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Bufalo (Opi): “Un piano per l’infermieristica”

 
Torino, 9 giugno 2025 – «Non basta cercare nuovi infermieri: bisogna mettere in condizione quelli che ci sono di fare il proprio lavoro». Ivan Bufalo, presidente dell’Ordine delle Professioni Infermieristiche di Torino e del Coordinamento Regionale OPI Piemonte, interviene nel dibattito sull’emergenza personale rilanciato dalla Regione Piemonte e dalle scelte dell’assessore alla Sanità, Federico Riboldi. Lo fa durante il convegno SIDMI, di sabato, dove affronta senza retorica le reali condizioni della professione.
«È un errore strategico concentrarsi solo sugli sviluppi della professione infermieristica e sul contributo che questa può dare al sistema salute – afferma Bufalo – senza contestualmente intervenire sullo stato di sofferenza che affligge le infermiere e gli infermieri all’interno delle organizzazioni sanitarie».
Rivolgendosi direttamente all’assessore Riboldi in merito alla stesura del piano socio-sanitario 2025–2030, Bufalo annuncia: «Alle prossime consultazioni in Regione, gli ordini degli infermieri contribuiranno alla discussione depositando un documento che affronta tre punti prioritari: l’investimento sugli infermieri di famiglia e di comunità, la valorizzazione delle capacità manageriali degli infermieri e dei professionisti sanitari e, non certo in ultimo, la rappresentazione della situazione nella quale oggi operano gli infermieri».
La carenza di infermieri è ormai strutturale: «Non vi è alcuna possibilità di recuperare gli oltre 6.000 professionisti che mancano in Piemonte secondo gli attuali modelli organizzativi». Bufalo riconosce lo sforzo della Regione per assumere e stabilizzare personale e sottolinea la collaborazione avviata con l’assessore Riboldi: «Con lui è stato costruito un percorso che consente a tutti i neolaureati di ciascuna sessione di laurea di essere immediatamente inseriti nel sistema sanitario pubblico. Ciò nonostante – aggiunge – questi inserimenti servono a malapena a compensare il numero di coloro che escono».
La denuncia è chiara: pochi infermieri, spesso utilizzati in modo inappropriato. «È ciò che emerge dallo studio della prof.ssa Sara Campagna dell’Università di Torino – sottolinea Bufalo – secondo il quale il 25% del tempo lavoro di ciascun infermiere è occupato da attività che nulla hanno a che fare con l’infermieristica, ma che servono a compensare la carenza di altre figure professionali».
Insomma servono interventi a lungo termine, afferma ancora «per restituire attrattività alla nostra professione, incentivare le nuove generazioni a iscriversi ai corsi di laurea in infermieristica e contrastare la fuga dalla professione. Tra questi: la seria rivalutazione degli stipendi, lo sviluppo di percorsi di carriera clinica e organizzativa, l’abolizione del vincolo di esclusività e un maggiore riconoscimento sociale».
Ma servono anche azioni a breve termine: «Interventi sui modelli organizzativi che aiutino a dar sollievo nell’immediato – precisa – attenuando gli effetti dell’attuale carenza sugli assistiti e sugli infermieri». E aggiunge con tono critico: «È un paradosso che, in una situazione di conclamata carenza, gli infermieri vengano utilizzati per svolgere attività non pertinenti al proprio profilo. Dateci personale di supporto e amministrativi per le attività segretariali nei reparti – conclude – e metteteci in condizione di tornare a fare ciò che sappiamo fare meglio: prenderci cura della salute e del benessere delle persone».
Infine, un messaggio diretto alle istituzioni: «Esiste una Questione Infermieristica – afferma – che si interseca, ma che prescinde da tutti gli altri problemi della Sanità. Serve un Piano straordinario sull’Infermieristica per introdurre cambiamenti concreti e garantire sostenibilità, appropriatezza e sicurezza al nostro sistema sanitario regionale».
cs

Calderoni (pd): “Canapa industriale: Decreto Sicurezza terremota intera filiera”

“Servono regole chiare e un impegno immediato della Regione Piemonte”

Torino, 9 giugno 2025 – Con l’articolo 18 del nuovo Decreto Sicurezza, il Governo ha inferto un colpo pesantissimo e ideologico alla filiera della canapa industriale, introducendo il divieto generalizzato di tutte le attività legate ai fiori di canapa, senza distinguere tra usi ricreativi e attività legali, trasparenti e regolamentate.

