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Assenteismo e centro frammentato, due problemi per la democrazia

IL COMMENTO  di Pier Franco Quaglieni
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Ci sarà tempo per un commento approfondito dei risultati elettorali, ma almeno due osservazioni mi sembrano non prive di importanza.
La prima è la sempre più scarsa partecipazione elettorale che finisce di togliere autorità agli eletti che non rappresentano una reale maggioranza. Questa è una grave  malattia propria di una democrazia non matura, ma in profonda crisi di identità in cui i candidati non sono riconosciuti dagli elettori che si astengono  dal voto. È  una malattia così grave che la democrazia può morirne. La seconda osservazione politica riguarda il centro moderato: se ci fosse stata un’intesa tra Forza Italia, calendiani e renziani e piccoli altri raggruppamenti oggi il centro moderato avrebbe raddoppiato i voti. Non sarebbe stata cosa da poco. I personalismi e anche i pregiudizi hanno impedito un disegno politico cardine della democrazia futura senza nostalgie verso il passato. Chissà che qualcuno colga questa piccola riflessione?

Europee, Merlo: bene Letizia Moratti. Ora il Centro popolare e moderato

“La candidatura di Letizia Moratti ha registrato un grande consenso popolare. Nella intera
circoscrizione Nord Ovest e, nello specifico, anche in Piemonte. Un impegno che ha visto in prima
fila anche, e soprattutto, l’area cattolico popolare e sociale di Tempi Nuovi.
Un risultato incoraggiante che adesso ci spinge a costruire, con altri, il campo politico di un
Centro moderato, popolare, riformista, plurale e di governo. Uno spazio politico che ha visto il
fallimento politico ed elettorale delle liste di Azione e degli Stati Uniti d’Europa da un lato e che,
dall’altro, non si riconosce più nel blocco politico della sinistra radicale e massimalista della
Schlein alleata con la sinistra estremista di Fratoianni e Bonelli e i populisti dei 5 stelle.
Un impegno che, come Popolari, vogliamo portare avanti con forza e determinazione insieme a
Letizia Moratti e con tutti coloro che credono ancora in un Centro riformista e in una vera e
credibile politica di centro”.

Giorgio Merlo, Dirigente Tempi Nuovi Popolari Uniti.

Europee, Grimaldi: AVS terza forza nelle grandi città

Doppia cifra anche in tante zone popolari. Oggi una sorpresa per tanti, ma è solo l’inizio.
“I dati delle destre estreme in Francia e Germania fanno paura. L’Europa dovrà aprire una grande riflessione su come vorrà evolvere e cambiare. In Italia, tuttavia, nonostante la tenuta di Giorgia Meloni, i risultati del PD di Schlein e della sinistra rosso-verde mostrano che l’alternativa è già in strada. Alleanza Verdi Sinistra – vera sorpresa di queste europee – è la terza forza nelle grandi città italiane, da Torino (11,71%) a Milano (10,52%), da Roma a Bologna. Per noi torinesi, vedere una forza di sinistra che raggiunge la doppia cifra in quartieri popolari come Mirafiori, Vallette, Barriera è finalmente una conferma dell’enorme lavoro fatto in città in questi anni, contro ogni vulgata sui radical chic e la sinistra ztl. E questo successo non è un effetto del non voto perché, contro una generale tendenza astensionistica, i nostri voti assoluti in Italia aumentano di 528mila rispetto alle ultime politiche. Altri numeri incredibili riguardano i giovani: fra gli studenti fuori sede AVS primo partito col 40,35%. È ora che la politica faccia i conti con le parole che abbiamo continuato a dire senza paura: dalla battaglia di libertà per Ilaria Salis, all’urgenza del cambiamento climatico, all’intollerabilità del lavoro povero, al genocidio in atto a Gaza. È stata una sorpresa solo per chi non ci ha osservati crescere in questi anni, ma è solo l’inizio e siamo entusiasti di essere in cammino” – lo dichiara il Capogruppo di Alleanza Verdi Sinistra alla Camera, Marco Grimaldi.

Crosetto (nipote del ministro) unico piemontese sicuro in Europa. In ballo Damilano

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Solo Giovanni Crosetto, nipote del ministro della Difesa Guido, oggi  consigliere comunale di Fdi a Torino, tra i candidati piemontesi di tutti i partiti avrà un seggio sicuro al Parlamento europeo.

