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La vigilia di Natale e il tesoro del Fontegno

 

L’inverno non era ancora neve ma nell’aria, da giorni, si avvertiva la sua presenza. Da nord, il vento freddo soffiava con più vigore e le nuvole, nel cielo ingrigito, si rincorrevano veloci.

Il bosco era silenzioso. Solo qualche passero infreddolito cinguettava senza molta convinzione. Affacciandosi dal Belvedere, lo sguardo si perdeva sull’intero perimetro del lago d’Orta. E di fronte, più alta e massiccia, la vetta del Mottarone chiudeva all’occhio l’orizzonte. A Natale mancava ormai poco. Eppure, nonostante il clima di festa, l’aria che si respirava quando un abitante di Quarna Sopra incontrava uno di Quarna Sotto, diventava improvvisamente gelida.


I volti diventavano scuri e gli sguardi truci. Non un saluto, non un cenno. Solo indifferenza e, soprattutto, insofferenza. Era una vecchia storia che si trascinava da molto, troppo tempo. Tra Giovanni e Carletto non correva buon sangue. E lo stesso si poteva dire per Berta e Giuditta o per Silvano e Luciana. Insomma, per farla breve: gli abitanti di Quarna Sopra non andavano per niente d’accordo con quelli di Quarna Sotto. E viceversa. Non c’era modo di farli ragionare. Ogni pretesto, anche il più banale, faceva scattare la scintilla del dissidio. Bastava un nonnulla per litigare, discutere, polemizzare. E ci si accusava a vicenda, senza risparmiarsi. Ciò che contava era dividersi, guardandosi di traverso. Non era una novità. Accadeva puntualmente da almeno due secoli. Tutto era nato nella notte della vigilia di Natale del 1809, dalla chiesa parrocchiale di Santo Stefano, a meno di quarantott’ore dalla festa che la celebrava, quand’era sparita la pentola di polvere d’oro custodita nella cripta a fianco dell’altare. Il furto aveva costernato l’intera comunità. Tutti i quarnesi erano rimasti a bocca aperta, attoniti. Era un fatto doppiamente grave. Vuoi per il gesto sacrilego compiuto poco prima della messa di mezzanotte, probabilmente tra il tardo pomeriggio e le prime ore della sera, complice il buio. Vuoi per il valore non solo venale della pentola e del prezioso metallo che, in migliaia e migliaia di pagliuzze dorate, era stato raccolto nei fiumi della zona e dell’alta Val Sesia dai cercatori d’oro che n’avevano pazientemente setacciato i letti in lungo e in largo. Il frutto del lavoro e della devozione d’intere generazioni si era volatilizzato in un battibaleno. Il furto, ovviamente, aveva lasciato una ferita che non era ancora rimarginata. Un pesante atto d’accusa aveva diviso in due, come una mela spaccata a metà, le Quarne visto che le due comunità si rinfacciavano l’accaduto. “Sono stati quelli di sotto”, dicevano quelli di Quarna Sopra. “ Ma, siete matti? Sarete ben stati voi a nasconderla, così da incolparci. Vergognatevi..!”, ribattevano gli abitanti di Quarna Sotto. Un filo d’odio ormai divideva le due comunità che pure, un tempo, erano abbastanza unite. C’erano stati screzi, qualche battibecco e persino delle scazzottate quando gli animi più accesi e le gole più arse si ritrovavano per la bevuta di fine settimana alla locanda della Luna Nuova. La “notte della pentola rubata”, come ormai era ricordata, aveva dato uno scossone tremendo, dividendo le due comunità. Da allora si stava come su di un confine tra paesi in guerra. Una guerra senza armi e senza atti di violenza ma non meno cruenta se si prestava attenzione agli stati d’animo e si pesavano le parole.

