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L’isola del libro

Rubrica settimanale a cura di Laura Goria

Elizabeth Strout “Oh William” -Einaudi- euro 18,00

Elizabeth Strout, premio Pulitzer nel 2009 con “Olive Kitteridge”, ora ci regala un altro capitolo con al centro Lucy Barton e un suo spicchio di vita.
Sua è la voce narrante e l’abbiamo già conosciuta nei precedenti “Mi chiamo Lucy Barton” e “Tutto è possibile”; personaggio che si porta appresso un’infanzia complicata, infangata dalla violenza, nelle campagne dell’Illinois. Ma è riuscita a riscattare quel passato, ed è diventata scrittrice di successo approdata a New York.
Ora ha 63 anni ed è vedova del secondo marito David, violoncellista della New York Philharmonic Orchestra, che aveva inseguito, conosciuto e sposato in una manciata di mesi. La loro era stata un’intesa prossima alla perfezione, ma lui è morto da circa un anno e la dipartita ha scavato un vuoto siderale in Lucy.

Il William del titolo, invece, è il suo primo marito al quale è tutt’ora legata da un affetto profondo ed insieme hanno messo al mondo due figlie.
Lui ha 71 anni, è stato sposato 3 volte; l’ultima moglie Estelle (che di anni ne ha ben 22 meno di lui) l’ha lasciato da poco.
Gran brutto periodo per William che sta subendo una battuta d’arresto anche sul versante professionale. E mentre cerca di incollare i cocci della sua vita scopre pure che la madre Catherine, ormai morta, aveva avuto una figlia con il primo marito, un coltivatore di patate nel Maine, e poi aveva abbandonato entrambi.
La rivelazione dell’esistenza di una sorellastra lo sconvolge non poco. Ed è a Lucy che si rivolge; così insieme partono alla ricerca di quella parente sconosciuta…..

Il romanzo è una sorta di memoir in cui entriamo nei pensieri più reconditi di Lucy Barton, la seguiamo nei suoi passi e negli affetti più consolidati della sua vita.
Come va a finire lo scoprirete, però al di là dei segreti del passato che vengono a galla, il nucleo del romanzo è soprattutto nel legame che Lucy e William hanno saputo mantenere, conservare e proteggere. Sarà anche la loro ancora di salvezza in un momento in cui entrambi stanno annaspando. Tutto raccontato magnificamente da Elizabeth Strout…as usual….

 

Hervé Le Tellier “Mi affeziono molto facilmente” -La nave di Teseo- euro 14,00

Lo scrittore parigino, autore di romanzi, poesie e saggi, vincitore del premio Goncourt 2020 con “L’anomalia”, qui narra in chiave autobiografica parte della sua vita complicata e delle sue infatuazioni. Questo è il racconto di una vicenda che ha realmente vissuto 15 anni fa e lo aveva fatto molto soffrire, scritta quasi in presa diretta, data alle stampe nel 2007. Ora è stata tradotta da “La nave di Teseo”, sull’onda del successo di questo scrittore di nicchia, poi balzato in vetta alle classifiche.

Autore dalle mille vite precedenti in cui è stato: insegnante di matematica, giornalista scientifico, dottore in linguistica, presidente di un laboratorio di autori che si dilettano a giocare con le parole e gli esercizi linguistici.

Il libro è snello e corre veloce, racconta l’ostinazione di un uomo maturo che cerca di conquistare una giovane recalcitrante.
L’autore non attribuisce loro alcun nome se non «il nostro eroe» e il corrispettivo femminile; l’uomo è alla soglia dei 50 anni mentre la ragazza ne ha 20 di meno, è originaria della Scozia ed è lì che va a trovare sua madre.
Dopo una relazione breve e furtiva tra i due, lei non intende andare oltre, refrattaria a un legame più solido e impegnativo. Di amore non intende parlare, tantomeno con lui.

Le Tellier ci racconta l’inseguimento del protagonista, la sua ostinazione, i suoi pensieri parecchio cerebrali su fatti e misfatti della vita.
Tutto sommato la storia di fondo sembra banale; una coppia che coppia poi non è e mai sarà.
Eppure la bravura di Le Tellier nell’addentrarsi nelle delusioni e nelle rincorse dell’esistenza si ammanta di una piacevolissima ironia e autoironia.
Queste sono anche pagine di viaggio attraverso le suggestive lande scozzesi, magnifico sfondo alla storia.

 

 

Simonetta Agnello Hornby – Costanza Gravina “La cuntintizza” -Mondadori- euro 19,00

La “cuntintizza” è una parola siciliana che non ha traduzione e sta a indicare quella leggera sensazione di piacere che possiamo trovare nelle piccole e semplici cose di tutti i giorni. Di questi stati di grazia hanno scritto Simonetta Agnello Hornby e sua nipote Costanza, che di mestiere fa la farmacista ma in queste pagine se l’è cavata egregiamente anche come scrittrice.
Un libro a 4 mani che raccoglie una messe di momenti, aneddoti, scorci della storia familiare e ricordi delle antenate di questa famiglia, profondamente radicata in una Sicilia che sa di arance, sapori e odori legati al sole e alla terra.
Tra i momenti di cuntintizza ci sono riti quotidiani e consolidati come bere il caffè e gustarselo a fondo. Per entrambe va bevuto rigorosamente amaro, però differisce la preparazione.
Per la Agnello Hornby il bello è farlo nella caffettiera napoletana; quella che si gira di colpo, fa la magia, e uno dei piaceri consiste proprio nel sentire il caffè che cade nella parte sottostante.
Per Costanza, invece, niente può superare la classica moka. Comunque sia, quella tazzina è uno dei momenti di maggior cuntintizza.

