vietando certe aree auliche della città a rischio vandalismo. Un nuovo ‘68 non va tollerato, anzi va represso.
I centenari sono considerati già morti quando sono ancora in vita, anche se Ferrarotti ha scritto fino all’ultimo periodo. Era considerato l’ultimo olivettiano e la figura stessa di Olivetti non è certo valutata per ciò che è stata. Io non amo la sociologia, ma Ferrarotti è stato uno studioso stimabile che non si è mai sottomesso al giogo dell’egemonia gramsciana. Forse certi silenzi sono spiegabili con le baronie rosse che ancora dominano, malgrado le sconfitte culturali e politiche, nelle università e nei giornali.
Questa definizione di Paese sicuro o insicuro che viene usata per i migranti potrebbe essere facilmente adattata anche per l’Italia o almeno per tante zone del Nord e del Sud. La insicurezza percepita da tanti italiani nelle grandi città non è un’ invenzione della propaganda. In effetti l’eredità ricevuta dai Governi precedenti e la scarsa efficienza dell’attuale Governo hanno creato un disagio evidente, causato da immigrati nulla facenti sempre più prepotenti e aggressivi e da una delinquenza autoctona che si manifesta con ammazzamenti, furti, rapine sempre più eclatanti e numerose. Le zone circostanti delle grandi stazioni sono oggi a rischio: al minimo può capitare un borseggio. In certe ore le città sono preda esclusiva della teppaglia italiana e/o straniera e i cittadini sono costretti a rintanarsi in casa per tutelare se’ stessi . Chi può compra antifurti sempre più sofisticati per cercare di tutelarsi. I tempi della serratura contro la chiave bulgara sono trapassati. Ovviamente andrebbero anche aggiunti reati come l’occupazione di case e reati contro le persone per futili motivi. Anche molte realtà famigliari sono funestate da omicidi che appaiono a volte del tutto improvvisi e immotivati, come se essi fossero frutto di improvvisi impazzimenti. Dall’insieme si deduce un clima generale che provoca ansia sociale e individuale di grado elevato. Gli ansiolitici registrano consumi mai toccati prima non solo per problemi personali o di coppia. Chi può permetterselo, viaggia in taxi. Gli slogan e gli anatemi di Salvini non restituiscono tranquillità sociale, ma accrescono le divisioni e moltiplicano le tensioni. Se aggiungiamo le gravi preoccupazioni che creano ampi settori dell’economia e della produzione abbiamo una fotografia allarmante che forse consiglierebbe a noi italiani di trasferirci da altre parti, ammesso che, visti da vicino, ci siano Paesi più sicuri. Anche noi emigranti? Non è un’ipotesi, sia pure un po’ paradossale, da scartare a priori. Occorre una classe politica capace che non si improvvisa e che a ben guardare , non esiste neppure in Francia, ne’ in Germania e neppure in Spagna.
La visita a Emma Bonino da parte di Papa Francesco fa quasi pensare al santo di Assisi che ammansì il lupo di Gubbio, se pensiamo che l’aborto è stato definito recentemente omicidio e i medici che lo praticano sono stati considerati dal Papa “sicari”. La Bonino ha il primato assoluto in tema di aborto sul quale è stata costruita la sua carriera politica. Il Papa vuole dare un esempio di bontà e di perdono , quasi di affetto verso la Bonino a cui porta fiori e cioccolatini quasi come ad una innamorata. Ho conosciuto la Bonino in qualche occasione anche come Ministro degli Esteri. Una volta ho cenato con lei senza riuscire a stabilire se non un algido rapporto molto convenzionale. Mi sembrò molto fredda e distaccata e forse io le diedi l’impressione di un disincantato intellettuale fuori dal coro. Ero amico di Pannella e il rapporto tra i due leader si stava già incrinando. Per altro, io sono stato sempre distante dalle sue idee, che ritengo modeste e rimaste, malgrado i tanti viaggi, sempre un po’ provinciali. Adesso Francesco ha quasi beatificato la “lupa di Bra” che, malgrado un cancro al polmone, continua a fumare come una turca, come si diceva a Bra. Viene comunque fuori una grande lezione di amore cristiano verso chi la pensa diversamente su temi fortemente divisivi, anche se su migranti e carcerati i due la pensano allo stesso modo. Sarebbe impensabile un Papa Wojtyla che va a far visita alla Bonino, portando fiori e gianduiotti. Ha sicuramente ragione Bergoglio nelle sue aperture che smorzano le dure parole sull’aborto e soprattutto sui “medici sicari”. Anche il vetero anticlericalismo della Bonino sembra essersi dissolto anche se non siamo in vista di una conversione . Sono gesti che possono creare turbamenti in parte dei credenti, ma già il Cardinale Federico Borromeo fu molto “inclusivo”, si direbbe oggi con parola “follemente corretta” ( Ricolfi ), nei confronti dell’Innominato.
