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Il trasformismo dei populisti

LO SCENARIO POLITICO  di Giorgio Merlo

Diciamocelo con franchezza. Il trasformismo dei populisti sta diventando sempre più simpatico e
divertente. Certo, non c’entra nulla con la politica, con la cultura politica e men che meno, con
qualsivoglia cultura di governo. Perchè attiene rigorosamente ai disvalori più profondi della
politica. Ovvero, il trasformismo, l’opportunismo e a tutto ciò che è riconducibile solo e soltanto
alla logica del potere più spietato. Sono considerazioni, queste, che emergono in modo quasi
naturale dopo avere appreso l’assoluzione da parte del tribunale morale dei 5 stelle del candidato
dello schieramento di sinistra Ricci a Presidente della Regione Marche.
Ora, al di là e al di fuori delle vicende che attengono al candidato della coalizione della sinistra
marchigiana – un fatto che riguarda esclusivamente Ricci – quello che merita di essere rilevato ed
approfondito sotto il versante politico sono le motivazioni che spingono il partito populista per
eccellenza, i 5 stelle appunto, a fare queste valutazioni di merito sulle singole questioni giudiziarie
che attengono le persone che si devono candidare nei vari livelli istituzionali. E l’assoluzione
preventiva del capo dei 5 stelle è destinata a fare scuola, come si suol dire, perchè si applicano
risposte diverse ed alternative a seconda delle convenienze del partito, dei candidati e della
situazione concreta che si prospetta di volta in volta. Certo, è un ginepraio dove è difficile
districarsi per un normale e disinteressato osservatore politico. Ma la regola di fondo, ricorrendo
ad un antico adagio, si potrebbe riassumere così: è il trasformismo bellezza. E cioè, quello che
vale per te non può valere per l’altro. E quello che vale per l’altro non può valere per te. Contano,
cioè, le convenienze, le situazioni, i candidati e il contesto. I principi? I valori? I solenni
pronunciamenti? Le dichiarazioni di fede? I proclami pubblici? Le invettive violente e dissacranti
nei confronti dei nemici? Ma quando mai. Sono tutte stupidaggini utili per i gonzi ma che poi
vanno utilizzate a seconda dei casi, a seconda delle opportunità e delle concrete utilità di partito.
Ora, e al di là del caso marchigiano, questo fatto evidenzia e per l’ennesima volta – per chi non
l’avesse ancora compreso – che il vero rischio per la qualità della nostra democrazia, per la
credibilità delle nostre istituzioni democratiche e per la stessa efficacia della nostra azione di
governo risiede, ieri come oggi, in una sola prassi: il populismo. Perchè è proprio nel populismo
che si racchiudono i rischi mortali per la nostra democrazia repubblicana: e cioè, il trasformismo,
l’opportunismo, il giustizialismo e l’incoerenza come fatto sistematico e strutturale. Ovvero, i
disvalori più profondi e più nefasti che attraversano una società democratica. Ed è per queste
ragioni che chi stringe alleanze con i partiti populisti accetta, di fatto, quella visione e, soprattutto,
quei disvalori. Al di là delle chiacchiere e della propaganda ridicola e grottesca sul “ritorno della
dittatura, sulle torsioni illiberali e sulla compressione delle libertà democratiche e costituzionali”. Il
populismo è l’antitesi della democrazia. Lo era ieri e lo è oggi. Chi lo sposa semplicemente lo
condivide. Punto.

Gaza, la striscia della vergogna

Sulla drammatica situazione presente sulla Striscia di Gaza abbiamo già scritto (Il Torinese 24 maggio 2025) ma dopo gli ultimi accadimenti forse occorrono altre precisazioni e soprattutto nuovi punti di giudizio sulla situazione. Ormai Israele, fra difesa e attacchi, è militarmente impegnata in Palestina, Libano, Iran (come appoggio agli attacchi U.S.A.) e da qualche giorno pure in Siria.

Grande clamore hanno avuto gli arresti di personale ONU (presente in area a sostegno dei civili) da parte dell’esercito israeliano, oltre al bombardamento della Chiesa della Sacra Famiglia in Gaza, di proprietà del patriarcato latino di Gerusalemme e unica parrocchia cattolica presente sul territorio. Un errore?

Ufficialmente sì, anche se molti dubbi sono leciti, ma che ha causato la morte di tre persone e il ferimento di altre dieci.