Tra gli altri, entrambe concordano sull’intensa bellezza del pulire frutta e verdura, primo contatto che precede la cottura: la mondatura delle foglie di insalata sembra non avere eguali. Oppure il ricordo legato all’infanzia della Agnello Hornby, il piacere che provava nel gustare le palline di zucchero imbevute di caffè.

E così via, di aneddoto in aneddoto, incluso un esaustivo elenco dei più importanti momenti di cuntintizza: dallo scambio di coccole con il nipotino al fare la spesa con una certa disposizione d’animo.
Abbondano nel libro tanti esempi che esprimono il significato di questa parola che allude ad alcune semplicissime ragioni della bellezza del vivere quotidiano.
E per contro nel libro si additano anche i nemici della cuntintizza, persone incapaci di vedere il lato migliore di piccoli momenti.

 

Gianrico Carofiglio “Rancore” – Einaudi- euro 18,50

Ecco una nuova avventura per l’ex Pm Penelope Spada: 45 anni, ex campionessa di salto con l’asta, intelligenza acuta e bellezza che non passa inosservata. Era un Pubblico Ministero in piena ascesa quando la sua carriera ha subito una battuta d’arresto ed è stata costretta a lasciare la magistratura. Si è reinventata come investigatrice privata e questa è la sua seconda avventura, quella che la costringe anche ad affrontare i demoni interiori, a cercare di risollevarsi dal senso di colpa, non solo affogando il dolore in alcool e sigarette.
Il suo nuovo ufficio consiste in una stanza nel retro di un bar, è lì che riceve la clientela. A chiedere il suo aiuto è una giovane, figlia di un ricco e potente chirurgo, il barone universitario Vittorio Leonardi morto improvvisamente tempo prima. Il referto medico aveva attribuito la repentina dipartita a cause naturali, ma la figlia si trova ora in difficoltà perché il padre si era risposato con una soubrette televisiva, alla quale nel testamento, aveva lasciato il suo patrimonio.
Dai dubbi della figlia parte l’indagine di Penelope. Ricostruisce la vita e l’odiosa personalità di Leonardi, che è stato anche un ex politico, uomo arrogante, spregiudicato, cinico. Una persona sgradevole, parecchio incline a narcisismo e cattiveria.
E per Penelope questo non sarà un caso qualunque; perché Leonardi era stato protagonista dell’indagine che lei aveva condotto come Pm 5 anni prima. Verteva su una loggia massonica segreta, che includeva pezzi grossi della politica, dell’imprenditoria, della finanza, luminari e magistrati che, con cadenza settimanale, si riunivano per decidere le sorti del paese.
L’inchiesta era stata il suo inciampo (mai metabolizzato) ed ora l’occasione si presenta ghiotta perché permetterebbe a Penelope di risolvere parte dei suoi problemi. Ad affiancarla nella vita adesso c’è la fedeltà assoluta del suo cane, Olivia.
Un’indagine che offre a Penelope la possibilità di rivedere ed assorbire il peso della sua colpa passata.
Un giallo in cui Carofiglio tesse, poco per volta, la tela che alla fine permette al lettore di fare tutti i collegamenti decisivi.
E mette a nudo concetti chiave come rancore, senso di colpa e redenzione. Inoltre porta a interrogarci anche sul limite da rispettare nelle inchieste e negli interrogatori.

 

I libri dell’estate

Nel pieno dell’estate più torrida degli ultimi anni volete sapere di quali libri si parla sul gruppo facebok Un libro tira l’altro ovvero il passaparola dei libri?

La nostra redazione ha selezionato per voi Sembrava un British invece era un Merdish il diario della gatta filosofa, scritto da Olivia Ninotti, che sta spopolando in rete; secondo posto per Spatriati, ultimo romanzo di Mario Desiati vincitore del Premio Strega; infine, terzo posto per Il rosmarino non capisce l’invernodi Matteo Bussola, romanzo corale incentrato sulla nascita dei sentimenti.

 

Andar per libri

Si svolgerà dal 20 al 25 agosto, a Senigallia (An) Ventimila Righe Sotto I Mari, In Giallo, Festival del noir e del giallo civile: tra gli ospiti di quest’anno gli scrittori Giancarlo De Cataldo, Alessandro Robechi, Gabriella Genisi, mentre la mostra a tema sarà dedicata a Novant’anni di giallo italiano. Tutte le informazioni sul sito della manifestazione.

Incontri con gli autori

Anne Hamilton è l’autrice di Fuga Da Parigi, una delle ultime proposte de La Nave di Teseo: l’abbiamo intervistata.

Vittorio Sandri è lo scrittore ferrarese autore de L’Educazione Di Giulia, uno degli ultimi successi Faust Edizioni: lo abbiamo incontrato.

Giorgio Secchi, giornalista e autore televisivo e teatrale ha esordito nel campo della narrativa con Non C’è Tempo Per Un Tango (Bookabook, 2022) una storia sul tempo e sui tempi dell’amore. Novità in Libreria lo ha intervistato.