A Torino sono scomparse le salumerie che erano un fiore all’occhiello della città, come è ancora così nella mia amata Bologna. A Torino ci sono solo più supermercati e Eataly. Che tristezza! Giorgia Lissone Campanini
Nel 1994 morì Luciano Perelli, storico preside del liceo “Gioberti” ma il suo anniversario è stato ignorato. È stata invece intitolata la biblioteca del liceo, enclave della sinistra torinese, a Lidia de Federicis docente di Lettere italiane e soprattutto coautrice del “Materiale e l’immaginario”. Una rivoluzionaria antologia, concepita con Remo Ceserani, che avrebbe dovuto cambiare il modo di insegnare e studiare la letteratura in una dimensione interdisciplinare e internazionale. Tanti sono ancora oggi gli ammiratori della professoressa dal carattere impossibile e dal modo di scrivere spesso riservato a pochi addetti. La de Federicis proveniva dal PSI lombardiano, ma il suo punto di arrivo non fu certo il partito socialista. Era una professoressa molto politicizzata e divisiva, sempre pronta a stizzirsi e a polemizzare. Su altri versanti disciplinari simile a lei fu Carlo Ottino del liceo “Alfieri”, uomo polemico all’eccesso, un dottrinario laicista che non voleva la laicità della scuola, ma l’ateismo di Stato, anzi la libertà per tutti salvo che per i cattolici.
Verrà conferito alla memoria di Emilio Germano la più alta onorificenza di Israele, quella di “Giusto tra le nazioni” per il suo coraggioso impegno nel salvare Ebrei braccati da nazisti e fascisti. Germano lo fece per la sua innata e intrepida dolcezza di sentimenti, lui autentico cristiano e filantropo. Scrisse Galante Garrone all’atto della sua morte: “Moltissimi torinesi hanno conosciuto Germano e lo ricordano per una sua caratteristica (piuttosto rara , specialmente al giorno d’oggi): una illimitata bontà ingenua e piuttosto disarmata.”

Sono d’accordo il gesto di Elkann rivela arroganza assoluta e mancanza di rispetto verso lo Stato che ha finanziato la Fiat in tutte le occasioni. Oggi quel poco che resta della Fiat non è più italiano come non è italiano l’ing . Elkann . E’ la fine di un mito caduto in basso ed evaporato totalmente. La probabile chiusura di Stellantis rappresenterà un’ultima mazzata a Torino e ai torinesi. Un danno che può determinare un ulteriore sconvolgimento sociale. Colpevoli insieme ad Elkann ci sono anche i sindacati che nei decenni passati fecero di tutto per massacrare la Fiat. I sindacati che oggi scendono in campo in difesa della Fiat appaiono ridicoli, se la situazione occupazionale non fosse drammatica.
S c u r a t i che vuole insegnare la storia agli italiani, specializzandosi sulla vita di Mussolini, non manca mai di stupire e di fare indignare. Nella sua furia iconoclasta demonizza anche la pagina eroica di El Alamein quando l’Esercito italiano superò se stesso. Io a 14 anni volli andare a visitare l’immenso sacrario di soldati caduti in battaglia costruito da Paolo Caccia Dominioni che combatté nel deserto africano.