Ha ottenuto quasi 34mila preferenze, dietro a Giorgia Meloni che però si dimetterà. Potrebbe farcela anche  Paolo Damilano, quarto con 12.500 preferenze per Forza Italia. Tajani, primo,  rinuncerà. Damilano si è piazzato  prima della lombarda Zambelli rispetto alla quale c’erano pochi voti di differenza. Se Fi otterrà il terzo seggio, l’imprenditore piemontese potrebbe spuntarla.

Nessun seggio per gli atri partiti. Nel Pd migliore risultato per  Elena Accossato con 15.600 voti, undicesima. Non tornerà in Europa anche la leghista Gianna Gancia, che ha però un posto garantito in Regione nel listino del governatore Cirio.

 

Piemonte, vince Cirio: il bis del governatore di centrodestra

10 giugno – Alle lezioni europee,  in Piemonte vince il  centrodestra. Anche alle Regionali vittoria per lo schieramento di Alberto Cirio, riconfermato presidente della Regione con un risultato che supera il 50% quando i dati non sono ancora ufficiali, e la sua competitor Gianna Pentenero è data al 36 per cento circa. Sarah Disabato (M5s) tra il 7 e il 9% e Francesca Frediani (Piemonte Popolare) 1,5-3,5%.

Successo in Piemonte alle Europee per Fratelli d’Italia che ottiene il  30,5%, PD al 22,9. La Lega, al 10,3  va oltre Forza Italia, 9,9%.  Il Movimento 5 stelle scende all’8%,  Alleanza verdi sinistra è al 7,5. Stati Uniti d’Europa al 3,9% e Azione al 3,2%.

In provincia di Torino Fratelli d’Italia e Partito democratico, sono testa a testa: 26,5% contro 26%.  Il Movimento 5 stelle è al 9,5, e AVS al 9,3%. Forza Italia al 9,2%,  la Lega si ferma 7,8%. In provincia Stati Uniti d’Europa è al 4,2%,  Azione è al 3,4. A Torino città il PD è  il primo partito, al 29,8%,  Fratelli d’Italia al 22%.

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Secondo l’instant poll delle 23 di Swg per La7 in Piemonte il Presidente Cirio per il centrodestra è in testa con un dato compreso tra 50,5 e 54,5 per cento.

La candidata del Pd e del centrosinistra Gianna Pentenero otterrebbe una percentuale tra 36 e 40 per cento. I dati ufficiali nel corso della giornata di lunedì.

Guido Bodrato, un “maestro” di vita e di politica

Quando si ricordano i grandi grandi leader e statisti del passato c’è sempre qualche difficoltà. E ciò per due motivi semplici ma al tempo stesso giganteschi. E cioè, si tratta di personalità che attraverso il loro magistero politico ed istituzionale hanno segnato il cammino dell democrazia italiana e, al contempo, sono stati anche veri e qualificati punti di riferimento per la comunità politica che rappresentavano.
È il caso, nello specifico, di Guido Bodrato, che ci lasciava un anno fa. Bodrato, come molti altri leader e statisti democratici cristiani, non è solo stato un eccellente e raffinato uomo politico e un intellettuale “prestato” alla battaglia politica. E questo perchè Bodrato, nella sua lunga e ricca testimonianza civile, è stato anche e soprattutto un “educatore”. Una sorta di pedagogo della politica e dell’impegno pubblico nella società. Non a caso, durante i suoi incontri e convegni – decine di migliaia in ogni parte dello stivale – si dibatteva certamente di politica e di tutto ciò che ruotava attorno alla politica. Ma c’era sempre qualcosa in più. Ovvero, quel “di più” che faceva di Bodrato, appunto, un educatore e un pedagogo della politica. E quindi, e di conseguenza, dell’impegno politico dei cattolici nella società italiana. Per questo motivo Guido era visto e considerato come un punto di riferimento, una bussola a cui facevi comunque riferimento per capirne di più e, soprattutto, per ritrovare le ragioni profonde del proprio impegno politico. Vorrei quasi dire che quando ascoltavi Bodrato oltrepassavi la semplice dimensione del partito e della sua articolazione correntizia – comunque sia ben presente nell’azione politica dello statista piemontese – per andare oltre. Oltre alla politica contingente, oltre alla dimensione del partito, oltre alla stessa azione di governo.
Certo, Bodrato era figlio della sua stagione, come amava sempre ripetere soprattutto negli ultimi anni. Ma la sua riflessione, sempre preziosa, precisa e contemporanea, non era mai avulsa dai nodi e dalle contraddizioni che caratterizzano la società. Perchè, ripeteva quasi ossessivamente negli ultimi tempi a noi ex e post democristiani come lui a proposito dell’impegno politico dei cattolici, “ogni progetto politico ha un senso e una funzione specifica solo se si colloca concretamente nella società in cui si vive. Altrimenti è solo nostalgia e testimonianza”. Di qui la sua rigorosa e trasparente contrarietà a riproporre modelli ed esperimenti politici ed organizzativi del passato destinati a sciogliersi come neve al sole perchè semplicemente estranei alle dinamiche concrete della società contemporanea. Ma, al contempo, era tenace la sua volontà di non disperdere le ragioni culturali, etiche, politiche e sociali del vasto e ricco patrimonio del cattolicesimo democratico, popolare e sociale italiano.
Per questi motivi, che richiederebbero – come ovvio e scontato – molto tempo per essere affrontati ed approfonditi con la dovuta accortezza, Guido Bodrato è stato, forse, l’ultimo “maestro” del cattolicesimo politico italiano. Una persona, che attraverso la sua semplicità espositiva e il suo consueto stile popolare e mai populista, ha saputo anche essere un punto di riferimento umano per molti di noi. Appunto, un “maestro” di vita. Un esempio per chi ha passione politica e vocazione politica e che vuol mantenere, sempre e comunque, uno stile di vita austero, popolare e soprattutto “normale”. Ed è proprio la “normalità” che ha caratterizzato l’intera esperienza pubblica di Guido Bodrato a farne, oggi, uno dei riferimenti politici e culturali più importanti per continuare ad orientare l’azione e la presenza dei cattolici democratici, popolari e sociali nella cittadella politica italiana.