Per questo mese è tutto: vi ricordiamo che se volete partecipare ai nostri confronti, potete venire a trovarci su FB e se volete rimanere aggiornati sulle novità in libreria e gli eventi legati al mondo dei libri e della lettura, visitate il nostro sito ufficiale all’indirizzo www.unlibrotiralaltroovveroilpassaparoladeilibri.it

Buone letture!

redazione@unlibrotiralaltroovveroilpassaparoladeilibri.it

Ucraina terra irrisolta

Dal 24 febbraio ad oggi, è fiorito una grande numero di testi che parlano della guerra in Ucraina, dell’invasione russa, dello ‘zar’ del Cremlino e del presidente Zelensky. Ed è stupefacente come tutti siano diventati all’improvviso ucrainologi o russologi, scrivendo testi in pochi giorni che poco poco si distanziano dagli istant bock. Faccio un’eccezione per i corrispondenti di guerra come Fausto Biloslavo, di cui conosco personalmente le grandissime doti di professionista e di Uomo, e non molti altri. In questo oceano di pubblicazioni una meriterebbe maggiore attenzione di quella che ha avuto sinora. Si tratta di ‘Ucraina terra irrisolta nel confronto imperialistico” che, pubblicata nel maggio del 2014, anticipava – cercando di spiegarne con grande rigore scientifico le ragioni – quello che sarebbe accaduto non molti anni dopo. Testo che è drammaticamente tornato alla ribalta proprio in questi mesi. L’autore non è un cattedratico (che magari non ha mai visto uno scenario di guerra), un profondo analista geopolitico ‘in prima linea’ tutte le sere nelle sarabande televisive, o un politico staccato dalla realtà che ‘tifa’ per l’Ucraina o la Russia. L’autore è ‘semplicemente’ un operaio di Reggio Emilia, Edmondo Lorenzo. Tutto questo, va detto a chiare lettere, a dimostrazione che la cultura è un fatto personale, di approfondimento, di capacità e non è fatta (unicamente) di titoli accademici, pur importanti, specialmente se sudati e meritati. In circa 200 pagine, edite da ‘Prospettiva Marxista’, periodico comunista internazionale, Lorenzo, naturalmente dal suo punto di vista ideologico, ma con grande rigore, supportato da dati ed analisi, spiega quella che era la situazione in Ucraina all’epoca della stesura degli articoli, quella che è stata la sua storia, quello che è il suo rapporto con la Russia, che sia stata la Russia degli Zar, la ‘Terza Roma’, o quella del comunismo o quella attuale, inserita in un quadro geopolitico dove, a suo dire, Russia e Stati Uniti, entrambe potenze imperialiste, sono attivi sul Fronte Orientale del continente europeo. E’ un libro ben scritto, agevole, ricco di dati e citazioni che serve a capire cosa ha portato all’attuale dramma che si sta consumando a non grande distanza da noi. Certamente c’è una visione di parte, e ci mancherebbe, ma è un libro che il sottoscritto, da sempre, decisamente agli antipodi del pensiero marxista, si permette di consigliare come lettura.Ucraina terra irrisolta nel confronto imperialistico” è reperibile presso la Libreria ‘Labirinto’ di Casale Monferrato, in via Benvenuto Sangiorgio.

Massimo Iaretti

 

In Duomo la presentazione del libro sulle vocazioni adulte alla presenza dell’autore, Monsignor Anfossi, vescovo emerito di Aosta

Mercoledì 29 giugno alle 20.30, presso il Duomo di Torino, verrà  presentato il volume dal titolo “Le vocazioni adulte- Ricordi di un seminario innovativo,  un’esperienza ancora attuale da trasmettere”, scritto da Monsignor  Giuseppe Anfossi, vescovo emerito di Aosta, edito da Lisianthus editore.

Nel corso della presentazione interverranno, insieme all’autore, i relatori don Paolo Fini, direttore dell’Ufficio diocesano per la Pastorale della Salute; don Augusto Negri, professore presso la Facoltà Teologica di Torino, don Federico Botta e don  Mauro Donato, neosacerdoti e esempi di vocazioni adulte. A moderare l’incontro sarà Luciano Saroglia.

Monsignor Giuseppe Anfossi, in quest’ultima opera, tratta in modo magistrale e al tempo stesso semplice la tematica delle vocazioni adulte, ovvero di quelle persone che hanno già percorso un tratto di vita intenso e ricco e che scoprono, in età adulta, la chiamata a seguire il Signore. Il Vescovo emerito di Aosta passa in rassegna i ricordi degli anni in cui venne istituito il Seminario Regionale Piemontese per le Vocazioni adulte.

Soprattutto dopo il Concilio Vaticano II si è iniziato a parlare di vocazioni adulte; prima la maggior parte delle vocazioni proveniva dai seminari minori dove erano in formazione ragazzi entrati in collegio a undici- dodici anni. Dopo di allora le vocazioni adulte erano rappresentate da giovani che chiedevano di diventare preti, con alle spalle studi superiori o universitari o, talora, apprendistati come operai e un’età di circa  vent’anni.  Spesso erano l’espressione concreta di movimenti e di associazioni  in cui avevano sperimentato la loro fede e scoperto la vocazione dell’essere prete. Nel volume si parla, soprattutto, del lavoro professionale e si propongono riflessioni sulle modalità secondo cui il sacerdote oggi debba vivere la sua rinuncia a esercitare un lavoro professionale e debba curare lo spirito e il lavoro dipendente.

Mara Martellotta

A Silvia Pozzi, il podio più alto del “Premio Biennale Mario Lattes per la Traduzione”

La seconda edizione dedicata alla Narrativa in Lingua Cinese si è tenuta al medievale Castello di Perno, nel cuore delle Langhe

Monforte d’Alba (Cuneo)