Il risultato? Un intero comparto agricolo e produttivo viene gettato nell’incertezza, trattato come fuorilegge, nonostante le coltivazioni riguardino varietà di canapa prive di effetti psicotropi, registrate e ammesse dalle normative europee. È un approccio repressivo e miope, che sacrifica occupazione, investimenti e sostenibilità ambientale sull’altare della propaganda.

In Piemonte, sono oltre 200 le aziende coinvolte, per un fatturato annuo stimato di 200 milioni di euro. Si tratta di imprese attive in settori strategici come la cosmetica, l’alimentare, la bioedilizia, il tessile, la floricoltura e la produzione di integratori, che nulla hanno a che fare con lo spaccio o il consumo di sostanze stupefacenti.

Questi imprenditori – come emerso con forza nell’audizione delle Commissioni Ambiente e Agricoltura del Consiglio regionale – chiedono chiarezza normativa, regole transitorie per tutelare chi ha investito legalmente nel settore, e ristori immediati per evitare fallimenti e licenziamenti.

Questa norma non distingue, non ascolta, non tutela. Tratta la canapa industriale – che è legale, utile e certificata – come fosse droga. Così facendo, affossa un comparto che rappresenta una concreta alternativa ecologica, una risorsa per i territori montani e un’eredità storica italiana: fino agli anni ’50, l’Italia era il secondo produttore al mondo di canapa industriale, e il Piemonte, con Carmagnola, era un’eccellenza riconosciuta.

Chiediamo pertanto che la Regione Piemonte si attivi senza esitazioni:

  • aprendo un tavolo permanente con le associazioni di settore;
  • promuovendo una proposta normativa regionale a tutela della filiera;
  • facendo pressione sul Governo per una regolamentazione chiara, scientifica e proporzionata.

Difendere la canapa industriale non è una battaglia ideologica: è una battaglia di legalità, lavoro e futuro sostenibile. Non possiamo permettere che, per colpa di un decreto confuso, a pagare siano le imprese che rispettano le regole, creano occupazione e innovano i nostri territori.

Mauro CALDERONI – Consigliere regionale del Partito Democratico

Referendum, Nallo (IV): Torino conferma la sua voglia di partecipare

“È un dato positivo che a Torino l’affluenza sia nettamente sopra la media nazionale”, dichiara la consigliera regionale Vittoria Nallo (Stati Uniti d’Europa per il Piemonte). “Torino si conferma una città viva, universitaria, con una forte voglia di partecipare. Siamo anche la provincia con il maggior numero di richieste di voto fuorisede per motivi di studio: un segnale importante, soprattutto da parte delle nuove generazioni”, prosegue Nallo. “Il quorum sappiamo che non sarà raggiunto, ma era prevedibile: i quesiti sul lavoro erano superati e ideologici. Ripartiamo però da chi ha comunque scelto di andare votare.”

Grimaldi (AVS): A Gaza deve tornare l’ONU

“L’equipaggio della nave Madleen della Freedom Flotilla è stato arrestato qualche ora fa dall’esercito israeliano, che ha attaccato la nave in acque internazionali e confiscato gli aiuti. Nessun Paese ha tentato di fermare Israele e le sue forze militari, che si comportano come violenti predoni del mare. Chiediamo a gran voce che le autorità israeliane fermino ennesimo crimine di guerra. A Gaza devono tornare ONU e diritto internazionale. Fuori devono restare i criminali di guerra, non gli aiuti” – lo dichiara il Vicecapogruppo di AVS alla Camera, Marco Grimaldi.