GIORGIO MERLO

Perché ricordare Berlinguer quarant’anni dopo

Addio Enrico, un addio che dura da quarant’anni. A Roma ai tuoi funerali milioni di persone. Li’ (veramente e realmente) c’era il popolo. Ma non è tempo di polemiche.

Continua ad essere tempo di paragoni con quel passato sempre “vincente” su questo presente. Dove la morte di Enrico Berlinguer lo portò dalla Storia e al mito. Allora era tutto diverso. Giorgio Almirante rese omaggio alla salma. Ricevuto da Giancarlo Pajetta espulso a 16 anni da tutte le scuole del regno perché antifascista. Scortato dagli sguardi dei compagni nessuno dei quali osò contestarne la presenza.

Proprio vero, altri tempi. Enrico Berlinguer ci tentò di portare tutti i comunisti  alla via democratica al socialismo appunto per via democratica. Ebbe coraggio nel dire che  la spinta propulsiva della rivoluzione di ottobre si è esaurita. Ebbe coraggio nel sostenere che si trovava meglio sotto l’ombrello protettivo della Nato. Del resto non è una novità ed ora una certezza: nel 1973 i comunisti bulgari e sovietici cercarono di ammazzarlo.

Colpevole di aver inventato l’Eurocomunismo.
A suo modo previde la caduta del muro di Berlino. Ma fu sempre comunista fino al suo midollo. Intimamente convinto delle storture e negatività del sistema capitalistico. Campione di moralità che lo portò  anche ad un isolamento. Non accettava la ” baldanza ” di Bettino Craxi. L’omicidio di Aldo Moro lo privo’ del principale interlocutore per realizzare appieno l’alternanza democratica nel nostro paese.

Popolarissimo tra gli iscritti e votanti con prestigiosi apprezzamenti degli avversari politici. Persino l’avvocato Gianni Agnelli ne ebbe parole di apprezzamento in vita. Il suo stile sobrio e pacato in qualche modo ti rapisce rassicurando l’interlocutore.  Ma non tutti nel pci erano schierati con lui in modo incondizionato. Pochi ricordano che l’ultima direzione prima del voto europeo venne, di fatto, messo in minoranza. Giorgio Napolitano non ci stava ad una totale rottura con il partito socialista di Bettino Craxi.

La maggioranza della direzione fu con Napolitano e non con Berlinguer.  Contraddizioni? Sì, ma del resto si sa che la Storia non è una linea diretta e le contraddizioni fanno parte della nostra vita e dunque,  anche della Storia con la esse maiuscola. Titolo dell’Unità a caratteri cubitali: ADDIO.

Per noi rimane Ciao Enrico.  Con una sorta di irraggiungibilità per questa coerenza ed intransigenza morale.  Ciao Enrico, impossibile dimenticarti.