Il 26 ottobre 1954 Trieste torno’ finalmente italiana dopo il disastro della II guerra mondiale. Rischio’ di diventare titina e jugoslava, pagando il trattato di pace del 1947, altamente punitivo, che previde forti mutilazioni al territorio nazionale del martoriato confine orientale. Chissà quanti italiani avranno ricordato l’anniversario di una data importante e ricorderanno il Presidente Giuseppe Pella che ebbe stroncata la carriera politica perché tenne una ferma e coraggiosa posizione su Trieste? C’è chi ha esposto in questi giorni la bandiera tricolore per riannodare la Vittoria del 4 novembre 1918 con Trieste nuovamente italiana e per ricordare il sindaco di Trieste Bartoli che espose il tricolore, malgrado il divieto degli alleati anglo – americani. E bisognerebbe ricordare i martiri di Trieste del 1952 uccisi dal piombo degli inglesi mentre, di ritorno da Redipuglia, manifestarono per l’italianità della terra di San Giusto. Anche la cantante Nilla Pizzi con “Vola colomba” ricordò agli italiani la dignità nazionale infranta. Il presidente Einaudi andò a Trieste come il Re Vittorio Emanuele III nel 1918. Era un‘Italia sconfitta che aveva rialzato la testa e non era più disposta a cedere ai ricatti. Chissà quanti l’avranno ricordata questa data storica?
bel libro su di lui di Salvatore Vullo, nulla è stato fatto a Torino di significativo . Un premio a lui intitolato ,dato a giornalisti torinesi a Pianezza non basta a ricordare Brancati, che ha pagato il fatto di essere stato un pannunziano non succubo della egemonia gramsciana.

sindaco di Napoli, venne eletto anche dai grillini. E tanto mi basta. Lo Russo da un certo tempo sta affrancandosi dall’ala demagogica della sua maggioranza che tanto danno provoca alla città e sta rivelando doti amministrative che il suo competitor come sindaco alle elezioni non ha mai avuto e continua a non avere.
Il casino continua. E’ impercorribile. Di chi la colpa? Elena Soffici
Le Residenze Reali e le sovrintendenze hanno organizzato una due giorni a livello internazionale dedicata a Umberto II e i suoi luoghi. Bella iniziativa anche se la presenza di Gentile (che offese in un libretto la Regina Elena che avrebbe avuto un’avventura con un dignitario di corte in assenza del re durante la Grande Guerra) appare del tutto inopportuna. Ma è stato bello che una parte di istituzioni si sia ricordata dei 120 anni della nascita del Re Umberto. Vittorio Raiteri
In una bella intervista inedita a Norberto Bobbio fatta dal gobettiano fedelissimo Bruno Quaranta Bobbio sostiene che Gobetti era un liberale, correggendo lo stesso Quaranta che lo definiva “anomalo”. Gobetti, che secondo Bobbio – avendo avuto un rapporto con il liberista liberale Luigi Einaudi – sarebbe stato coerentemente anti statalista e quindi antisocialista, contro Turati che fu anticomunista come Matteotti, in nome della libertà. Potrebbe essere oggetto di discussione il carattere liberale della gramsciana occupazione delle fabbriche torinesi, ma non può essere accolta l’interpretazione in chiave di “Rivoluzione liberale” della rivoluzione bolscevica sorta nel 1917 e quasi subito trasformatasi in una rivoluzione marxista – leninista che guardava al giacobinismo francese e alla Comune di Parigi oltre che ai testi di Marx . Diceva Hegel che “le teste non si tagliano come i cavoli”. Quella rivoluzione ha mietuto più teste che spighe perché il terrore giacobino e leninista insanguinò la grande Russia. Gobetti visse fino al 1926 e quindi ebbe tempo di vedere e di patire il fascismo, ma anche di conoscere sia pure indirettamente il comunismo sovietico.



