Lo scrittore bolognese presenta nel giardino “a stanze” di “Casa Lajolo”, il suo ultimo lavoro edito da “Sperling & Kupfer”
Domenica 10 settembre, ore 17
Piossasco (Torino)

“Pietro non sente Ginevra da due mesi e cinque giorni, dopo essersi lasciati e ripresi così tante volte da non ricordarsi più quante. Compresa l’ultima, per lui, come se fosse la prima. Fino a quando capisce che se l’amore a volte crea dipendenza e altera la percezione della realtà, allora, come per altre dipendenze, il prezioso sostegno di un gruppo d’ascolto può davvero essere la soluzione. Così, a Pietro arriva l’illuminazione: fondare il Circolo degli ex, un centro di recupero per la fine di certe storie d’amore. Cesare, il suo migliore amico, ospiterà le riunioni del mercoledì, il ‘Decalogo per la libertà amorosa’ è stato stilato, i partecipanti hanno già il dito sul campanello. Nel corso delle settimane il Circolo diventa un appuntamento imprescindibile, uno spazio fisso nel quale aprirsi, guardarsi in faccia per raccontare la propria storia e, perché no, tornare a innamorarsi”. Questo, in sintesi, il contenuto e il pensiero del protagonista dell’ultimo libro, come sempre “commedia brillante”, ironica e tragicomica, dello scrittore bolognese Massimo Vitali. Titolo, “Il circolo degli ex”, il libro è stato pubblicato per i tipi di “Sperling & Kupfer” (editore anche di “Se son rose fioriranno”, da cui sono state tratte due piéces teatrali e di cui è in corso la realizzazione di un film) e verrà presentato a Piossasco, domenica 10 settembre, alle 17, all’interno della rassegna “Bellezza tra le righe”, nel prezioso giardino “a stanze” di “Casa Lajolo” (via San Vito, 23), dimora storica di metà Settecento ereditata a metà Ottocento dai conti astigiani Lajolo di Cossano.

Grazie alla sua scrittura originale, divertente e divertita, ricca di un umorismo tale che lo scrittore pare non riesca proprio a scrollarsi di dosso anche se lo volesse (basti pensare che, fra le sue varie attività, conduce anche un programma radiofonico “Ufficio Reclami”, dove accoglie le lamentele di tutti, compresi i lettori dei suoi romanzi), Vitali “illumina il lato più paradossale e tragicomico di certe relazioni, con una delicata e profonda commedia ispirata a una ‘storia vera’: quella di tutti noi, il cui universo – almeno una volta nella vita – si è fermato per la fine di un amore… fino al successivo”.
“Una scorta di baci”
In contemporanea alla presentazione del libro di Massimo Vitali, è previsto sempre in “Casa Lajolo” anche un laboratorio a tema per i bambini. Mentre i grandi ascoltano Vitali, i piccoli possono infatti partecipare a “Una scorta di baci”, con la lettura dell’albo “Zeb e la scorta di baci” dell’illustratore francese Michel Gay, Edizioni “Babalibri”, un “laboratorio” che nasce dal concreto presupposto che tutti abbiamo più che mai bisogno di coccole. “Carezze e baci sono importanti, soprattutto quando siamo lontani da mamma e papà, quando affrontiamo i nostri primi momenti da soli e, passo passo, esperienza dopo esperienza, diventiamo grandi”.
Ispirati dalla lettura animata di “Zeb e la scorta di baci” si costruirà insieme una “speciale scatola”dove riporre tutte le cose più morbide e dolci, inclusi i baci della mamma, da tenere sempre con noi.
Per seguire il “Laboratorio” è necessario che sia presente, per ogni bambino, uno dei genitori o un nonno. C’è anche la possibilità di delegare un adulto che accompagni più bambini: per un gruppo di amici, ad esempio, un adulto può seguire i bambini e tutti gli altri partecipare all’incontro con Vitali.
Destinatari: a partire dai 4 anni. Consigliata prenotazione al 333/ 3270586.
Incontro e laboratorio sono a ingresso gratuito. Chi desidera visitare la dimora prima degli incontri, può prenotare la propria visita: 8 euro(con visita guidata), 6 euro (con visita autonoma tramite audioguida).
Contatti e prenotazioni: tel. 333/3270586 info@casalajolo.it
g.m.
Nelle foto:
– Massimo Vitali
– Cover del libro
– Casa Lajolo
Le Case è un borgo sperduto della Maremma toscana, lontano da tutto ma non dalla guerra che nel ‘43 imperversa sull’Italia e sul mondo intero. Il freddo assoluto di quell’inverno, la solitudine e la generale diffidenza degli abitanti di questo posto, fanno da sfondo al seminario estivo del vescovo che
Finire a raccogliere le rape. Questa la minaccia (sarà poi una minaccia davvero?) che incombe sulla vita di Alice, e che in qualche modo fa da sfondo a tutti i passi, cadute, decisioni che colorano questo romanzo, sgargiante nei contenuti come nella copertina targata Edizioni e/o, casa editrice da sempre particolarmente attenta ad autrici e personaggi femminili. Sembrano scorrere in un lampo gli anni che si snodano, quasi inconsapevolmente, e accompagnanoquesta ragazza che deve fare la rivoluzionaria, in un contesto, quello degli anni ’70, in cui di rivoluzione parla ogni cosa. E allora Alice si divincola, viaggia, si riavvicina e pian piano capisce cose, mostrando a sé e a noi le sue piccole trasformazioni.