Da sempre i curati avevano cercato di mitigare i dissapori, tentando di riunire i quarnesi. A onor del vero, con scarsi risultati. Anche il vecchio parroco di Santo Stefano, don Giulio Leoni, testardo e cocciuto, continuava da anni in quest’opera che, per ottenere un risultato positivo, necessitava di un vero e proprio miracolo. Il suo punto di vista ( che era stato, in precedenza, più o meno, lo stesso degli altri parroci ) era piuttosto semplice e al tempo stesso abbastanza chiaro: perché non unire le forze e tentare di venire a capo del misterioso furto? Perché non mettere da parte le polemiche, smettendola di guardarsi in cagnesco, e cercare una intesa? Appelli che regolarmente cadevano nel vuoto. Pareva non vi fossero orecchie disposte ad ascoltarli e animi talmente induriti dalla diffidenza da sembrare rinsecchiti come delle vecchie prugne. Certo che dopo quasi due secoli di tracce utile non ve n’erano, semmai ve ne fossero state, nemmeno una e il caso non poteva essere annoverato tra quelli freddi, come si diceva in gergo, ma andava rubricato tra quelli ormai del tutto ghiacciati. Eppure le preghiere e le invocazioni di don Giulio toccarono il cuore di due ragazzini, Mirco e Maria Rita. Il ragazzo abitava con i suoi genitori a Quarna Sopra, in via dei Gelsomini. Maria Rita, viceversa, era nata e viveva in via alle Motte, a Quarna Sotto. Entrambi frequentavano la quinta elementare alla De Amicis di Omegna, scuola che aveva avuto tra i suoi alunni più celebri il piccolo Gianni Rodari. I due erano molto amici e soffrivano per quel muro invisibile fatto di rancori e incomprensioni che divideva le due Quarne. Don Giulio l’avevano conosciuto frequentando, come lupetti degli scout, l’oratorio del capoluogo cusiano dove il prelato quarnese insegnava catechismo. Ascoltata la storia della pentola trafugata, decisero di provare a fare luce una volta per tutte su quell’evento che aveva sconvolto irrimediabilmente il quieto vivere dei due paesini abbarbicati sul monte Castellaccio. Seguendo i consigli del vecchio prete iniziarono le ricerche e, in pochi giorni, raccogliendo con discrezione testimonianze e racconti dei più anziani d’entrambi i paesi, riuscirono a trovare una piccola, minuscola traccia. Frugando tra le vecchie carte impolverate dell’archivio della parrocchia, misero gli occhi sul testamento di un’anziana contadina che probabilmente nessuno aveva letto visto che non comparivano eredi. Nel documento, vergato con mano incerta da qualche amanuense sotto dettatura di Cesira Nardini, oltre al lascito delle povere cose ( un tavolo, due sedie, alcuni strumenti da lavoro, una gerla e dodici scudi d’argento ) alla parrocchia di Santo Stefano, a cui l’anziana donna era devota, c’era dell’altro. E si trattava di una vera e propria rivelazione. In una parte aggiunta al testamento si narrava del vecchio Osvaldo Strimpellino, una figura conosciutissima. L’Osvaldo era stato, a suo tempo, sergente maggiore dell’esercito di Napoleone, accompagnando l’ex caporale corso in tante campagne e battaglie sui campi d’Europa. In virtù di questa sua esperienza nella Grand’armée, era stato incaricato dalla comunità di Quarna di far rispettare le leggi e di tutelare gli interessi degli abitanti del piccolo paese. A quei tempi di Quarna ce n’era una sola e, si pensava, indivisibile. Cesira Nardini era stata sua moglie. Morto il marito, sentendo ormai vicino anche lo scoccare della sua ora, dettò la memoria per non portarsi il segreto nella tomba. Ma di quale segreto si parlava? Mirco e Maria Rita non ci misero molto a scoprirlo: si trattava proprio della pentola d’oro. Cos’era accaduto?  La sera della vigilia di Natale del 1809 Osvaldo si stava incamminando verso la chiesa per accendere le due fiaccole che avrebbero illuminato il piccolo cortile esterno. Il vespro era già passato e nel buio ormai fitto i riflessi delle torce facevano danzare le ombre lungo i muri, complice una lieve brezza gelata. Dalla strada vecchia si udirono voci che parlottavano sommessamente. Osvaldo incuriosito si avvicinò al muretto e guardò sotto. Una mezza dozzina di loschi figuri, intabarrati in lunghi mantelli neri, stavano accordandosi su come rubare la pentola d’oro. Dall’inflessione della parlata si coglieva che venivano dalla bassa, forse da Gozzano o da Borgomanero. Erano arrivati fin lì a dorso di mulo, salendo da Omegna dopo aver costeggiato le sponde del lago d’Orta per tutta la sua lunghezza. Osvaldo, udite le parole di quei brutti ceffi, non esitò un attimo. Non potendo da solo affrontare quella compagnia di canaglie, decise di agire d’astuzia. Il modo migliore per salvare il tesoro dei quarnesi era metterlo al sicuro, prelevandolo dalla cripta e nascondendolo. E così fece. Poco più tardi, appostatosi nell’ombra, vide i ladri andarsene arrabbiati e senza bottino. Tornando verso casa, con le orecchie che gli fischiavano ancora per le male parole e le imprecazioni di quei loschi figuri, raccontò tutto a sua moglie, facendole giurare di non dire mai nulla. Per sua grande sfortuna Osvaldo cadde in un burrone proprio la sera stessa, scivolando su di una lastra di ghiaccio mentre stava per recarsi dal curato per raccontare anche all’uomo di chiesa l’accaduto. La moglie, per il gran dolore che le fece perdere parte del senno e un poco per ignoranza, non se la sentì di raccontare a nessuno ciò che il marito gli aveva confessato. Solo nel suo testamento decise di raccontare cos’era accaduto. Ma a chi sarebbe interessato tutto ciò? Lo scrivano pensò al delirio di una vecchia che aveva le rotelle fuori posto e per carità scrisse quanto aveva udito senza però prestarvi credito. Così nessuno seppe che la pentola d’oro, causa di tutte quelle polemiche che avevano occupato lo spazio di due secoli, cementando le divisioni tra Quarna Sopra e Quarna Sotto, era stata calata da Osvaldo in fondo al vecchio pozzo della chiesa della Madonna del Fontegno. In quel luogo, a meno di venti metri sotto un braccio d’acqua, lungo il sentiero che da Quarna Sopra scendeva verso Cireggio, la pentola giaceva indisturbata da quasi duecento anni. Con il Natale alle porte la grigia cappa che incombeva sul paese si era spezzata e dal cielo la neve scese lieve, a larghe falde. Si rinnovava l’atmosfera di magia di quei giorni. I bambini giravano su se stessi con  le facce rivolte al cielo e le bocche aperte; ogni fiocco che si depositava  sulle lingue aveva un sapore particolare, emettendo una sorta di lieve crepitio. Era uno dei suoni dell’infanzia, uno dei ricordi di attesa felice che non avrebbero mai dimenticato. Erano quasi le otto di sera del 24 dicembre quando Mirco e Maria Rita, accompagnati da Don Giulio, dal sindaco di Quarna Sopra e dal maresciallo dei carabinieri, raggiunsero il vecchio pozzo. Bastò meno di un’ora per recuperare la vecchia pentola. Tutto l’oro brillò davanti ai loro occhi, illuminato dalle torce elettriche, rivelando il prezioso fardello  che il vecchio Osvaldo aveva calato con una corda in fondo al pozzo. La pentola fu riportata nella chiesa di Santo Stefano pochi minuti prima dello scoccare della mezzanotte. La notizia si sparse in un baleno. Per tutta la notte vi fu un via vai di persone che s’incontravano, parlavano, si davano grandi pacche sulle spalle, abbracciandosi. Si rideva e si piangeva, in quella notte di Natale. E ci s’interrogava sulla stupidità che aveva diviso per tanto, troppo tempo le due comunità. Per fortuna, di fronte alle invidie e all’insensibile testardaggine dei grandi, c’erano stati due bambini curiosi che non si erano arresi.

 

 Marco Travaglini

 

 

La chimica del Natale

Profumi e aromi della festa più attesa dell’anno.

Il Natale ci avvolge con i suoi colori, con le decorazioni, con lo scintillio delle luci. C’è  voglia di festeggiare, di fare i regali e di sentirsi, anche se solo per qualche ora, sospesi dalla quotidiana realtà per entrare in un mondo ideale. Oltre al piacere per la nostra vista, regalato da un tripudio di colori e sfumature oro e argento, il Natale inebria con le sue fragranze e le sue essenze che ci portanodietro nel tempo, a quando eravamo bambini. Esiste, dunque, una chimica natalizia fatta di aromi,  di profumi, di memorie olfattivee gustative che  rendono l’atmosfera ancora più dolce ed evocativa.

Quali sono gli aromi e i sapori tipici di queste festività?

La cannella è la fragranza per eccellenza di questo periodo di celebrazioni. E’ utilizzata nelle preparazioni gastronomiche ma anche negli ornamenti; la possiamo sentire nell’aria entrando nei negozi, sorseggiando un te, un infuso o ancora meglio gustando una cioccolata che ne regala il sapore e nel vin brulé. Non esiste Natale senza questa corteccia essiccata del Cinnamomun che si può trovare in polvere o in piccoli cilindri.

Lo zenzero ci fa pensare al gingerbread e ai biscotti che, oltre ad essere buonissimi per il palato, possono sono utilizzati come allegri pendenti per decorare l’albero. Il suo sapore è piccante,intenso e  come aroma è utilizzato in diversi piatti, soprattutto inquelli di origine orientale. Lo troviamo anche in versione essiccata in piccoli cubetti da gustare per merenda o a fine pasto.

I chiodi di garofano con la loro forma appuntita sono utilizzati moltissimo nelle decorazioni natalizie soprattutto con le arance. In cucina sono preziosi sia all’interno pietanze salate ma anche nella preparazione di dolci tipici come il panpepato. Come nel caso della lavanda, se inseriti in piccoli sacchetti di stoffa e sistemati nei cassetti sono degli ottimi profumatori, una balsamica idea regalo.

L’anice stellato, con la sua sagoma a  otto punte che richiama la Cometa, contiene semi oleosi e rappresa un naturale simbolo natalizio. Il sapore, simile a quello della liquerizia, lo rende versatile e può essere usato in vari piatti sia dolci che salati, ma soprattutto è uno dei protagonisti delle decorazioni insieme all’arancia e alla cannella. Si può trovare sulle tavole bandite a festa, ma anche all’interno di candele e di vivaci ghirlande.

La vaniglia nel latte caldo o  all’interno della crema pasticcera è meraviglia pura. Dolce, aromatica e persino calmante, è un  frutto in bacche contenute all’interno di un’ orchidea tropicale. Utilizzata preminentemente per torte, gelati e liquori, è anche la protagonistadeliziosa di bagnoschiuma vellutati, candele e profumi per la persona e per la casa.

MARIA LA BARBERA

Filiberto Selvi illusionista. E’ sulla copertina della più nota rivista del settore

Vanish Magazine, rivista statunitense di illusionismo dedica la copertina al giovane artista torinese capace con le sue performance di toccare le corde dell’emozione.