Docente di “Lingua Cinese e Traduzione” presso l’Università degli Studi di Milano – Bicocca (nonché condirettore editoriale di “Caratteri”, prima rivista in italiano di Letteratura Cinese Contemporanea), è Silvia Pozzi, per la traduzione di “Pechino pieghevole” di Hao Jingfang (add editore), la vincitrice della seconda edizione del “Premio Biennale Mario Lattes per la Traduzione” , promosso dalla “Fondazione Bottari Lattes”, in collaborazione con l’“Associazione Culturale Castello di Perno” ed il Comune di Monforte d’Alba. La Pozzi è riuscita ad emergere in una rosa di cinque finaliste e finalisti composta da: Marco Botosso e Maria Teresa Trucillo traduttori di “Colora il mondo” di Mu Ming (Future Fiction), Maria Gottardo e Monica Morzenti traduttrici di “I due Ma, padre e figlio” di Lao She (Mondadori), Patrizia Liberati Maria Rita Masci traduttrici di “Il dizionario di Maqiao” di Han Shaogong (Einaudi) e Nicoletta Pesaro traduttrice di “Grida” di Lu Xun (Sellerio). “Con la traduzione di Pechino pieghevole’ – spiega la Giuria specialistica – Silvia Pozzi porta al lettore italiano una voce originale e convincente della scena letteraria cinese contemporanea. Come non pochi scrittori della sua generazione, Hao Jingfang, l’autrice di questa raccolta di racconti, adotta il genere della narrativa fantascientifica, che declina in varie forme per ottenere diversi effetti e dimensioni. Ma per quanto frutto di una distorsione fantastica della realtà come la conosciamo, i mondi di questi racconti inevitabilmente ci rimandano al nostro e i personaggi che li abitano hanno in fondo le nostre stesse emozioni e ambizioni, ed è certo per questo che le loro vicende risultano avvincenti e sono capaci di parlare al lettore. Ma non solo: quella misteriosa comunicazione avviene anche grazie alla maestria della traduzione, alla duttilità (o alla “pieghevolezza”, verrebbe da dire) del suo stile, a quell’abilità alchemica di ricalcare e adattare il testo dell’originale e restituircelo fresco e inaspettatamente vicino in una nuova lingua: fluida, sfumata, elegante”. La cerimonia di premiazione, condotta da Stefania Soma (in arte, Petunia Ollister), si è svolta nei giorni scorsi al Castello di Perno, nel cuore delle Langhe, “Patrimonio Mondiale dell’Umanità Unesco”. Nell’occasione, queste le parole di Caterina Bottari Lattes, presidente della “Fondazione” di Monforte d’Alba: “Con il ‘Premio Mario Lattes per la Traduzione’ la ‘Fondazione Bottari Lattes” pone l’attenzione sul fondamentale ruolo dei traduttori nella diffusione della letteratura e sull’impareggiabile contributo della traduzione nell’avvicinare popoli e culture differenti, abbattendo muri ideologici, creando ponti culturali e favorendo il dialogo. Con questa iniziativa la Fondazione intende promuovere la conoscenza di culture e autori meno noti al pubblico italiano e incoraggiare la traduzione in italiano delle loro opere letterarie più significative per qualità letteraria e profondità di contenuti, riflessioni, testimonianza. Il tutto nella piena consapevolezza che la traduzione non si risolve in una semplice trasposizione di parole da una lingua all’altra e nello spostamento di un segno linguistico da un codice all’altro, ma è una disciplina che sa trasferire pensieri e concezioni tra culture diverse, con le quali il traduttore instaura un profondo legame”.

Per info: “Fondazione Bottari Lattes”, via G. Marconi 16, Monforte d’Alba (Cuneo);  tel. 0173/789282 o www.fondazionebottarilattes.it

 

g.m.

Nella foto:

–       Silvia Pozzi

L’isola del libro

Rubrica settimanale a cura di Laura Goria

Gabriele Tergit “Gli Effinger” -Einaudi- euro 24,00

E’ monumentale, ma scorrevole e appassionante, questo romanzo della scrittrice e giornalista Gabriele Tergit (1894-1982), pseudonimo di Elise Hirschmann. Divenne famosa per i suoi reportage di cronaca giudiziaria, ma quando i nazisti salirono al potere nel 1933 e le SA fecero irruzione in casa sua, dovette interrompere la sua attività. Scappò con la figlia piccola ed il marito architetto dapprima in Cecoslovacchia, poi in Palestina e infine a Londra dove concluse la sua vita. Quando il testo fu pubblicato, nel 1951 in Germania, non riscosse successo, mentre oggi è considerato il suo capolavoro.

Gli Effinger” è una saga berlinese che copre l’arco di quattro generazioni e narra le vicende –tra successi e cadute- di due famiglie di ebrei tedeschi.

Gli Effinger radicati in provincia; i Goldschmidt esponenti della Berlino più raffinata, dinamica e industrializzata.

I primi puntano al riscatto sociale; capostipite è l’orologiaio Mathias, i suoi figli Paul e Karl si traferiscono dal paesino di Kraghsheim nella cosmopolita Berlino dove, ambiziosi, tenaci e abili, faranno fortuna.

Invece i Goldschmidt poggiano il loro potere sulla gestione oculata del denaro e il controllo del patrimonio.

Le due famiglie si incrociano grazie al matrimonio dei rispettivi rampolli Karl e Annette. Il romanzo racconta le vite di queste dinastie nell’arco di 70 anni, dal 1878 al 1948, dai tempi d’oro di Bismark a quelli tragici del nazismo e della persecuzione antisemita. E il romanzo è abitato da una carrellata di personaggi favolosi, alle prese con passioni, ambizioni e contrasti tra le generazioni dei padri -e dei loro valori- messi in discussione dai figli.

Dapprima la narrazione si concentra sul giovane Paul Effinger che nel 1884 apre nella periferia berlinese una piccola fabbrica di viti. In pochi anni amplia il raggio di azione avviando con successo una fabbrica di motori e poi, con l’aiuto del fratello Karl costruirà automobili, pensando a «la macchina del popolo».

Il successo economico spalanca le porte anche a quello sociale ed il romanzo regala puntuali descrizioni di interni di raffinate dimore, riti dell’alta società, l’edonismo e le feste, il clima dell’affascinante metropoli weimariana tra guizzi culturali e progresso.