Pride: in Palestina un dramma. Ma non si dimentichi il terrore di Hamas

IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni
Un’immensa bandiera palestinese ha aperto il corteo torinese  del Pride di ieri. Ciascuno sfila come  ritiene e con chi  vuole, in assoluta libertà. Il diritto di sfilare pacificamente è un diritto costituzionale intangibile. E’ certo però che quella bandiera cozza in modo vistoso con  Angelo Pezzana, fondatore del Fuori e anima dell’Associazione Italia- Israele. Pezzana è il teorico vivente  dell’orgoglio omosessuale manifestato in tempi in cui dichiararsi gay era difficilissimo. Sanno quelli del Pride che la Palestina è stata alleata di Hitler e soprattutto sanno come vengono trattati i gay nella striscia di Gaza? Il primo Pride  della storia fu promosso in Israele. E’ stato scritto che c’è “gente che si comporta alla stregua delle mucche che si recano da McDonald ‘s per uno spuntino” . Un’osservazione non priva di fondamento. Sono il primo a capire il dramma che vivono i civili palestinesi, ma non posso dimenticare che Hamas è un’organizzazione terroristica sanguinaria. Sul “Foglio”, giornale che non ho mai amato, è  stato dimostrato che Torino è  storicamente la capitale dell’antisemitismo  e del fanatismo politico. Bobbio definì l’antisemitismo  una forma di nazismo, una affermazione che anche il signor Rossi avrebbe potuto formulare senza difficoltà. Oggi quella frase di Bobbio non è così scontata. Che tristezza.

Referendum, alle 12 affluenza 9,61% a Torino

L’Ufficio Elettorale ha comunicato le affluenze degli elettori alle ore 12 per i cinque quesiti referendari:

Quesito numero 1: 9,61%

«Contratto di lavoro a tutele crescenti – Disciplina dei licenziamenti illegittimi: Abrogazione» – (Scheda di colore verde chiaro)

Quesito numero 2: 9,61%

«Piccole imprese – Licenziamenti e relativa indennità: Abrogazione parziale» – (Scheda di colore arancione)

Quesito numero 3: 9,61%

«Abrogazione parziale di norme in materia di apposizione di termine al contratto di lavoro subordinato, durata massima e condizioni per proroghe e rinnovi» – (Scheda di colore grigia)

Quesito numero 4: 9,61%

«Esclusione della responsabilità solidale del committente, dell’appaltatore e del subappaltatore per infortuni subiti dal lavoratore dipendente di impresa appaltatrice o subappaltatrice, come conseguenza dei rischi specifici propri dell’attività delle imprese appaltatrici o subappaltatrici: Abrogazione» – (Scheda di colore rosso rubino)

Quesito numero 5: 9,62%

«Cittadinanza italiana: dimezzamento da 10 a 5 anni dei tempi di residenza legale in Italia dello straniero maggiorenne extracomunitario per la richiesta di concessione della cittadinanza italiana» – (Scheda di colore gialla)

La precedente tornata elettorale di referendum (2022) si è svolta in una sola giornata e pertanto non è possibile fare un raffronto a livello di affluenze.

La prossima rilevazione delle affluenze è in programma alle ore 19.

TORINO CLICK

Terzo Mandato, O. Napoli: “Se vale per le Regioni, ok anche per i Comuni”

Il commento di Osvaldo Napoli, della segreteria nazionale di Azione e vice presidente ANCI:
Se il governo Meloni, nella sua ennesima inversione a U, ritiene di sbloccare il vincolo dei mandati per i presidenti di Regione, farà bene a considerare che quel limite va abolito anche per i sindaci. Non si possono tollerare istituti giuridici diversi fra le istituzioni locali, siano esse titolari di potere amministrativo o esecutivo. I sindaci non sono figli di un “dio minore” e l’idea di cambiare la veste giuridica di un’istituzione a seconda delle convenienze politiche denota una logica proprietaria o comunque opaca del potere politico. I sindaci sono i rappresentanti dello Stato più vicini ai cittadini e meritano di essere trattati con lo stesso riguardo che si deve ai presidenti di Regione.