La copertina di Vanish di dicembre 2024_ foto di copertina di Sebastian Konopix

“Tutto il teatro di Los Angeles si è alzato per una standing ovation al termine della sua esibizione mozzafiato”. Così racconta Vanish Magazine, la rivista di magia più importante e diffusa al mondo che nel numero di dicembre dedica la copertina e un ampio servizio a Filibero Selvi, giovane artista italiano considerato uno dei talenti internazionali più interessanti dell’illusionismo contemporaneo.

 

Selvi, classe 1999, ha alle spalle una storia di studio e passione che lo ha portato a coltivare parallelamente due discipline: la magia e la musica, in particolare il violino che ha approfondito sin da giovanissimo. Due tratti della sua formazione che hanno inciso nel suo modo di porsi sul palco: Filiberto infatti mescola con abilità queste due “anime” che non si sovrappongono ma anzi, si completano in esibizioni suggestive e coinvolgenti. Come sottolinea lo stesso Vanish “La sua dedizione all’integrazione della magia con altre dimensioni artistiche ha portato alla creazione di spettacoli non solo visivamente affascinanti, ma anche profondamente emozionanti”. Filiberto Selvi infatti unisce poesia e abilità magica lungo un filo narrativo che gli spettatori seguono trovandosi immersi in una storia profondamente emozionante.

Selvi non mostra solo la tecnica, in cui eccelle, ma dà spazio alle emozioni toccando le corde dell’anima come il suo motto ben esprime: the poetry in magic, la poesia in magia.

 

Dopo aver vinto a soli 17 anni il Campionato italiano di magia, il giovane artista torinese ha sviluppato un suo stile originale con cui si è fatto notare dagli addetti ai lavori. Ai premi di illusionismo (Campione svizzero di magia nel 2021, primo posto al Grand Prix Victor Balli FISM nel 2022, Vice Campione europeo di magia nel 2023) si affiancano le esibizioni su palchi prestigiosi come il Magic Castle di Hollywood e il Magic Circle di Londra, uno dei circoli magici più importanti a livello mondiale, di cui fanno parte illusionisti del calibro di David Copperfield e Arturo Brachetti oltre a illustri appassionati come il Re Carlo d’Inghilterra. Arrivano anche le presenze nei grandi palchi, come il Festival Mondial de la Magie, show itinerante che porta nei teatri internazionali i giovani illusionisti più interessanti al mondo. Dopo oltre 50 tappe e 80.000 spettatori in tutto il mondo lo spettacolo sarà nei prossimi mesi in Francia e Belgio per poi ripatire per il tour oltreoceano

 

Tra i progetti futuri di Filiberto Selvi anche un nuovo spettacolo in cui possa esprimere pienamente il suo modo unico di fare illusionismo, che lo stesso Vanish sancisce: “La sua combinazione unica di magia e musica, il suo approccio innovativo alle performance e la sua dedizione all’arte gli hanno fatto guadagnare un posto di rilievo nel mondo della magia. Continuando a spingere i confini del possibile, continuerà sicuramente a incantare il pubblico e a contribuire alla storia della magia. Il futuro offre infinite possibilità, e il suo percorso sarà seguito con grande interesse dagli appassionati di magia e dal pubblico in generale, mentre continuerà a esplorare nuove dimensioni della magia e dell’arte.”

 

Link per scaricare il numero di dicembre di Vanish Magazine https://vanishmagic.com

La foto di copertina di Vanish è di Sebastian Konopix.

 

Chi è Filiberto Selvi

Filiberto Selvi nasce a Torino il 7 gennaio 1999.

Appassionatosi alla magia sin da bambino, la madre coglie da subito in lui qualità che la portano a spronarlo verso il mondo dell’illusionismo.

Inizia così ad inscenare piccoli numeri di magia intrattenendo amici e parenti.

Dal gioco il passo verso la scelta di farne oggetto di studio è breve.

All’età di sette anni Filiberto scopre il Circolo Amici della Magia di Torino, dove muoverà i suoi primi passi e nello stesso periodo l’altra grande passione che coltiverà parallelamente alla magia e che guiderà gli anni della sua formazione: la Musica

Sarà soltanto nel Teatro che troverà la dimensione adatta a far coesistere questi due mondi e, proprio in questa direzione, inizierà un lavoro di ricerca volto a creare performance capaci di portare in scena la magia della musica.

Particolarmente significativa, in tal senso, sarà la vittoria a soli 17 anni del Campionato Italiano di Magia con il suo numero del violino e il successivo incontro con Arturo Brachetti e gli anni di lavoro sotto la sua guida in numerosi spettacoli in Europa.

In seguito entrerà a far parte del Gran Varietà Brachetti che gli permetterà di portare i suoi numeri d’ illusionismo nelle più importanti città italiane; diventerà poi Campione Svizzero di Magia e vincitore del prestigioso Grand Prix Victor Balli Fism e si esibirà in tutto il mondo su palchi importanti come il Magic Circle di Londra uno dei circoli magici più importanti a livello mondiale, dove David Copperfield, il Principe Carlo d’Inghilterra sono membri attivi da anni, ed anche in Festival internazionali come il Festival Mondial de la Magie uno dei festival magici con i migliori illusionisti al mondo e molto altro.

Un cammino nel segno della ricerca, dello studio e dell’esplorazione delle diverse applicazioni della magia e di quanto essa possa confluirvi in una dimensione altra, unica ed affascinante, come solo un’illusione può regalare all’occhio umano.

 

Per seguire Filiberto Selvi

www.filibertoselvi.com

Fb @filibertoselviofficial

Ig @filibertoselvi

YouTube @filibertoselvi

Al via da Cervinia il  Vertical Winter Tour 2025 di Radio Deejay!

Sport, musica e divertimento ad alta quota! Prima tappa, Cervinia il 28-29-30 dicembre con il “Capodanno anticipato”, dj set di Alex Farolfi, fiaccolata e fuochi sotto il Cervino, e poi tante altre località sciistiche. Moltissime attrazioni, talent radiofonici e divertimento tra sport, animazione e musica. Media partner: Radio Deejay. L’evento si conferma la manifestazione invernale più longeva e costante del panorama italiano. Tutti i dettagli.

19/12/2024, Milano

Torna come da tradizione ogni dicembre il Vertical Winter Tour, l’evento itinerante – giunto alla sedicesima edizione – che toccherà 9 località sciistiche italiane dislocate su tutto l’arco alpino per un totale di 19 giorni di puro divertimento sulla neve.

Si conferma Nissan come Title Partner per il quarto anno consecutivo. Per l’edizione 2025 tutti i crossover elettrificati Nissan sono official electrified cars della manifestazione e gli appassionati della montagna potranno conoscere e provare Nissan Juke, Qashqai, X-Trail e Ariya.

Potranno così apprezzare la varietà di dimensioni e di spazio a bordo – dal compatto Juke ai 7 posti di X-Trail – i brillanti propulsori ibrido, l’esclusivo e-POWER e il 100% elettrico, le tante innovative tecnologie di sicurezza e di assistenza alla guida e la trazione integrale Nissan e-4ORCE, unica nel mercato.

Nella passata edizione, circa 400 persone hanno guidato le vetture Nissan presenti in tutte le tappe del tour e quest’anno Nissan punta a replicare il successo di pubblico. A questo contribuirà anche una simpatica novità: un bar d’alta montagna (Nissan Cafè) dove i visitatori potranno godersi una pausa colazione offerta da Nissan (in collaborazione con Nescafè), per poi andare sulle piste o salire a bordo di un crossover Nissan per un test drive.