Da anni un’intera popolazione è stretta fra i carri armati di Gerusalemme e indirettamente dai terroristi di Hamas, che a cinismo sembrano fare a gara con i militari dalla stella di Davide sulla giubba.

Quasi mille camion di aiuti alimentari e sanitari sono bloccati dall’esercito israeliano (anche se con il contagocce Israele, spinta dall’indignazione internazionale, ha iniziato a farne passare un centinaio; si tratta però di una goccia nel mare!). Le code per il poco cibo disponibile sono, inoltre, oggetto delle raffiche di soldati che non raramente falciano persone civili. Giustificarle come colpi di avvertimento per paura di terroristi nelle vicinanze ha del mistificatorio: se la gente cade, soprattutto per mano di militari esperti e professionisti, significa che si spara volutamente ad alzo zero.

Rachel Cummings, responsabile di Save the Children sulla Striscia di Gaza – e appena tollerata dagli Alti Comandi israeliani – informa che molti bambini palestinesi pensano alla loro prossima morte come ineluttabile destino. Spesso orfani, hanno perso tutto, vivono con i morsi della fame e della sete nella paura di un presente che sembra mai finire. Senza casa, scuola, cibo, riferimenti, sono costretti a spostarsi continuamente da un rifugio di fortuna all’altro.

Fatto non a tutti noto è che i minori fino ai 14 anni rappresentano ben il 40% della popolazione palestinese. Altamente probabile che proprio in queste percentuali si nasconda il crudele accanimento dei militari israeliani: bimbi oggi, nemici domani!

Questa è la situazione ma sorge una seconda domanda, tema di questa ricerca: perché si è arrivati a questo, come non si è potuta limitare la crisi umanitaria, perché Israele riesce a continuare nelle sue azioni senza freni internazionali?

Faciliterà un paragone. L’altra grande crisi è quella russo-ucraina, grave, drammatica ma con enormi differenze politiche. In quanto crisi ‘tradizionale’… si confrontano due Stati Nazionali con due forze armate, due contrapposte forze che si combattono per un territorio. Il mondo della diplomazia ha potuto prendere posizioni precise… con aiuti differenziati ma comunque comprensibili. Alcune nazioni (poche) sono dalla parte di Mosca e altre (la maggioranza), direttamente o indirettamente sostengono l’Ucraina.

Su quello scenario vige l’antichissima Legge della Guerra, con i suoi drammi, i lutti, ma con poche e chiare soluzioni possibili.

Perché questo decisionismo diplomatico e politico internazionale non esiste per una ben peggiore crisi umanitaria? Questo è il vero, irrisolto dramma. A Gaza Israele ha fatto registrare una quantità di crimini di guerra senza precedenti, violando a più riprese il diritto internazionale, senza però una risposta forte delle Istituzioni e degli Stati.

Torniamo a fine 2023… dopo gli attacchi di Hamas – che restano efferati e di gravità senza precedenti, l’Occidente ha supportato una reazione di Gerusalemme con massivi invii di armi. Hamas è infatti responsabile della morte di 1200 cittadini israeliani e nel rapimento di circa 250, solo parzialmente restituiti.
L’attività militare ha con il tempo assunto proporzioni di vittime spaventose e senza alcuna proporzione con l’offesa subita. Con la scusa di una caccia ai terroristi, si stanno superando le 60.000 vittime palestinesi!
Il diritto internazionale umanitario – parte del Diritto che regola i conflitti armati per umanizzare le regole della guerra – è violato in modo sistematico, come il rispetto delle popolazioni civili, accusate però di nascondere i terroristi.

Ormai è chiaro che la strage del 2023 è un pretesto per ‘sfoltire’ il numero degli arabi sul territorio. Se non si può apertamente parlare di genocidio, il termine comincia ad essere citato sempre meno timidamente in tutte le cancellerie.
Non esiste però una possibilità di coercizione, oltre al rammarico diplomatico. Le strutture sovranazionali non sono dotate di un potere esecutivo. Tanti i casi in cui queste, pur se ispirate da principi nobilissimi, portano a risultati puramente teorici. Importanti Stati sotto accusa – Israele oggi come altri nel passato – appellandosi ai loro interessi nazionali, restano indifferenti alla comunità internazionale (lampante il caso dello stra-condannato Presidente Putin).
Nel caso di Israele si aggiungono inoltre contraddizioni impensabili per altri scenari. Nonostante azioni sempre più scellerate, il governo continua a parlare di “legittima difesa”, mutuando a proprio vantaggio un termine del Diritto Internazionale. Suo nemico è Hamas che non è uno Stato, ma un’organizzazione armata con pesanti atti terroristici a suo carico. Se l’obiettivo della comunità internazionale è quello di regolare il comportamento tra Stati, Hamas non rappresenta niente di giuridicamente accettabile.