PATRIZIO TOSETTO

Dilettanti allo sbaraglio

Il titolo, per chi abbia almeno 60 anni, porta alla memoria la mitica trasmissione “La corrida” andata in onda per molti anni dove persone che non si erano mai esibite in pubblico cercavano il loro momento di notorietà; va da sé che, comunque fosse andata, non avrebbero creato alcun problema né all’emittente, né a loro stessi né al pubblico.

La ormai imminente tornata elettorale ripropone il problema dei dilettanti allo sbaraglio ma, in questo caso, con il rischio che i danni siano irreparabili.

Non so quanti di voi abbiano avuto esperienze politiche a vario livello (dai Comuni alle Regioni, al Parlamento italiano fino al Parlamento europeo): basta assistere ad una seduta di un Consiglio comunale o di una Giunta per rendersi conto di quanto sia complessa la macchina amministrativa, quanto la burocrazia sia tentacolare, quanto siano farraginose le norme da rispettare e quanto difficile sia riuscire a mettere d’accordo tutti i componenti di un’istituzione.

Io ho cominciato a seguire la politica al liceo, all’età di 16 anni, quando vi furono le Elezioni del Parlamento europeo del 1979 e, dunque, ho accumulato una discreta esperienza, anche se la politica attiva mi vede attore solo da 5 anni, da quando cioè sono stato eletto Consigliere comunale.

Alcune norme, non lo nego, sono ancora ostiche anche per me, perché non tutti i casi si verificano periodicamente e, dunque, ho spesso bisogno di ripassare elementi di diritto amministrativo, il Testo unico degli enti locali, il Codice civile e, soprattutto, di mantenermi continuamente aggiornato ad ogni modifica della legislazione o della giurisprudenza.

Quest’anno, come ogni moda che si rispetti, vedo ovunque perfetti sconosciuti della politica candidarsi nelle liste degli oltre 3500 Comuni che rinnoveranno la loro amministrazione o, se proprio hanno un ego ipertrofico, in quelle regionali. Conosco almeno una decina di persone che hanno accettato la candidatura offerta loro da liste civiche o da partiti e, cosa che mi spaventa come cittadino, pensano di essere in grado, in caso di elezione, di poter gestire la res publica con relativa facilità (“una volta lì imparerò”, “leggerò qualche manuale”, “chiederò a qualcuno più esperto” e così via).

Ho avuto già modo, su queste pagine, di parlare della Sindrome di Dunning-Kruger, cioè di quella deformazione cognitiva per cui gli incapaci totali si sentono totalmente qualificati mentre, al contrario, chi è veramente esperto dubita spesso di sé e delle proprie capacità.

Se a questa distorsione aggiungiamo il bisogno compulsivo di ottenere soldi e fama ecco che la calata dei barbari è spiegata. Qualcuno ha spiegato ai candidati al consiglio comunale che, almeno nei comuni con meno di 5000 abitanti, non vi è stipendio ma solo un gettone di presenza di 18 euro lordi a seduta? Le sedute si tengono, di norma, ogni mese o due, ma se sei onesto lavori, e molto, soprattutto quando non sei in seduta.

Sanno la differenza tra delibera e determina? Tra Consiglio e Giunta? Tra Decreto Legge e Decreto Legislativo? E tra Parlamento e Governo? Quale potere esercita uno e quale l’altro?  Con la scomparsa dell’educazione civica dalle nostre scuole, al disinteresse atavico degli italiani per la politica (quello degli anni ’70 era fanatismo) si aggiunge l’ignoranza mai colmata da letture in privata sede, stante che gli italiani leggono, grasso che cola, un libro l’anno ciascuno.

Per non fare figure da asino vestito a festa, consiglio a quanti abbiano voglia di buttarsi in politica (il termine rende bene l’idea dell’agone politico nel quale si scende con l’elezione) e a quanti siano già candidati, di ammettere con estrema umiltà la propria incapacità, la propria ignoranza e suggerisco loro di seguire, magari in rete, i tutorial di educazione civica, di politica, di diritto amministrativo e costituzionale.

Dato che non ve l’ha ordinato il medico e che, se sbagliate o violate una delle innumerevoli norme, poi sono dolori (per gli amministratori locali non esiste l’immunità) perché non provate per una volta a fare le cose con criterio, in modo serio e professionale, dedicandovi il tempo necessario sottraendolo, e giàqui sarebbe una vittoria, ai giochini sullo smartphone o aiprogrammi TV per decerebrati?

Sergio Motta