Si parte, come di consueto, da Cervinia (28-29-30 dicembre), per poi toccare San Martino di Castrozza, Andalo, Zoncolan, Alleghe, Pila, Prato Nevoso, Canazei e Bormio con un format di successo che ha raggiunto quota 29 edizioni (16 invernali, 12 estive e una “Urban” in primavera!) e che fa divertire e rilassare decine di migliaia di persone sulle piste da sci di tutta Italia.

Cervinia, nella splendida conca del Breuil, gli impianti sono aperti tutti i giorni da ottobre a settembre, senza più interruzioni, per sciate che non conoscono più stagioni grazie alle quote elevate su cui si sviluppa l’intero domaine skiable del “Cervino Ski Paradise”, giusto omaggio alla qualità della neve, che qui non manca mai. Le tre regine di questo grande comprensorio, tra i più vasti e frequentati al mondo, Breuil-Cervinia, Valtournenche e Zermatt (Svizzera) sono tra loro collegate da una miriade di piste e da una fitta rete di impianti che consente un collegamento senza mai dover togliere gli sci, ammirando il Cervino sia dalla parte italiana sia svizzera, lasciandosi “catturare” da soste enogastronomiche nei tanti ristoranti sulle piste.

Format che vince non si cambia: Sport, Music and Fun è anche nel 2024-2025 il filo conduttore dell’evento, in grado di intrattenere un pubblico molto vasto, dai ragazzi agli adulti, con un bellissimo (e nuovissimo) villaggio sulla neve di 900 mq ad ingresso totalmente libero e gratuito (orario 9-16:30) e tantissime attività da svolgere dalla mattina al pomeriggio inoltrato. Come nella scorsa edizione estiva, rinnovamento e freschezza al centro dell’attenzione degli organizzatori.

Il media partner sarà ancora una volta Radio Deejay, che in ogni tappa porterà i propri Talent sul palco del Villaggio e che a Cervinia vedrà la presenza di Alex Farolfi, (in onda tutti i giorni al fianco di Linus nella trasmissione radiofonica più ascoltata d’Italia) con il suo dj set a partire dalle 22,00 che seguirà la fiaccolata dei maestri di sci e i fuochi d’artificio sotto il Cervino per un “Capodanno anticipato” (30 dicembre) che si preannuncia davvero speciale.

Alex Farolfi è un disc jockey, remixer e regista radiofonico italiano. Dal 1994 lavora in Radio Deejay. Dal 1999 è DJ resident, insieme a Paolino Rossato, dell’Aquafan di Riccione. Come regista cura sia Deejay chiama Italia che Cordialmente, condotto da Linus insieme ad Elio e le Storie Tese su Radio Deejay. Ha spesso collaborato al programma “Deejay Time” prima e “Sciambola!” poi, entrambi condotti da Albertino.

A riscaldare il cuore di tutti gli ospiti, amanti della montagna, dello sci e dello snowboard, ci sarà Ritter Sport con la qualità e il gusto delle sue iconiche tavolette quadrate, durante ogni tappa del tour.

Azienda familiare da quattro generazioni, e con un legame forte e indissolubile con il mondo montano, Ritter Sport condivide da sempre con rifugisti, escursionisti e sciatori la passione per la natura e l’impegno per la tutela del Pianeta. Questo spirito si riflette anche nell’utilizzo di Cacao 100% Certificato Sostenibile per tutte le tavolette firmate Ritter Sport.

Il brand, con il suo stile pop e divertente, intratterrà durante il tour grandi e piccoli con un mix di gusto, gioco e colore. Al centro dello stand ci sarà il concept “Il segreto è la qualità” che accompagnerà i visitatori in un viaggio all’insegna della golosità, dei sapienti abbinamenti e di nuovi irresistibili gusti. Non mancheranno tutte le varianti delle tavolette da 100g e dei mini Ritter Sport, pronti a sorprendere e deliziare il palato di ogni partecipante.

Brancamenta rinnova la sua partecipazione alla nuova edizione del Vertical Winter Tour 2025, con il gusto, l’energia e il divertimento dei propri prodotti. Presso lo stand di Brancamenta nel villaggio, sciatori e amanti della montagna potranno degustare l’amaro ghiacciato nel suo perfect serve ideale o provare la speciale “Brancachoco”, una cioccolata calda Ritter Sport arricchita con il sapore unico di Brancamenta. Lo stand offrirà un’atmosfera accogliente con soffici pouf, ideali per rilassarsi ad alta quota.

Borghetti, il liquore di vero caffè espresso, avrà una presenza dinamica: hostess munite di zaini a forma di “Borghettino” distribuiranno assaggi direttamente sulle piste, regalando agli sciatori un boost di energia. Grazie a Brancamenta e Borghetti, ogni tappa del tour promette esperienze indimenticabili, combinando sport, piacere e il gusto dei prodotti iconici di casa Branca

Ricola, partner storico del Tour, sarà presente in tutte le tappe con uno spazio dedicato e inviterà tutti gli amanti della montagna ad assaporare le sue gustose e originali caramelle alle 13 erbe alpine, tra cui Echinacea Miele e Limone, un prodotto davvero speciale, fresco e gradevole al palato, che è anche un integratore alimentare con Vitamina C a supporto del sistema immunitario, ideale per un consumo quotidiano. Presso l’igloo Ricola ci sarà modo di rifocillarsi anche con le calde e gustose tisane alle erbe, coltivate con metodi naturali sulle Alpi Svizzere e ci si potrà divertire con un simpatico gioco di abilità che offrirà la possibilità di aggiudicarsi gadget brandizzati.

New entry è VisitMalta, il brand di Malta Tourism Authority, l’ente di promozione turistica di Malta, che sarà presente con un proprio stand al Vertical Winter Tour per far conoscere al pubblico le isole di Malta, Gozo e Comino e le possibilità offerte tutto l’anno agli amanti delle attività outdoor. Grazie ad un Memory Game i partecipanti potranno approfondire la conoscenza dell’arcipelago maltese e ricevere divertenti premi. Inoltre, sarà organizzato un appuntamento quotidiano sul main stage del village durante il quale verrà scelto un fortunato tra il pubblico a cui VisitMalta regalerà un kit del viaggiatore contenente materiale informativo e gadget che lo potranno ispirare nell’organizzazione di un viaggio a Malta.

L’arcipelago maltese, grazie al piacevole clima mediterraneo, è una meta ideale per una vacanza active in ogni stagione, con il suo mix di cultura millenaria, una sorprendente natura, la possibilità di praticare molti sport e tante opportunità per fare un pieno di energia. Inoltre, le isole sono comodamente collegate da voli diretti operativi tutto l’anno da moltissime città italiane.

Altra new entry è foodspring, leader nella nutrizione per il fitness, che porterà un tocco di energia e benessere al Vertical Winter Tour con un’area esclusiva dedicata a sciatori e appassionati di cime innevate. Qui, i visitatori potranno fare il pieno di gusto e vitalità con alcuni tra i prodotti più iconici del brand, come le protein bars, i protein cookies e i protein shakes, perfetti per ricaricarsi dopo una giornata sulle piste. L’esperienza si arricchirà con attività speciali, come degustazioni in anteprima dei nuovi prodotti e una serie di giochi per intrattenere il pubblico, rendendo ogni tappa ancora più coinvolgente. Con il suo debutto nel mondo degli sport invernali, foodspring consolida così il legame tra nutrizione e performance, offrendo soluzioni alimentari pensate per chi affronta le sfide quotidiane, anche ad alta quota.

Blossom Skis sarà il partner per le prove sci, con un maestro a disposizione per il pubblico per insegnare come sfruttare al meglio le potenzialità di questi sci speciali.