Quindi si torna al problema principe: la Palestina è uno Stato?
Attualmente 142 Stati membri dell’ONU riconoscono la Palestina ma è assente quasi tutto l’Occidente. Ciò consegue che questo “Stato palestinese” sia un ente osservatore, senza però essere membro ONU. E’ ancora sotto occupazione militare israeliana dal 1967, con una sovranità limitata e limitato nell’esercizio dei suoi diritti fondamentali. Si potrebbe quindi considerare la Palestina uno Stato ufficioso ma non ufficiale.
Israele nasce nel 1948 grazie a un Occidente promotore della creazione di uno Stato ebraico.
Peccato che quelle terre fossero già massicciamente abitate dai palestinesi…

Ora sembra assurdo ma bisogna avere l’onestà di contestualizzare il periodo. A pochi anni dai massacri della seconda Guerra Mondiale, gli ebrei europei sono decimati, con ben 6 milioni di morti alle spalle. La primigenia motivazione di questa forse poco meditata decisione si può trovare nel senso di colpa di gran parte dell’Europa per le persecuzioni verso gli ebrei… NON limitate alla sola Germania. Ciò limita ancora una nostra serenità di giudizio su quanto da decenni succede nei Territori Occupati.
Israele è inoltre l’unica presenza occidentale in un’area ‘caldissima’, incapace di produrre governi veramente democratici, complessivamente di fede islamica. Parimenti quest’area è ricca di materie prime, irrinunciabili per il nostro continente. Questo fa di Israele l’unica democrazia ‘occidentale’ nostra alleata in M.O. e di profonda cultura europea. Le numerose armi ai sionisti sono inoltre ben pagate e nessun Paese sembra volerci rinunciare.
Per finire, Tel Aviv è PROTETTA dagli Stati Uniti, abitata da potentissime lobbies ebraiche in grado di gestire immense forze economiche e politiche. Come noto, questo fatto impedisce e contemporaneamente favorisce molte situazioni.
XPer meglio capire una situazione di per sé molto complessa, utile sarà definire che cosa si intende per Palestina. Non residuali sono le differenze giuridiche fra Cisgiordania e Striscia di Gaza.

Entrambe sono abitate da palestinesi ma divise da politiche territoriali differenti.
La prima è co-gestita da Israele e la forza politica nominata Fatah, in qualche modo accettata dai sionisti. La Cisgiordania è divisa in tre aree. L’Autorità palestinese controlla l’area A, l’area B ha un’amministrazione congiunta, mentre la zona C è sotto il pieno controllo di Tel Aviv.
La striscia di Gaza – sul mare e fisicamente interrotta da territori di Israele (un’enclave, praticamente) – è stata creata attorno alla antica città di Gaza nel ’48 dai rifugiati palestinesi espulsi dai loro villaggi e divenuti il nuovo Stato di Israele.
Dal 1967, pur essendo entrambe occupate, Cisgiordania e Gaza hanno da anni un destino diverso. Per la prima, il principale problema è causato coloni ebraici sempre più invasivi, armati e tutelati da un controllo militare.
Sulla Striscia regna invece HAMAS che ha conquistato il potere in modo violento, a seguito del disconoscimento internazionale della sua vittoria alle elezioni del 2006.
Da allora abbiamo un governo “de facto” di Hamas e un improprio riconoscimento internazionale di Fatah in Cisgiordania.
Come evidente, contro Israele la linea resta morbida, con ipocrite e contraddittorie dichiarazioni di “reazione spropositata” ai fatti del 2023, ma senza misure concrete per eliminare la mattanza di civili, uccisi e affamati con la scusa di inseguire i terroristi.
L’Occidente ne esce molto male e soprattutto ne esce malissimo l’Europa che – pur se potentemente coloniale in passato – resta il baluardo del Diritto, delle Libertà, dei diritti umani.
La decisione del presidente Macron, e recentemente del Primo Ministro britannico Tarner, di voler sostenere uno Stato unitario Palestinese, ha fatto sobbalzare le cancellerie di mezzo mondo. Forse è prevedibile ‘un effetto trascinamento’ di altre nazioni.
Per certo non risultano dichiarazioni in tal senso da parte del nostro Paese. Sono comunque le uniche affermazioni di volontà di una potentissima forza occidentale che fino ad ora ha solo saputo belare piuttosto che ruggire.