Poi la storia cambia con il sopraggiungere repentino di periodi bui e pericolosi. Il nazismo spazzerà via i tempi sereni, ed ecco i tracolli economici, la confisca della ditta dei Goldschimdt, la deportazione e la tragica fine di Paul e di altri familiari. Tutto magistralmente raccontato in un crescendo di tensione che fa di questo romanzo un grande affresco privato, ma anche potentemente storico.

 

Anne Pauly “Prima che mi sfugga” -L’Orma Editore- euro 16,00

Come si affronta la morte di un padre con il quale si è avuto un rapporto parecchio conflittuale? Sicuramente aiuta la sottile e intelligente ironia con cui Anne Pauly ci racconta come ha vissuto quella del suo genitore. L’autrice, nata nel 1974 nella banlieu di Parigi, con questo libro ha vinto svariati premi ed è stata selezionata tra gli esordienti che concorrono al Goncourt.

La morte del padre è l’occasione per raccontare -con disincanto e una schiettezza feroce- il passato travagliato di una famiglia difficile. La narratrice-protagonista ha la capacità sopraffina di guardare attraverso la lente dell’ironia e così noi lettori ci sorprendiamo a sorridere mentre leggiamo pagine che dal dolore puro sconfinano nell’esilarante. Un clamoroso esempio è la descrizione di lei e il fratello alle prese con costi e servizi delle pompe funebri e il funerale da organizzare.

Dunque, se pensate che sia un libro triste perché al centro c’è la morte -oltre al disagio profondo di una famiglia altamente disfunzionale- non è così.

La protagonista e il fratello corrono al capezzale del padre morente, Jean Pierre, al quale sono legati anche da ricordi sgradevoli. Era stato un ubriacone che per nonnulla menava la madre, inseguendola con un coltello e accusandola di fare la scema con il prete. Invece la donna (morta anni prima) era stata una povera e santa vittima che aveva cercato un’oasi di pace nelle attività della parrocchia, pur non essendo particolarmente credente.

Mentre decidono bara, imbottitura e cuscino di fiori con cui accompagnare il genitore al cimitero e alle soglie dell’ultimo viaggio terreno, si affastellano scene indimenticabili del menage familiare devastato dalla violenza paterna.

Emerge la figura di un uomo cresciuto nella miseria di una famiglia di origine poverissima; disprezzato socialmente per la pericolosa abitudine ad alzare il gomito, capace di scatenare una furia devastante, un padre padrone che è stato un fardello più che un modello da emulare.

Mettendo mano nelle cose che gli appartenevano –libri e scartoffie varie, gamba di plastica ed altro- come sempre accade a chi sopravvive a un morto, Anne ricompone la storia di un fallimento esistenziale e le sue derive.

Tutto ammantato di una veste tragicomica che rende il romanzo una lettura profonda, anche dolorosa, ma intelligente, acuta e piacevolissima. Una storia intima ma anche universale.

 

Valeria Parrella “La fortuna” -Feltrinelli- euro 16,00

Perché Pompei ci affascina così tanto ancora oggi, 2000 anni dopo la colata di lava incandescente che ha cristallizzato la vita quotidiana di allora in statue di morte?

E’ quello che si è chiesta la scrittrice napoletana, figlia della direttrice di un laboratorio di botanica applicato all’archeologia che aveva lavorato negli scavi. Così, Valeria Parrella fin da piccola è diventata una profonda conoscitrice di quel luogo, dove si aggirava in attesa che la madre finisse di lavorare.

Durante la pandemia ha avuto l’idea di questo libro, “La fortuna”, che in latino si traduce con “sorte” e può essere sia buona che pessima. E’ la storia di Lucio, un ragazzino di Pompei che lì è cresciuto quando era un luogo ameno, verdeggiante e brulicante di vita, ignaro della tragedia che si sarebbe abbattuta su strade, case, intere famiglie.

Lucio, è nato a Pompei durante un terremoto che ha squassato la terra e provocato crolli anche ad Ercolano e Stabia. Appartenente alla nobiltà romana dell’epoca, cresce in una famiglia ricca e serena, poi viene mandato a scuola a Roma, da Quintiliano, e sogna di poter condurre una nave tutta sua.

E’ proprio Lucio a fare la cronaca della sua vita fìno all’eruzione del Vesuvio nel 79. Narra il sogno di navigare e scegliere il proprio destino, mentre invece per nascita è destinato a diventare senatore. Poi c’è la sua crescita sentimentale, in cui scopre la sua sessualità fluida. E’ attratto dall’amica d’infanzia Lavinia e da altre fanciulle; ma anche dallo schiavo Aulo conosciuto a Roma e con il quale avrà una lunga relazione.

Poi c’è il mare, che Lucio 17enne solca seguendo l’ammiraglia di Plinio il Vecchio proprio il giorno dell’eruzione; inaspettata, poiché non si sapeva che il monte in realtà fosse un vulcano, sul punto di eruttare il ventre della terra incandescente.

Lucio si trova di fronte una gigantesca nuvola, il mare riempito di pietre, le mappe stravolte e i marinai impazziti dalla paura scatenata da quel gigantesco fenomeno sconosciuto che inabissa le nave e semina la morte a Pompei.

Il giovane protagonista pensa ai suoi affetti che ancora vivono a Pompei e al fatto che ci siano solo due modi di vivere. Avere sempre paura, rischiare il meno possibile e rintanarsi al sicuro; oppure guardare verso la paura e attraversarla, ricordandoci che non siamo dei, ma solo uomini…e morire è il nostro destino. Lucio è convinto che «..ogni paura sia un piccolo gioco con la morte». E nelle pagine della Parrella ci sono la vita e i pensieri più profondi del personaggio al cospetto della tragedia.

 

De Bellis &Fiorillo “Il diritto dei lupi” -Einaudi- euro 22,00

In questo romanzo scritto da un informatico e un biologo, troviamo una commistione di generi che oscillano tra noir, legal thriller e giallo classico, sullo sfondo dell’Urbe dell’80 a.C. dove procedono due tipi di indagini che avvolgono nel mistero la città eterna.

