Martedì il Consiglio regionale dovrà indicare il sito casalese per il Piemonte e questo sarà in corsa con quelli di altre regioni

E venne il giorno del nucleare piemontese

E venne il giorno del nucleare. O meglio della candidatura di Casale Monferrato per la realizzazione sul suo territorio di una macchina radiogena Dtt (sigla che sta a significare Divetor tomakak test) per sperimentazioni in merito alla fusione nucleare. Martedì il Consiglio regionale dovrà indicare il sito casalese per il Piemonte e questo sarà in corsa con quelli di altre regioni, Liguria, Emilia Romagna e Toscana, Campania, Puglia, Veneto e Sardegna. Si tratta di un investimento, che come era stato anticipato la scorsa settimana in commissione ambiente a Casale, dovrebbe portare lavoro per 1500 persone e 500 milioni di euro, come minimo. Ma si tratta anche di un intervento che, sia pure si parli di “nucleare pulito” qualche perplessità la pone, soprattutto se si tiene conto del luogo che viene proposto, capofila di un Sito di interesse nazionale e martoriato dalla presenza di quasi un secolo dell’ex stabilimento Eternit. Giovedì sera si è tenuto un consiglio comunale a Casale in forma aperta, durato due ore e mezza, convocato dal presidente Fabio Lavagno, su espressa richiesta di Legambiente Casale Monferrato, Legambiente del Vercellese, Legambiente Ovadese e Valle Stura, Legambiente Val Lemme, Legambiente Piemonte e Valle d’Aosta, Comitato di vigilanza sul nucleare, Pro Natura provincia di Alessandria. Il dibattito, nel quale sono intervenuti ambientalisti, esperti, il presidente di Confindustria Alessandria Luigi Buzzi, Silvana Accossato, presidente della Commissione ambiente di Palazzo Lascaris , il consigliere regionale Massimo Berutti, non ha fugato tutti i dubbi, anche perché non c’era l’Enea che il progetto lo ha scritto. In Consiglio Regionale la discussione in Commissione – e sarà la Regione comunque a dire l’ultima parola sulla candidatura di Casale Monferrato – l’analisi della problematica era stata fatta soltanto ventiquattro ore prima del consiglio comunale aperto di Casale, in Commissione ed era stata licenziata a maggioranza. Non sono intervenuti, per la verità, anche amministratori del Casalese, eppure la decisione non riguarda soltanto la città di Casale Monferrato ma anche un’area ben più vista. La decisione da parte del consiglio comunale casalese, pertanto, è stata a lunedì 22 gennaio, quando i vari gruppi consiliari e l’amministrazione si dovranno confrontare sulla base dei dati acquisiti e poi votare. Le perplessità, però rimangono. “La radioattività c’è, anche se qui non si tratta di fissione ed i rifiuti dovranno venire smaltiti in loco, c’è incertezza sul sito, nel senso che il sindaco Titti Palazzetti non ha indicato se sarà l’area Pip 5 o l’ex Gaiero di Oltreponte come pareva in un primo piano, ha detto solo che lo si saprà nei prosismi giorni, e poi c’è un deficit di democrazia partecipativa, in quanto di questo insediamento non se n’è quasi parlato e l’unica assemblea pubblica è stata quella indetta da Legambiente nel maggio del 2017” dice Vittorio Giordano di Legambiente Casale. Giordano, poi, lamenta che la Sen – Strategia energetica nazionale, che guarda sino al 2030 – 2035, non citi, se non in minima parte la fusione, prevedendo invece lo sviluppo delle energie rinnovabili. E annuncia, qualunque sia l’esito del voto un convegno di approfondimento e conoscenza.

Massimo Iaretti