Ferruccio Capra Quarelli

Cultura, Antonetto: “Piemonte dal Vivo orgoglio del territorio”

“Un riconoscimento che premia eccellenza e capillarità della cultura piemontese”

Voglio esprimere le mie più sentite congratulazioni alla Fondazione Piemonte dal Vivo per il prestigioso risultato ottenuto nella graduatoria nazionale del Ministero della Cultura per i circuiti multidisciplinari dello spettacolo. Essersi classificata al primo posto, con un punteggio di 80,92, è motivo di grande orgoglio per tutta la nostra Regione” dichiara Paola Antonetto, consigliera di Fratelli d’Italia e Presidente della Commissione Cultura in Consiglio Regionale.

La Fondazione, che diffonde teatro, danza, musica e circo contemporaneo in tutto il Piemonte, potrà contare ora su quasi 900 mila euro di contributi ministeriali. “Questo riconoscimento – continua Antonettoè la conferma della straordinaria capacità di Piemonte dal Vivo di unire qualità artistica e radicamento territoriale, coinvolgendo comunità grandi e piccole con una programmazione capillare e inclusiva. La cultura, quando è diffusa e condivisa, diventa motore di coesione sociale e strumento di crescita per le nostre comunità”.

Antonetto sottolinea come questo risultato sia anche frutto di un lavoro corale tra istituzioni e operatori culturali: “Il primo posto a livello nazionale non è solo un traguardo per la Fondazione, ma per l’intero sistema culturale piemontese, che ancora una volta dimostra di essere modello per il Paese. La Commissione Cultura continuerà a sostenere con convinzione progetti che, come questo, valorizzano i nostri talenti e rendono la cultura accessibile a tutti”.

CS

Merlo: Ricci, il populismo di 5 stelle rischio per la democrazia

“L’assoluzione preventiva da parte del tribunale morale dei 5 stelle sul caso Ricci conferma che
c’è un rischio reale per la salvaguardia della qualità della democrazia nel nostro paese. E il rischio
si chiama populismo. Perchè dietro al populismo si nascondono i disvalori che possono essere
fatali per la nostra democrazia: e cioè, il trasformismo, l’opportunismo e la giustificazione di tutto
e del contrario di tutto in nome del puro potere. E, alla luce di questa banale considerazione, c’è
una sola regola che vale. E cioè, chi si allea con i populisti – come il Pd della Schlein – sposa e
difende i disvalori del populismo, del trasformismo e del giustizialismo a targhe alterne. Il resto
sono solo chiacchiere e propaganda”.

On. Giorgio Merlo
Presidente nazionale ‘Scelta Cristiano Popolare’.

Regione, l’assestamento di bilancio va in aula

In serata, nella prima Commissione presieduta da Roberto Ravello, è stato licenziato per l’Aula l’assestamento di Bilancio. Il provvedimento dovrebbe cominciare il suo iter in Consiglio oggi pomeriggio 31 luglio 2025. Stamane, intanto. la Commissione affronta il rendiconto generale della Regione 2024 e il Bilancio di previsione del Consiglio regionale 25-27.
Nell’ultima seduta di Commissione sono intervenuti Monica CanalisNadia ConticelliLaura PompeoDomenico Ravetti, Domenico RossiMauro SalizzoniAlberto Avetta (Pd), Sarah Disabato (M5s), Valentina CeraAlice Ravinale (Avs) e Vittoria Nallo (Sue).
La Conferenza dei capigruppo, presieduta da Davide Nicco, aveva intanto stabilito di convocare l’Assemblea regionale oggi, giovedì 31 luglio, dalle 14 alle 20 e venerdì 1 agosto dalle 10 alle 20 per discutere – se licenziati dalla prima Commissione – i Disegni di legge 93, Assestamento al bilancio di previsione finanziario 2025–2027 e 87, Rendiconto generale per l’esercizio finanziario 2024 e la Proposta di delibera 125, Bilancio di previsione del Consiglio regionale esercizi 2025-2027. Approvazione della proposta di variazione di assestamento e attestazione della sussistenza degli equilibri generali.