Lo sfondo è storico, ambientato negli anni in cui Roma era una metropoli violenta, dove vizi e denaro si amalgamavano e sangue e potere viaggiavano di pari passo.

Nella Suburra irrompono 4 sicari assassini e compiono una strage nel lupanare in cui si stava facendo un festino. Tra i cadaveri lasciati nel bordello di lusso nel cuore malfamato dell’Urbe, c’è anche quello di un aspirante senatore. Chi ha ordinato questa carneficina? I sospetti cadono sul proprietario del locale, unico superstite che però non si trova.

Negli stessi giorni la potente matrona Cecilia Metella chiede al giovane Cicerone di prendere sotto la sua ala il suo protetto Sesto Rocio, accusato di parricidio per ereditare le immense ricchezze del genitore.

Le due vicende si riveleranno collegate; man mano che si procede nella lettura entriamo in un periodo storico denso di guerre di potere, risse e agguati, ma anche questioni sentimentali in cui le donne giocheranno un ruolo di primo piano. E Cicerone si accorgerà che in pericolo c’è il futuro della Repubblica e non solo …..

“I racconti della Caffettiera”, un’emozione corale

Giovanni Mattia presenta 8 narratori incontrati a Torino e con lui autori dei “I racconti della Caffettiera”

Il giorno 20 Giugno è uscita l’antologia “I racconti della caffettiera” ed è stata per noi un’immensa soddisfazione, una grande emozione. Un’emozione, oserei dire, corale e condivisa. Quello che vogliamo raccontare e trasmettere è l’amore per la scrittura con uno scenario meraviglioso come la città di Torino dove tutto è nato.

Sono arrivato a Torino a fine 2018. Lavoravo a Grugliasco, zona industriale. Le mie giornate piene e stancanti. Ma Torino è magica. Ogni volta che uscivo scoprivo posti. Ma la più scoperta la feci verso ottobre 2019. Ho voluto farmi un regalo. Scelsi un corso di scrittura creativa con l’Operarinata. Fu un successo. Conobbi un gruppo, dove io siciliano, mi amalgamavo alla perfezione. Ci conoscemmo e frequentammo fuori. Poi arrivò l’idea. Ci guardammo e al parco del Valentino, uno dei luoghi per me più magici della città (in realtà tutto il lungo Po’ torinese), nacque l’idea. E poi la caffettiera, il filo conduttore. E iniziammo a scrivere. Si sta bene tra chi parla la stessa lingua. Ed eccoci qua, insieme per una nuova avventura nata a Torino. E ora Torino chi se la scorda? Mi ha fatto scrivere e conoscere. Ho già avuto la fortuna di pubblicare due libri, una raccolta di poesie racconto nel 2012 dal titolo “Il girotondo del millantatore” e un romanzo Western, “Fragile Reverendo nel west”. La mia “caffettiera rubata” presenta nell’antologia è un ritorno da amante del West. Da buon siciliano amo i ritorno. Ritorno a Torino, ritorno in Sicilia, ritorno nel vecchio West. Chapeau!

Luca Navone, autore de “Il malloppo”

Una via secondaria della Crocetta, uno dei famosi palazzi signorili di una Torino che non c’è più, trasformato in un luogo speciale, dove si imparano danza, teatro, yoga e… scrittura. In questo centro culturale, custodito da una burbera, ma gentile, signora, un gruppo variegato di donne e uomini (tra i quali un geologo appassionato di storie) hanno iniziato il loro viaggio tra i segreti della parola scritta. Mostrare e non raccontare, virgole al posto giusto; le regole da imparare sono tante. Dopo tutto questo lavoro, quel gruppo di donne e uomini, ora amici, ha deciso di rilassarsi con un buon caffè.

Il Malloppo ci mostra un piccolo noir, dolce amaro, all’italiana, dove la speranza di cambiare vita si scontra con un destino beffardo, o semplicemente con la iella.

Egle De Mitri, autrice di “Agenzia Reperio”

Durante il corso di scrittura si era creato fra noi un forte affiatamento, non volevamo che quell’esperienza andasse perduta, volevamo darle una continuità, una prospettiva. Così sono nati i racconti della caffetteria. Per Agenzia Reperito è stata fonte di ispirazione una certa atmosfera nebbiosa e un po’ inquietante vissuta al Valentino, ai bordi del Po.

Monica Ferrari, autrice de “La caffettiera”

A volte accadono fatti imprevisti.

E così, andando a un corso di scrittura, si incontrano persone senza alcun denominatore comune eccetto la voglia di raccontare, di lasciare segni indelebili con le parole scritte.

E così, sul prato del Valentino, ci si trova per il saluto di fine anno e si concepisce l’idea di fare qualcosa insieme per inventare una ricetta con ingredienti mai accostati tra loro.

Degustate questi caffè, assaggiate questi racconti.

Ne varrà la pena.

Maria Rosa Arena, autrice de “La caffettiera di Mrs Jeanny”

D. È il Primo racconto pubblicato?

R. No, sono uscite 3 antologie con la pubblicazione di miei racconti. E tutti diversi da questo che ha un contesto, diciamo “magico”.

D. Come mai la magia?

R. Perché lavoro nella zona più affascinante e magica di Torino: Porta Palazzo. Non potevo non esserne contagiata…

D. Come ha conosciuto i suoi compagni di avventura?

R. A un corso di scrittura creativa. Poi è nata un’amicizia, e da lì, l’idea di cimentarsi in un progetto dove ciascun racconto avrebbe dovuto avere la presenza d’una caffettiera. Una specie di staffetta, che ci siamo passati l’ una con l’ altro, per arrivare al finale di questo bella sfida.