Difendere la libertà d’espressione nello spazio digitale: richiesta di trasparenza a Meta

In qualità di cittadini, giornalisti, studiosi e utenti attivi dello spazio pubblico digitale, vogliamo esprimere preoccupazione per una tendenza sempre più evidente e pericolosa: la cancellazione selettiva di contenuti e profili da parte delle grandi piattaforme social, senza trasparenza né possibilità di appello effettivo.
Il caso recente dell’espulsione permanente del giornalista Giustino Mariano, corrispondente da quindici anni per Radio Radicale e collaboratore di testate quali Il Riformista, Il Foglio e Huffington Post, rappresenta un esempio emblematico. I suoi profili Facebook e Instagram sono stati rimossi in maniera definitiva dopo la pubblicazione di corrispondenze documentate su gravi violazioni dei diritti umani in Turchia, Iran e Gaza.
Non si tratta purtroppo di un caso isolato e colpisce sempre più spesso pagine e profili di utenti esposti a sostegno di Israele, della Democrazia e della Libertà.
Si verificano:
 • Shadow ban, cioè riduzione invisibile della visibilità dei contenuti;
 • Limitazioni arbitrarie alla diffusione dei post;
 • Cancellazioni improvvise di interi profili, anche giornalistici o culturali;
 • Mancanza di motivazioni chiare e impossibilità di conoscere quali regole si sarebbero violate;
 • Assenza di un reale contraddittorio, né vie d’appello indipendenti.
Tutto ciò avviene senza trasparenza procedurale e in uno spazio comunicativo che, pur essendo formalmente privato, ha assunto un ruolo sistemico nell’informazione globale, comparabile a quello di un’infrastruttura pubblica.
Chiediamo pertanto a Meta (Facebook e Instagram):
 1. Di fornire spiegazioni trasparenti e dettagliate per ogni provvedimento restrittivo o sospensivo adottato, soprattutto nei confronti di professionisti dell’informazione.
 2. Di rendere pubblici i criteri degli algoritmi di moderazione nei casi di limitazione o oscuramento dei contenuti.
 3. Di introdurre strumenti reali di contraddittorio, con possibilità di difesa e revisione da parte di organismi indipendenti.
 4. Di garantire la tutela del pluralismo e della libertà di stampa, in conformità ai principi costituzionali e agli obblighi del Digital Services Act dell’Unione Europea.
A istituzioni italiane ed europee, chiediamo di:
 • Vigilare attivamente sull’applicazione delle norme europee in materia di trasparenza, accountability e tutela dei diritti fondamentali nei servizi digitali;
 • Sostenere le voci giornalistiche e civiche che subiscono esclusioni arbitrarie, specialmente in contesti di documentazione su crisi internazionali o violazioni dei diritti umani;
 • Promuovere l’adozione di strumenti di garanzia procedurale, affinché nessuna piattaforma possa esercitare un potere censorio non contestabile su scala globale.
La libertà d’espressione non è negoziabile. La trasparenza delle decisioni che riguardano il diritto di informare e di essere informati deve essere una priorità democratica, anche — e soprattutto — nel mondo digitale.
Italia Liberale e Popolare 
Direttivo Nazionale

Referendum: votare sì, no o non votare

Andare a votare al referendum: una scelta consapevole
Perché votare SÌ
Chi sceglie il SÌ vuole cambiare lo stato attuale delle cose. Ritiene che la proposta del referendum rappresenti un miglioramento, una risposta concreta a un problema o un’opportunità di riforma.
Perché votare NO
Chi vota NO desidera mantenere la situazione attuale o non è d’accordo con i cambiamenti proposti. Votare no è comunque una forma attiva di partecipazione e una presa di posizione chiara.
Rispettare ogni scelta, anche chi sceglie di non votare
La democrazia si fonda sul diritto di scelta. Anche non recarsi alle urne può essere una forma di espressione politica, una scelta consapevole che merita rispetto.
Non votare può voler dire:
Rifiutare il quesito o il contesto in cui è proposto
Esprimere sfiducia nel sistema
Affermazione del diritto all’astensione
L’importante è informarsi, riflettere e rispettare.
Che si scelga di votare SÌ, NO o di non votare, è fondamentale riconoscere la legittimità di ogni decisione. La democrazia si rafforza con il confronto civile e con il rispetto reciproco.

Enzo Grassano