POESIA- Pagina 3

Il velo di Mara

La Poesia / di Alessia Savoini  

IL VELO DI MARA

Spogliami
dei sette veli che hanno spodestato l’alba
:

quale adultero sogno
ha trattenuto un uomo nel covo della sua terra?

Non vedi?
Maya ha smascherato i docili bordi della nostra chimera
:

corpo, come lapis,
un vuoto che declina il suo spazio nel limo
e alla pietra accosta il destino del papavero.

Oblio, amato oblio

quale preghiera raccolta nella chiusa del palmo
trasuda vita sulla fronte dell’assenza?

Coprimi
la nuda ferita della trasmutazione
cruda, come il segno strappato
nell’inguine di una terra alla deriva.

Depongo
l’ultima reliquia della parola
agli angoli di una bocca che bacia la promessa,
nel tempo in cui l’anello sovverte il tronco
e nell’ombra di sette soli
che del tempo hanno spodestato la misura.

Sotto le palpebre

LA POESIA di Alessia Savoini

Ricordo le mani di mio nonno, profumavano di pesco

…Riesumare la nostalgia dell’ultimo avo
in abiti di nafta e semi oblii di flanella

incastrati come capelli nella coccola del cuscino
ove si nascondono ancora cimeli di profumo e mani di pesca.

Insegnami ancora come stringere il seme di una venere nella chiusa di un palmo

e invertire la rotta di un sogno antichissimo,
per concedere all’invisibile il sintomo di una preghiera
e restituire a una sordida apocalisse
la bellezza per qualcosa di incompleto.

•NÀOS•

LA POESIA  di Alessia Savoini

Una ricerca della comunicazione attraverso la danza
) Dove (
vi è
la protesi della ( parola ).
                                                            :
Dove il ( labbro ) si slega ai vincoli della ) bocca (
e pronuncia la genesi del movimento
– convulso –
di una lingua che all’orecchio accosta
                                                            il simulacro di una moltitudine.
Il luogo oltre il quale il ( gesto )
rincorre
il  corpo  che lo ha generato
) (
e svela al silenzio la nuda veste dell’ascolto.
È un dire che svezza nel moto la celebrazione dei mondi,
un nodo che sottrae alla gola il respiro della  ) parola (
:
come lo scoglio che separa l’onda
e rigetta l’anima di nuove inclinazioni
su sponde da cui nasceranno veneri.
È a quel punto che le ) dita ( ricercano un ( appiglio (,
strappando
al vuoto
la vertebra di una musa.
Recide lo spazio il corpo
muovendo(si)
:
ed un piccolo ) passo ( si dice
nell’evento taciuto di un racconto coreografato,
che nel respiro dell’accadere
( esplora (
l’antico micelio dei mondi.
Quasi le dita divorano il significato ultimo della parola,
quella stessa ferita che la bocca sottrae al silenzio
e, dirompente, sveste l’immagine dalla sua cortesia
lasciando sul volto di chiunque
la sindone di una metamorfosi.

Il bacio di Tlaloc

La poesia / di Alessia Savoini 

E’ quanto resta di un grido scorticato questa mia nuova solitudine:
la terra ha contratto la sua ferita nella cicatrice di un volto nomade.
Ho disertato il cielo
per strappare alle sabbie l’esodo di un germoglio,
estirpato dall’arsura delle dune
la preghiera insonne del seme.
I venti dell’ovest atrofizzano nella pietra
il moto delle mie alluvioni
per non sottrarre alla sete
la promessa delle labbra.
Depongo il cimelio della pioggia
nel costato di un piccolo Anubi
sottraggo al piacere il suo innesto
per scovare nel dolore un principio
e sentire il tempo consumare il relitto del tempo
e il sussulto di piccoli oracoli svuotare
l’ossario di piccoli astri
incastonati nella vertebra di una genesi antichissima.
Contrapporre la veglia al sonno
fu il conguaglio dell’eterno.

Quella volta in cui il mio cuore sputò sangue 

Domenica in poesia / di Alessia Savoini

 

Quella volta in cui il mio cuore sputò sangue 
Ho smarrito la soglia della mia ferita
dove ho riposto la sindone di umide parole,
strappate all’unghia del rimorso
acerbo
come il vizio che intercorre tra l’estasi e il domani,
dopo aver setacciato lo scisma di sette universi che abitano il corpo.
.
E tuttavia
anche prima di aver mendicato il valico di un altrove attiguo,
ancor prima di aver seviziato il ciglio di un artificio,
vidi [arrossire] i cieli abbracciare la notte.
.
Intimamente provai
qualcosa di simile all’aver espatriato il midollo dei mondi
al primo respiro della terra,
la genesi di un adulterio
che fece dell’uomo l’incontro con la sua stessa ferita.
.
La ferita che sanguina
quando gli anni cicatrizzano la carne al tempo di una smorfia,
quando l’ultimo uomo che circumnavigò l’anima delle sue ambizioni
estirpò dai suoi stessi sensi
l’agiografia dei continenti.
.
Gli occhi sudano il rammarico di un’assenza che non so digerire,
il ventre cola a picco il volto di un’Ermione
su cui la pioggia confondeva
la silvestre illusione del possesso
con il divino plagio del sussurro.
.
Grido selvaggia alla luna,
curva sulla gruccia dei mondi,
sensibile al sale di un’antica roccia
che sgorga dai fiumi delle mie palpebre.
.
Ricordi quando ti dissi
che
insieme
abbiamo saputo sradicare
l’aspetto androgino del fiore?
E concedemmo ai nostri corpi
il piacere supremo dell’unione,
avvinghiati a recitare l’amore,
nel morso di un fremito soffuso,
per il vuoto di una platea silente.
.
Com’è che solo quando ti temo
il mio cuore sputa sangue?