Patrizia Zaccara, autrice di “Pausa Caffè”

D. Questo è stato il suo primo libro pubblicato? Com’è stato iniziare lavorando con altri?

R. Sì il primo; è stato stimolante, divertente e incoraggiante. E’ stato bello avere dei compagni di viaggio che mi hanno trascinata in questa avventura e mi hanno fatto germogliare delle idee.

 

D. Ha avuto difficoltà a inserire il proprio racconto nel tema della caffettiera?

R. L’idea della caffettiera come filo conduttore è nata davanti a un caffè. Fra uno scherzo e una battuta ci siamo detti: “ma se scrivessimo dei racconti con una caffettiera?” E poi, diversi come siamo, ognuno ha dato libero sfogo alla fantasia e sono saltati fuori racconti molto diversi.

 

D. Nel suo racconto c’è molto del mondo della scuola; è tutta fantasia o ci sono anche vicende personali?

R. Io non so mentire quindi è tutto vero, camuffato e mescolato, ma vero.

 

D. Nel suo racconto a un certo punto, in un sogno, compaiono le valli di Lanzo. Sono un suo luogo del cuore?

R. Si, come tanti torinesi io e mia sorella trascorrevamo il mese d’agosto ad Ala di Stura e si viveva di corse sui prati, lucciole, caccia alle farfalle, lamponi, capanne traballanti e fuochi proibiti, castighi e reclusioni; era una parentesi di natura e di libertà dagli inverni e dalle case cittadine, sempre troppo chiuse, sempre troppo grigie. Sono certa che la mia voglia di natura è nata lì.

Emanuela Di Novo, autrice di “Anna sulla collina”

Agosto 2019: “Non sto andando da nessuna parte, devo cambiare la mia vita, devo afre qualcosa di nuovo”. Dopo un mese passato ad arrovellarmi su cosa fare per riprendere in mano la mia vita, ecco che mi ricordo della mia maestra delle elementari, Marisa Bossa, che mi diceva sempre che, da grande, avrei dovuto scrivere un libro. Fin da bambina, la penna è stata la mia migliore amica e così, armata di mille penne colorate, mi iscrivo a un corso di scrittura creativa. La scrittura mi ha fatto conoscere otto compagni di viaggio che sono rimasti in questo tempo della vita, ci siamo emozionati per i nostri racconti, per le nostre storie e per i nostri personaggi. E poi, per gioco, l’idea di un’antologia: al Parco del Valentino, dopo mesi di lockdown, con due bottiglie di vino per festeggiare, decidiamo di scrivere nove racconti su una caffettiera che viaggia con noi e dentro di noi. Insieme ci sentiamo vivi e la scrittura che ci accomuna cresce e ci fa crescere. Io ho trovato una strada che mi ha anche un po’ salvato: scrivere, leggere, insegnare scrittura, editare sono diventate azioni quotidiane che mi fanno stare bene, mi rendono felice e soddisfatta. E, come concludo sempre le mie lezioni di scrittura, non mi resta che dire: “Scrivete, scrivete sempre e siate folli!”

Francesco Delfino, autore di “Cafè Noir”

Sono Francesco, 44 enne, capello sul grigio e barba ormai bianca. Sono nato a Torino con genetica del Sud. Sono un naturopata con la passione per la medicina complementare, praticante e insegnante di arti marziali e sport di contatto.

Un sogno ricorrente da sempre? Il viaggio a Cuba. E così è stato, in un caldo marzo di qualche anno fa. Il Malecon Habanero, quella musica, i colori di un’isola dove la vita scorre potente. La malinconia del tramonto sul mare, mi fa pensare a Torino, da qualche parte sul Po’. Un noir, il mio, che racconta una storia di passione e mistero, di appartenenza e di nostalgia. Un racconto che parla di uomini e donne, di conflitti e paure. Un altro viaggio di sola nel delicato animo umano cullato dal sole cubano.

Giovanni Fedele, detto “Cortés”, autore di Moka Express

Signor Cortés, esiste qualche analogia tra la borgata alpina dove lei vive, alle pendici del monte Freidour, in provincia di Torino e il villaggio andino, location suggestiva dei protagonisti del suo racconto?

Beh, non direi. Loro del diavolo grattano solo il naso, la parte più carnosa per far transitare la Cafetera; noi invece sfruttiamo anche il rognone, le frattaglie e le interiora, per farne un bollito nella olla. Paese che vai, usanze che trovi. GAUTE DA SÜTA, diablo!

Un giallo che è la fine del mondo

IL NUOVO LIBRO DI GIAN PIERO AMANDOLA

Sopravvissuti al Covid, al Vaiolo, ma la scienza è impotente verso 8 batteri che a volte uccidono, non si sa perché.

Il piu pericoloso è Aureus che muta e comincia a contagiare selvaggiamente in una pandemia.

Lo rivela casualmente una divertente sgangherata indagine sul mondo della Moda. L’umanità finirà non per un virus ma per un batterio? Chi è l’untore? C’entra Big Pharma?

Una guerra batteriologica fra Stati nemici? Un giallo che lancia un allarme sulla fine del mondo, scientificamente più possibile del Covid, ma ignorata.

Un libro in cui il mondo può finire ma sopravvive lo humour della sua scrittura. Due grandi emozioni, paura e riso sotto l’ombrellone.

 

Giuseppe Mazzini, “Doveri dell’uomo” Edizione curata da Quaglieni

E’ uscita la nuova edizione del libro di Giuseppe Mazzini “Doveri dell’uomo”, Edizioni Pedrini, curato da Pier Franco Quaglieni, con un inedito di Renzo De Felice sui rapporti fra Mazzini, Marx ed il socialismo.