Iveco, AVS: “Solo passione per i dividendi”

NESSUN CONFRONTO CON I SINDACATI, NESSUN INTERESSE PER LE SORTI DEI LAVORATORI
“La cessione di Iveco Defense Vehicles, per un controvalore di 1,7 miliardi, era il primo passo per lo smantellamento di Iveco. Non immaginavamo che Exor provvedesse tanto rapidamente: nel giro di qualche ora dall’annuncio dell’acquisto da parte di Leonardo della divisione militare, è arrivata la decisione della holding delle famiglie Agnelli-Elkann-Nasi, che detengono il 27,06% del capitale di Iveco, di cedere tutto il resto del gruppo Iveco a Tata Motors. Tutto è avvenuto senza alcun confronto con i sindacati. Il Governo resta in silenzio, mentre Exor continua a disimpegnarsi dal settore italiano dell’automotive, privilegia investimenti finanziari e insegue le promettenti aspettative industriali per le società della difesa in tempo di riarmo. Un finale su cui già a marzo avevamo interrogato il Governo ma dal quale non abbiamo ricevuto alcuna risposta. Chiediamo che intervenga ora per tutelare le persone di fronte all’ennesima passione sfrenata per i dividendi” – ha commentato il Vicecapogruppo AVS alla Camera Marco Grimaldi, che sulla vicenda ha depositato una nuova interrogazione.
“Siamo molto preoccupati per la sorte dei dipendenti, che tra Torino, Brescia, Suzzara, Foggia e Bolzano arrivano a oltre 14mila, ai quali si aggiungono gli addetti operanti in tutto il mondo, per un totale di 36mila. L’assenza di qualsiasi confronto sul futuro del loro lavoro con le rappresentanze sindacali è un allarme che conosciamo bene, basti pensare alla vicenda Marelli venduta a un fondo americano e ora in fallimento: è l’ennesimo capitolo di uno stillicidio in cui la Regione Piemonte non ha mosso un dito né aperto bocca. Il tessuto industriale italiano perde pezzi giorno dopo giorno, ma Cirio e Chiorino restano a guardare. Chiederemo urgentemente in consiglio di aprire gli occhi e intervenire per tutelare le migliaia di lavoratori e lavoratrici Iveco” – ha aggiunto la capogruppo di AVS in Regione Piemonte, Alice Ravinale.
CS