Hyra vestirà come di consueto tutto lo staff del Vertical.

Vertical Tour vive anche sui social, con una copertura costante su Facebook e Instagram, per seguire l’evento è sufficiente utilizzare l’hashtag #verticaltour.

Un’altra pazzesca stagione del Vertical Winter Tour è alle porte – conclude Flavio Gallarato, patron e organizzatore dell’evento e CEO di Event’s Way – Siamo l’evento invernale più importante e soprattutto più longevo e costante del panorama italiano. Una manifestazione che si conferma nei format e nel legame strettissimo con Radio Deejay, cuore pulsante dell’intrattenimento e della musica, e che contestualmente si rinnova nelle strutture e nelle attività proposte ai vacanzieri, sempre più coinvolgenti e innovative. Devo ringraziare i nostri partner, molti dei quali sono ormai habituè dell’evento, un grazie particolare anche a tutte le nuove aziende che ci hanno dato fiducia e che ci permettono di essere il punto di riferimento delle manifestazioni invernali dal 2008”.

Vertical Tour: il format

Il Vertical Winter Tour è attivo dal 2008 e fin dalla prima edizione si è caratterizzato per un format vincente fatto di musica, sport e divertimento. Nel 2011, sull’onda del successo del fratello maggiore, è nato anche il Vertical Summer Tour, roadshow estivo che attraversa lo Stivale con una carovana di animatori, speaker, dj e istruttori sportivi.

L’uno è estivo, l’altro invernale, ma il format è lo stesso: un grande Villaggio vacanze itinerante, capace di portare nelle migliori località di vacanza giornate dense di animazione, musica, sport e divertimento. Ad oggi si contano un totale di 26 edizioni di VERTICAL TOUR – tra Summer, Winter edition e il neonato Urban – e migliaia di amici sparsi sulla Penisola che fanno ormai parte di una grande community unita dalla voglia di divertirsi e di stare insieme.

I numeri

  • 16 edizioni di Vertical Winter Tour dal 2008
  • 12 edizioni di Vertical Summer Tour dal 2011
  • 1 edizione di Vertical Urban Tour dal 2022
  • Oltre 4.000.000 di partecipanti alle precedenti edizioni
  • Oltre 100.000.000 di persone raggiunte negli anni dalla comunicazione social
  • Oltre 3.000.000 visualizzazioni dei contenuti video pubblicati

CS

Fumetti, giochi, videogames, cosplay e cinema: chiude con successo Xmas Comics& Games

Si è chiusa domenica 15 dicembre all’Oval-Lingotto Fiere di Torino la decima edizione di Xmas Comics& Games, la grande festa natalizia per tutta la famiglia dedicata a fumetti, giochi, videogames, cosplay e cinema organizzata da GL events Italia in joint venture con Just for fun.

Sono stati 28.000 (+12% rispetto ai 25.000 dell’edizione 2023) i visitatori che hanno acceso la cosmic passion, la passione universale verso il mondo della creatività, dell’arte di raccontare storie, creare

mondi e far vivere emozioni uniche.

«Il successo di questa decima edizione di Xmas Comics & Games conferma quanto questo evento sia diventato un punto di riferimento per appassionati di tutte le età. La grande partecipazione e l’entusiasmo del pubblico testimoniano la forza della creatività e della passione che questa manifestazione riesce a unire e celebrare» dichiara Gabor Ganczer, amministratore delegato di GL events Italia.

 

Presentato in anteprima il manifesto della XXIX edizione di Torino Comics

A Xmas Comics è stato presentato in anteprima il manifesto ufficiale della XXIX edizione di Torino dComics, in programma dall’11 al 13 aprile 2025. Realizzato dalla fumettista di fama internazionale Mirka Andolfo, il manifesto ritrae una figura femminile immersa in un mondo onirico e vibrante, simbolo della creatività e dell’energia che caratterizzano la manifestazione. La protagonista, circondata da una cascata di fiori colorati, sembra emergere dall’acqua con un sorriso luminoso, mentre sfondi blu intensi e simboli grafici stilizzati evocano un universo dinamico e vivace.

 

Gli eventi sold out: Giorgio Vanni, Maurizio Merluzzo e Cydonia

Un successo preannunciato il grande evento di chiusura di Xmas Comics, con migliaia di persone che hanno assistito al concerto di Giorgio Vanni, cantando a squarciagola le sigle dei cartoni animati italiani degli anni ’90 e 2000, dai Pokemon a One Piece, da Dragon Ball ai Cavalieri dello Zodiaco.

Grande affluenza sul main stage anche per gli eventi con i doppiatori: sabato sono stati protagonisti le voci italiane della serie Netflix ArcaneMargherita De Risi ed Emiliano Coltorti; domenica il grande ospite è stato Maurizio Merluzzo, una delle voci più amate dal pubblico italiano.

Tutto esaurito nella sala incontri per l’appuntamento con Cydonia, uno dei personaggi più influenti del mondo del gaming italiano, che ha dialogato con Emilio Cozzi; grandi emozioni per l’evento di domenica con l’astronauta Paolo Nespoli, che si è aperto al pubblico parlando di coraggio, di superamento di confini e del rapporto fra il gaming e l’esplorazione.

Ottima l’affluenza nello spazio autori, dove gli oltre 50 ospiti del mondo del fumetto – da Silvia Ziche a Luca Enoch, da Lorenzo Pastrovicchio a Rodolfo Torti, da Alessandro Bocci a Francesco D’Ippolito – per due giorni hanno realizzato sketch e disegni su commissione al pubblico di appassionati.

Il magico Villaggio di Xmas a tema Harry Potter ha accolto centinaia di bambini, che hanno potuto scattare foto ricordo con Babbo Natale, il Grinch e gli elfi, scatenarsi con la Christmas Elf Dance o trasformarsi nei loro personaggi preferiti con l’immancabile truccabimbi.

 

Oltre 120 partecipanti alla competizione Cosplay internazionale.

Xmas Comics si conferma come uno degli eventi italiani con la maggiore presenza di cosplayer, sia come pubblico della fiera sia soprattutto come partecipanti alle gare. Sono stati più di 120 i partecipanti alla sfilata competitiva di domenica 15 valida anche come tappa italiana di qualificazione della gara internazionale NCC – Nordic Cosplay Championship, a cui partecipano cosplayer qualificati da paesi di tutta Europa. Il vincitore volerà in Svezia a luglio 2025 per la finale.

 

Appuntamento con la XXIX edizione di Torino Comics dall’11 al 13 aprile 2025 a Lingotto Fiere.

Decima edizione di Xmas Comics & Games all’Oval Lingotto: Cosmic Passion

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Xmas Comics & Games ha raggiunto un grande traguardo. Il 14 e 15 dicembre 2024 l’Oval Lingotto Fiere di Torino ospita la decima edizione della grande festa natalizia per tutta la famiglia dedicata a fumetti, giochi, videogame, cosplay e cinema. Nato nel 2014 come evento di u a sola giornata riservata al mondo cosplay, Xmas Comics è diventata l’edizione invernale di Torino Comics, arrivando nel 2022 a conquistare l’Oval e raggiungendo, nel 2023, la cifra record di 25 mila visitatori, un evento che celebra non solo la cultura “nerd” ma tutto ciò che è creatività, una passione di massa che non coinvolge soltanto i giovani.