Il libro esce per i 150 anni della morte del grande ligure, dalla collaborazione di Ennio Pedrini Jr. Editore e il Centro “Pannunzio”. La prima presentazione avverrà  sabato  2 LUGLIO alle ore 18 al Castello d’Issogne in Valle d’Aosta . Seguiranno presentazioni in tutta Italia, a partire  da Ivrea, capitale italiana del libro 2022,diverse  località balneari liguri, la Versilia, Bardonecchia, Pollone. Il libro in settembre verrà presentato a  Roma, Torino, Napoli, Palermo. Ripubblicare questo testo -afferma il prof. Quaglieni -rappresenta una scelta precisa per indurre ad una riflessione sui doveri, che Mazzini vedeva come premessa indispensabile per la realizzazione dei diritti, che appare oggi molto attuale in un’epoca in cui i doveri sono quasi scomparsi e i diritti sembrano essere l’unica priorità. I doveri mazziniani implicano i valori della Patria e della famiglia, della solidarietà fra gli uomini, della dignità del lavoro, di un’idea di Europa anche oggi molto importanti. I promotori dell’iniziativa pensano che il libro dovrebbe tornare ad essere una lettura importante in tutte le scuole italiane, come già lo fu nel 1903 per iniziativa del Ministero della Pubblica Istruzione che, in epoca monarchica, volle onorare Mazzini, al di là dal suo repubblicanesimo.

L’arte di essere Raffaella Carrà

Intervista all’autore del manuale per essere liberi, felici e rumorosi edito Blackie Editon

Intramontabile caschetto biondo e liscissimo, un sorriso smagliante, gioielli brillanti, un vestito di glitter, in mano il microfono impugnato come uno scettro. Ce la ricordiamo così Raffaellà Carrà, icona pop della tv degli anni ’90 personaggio simbolo di un’intera generazione. Donna talentuosa e rivoluzionaria in grado di segnare profondamente la cultura del nostro Paese, sfidando tutte le convenzioni sociali dell’epoca. E’ a lei che lo scrittore e giornalista Paolo Armelli ha dedicato il suo primo libro “L‘arte di essere Raffaella Carrà– Un manuale per essere liberi, felici e rumorosi. E far l’amore con chi hai voglia tu ” (edito Blackie Edition). Un libro che combina il genere del saggio con quello del romanzo, scandagliano la vita, le conoscenze gli incontri che hanno segnato l’esistenza e la carriera della donna più amata dagli italiani e non soloOgni capitolo analizza un principio, una frase o un motto della Carrà, abilmente utilizzato dall’autore per raccontare non solo una storia, ma anche un messaggio più profondo che la donna dal caschetto biondo più famoso d’Italia voleva trasmettere al suo pubblico. Per capire meglio da dove è nata e come si è sviluppata l’idea di questo libro abbiamo incontrato Armellini alla Libreria Bodoni di Torino (Via Carlo Alberto, 41).

Cosa ti ha spinto a parlare proprio di Raffaella Carrà?

L’idea è venuta da Blackie Edition, sulla scia di una precedente edizione dedicata Bill Murray. Al contempo, c’è una motivazione personale che mi lega a questo personaggio: ha rappresentato una figura totalizzante nella mia vita e, quando ho studiato la sua storia, ho capito con quanti stimoli e ispirazioni avesse costellato il mio immaginario: abbiamo unito i puntini.

Studiando la sua storia di vita, cosa pensi abbia rappresentato per il nostro Paese questa donna?

E’ stata un’icona senza tempo e non ha mai stancato il pubblico. Una forza della natura in grado di unire la sua carriera “tradizionale” ad una carica rivoluzionaria: dall’ombelico scoperto al dire “fai l’amore con chi hai voglia tu”. Ha anche presentato molti programmi da sola circondata dai “carraba boys” invece che dalle solite vallette. Inoltre ha sempre mostrato la sua vicinanza alla comunità LGBTQ+. Forse non voleva espressamente cambiare le cose, ma di fatto- con il suo esempio– le ha trasformate profondamente.

Era consapevole di essere un personaggio antesignano dei tempi?

Lei guardava molto all’estero e cercava di anticipare i trends, ma in ogni caso non era così consapevole di quanto stesse cambiando davvero le cose. Per tale ragione, rileggendo la storia della sua vita, possiamo dire che è stato una donna modernissima.

Il tuo libro è suddiviso in dieci capitoli ognuno ispirato ad un motto o una frase tipica della Carrà. Qual è il tuo preferito?

Fai l’amore con chi hai voglia tu” perché esprime l’importanza che questo personaggio ha dato alla libera espressione dei propri sentimenti. I giudizi sulla sessualità e sul corpo sono impregnati di pregiudizi, talvolta anche tossici. Per tale ragione la sua battaglia non passa mai di moda e può ancora ispirarci.

Sul tema della sessualità, il nostro è un Paese libero?

Non del tutto, ci sono ancora molti pregiudizi. Abbiamo ancora difficoltà a riconoscere un’effettiva parità tra uomini e donne e verso le comunità LGBTQ+C’è un forte scollamento tra la realtà e la politica o il mondo istituzionale. Quindi ben vengano queste icone che vanno notare il corto circuito tra quello che le persone vivono e le regole imposte dai grandi sistemi.

Alla luce dell’analisi della storia della vita della Carràche cosa ha avuto di diverso dalle altre donne della spettacolo di quel momento?

Oltre alla libertà intellettuale e sessuale, sicuramente la caparbia. Ha combattuto per tutto quello in cui credeva. Nel 1970 diceva “partecipo ad un programma sulla Rai, ma voglio tre minuti solo per me“. Ha preteso il proprio spazio e questo è stato il primo segnale di una carriera caratterizzata da coraggio e indipendenza.

Valeria Rombolà