I catto – comunisti di ieri e di oggi, sempre comunque illiberali

IL COMMENTO  di Pier Franco Quaglieni

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Furoreggia su Facebook questo post che attribuisce un pensiero a Papa Leone  XIV che difficilmente corrisponde ad una parte, sia pure decontestualizzata, di un  discorso del pontefice  che abitualmente legge i suoi discorsi magari  preparati dai suoi  collaboratori più fidati.  Papa Leone non è Papa Francesco che era imprevedibile improvvisatore anche con battute diventate storiche. Papa Leone è uomo colto e non si lascia andare alle frasi eclatanti. Ciò detto, la riflessione sul comunismo  merita comunque attenzione, anche se non è parola di Leone XIV, ma di un falsario Leone… da tastiera.
In effetti la parola magica solidarietà ha attratto molti cattolici nel partito comunista, anche se la solidarietà cristiana, fondata sull’amore, non ha nulla da imparare dal marxismo ateo nelle sue diverse incarnazioni politiche. Il PCI è risultato essere una calamita per molti cattolici anche per l’abile politica seduttiva portata avanti da Togliatti, a partire dalla costituzionalizzazione dei Patti Lateranensi  con l’articolo 7.Ovviamente furono ignorati la Chiesa del silenzio, l’ateismo di Stato e la persecuzione del clero in Urss. L’esempio più significativo  nella storia italiana fu il movimento dei cristiani comunisti nel secondo dopoguerra a cui aderì anche un filosofo di un qualche valore come Felice Balbo di Vinadio  – l’erede del  moderato Cesare Balbo risorgimentale – il quale, quando Pio XII scomunicò i comunisti, abbandonò il PCI. Anche nella sinistra democristiana personaggi ambigui come Dossetti e lo stesso Moro subirono il fascino del PCI fin dai tempi della Costituente, per non citare il compromesso di Berlinguer che trovò  Moro disponibile a portare i comunisti al governo. Paradossalmente lo fermarono i brigatisti rossi nelle cui file alla Facoltà di sociologia di Trento erano cresciuti  anche dei giovani catto-comunisti sedotti dal terrorismo armato.
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Eletti  nel PCI in Parlamento ci furono anche i catto – comunisti Raniero La Valle e Adriano Ossicini. Chi scrive ha avuto come compagno di Liceo tal Mauro  Barrera che passò dal cattolicesimo alla contestazione, per poi finire in qualche gruppuscolo catto – comunista. Pio XI e Pio XII avevano denunciato in modo chiaro ed inequivocabile  il comunismo, considerato  profondamente  anticristiano. Da papa Giovanni XXIII in poi la politica di apertura verso il mondo comunista e il clima conciliare creò le condizioni per distinguere l’errante dall’errore che non  fu più oggetto di nette condanne. Io ricordo che il peggiore dei miei  professori di ginnasio ebbe il coraggio – si fa per dire- di definire il comunismo un “Cristianesimo impazzito“. Poi la parola impazzito venne eliminata e ci fu chi ritenne perfettamente conciliabili comunismo e Cristianesimo, anzi ci fu chi ritenne che il logico sviluppo del Cristianesimo fosse il comunismo, magari non quello stalinista, ma maoista o terzomondista di Fidel Castro. Augusto Monti teorizzò follemente che l’evoluzione logica del liberalismo era il comunismo, altri teorizzarono il passaggio al catto-comunismo avendo più  seguaci. Il gobettiano Monti giunse a giustificare l’invasione dell’Ungheria del 1956! Nacquero come esempi paradigmatici anche in Europa  i preti guerriglieri dell’ America Latina  che io dovetti studiare in un esame a Scienze  politiche, quasi fosse già storia, mentre era  solo l’esaltazione di una mitologia politica destinata a fallire. Nel ‘68 nacquero le Comunità di base dell’ Isolotto a Firenze e del Vandalino a Torino, per non dire dell’abate benedettino di San Paolo fuori le Mura dom Franzoni che, dopo un breve rapporto con Pannella per il divorzio, divenne anche lui catto- comunista. Persino due cardinali di rango come Lercaro e Pellegrino “strizzarono  l’occhio” ai comunisti.
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Un prete di Pinerolo – punto di incontro e di scontro tra valdesi e cattolici – passò il Rubicone e divenne un militante filocomunista. Lo incontrai in un dibattito sul diavolo- incredibile a dirsi –  alla festa dell’Unità, dove venni invitato a interloquire con lui e rimasi esterrefatto dal  suo piccolo comizio che scavalcava il PCI a sinistra  e si rivolgeva ai gruppuscoli eredi del ‘68. Il ‘68 fu infatti devastante anche sul terreno religioso e rivelò come le aperture conciliari non fossero state, a parere di molti, sufficienti. Paolo VI si accorse in ritardo degli errori commessi, ma ormai era impossibile rimediare. La confusione delle idee era prevalsa. A riportare ordine e chiarezza sul comunismo fu la storia dell’URSS  e papa Giovanni Paolo II che aveva vissuto sulla sua pelle nazismo e comunismo. Il pontefice ebbe un ruolo determinante nel favorire la caduta del comunismo e riportò ordine nella chiesa cattolica dopo il ciclone della contestazione. Sopravvisse don Gallo a Genova con una comunità che ancora oggi esiste. Don Gallo difese persino il giovane che voleva uccidere un carabiniere con un estintore. Forse anche oggi in nome della solidarietà  “travestita“ sopravvivono ampi margini di ambiguità, anche se il tramonto delle ideologie di cui scriveva Lucio Colletti, ha un po’ mitigato le distinzioni, ma in qualche modo ha  anche creato ulteriori ambiguità. L’era degli scontri campali sembra finita e oggi gli scontri su spostano sulla Palestina e su Putin. Le ideologie settarie  sembravano sepolte ,in effetti sono risorte sotto altre bandiere. C’è un discorso che dovrebbe accomunare tutti ed è quello della pace che è idea tipicamente se non esclusivamente Cristiana, malgrado le Crociate  potrebbero dimostrare  il contrario.