“Xmas Comics & Games è un punto di riferimento per la cultura pop – afferma Gabor Ganczer, AD di GL Events Italia, società che organizza l’appuntamento In Joint Venture con Just for Fun – il tema di quest’anno è Cosmic Passion, e incarna l’entusiasmo e la creatività che rendono questa manifestazione unica e coinvolgente per un pubblico sempre più vasto. Il manifesto ufficiale dell’evento è realizzato dal fumettista Lorenzo Pastrovicchio, in collaborazione con Luca Merli, ed è il racconto di questa grande passione universale. In un futuro immaginifico la Mole Antonelliana diventa un pianeta vivo, cuore pulsante di un universo sconfinato. Come un faro che brilla tra le stelle, la Mole irradia fasci di luce che attraversano lo spazio e invita tutti a unirsi alla grande festa natalizia. Xmas Comics diventa punto di incontro di diversi universi creativi, ognuno unico e straordinario, dai fumetti al cosplay. Le navicelle spaziali convergono verso la Mole attratte da un evento epico in cui creature provenienti da ogni angolo dell’universo si ritrovano accomunati da un appassionato cosmica e universale. Saranno due giorni di grande festa, con un’ampia area espositiva, dove trovare fumetti, gadget, oggetti da collezionare e costumi, un’area autori, dove poter incontrare fumettisti e illustratori per selfie e autografi, un palco dedicato alle competizioni cosplay e karaoke, uno spazio per gli amanti di giochi di ruolo e da tavolo e numerose postazioni d’avanguardia per il videogaming, con tornei e giochi in freeplay, e un’area entertainment, con riproduzioni di scenari e costumi da film con combattimenti con spade laser e escape room. I biglietti per la decima edizione di Xmas Comics & Games sono presenti sul sito di Vivaticket.

 

Mara Martellotta

Con Gianfranco Ferré la fotografia sposa l’arte sartoriale

Al “Forte di Bard”, il grande “architetto della moda” si scopre in 90 scatti firmati da otto geni della fotografia di moda

Fino al 9 marzo 2025

A proposito di moda e fotografia di moda, scriveva, in “Lettres à un jeune couturier”Gianfranco Ferré, il grande architetto (laurea al “Politecnico” milanese nel ’69) prestato al fashion design: “Lo stilista non deve soltanto sapere con chiarezza ciò che vuole, ma anche scegliere l’interlocutore adatto, quello che darà corpo, colore, luce e magia alla sua idea. Deve comunicare col fotografo, stabilire una complicità, dargli autonomia, ma con la certezza di potersi riconoscere nell’immagine realizzata. È una questione di feeling, di intesa … senza la capacità di creare insieme, di condividere le emozioni, di fare lavorare insieme l’occhio e l’anima, la fotografia sarà vuota, fredda, inutile e falsa”. Un concetto che Gianfranco Ferré (Legnano, 1944 – Milano, 2007) applica anche su di se’, allorché dal suo lavoro “pretende” sempre (laurea in “architettura” docet) “equilibrio, eleganza e rigore”, mai però disgiunti dai liberi voli di emozione, fantasia e creatività. Lungo lo stesso sentiero devono correre il creatore di moda e il fotografo (figura assai importante nel settore) che quella moda cristallizza in un click, che può farsi immortale. E allora, che bella, ironica e fantasiosa la fotografia in bianco e nero scattata nel ’95 a Ferré dal fotografo svizzero Michel Comte!

Qui, la complicità fra i due “attori”, il fotografo e il fotografato (in tale sintonia da essere loro dedicata una doppia mostra a Parma nel 2016, in occasione del bicentenario dell’arrivo nella città emiliana di Maria Luigia d’Asburgo Lorena) è davvero a tutto tondo. Magnifica e imponente. Come il corpo e il volto barbuto di Ferré, fermato nell’atto, all’apparenza “titanico”, di farsi il nodo alla cravatta, aspetto serioso (ma forse lì lì per scoppiare in una sonora risata), la giacca rattenuta all’ascella e in un’asola dell’abbondante camicia (non bianca, suo “capo feticcio”) l’immancabile “ferma-cravatta”, una grande spilla da balia d’oro, sua personale “style signature”, dettaglio immancabile, fermamente convinto com’era della giustezza del motto di Le Corbusier, secondo cui “Dio è nei dettagli”. La fotografia scattata da Comte è una delle oltre 90 opere, mai prima esposte e provenienti dalla sezione fotografica dell’“Archivio Storico Gianfranco Ferré”, raggruppate nelle “Cantine” del “Forte di Bard” fino a domenica 9 marzo 2025“Gianfranco Ferré dentro l’obiettivo”, il titolo della rassegna realizzata dal “Forte” valdostano e a cura del “Centro Ricerca Gianfranco Ferré” del “Politecnico di Milano” e “CZ – Catia Zucchetti Fotografia”.

 

Oltre 90, si diceva, le foto in mostra a firma di otto maestri della fotografia di moda che con Ferré hanno lavorato a iconiche campagne pubblicitarie: Gian Paolo BarbieriGuy BourdinMichel ComtePatrick DemarchelierPeter LindberghSteven MeiselBettina Rheims Herb Ritts. Le sei stanze che accompagnano la galleria fotografica si avvicendano in un continuo fil rouge, disvelante il “processo creativo” dello stesso stilista e i sei principi operativi da lui spesso evocati: comporreridurreenfatizzarericalibraredecostruire e, soprattutto, emozionare. Principi che appaiono simbiotici nel loro divenire fotografico e stilistico, accostando alle immagini altri elementi centrali della progettazione come i disegni (dai tratti rapidi e compiuti), le cartelle materiali e gli stessi abiti.

Con palleggi continui fra fotografia e manufatto sartoriale, attraverso i quali il lavoro dello stilista (sempre fortemente attratto dal richiamo delle mode del passato e dal gusto neoclassico) si fa di più agevole comprensione, passando dal “rigore compositivo” del milanese Barbieri (collocato da “Stern” fra i 14 migliori fotografi di moda al mondo), agli “scatti rapidi ed essenziali” di Comte; dai “racconti cinematografici” in bianco e nero del polacco Lindbergh (per ben tre volte firma del “Calendario Pirelli”) all’“intensità dei ritratti” della francese Rheims; dalle “inquadrature eccentriche” di Bourdin (gran “protégé” di Man Ray) alla “ricercata naturalezza” di Demarchellier, fino al “classicismo grafico” di Ritts (con i suoi uomini “palestrati” in pose plastiche ispirate alle sculture dell’antica Grecia) e alla “complessità” dello statunitense Meisel (celebre il suo scatto del ‘92 a Madonna, nel provocatorio libro “Sex”). Il tutto in un’Antologia di grandi “pagine fotografiche”, nate come suggestivo racconto di una delle storie più esemplari dell’“Italian Fashion Style”.

Gianni Milani

“Gianfranco Ferré dentro l’obiettivo”

Forte di Bard, via Vittorio Emanuele II, Bard (Aosta); tel. 0125/833811 o www.fortedibard.it

Fino al 9 marzo 2025

Orari: Feriali 10/18; sab. dom. e festivi 10/19; luned’ chiuso

Nelle foto: Michel Comte “Gianfranco Ferré”, 1995; Herb Ritts “Collezione Gianfranco Ferré” “Alta Moda Autunno/Inverno 1987”; Collezione Gianfranco Ferré “Prêt-à-porter Autunno/Inverno 2000- ‘01”; Collezione Gianfranco Ferré “Prêt-à-porter Autunno/Inverno 1981–‘82”, Disegno uscita sfilata

Erminia, Mario, Libero e le acque del lago a Ronco

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La signora Erminia, un tempo, doveva esser stata senz’altro una gran bella donna. Si capiva dai lineamenti, fini e delicati, e da quegli occhi verdi-azzurri come l’acqua del lago in primavera: chissà quante teste avevano fatto girare e quanti cuori palpitarono per lei.