Psicosi

LA POESIA / “… Fingiamo l’appagamento in catalessi, siamo complessi ma pur sempre oppressi.”

 

Psicosi

Cos’è questa libertà che tanto millantiamo?

Che sia l’inferno o il paradiso, siamo sempre controllati da qualcuno, senza l’approvazione di nessuno ma esaltati da ognuno che si affida al buio, siamo liberi da tutti meno che da noi stessi perchè siamo privati non della mente ma del fiuto.

Fingiamo l’appagamento in catalessi, siamo complessi ma pur sempre oppressi.

 

Luca Testa

Di figlia in madre. Un augurio recluso

LA POESIA / di Alessia Savoini

.
Nei giorni in cui ogni mondo abita il silenzio della propria terra
e l’arsura dei giorni stride al labbro la sete di un incontro,
nei giorni in cui il memorabile tempo del silenzio
isola
il dente lunare che oggi dissipa un po’ di luce nel nocciolo di mizrach
e le dune dell’assenza assediano il cuore con l’ombra di una concreta lontananza,
.
nei giorni in cui  l’assedio sabbatico del nostro tempo
traduce i salici delle mie cadute nel vuoto impercorribile della tua insonnia,
.
in questi giorni di simultanea solitudine,
.
mi si accomoda un pensiero,
di te che mi contieni, nel grembo di un domani,
.
nei giorni in cui i tuoi palmi strinsero il bocciolo di un’altra esistenza
e il tuo corpo fece da culla all’aurora del mio sogno;
.
e del primo mondo fosti sartia dei miei venti,
talismano di una forza che abissa le paure dove non è necessario guardare.
.
Sussurrami, se puoi,
la potenza intrinseca dell’amore
e con il calamo della tua voce
i giorni che non abbiamo vissuto.
.
Parleremo poi,
ancora,
come tuttora,
e tuttavia,
di questi insoliti giorni,
.
e scioglierai ancora i nodi dei miei anni
scorgendo i miei segreti senza doverli prima strappare dagli incastri di un pettine.
.
E forse mi aiuterai a smarrire i buii con meno timore
dall’occhiello del tuo amuleto
.
sbirciando nei cassetti della mia voce
per cogliere un groviglio.
E troverai nelle canzoni di Bennato
un sorriso da prestarmi,
.
imparerai presto a sottrarti
dalle colpe che ti ho inflitto
in quei giorni
in cui i miei anni
erano fragili.

Peggio ma meglio

La poesia

La scrittura è un ponte che collega il pendio della banalità all’etere oppure alla malattia, non conta quale sia la giusta via.

Assurgo raramente alla giusta conclusione, perchè la vita sta nell’azione e nella scaltra deduzione di dover isolare la devozione, lasciando spazio alla prolificità della chimera.

Quando sbagliamo ignoriamo la giusta correzione, perchè conoscendo l’archè svanirebbe l’illusione di cimentarsi in un’indagine riservata agli esseri troppo ricchi di etica e poveri di inventiva poetica.

Luca Testa

Poesia dalla quarantena

Dileguo le icone ultime dello sfarzo nelle rilegature del giorno.

.
L’atto si fa cornice,
gli estuari del buio agonizzano le araldiche fasi del sonno.
Accarezzo il crudo battito dell’algoritmo,
tralascio la nuda convergenza dello specchio,
spalanco l’alba alle palpebre ancora incrostate nel sollazzo di un sogno,
Giulia J dice che anche i cadaveri sono soggetti alla quarantena.
Sputo la cenere fenice, scorgo il punto in cui tutto riluce.
È tempo di incontrarsi nel soma del paradosso.
.
Alessia Savoini

Terza via

La Poesia

 

TERZA VIA

Il cicisbeismo imbellettato degli uni
e la subdola parvenza rivoluzionaria degli altri
spingono il derelitto a dover scegliere:
bianco o nero

destra o sinistra

liberismo o comunismo

apollineo o dionisiaco

fascismo o socialismo

Meschina menzogna
di questo manicheismo giacobino!

Uomo libero, per te
né gli uni né gli altri.

Virtuosa è la Terza Via,
di ispirazione liberaldemocratica;
è tracciata nelle nostre vene
dal grande genovese
al motto: Dio e Popolo!

Percorrerla è compito
di chi tiene sottobraccio
due fratelli virtuosi:
Liberoarbitrio e Dubbio.
Al loro fianco l’uomo risorge
e al cuore giunge nitido il grido:

la religione dell’umanità è l’Amore!

Massimiliano Giannocco