Russia, Ruffino: “Solidarietà a Mattarella, Crosetto e Tajani”

Nessuno meglio di Vladimir Putin, dittatore liberticida, incarna il simbolo della russofobia. Le sue minacce al presidente Mattarella, ai ministri Tajani e Crosetto e ad altri leader occidentali, confermano l’odio del dittatore russo e della banda che lo circonda per tutto ciò che evoca la democrazia e la libertà. Nello stesso tempo rafforza la determinazione di quanti – e Mattarella è un esempio – credono nel rispetto dei diritti umani e nell’ autodeterminazione dei popoli: valori che Putin calpesta quotidianamente in Ucraina bombardando ospedali e condomini di civili. A Sergio Mattarella e ai ministri Tajani e Crosetto va la solidarietà piena e convinta di ogni democratico. Con Mattarella sono minacciati quei 60 milioni che si riconoscono negli ideali di libertà e di giustizia. Così la deputata di Azione Daniela Ruffino.

Cattolici e politica a Torino, il nodo della questione sociale. Un dibattito molto partecipato

 “Un confronto serrato e a tutto campo quello che si è svolto a Torino organizzato da Mino Giachino e a cui hanno partecipato Mauro Carmagnola, Giampiero Leo e Giorgio Merlo. Tre gli aspetti centrali e concreti emersi durante il dibattito.
Innanzitutto la necessità di rilanciare il ruolo, la presenza e il protagonismo politico dei cattolici popolari e sociali anche in vista dei prossimi appuntamenti elettorali. Una presenza che non può diventare banalmente irrilevante, ornamentale e del tutto periferica sul versante politico e progettuale. Il modello di riferimento concreto per il futuro politico dei cattolici non può, quindi, essere la banale riproposizione, in termini aggiornati e rivisti, dei ‘cattolici  indipendenti eletti nelle liste del Pci’.
In secondo luogo non si può non porre la ‘questione sociale’ e delle diseguaglianze crescenti al centro delle priorità  dell’impegno politico dei cattolici. Soprattutto nella città di Torino. Una questione sociale denunciata recentemente anche dall’arcivescovo di Torino card Repole e da tutti gli istituti di ricerca. Un tema che, comunque sia, non può essere disgiunto da un progetto che rilanci lo sviluppo economico in una città oggi quanto mai ripiegata su se stessa con grandi problemi di diseguaglianza nei quartieri popolari con mancanza di sicurezza e con la crescita di disturbi e psicosi come dichiarato dall’Asl Città di Torino.
In ultimo, ma non per ordine di importanza, la presenza politica dei cattolici non può essere collocata in partiti che hanno un’altra ragione sociale e rispondono ad altri valori culturali. Si tratta, cioè, di declinare attivamente la presenza e l’impegno dei cattolici nei partiti centristi, riformisti e di governo. Come, del resto, recita l’antica  e sempre attuale e moderna cultura democratico cristiana.
Un dibattito che ha segnato, comunque sia, anche la necessità di fare un deciso salto di qualità per invertire il ciclo economico e sociale in quella che fu prima la Capitale politica poi industriale del nostro Paese anche grazie a grandi amministratori cattolici da Peyron a Grosso.

Merlo: Dazi, la sinistra per il ‘tanto peggio tanto meglio’. Da rimpiangere il vecchio Pci

“Il vecchio e glorioso Pci, il più grande partito d’opposizione nella storia democratica del nostro
paese, non aveva come unico ed esclusivo obiettivo politico quello di lavorare per il ‘tanto peggio
tanto meglio’. Un traguardo, che, paradossalmente, è oggi il cemento ideologico dell’attuale e
variegata sinistra italiana, a cominciare dal partito erede del vecchio Pci, cioè il Pd della Schlein.
Se questo è l’obiettivo politico della sinistra radicale, massimalista e populista italiana è
sostanzialmente impossibile creare un clima politico costruttivo e anche costituente di fronte alle
emergenze che di volta in volta si presentano all’attenzione della politica complessiva e,
soprattutto, del Governo.

Il ‘tanto peggio tanto meglio’ non solo indebolisce il nostro paese a livello europeo e nello
scacchiere internazionale ma, sopratutto, evidenzia una radicale assenza di cultura di governo del
cosiddetto ‘campo largo’. Altrochè puntare ad un’alternativa politica credibile e di governo con i
vari Schlein, Fratoianni/Bonelli/Salis, Conte e Landini. Verrebbe quasi da dire, malgrado il
fallimento storico e politico del comunismo, ridateci realmente il vecchio Pci”.

On. Giorgio Merlo
Presidente nazionale ‘Scelta Cristiano Popolare’.