I capelli, bianchi come la neve e raccolti sulla nuca, le incorniciano l’ovale del volto. Com’era arrivata fin qua, sulle sponde del lago? Da quanto tempo viveva, sola con i suoi  gatti, in questa bella casa di pietra a Ronco, all’ombra del campanile della chiesa di San Defendente? A queste nostre curiosità, espresse con il timore d’apparire indiscreti , una volta rispose, sorridendo: “Ldomande non sono mai indiscrete. Talvolta possono esserle le risposte”. Da quel giorno non vi furono più domande e crebbe ancor più il rispetto per quella donna così gentile e ospitale. Ogni  qualvolta si attraccava con la barca al molo di Ronco venivamo  invitati a casa sua  per una merenda con pane e formaggio, accompagnando il cibo con un buon bicchiere di vino rosso.  D’inverno, dalla casseruola che teneva sulla stufa a legna, versava delle generose porzioni di brodo caldo nelle scodelle di ceramica, unendo dei crostini di pane raffermo sui quali aveva passato una testa d’aglio o spalmato ricotta fresca. Quella ricotta che, insieme al burro, la vecchia Onorina portava di casa in casa con la sua piccola gerla dopo aver percorso il ripido sentiero che dall’alpeggio scendeva fino alle case del paese. Una tradizione d’ospitalità che si stava perdendo. Solo qualche anziano manifestava, nei confronti dei viandanti del lago, gesti amichevoli e di conforto. Eppure, un tempo, s’usava offrire il brodo e il vino, quello aspro delle piccole vigne abbarbicate sul fianco delle colline, e anche l’aceto, versato generosamente nell’acqua fredda, in cui intingere una crosta di pane raffermoduro come un sasso. A pochi passi dalla chiesa di San Defendente, un tempo invocato contro i flagelli dei lupi e gli incendi, abitava anche Libero Frezzini, meglio conosciuto come “lifroch”, cioè fannullone, una persona a detta di tutti ben poco seria. Frezzini, tra l’altro, non ci stava proprio con la testa. Alto,magro e dinoccolato era proprio un po’ tocco. Si vestiva sempre alla stessa maniera, estate e inverno, quasi non sentisse né il caldo né il freddo: giacca di fustagno marrone, ormai lisa sul bavero e sui gomiti; pantaloni scuri di velluto  e una camicia a quadrettoni rossi e bianchi. Giovannino lo prendeva in giro: “ Libero, ma come ti sei vestito? Sembri una tovaglia ambulante, unta e bisunta. Dove l’hai fregata, quella camicia lì? Dalla cesta dei panni da lavare dell’osteria?”. Frezzini, carpentiere in una piccola impresa del posto,portava rispetto all’anziano pescatore. Anch’esso, e a modo suo, amava la pesca. Il più delle volte, raccontando le sue imprese, esagerava sulle misure e sul peso delle catture. Giovannino quando lo sentiva sproloquiare, indulgendo nelle sue vanterie impossibili, lo rimproverava: “Cala,cala Trinchetto. Non contar balle, Libero, che al massimo hai tirato fuori dall’acqua un paio di cavedani lunghi una spanna”. Lifroch a volte esagerava davvero, alzando la voce e Giovannino , guardandolo storto, doveva minacciarlo: “A ta dò un sgiafun che ta sbiruli la salamangè“. Che, tradotto da quel dialetto mezzo lombardo, equivaleva ad un “ti dò uno schiaffo da piegarti la mascella”. Un giorno l’aveva preso a calci nel sedere dopo aver scoperto, per caso, che quel balordo era andato a pescar persici nel periodo più proibito che ci sia: il tempo della riproduzione, tra aprile e maggio, quando i pesci depongono le uova. Evitando accuratamente di menzionare il fatto al Conegrina e al Carabiniere, cioè alla coppia di arcigni guardapesca, evitò al Frezzini la poco allegra prospettiva di finire al fresco, costretto a guardare il sole a quadretti , dietro alle sbarre del carcere più vicino. Era un reato, a quei tempi, che non si sanava solo con una multa in denaro ma anche con qualche giorno in gattabuia. Libero, tanto per accentuare la sua stranezza, si esprimeva anche a proverbi. Ne aveva per tutte le situazioni. S’era ingozzato come un maiale all’osteria, al punto da sentirsi male? Alle critiche rispondeva così: “ E’ meglio morire a pancia piena che a pancia vuota”. Aveva bevuto più del solito, alzando un po’ troppo il gomito e camminava sbandando? Si giustificava: “E’ sempre l’ultimo bicchiere a far male”. Teoria alquanto bislacca, a dire il vero. Ricordo di averlo incontrato mentre si recava al lavoro in vespa. C’era un buco nell’asfalto. Non lo vide in tempo, finendoci dentro con la ruota davanti, rischiando di capottarsi. Si rialzò tutto scorticato e dolorante. Prontamente accorso in suo soccorso capii immediatamente che era ubriaco. Evidentemente la sera prima doveva aver fatto bisboccia  e si portava addosso una “scimmia” da far paura. Rialzatosi, intontito e acciaccato, mi ringraziò, confidandomi il suo malessere: “Ma sai che ieri sera ho bevuto un bicchiere di acqua tonica che mi è restata sullo stomaco? Non l’ho proprio digerita!”. L’acqua tonica, capito? Non i due o tre litri di rosso che si era scolato e per gli altri comuni mortali rappresentavano una dose da schiantare chiunque. Un altro bel personaggio era Mario Martellanti, detto “cavedano”. Non ricordo dove fosse nato ma era certo che dimorasse sul lago. Mario non amava sentire la terraferma sotto i piedi e, dunque, viveva in barca gran parte del tempo, stagioni permettendo. A fine primavera, durante l’estate e nella prima metà dell’autunno, praticamente non lasciava mai lo scafo della sua “Stella dell’onda”, imbarcazione che lo accompagnava da più di trent’anni nelle sue peregrinazioni lacustri. Quando le foglie ingiallite abbandonavano gli alberi , spargendosi a terra e l’inverno con il suo alito gelido prendeva il sopravvento, cercava di tener duro il più possibile, cedendo solo alla tormenta che scendeva dai contrafforti montuosi, sbarcando proprio a Ronco per cercare riparo nel cascinale dove teneva le sue magre cose. Se l’aria s’infreddoliva, non disperava. Teneva sempre a portata di mano, accanto  alla tela cerata indispensabile per ripararsi dagli scrosci di pioggia, una ormai logora trapunta di lana. Non troppo ingombrante ma abbastanza grande da potervi avvolgere l’intero corpo, riparandosi dal freddo e dall’umidità. Sosteneva d’esserci nato, in barca. I genitori, entrambi defunti, avevano passato tutta l’intera vita sull’Isola di San Giulio. Il padre Giovanni, nativo di Ronco, era custode della Villa dei Glicini. La madre Elsa, si era rotta la schiena nel far le pulizie in uno dei più antichi alberghi del posto, la “Locanda del Drago”. Mario, scapolo impenitente, sosteneva d’essersi sposato con il lago. “Sono più di sessant’anni che ho preso in moglie quest’acqua cangiante;ci conosciamo e rispettiamo, e non ci lamentiamo mai, sopportando a vicenda i nostri sbalzi d’umore”, confidava agli amici più stretti. Ormai anziano, continuava a vogare da una sponda all’altra o, più semplicemente, seguendo il margine delle rive nel suo perenne cabotaggio. Anche se, in cuor suo, custodiva un segreto che talvolta lasciava intuire. La luce di quegli occhi verdi-azzurri della signora Erminia l’avevano stregato. Non l’avrebbe mai ammesso, e nemmeno confidato alla bella donna dai capelli bianchi. Era il piccolo suo segreto. Quei mazzetti di primule e viole lasciati vicino all’uscio o i funghi e la frutta appena raccolti, i persici pescati e già puliti che Erminia trovava sul davanzale di pietra della finestra, erano doni che non lasciavano troppi dubbi sul misterioso benefattore. Eminia intuiva e apprezzava, elargendo sorrisi, cibo e buon vino anche a Mario. In fondo affetto e gratitudine si possono esprimere in tanti modi e le parole, a volte, sono davvero superflue.

Marco Travaglini

Scrivere a mano

GLI EFFETTI POSITIVI DI USARE CARTA E PENNA   E’ vero, scrivere al computer è comodo, veloce e pratico. Si digita con dinamicità, si corregge premendo un comando senza lasciare traccia dell’errore, si può salvare in diverse versioni, stampare e inviare con pochi click, tutto questo è innegabilmente efficiente e per certi versi insostituibile.

L’uso frequente della tecnologia e dei nuovi codici lessicali però, per quanto funzionanti ed efficaci, ha contribuito all’impoverimento della scrittura, della nostra bella lingua, della comunicazione in genere. Abbreviazioni, linguaggio contratto, emoticon che sostituiscono interi concetti, opinioni e pensieri, costituiscono un vero e proprio imbarbarimento del nostro vocabolario e dell’intera modalità espressiva.

Sarebbe opportuno quindi fare una riflessione sull’importanza che il recupero della scrittura con la penna, in corsivo soprattutto, potrebbe avere, senza con questo sottovalutare i vantaggi assicurati dai moderni strumenti di composizione.
La psicologia si è occupata in maniera approfondita del linguaggio e della scrittura ed è grazie a vari studi ed analisi che sono venuti alla luce i differenti benefici e facoltà della scrittura manuale. E’ provato infatti che usare la penna per la redazione di documenti, appunti o diari coinvolge diverse aree del cervello che coordinano la componente sensoriale e percettiva con il movimento grafico integrando così sensazioni e controllo delle azioni e del pensiero; al contrario queste aree cerebrali non vengono implicate nella digitazione attraverso la tastiera e il gesto, meramente automatico, risulta impersonale e standardizzato.
La memoria grazie alla scrittura manuale migliora indiscutibilmente, si esercita. Chi prende appunti utilizzando la penna, a causa dell’impossibilità di annotare tutto ciò che viene detto, sviluppa sensibilmente la capacità di elaborazione e di sintesi e stimola il potenziamento di quel processo atto alla raccolta di concetti e nozioni di rilievo, in sostanza quelli più importanti da ricordare. Anche l’apprendimento trae benefici grazie all’utilizzo di carta e penna, soprattutto quello dei bambini. Scrivere manualmente è infatti quella attività che permette di trasformare le idee ed il pensiero in segni concreti, di veicolare gli stati d’animo, di liberare la creatività ed entrare in contatto con le nostre emozioni. Secondo le neuroscienze, nel momento in cui l’idea astratta diviene parola scritta si attivano diverse aeree corticali del cervello che favoriscono i processi cognitivi mentre tutto ciò avviene in misura decisamente minore nella scrittura tecnologica. Inoltre i bambini che scrivono di più sanno leggere meglio.
Mettere le parole su carta, infine, ha un valore terapeutico. Scrivere di getto emozioni, stati d’animo, ansie, paure o ricordi permette di riviverli con il giusto distacco, di rielaborarli, di farli emergere per osservarli da una angolatura nuova, esterna e distolta. Mettere nero su bianco sentimenti e pensieri negativi è un modo per alleggerire pesanti zavorre interiori, riprendere fiato e ritrovare il buon umore. Compilare un diario permette di conoscersi a fondo, consente di accedere alla propria intimità e aprire un dialogo con se stessi senza censure e senza filtri, uno spazio privato dove affiora la propria realtà interiore.

Oltre ai numerosi benefici psicologici e cognitivi, utilizzare carta e penna per formulare le nostre comunicazioni ha un valore e un significato estetico, di stile e persino romantico. E’ vero che attraverso i nuovi strumenti di messaggistica possiamo scrivere senza sosta, esprimere il nostro stato e i nostri desideri senza limitazioni, ma nulla può sostituire la grazia, il garbo e lo spirito appassionato di un biglietto scritto a mano, in corsivo. Utilizzare la carta, scrivere e dedicare pensieri in calligrafia trasforma un gesto in una piccola opera, conferisce personalità e poesia ad una azione resa sin troppo uniforme e fredda da quella tastiera che ci segue ovunque.

Maria La Barbera

Il Piemonte celebra “Birrifici Aperti Unionbirrai”

 

Sabato 7 dicembre, i birrifici artigianali di tutta Italia aprono le loro porte al pubblico con visite guidate, degustazioni e incontri con i birrai. “Birrifici Aperti” è la giornata organizzata da Unionbirrai, l’associazione di categoria dei piccoli birrifici indipendenti, con l’obiettivo di promuovere la cultura della birra artigianale in Italia, educando i consumatori sulle diverse varietà e qualità di birre prodotte localmente, sostenendo i piccoli produttori nel panorama birrario nazionale. In Piemonte sono 5 le aperture di birrifici artigianali per celebrare l’evento di Unionbirrai: Birrificio Gilac a Rivoli (TO), Birrificio Trunasse a Castelletto Stura (CN), Birra 100Eventi a Borgomanero (NO), Birrificio Agricolo Kauss a Piasco (CN) e BSA – Birrificio Sant’Andrea a Vercelli.

“Valorizzare il mondo della birra artigianale italiana, creando un contatto diretto tra birrifici e appassionati. Questo l’obiettivo della nostra iniziativa Birrifici Aperti – dichiara Vittorio Ferraris, direttore generale di Unionbirrai – che mira a replicare ciò accaduto con successo in altri comparti come il vino e l’olio, aprendo le porte dei birrifici per far conoscere da vicino i processi produttivi, le materie prime utilizzate e, soprattutto, la passione che si cela dietro ogni bottiglia. Tutti ingredienti che rendono la birra artigianale nazionale oramai un vanto del made in Italy agroalimentare nel mondo, con sempre più riconoscimenti”.

Sarà possibile scegliere l’appuntamento preferito tra i tanti in programma in tutto lo Stivale presenti sul sito www.birrificiapertiunionbirrai.itSi potranno esplorare storie, processi e segreti dietro ogni birrificio, vivendo una giornata immersiva nel mondo della birra artigianale ma promuovendo, al contempo, il territorio con le sue peculiarità creando localmente sinergie. A giovarne saranno i consumatori, sempre più consapevoli e attenti, i quali divengono visitatori e turisti pronti ad esperienze uniche che, attraverso la convivialità, li porta a conoscere una realtà artigianale con un contatto diretto.

“Riteniamo che i piccoli birrifici artigianali possano divenire parte integrante di itinerari turistici e mete da visitare e in cui trascorrere piacevoli momenti – conclude Ferraris (Unionbirrai) – Per questo, anche a livello normativo, siamo impegnati nel promuovere la creazione delle ‘Strade della Birra’, prendendo spunto da ciò che il mondo vitivinicolo ha già realizzato con successo con le cantine”.