XVII secolo. Filibustieri e bucanieri si lanciano frettolosamente a solcare le grandi acque degli oceani. L’obiettivo? Portarne alla luce gli affascinanti tesori. Solo uno, ancora, è avvolto nel mistero. Chi sarà il fortunato a trovarlo? Oltre alle centinaia di carogne, i servitori di re Giorgio I sono pronti a difendere le terre del regno costantemente saccheggiate, punendo qualsiasi forma di ingiustizia. In molti si uniscono alla causa del re per difendere la propria patria e tanti altri osano sfidarlo. Chi sarà il più giusto tra tutti? Avventure e colpi di scena ci accompagnano in questa estenuante ricerca. Peccato che l’isola sia notoriamente impenetrabile. Ma sarà davvero così?

È sposato, padre di due figli, ha conseguito due lauree e da oltre trent’anni è un Ispettore della Guardia di Finanza. Da un paio d’anni ha scoperto che il suo fazzoletto di terra, dal meraviglioso fascino mediterraneo inebriato dal calore dell’Etna, è diventato il suo mentore che gli permette di sprigionare quel sentimento poetico che si materializza con la lirica o la narrativa. Questa qualità, da qualche anno, è apprezzata dalla Casa Editrice Aletti Editore la quale gli ha permesso di pubblicare la sua terza silloge poetica che avrà la sua immagine trasferita in territorio Georgiano. Nella sua opera affronta i problemi delle attuali realtà, delle moderne vedute giovanili e delle problematiche esistenziali tanto da potersi inserire nella corrente letteraria e saggistica della “nuova creazione poetica”. Senza dubbio, l’inizio del XXI secolo è un punto di svolta della poesia creativa del nuovo millennio. Infatti, la poesia, vista come un qualcosa con regole ferree e finalizzata a celebrare il mondo, è diventata gradualmente un luogo per delle nuove esplorazioni.
da una caletta, a volte bagnano la battigia a volte si infrangono negli scogli ma, nello stesso momento, ascolta la melodia dell’anima della caletta.
diritti universali, uno sguardo misericordioso verso i meno fortunati che spesso chiedono solo di essere considerati per ciò che sono, persone e non numeri da incasellare in fredde statistiche economiche. Il poeta sa che non esistono i confini o le razze, che sono invenzioni dell’uomo, per manipolare e conservare il potere di pochi che sconfina nella libertà di molti.
“Il calendario storico” (2022). Inoltre, talune poesie sono state inserite in varie opere letterarie internazionali come “Il Federiciano”, “Luci Sparse”, “La Panchina dei Versi”, “Il Paese della Poesia”, “L’Enciclopedia dei Poeti Contemporanei”, “Habere Artem”, “Poeti del nuovo Millennio”. Inoltre, molte sue poesie sono state lette dal Maestro Alessandro Quasimodo, figlio del poeta Salvatore premio Nobel nel 1959 per la Letteratura, nonché dal Prof. Hafez Haidar scrittore e traduttore libanese naturalizzato italiano e due volte candidato al Premio Nobel per la Pace e per la Letteratura e riprodotte sui canali virtuali. Infine, lo scrittore è stato già ospite televisivo nelle trasmissioni “Vox libri” e “Eccellenze Italiane” ed è tra i vincitori in alcuni concorsi letterari nazionali quali “Terre dei Padri” e “Antonio Veneziano”.
Sabato 26 agosto, alle 18,15 presso l’Oratorio dei Bianchi di Gavi, Franco Verdona presenterà il libro di Clara Cipollina “In punta di piedi e socchiudendo gli occhi” (Impremix Edizioni,Torino). Un racconto che si presenta come un atto liberatorio, una testimonianza ad alta voce di una storia che si incrocia con altre. La scrittura di Clara Cipollina è chiara,mai banale,spesso essenziale,talvolta drammatica. Storie che s’inframmezzano tra un capitolo e l’altro, diventano un tutt’uno con il dialetto di Gavi e la terra dove l’autrice è nata e cresciuta, con le atmosfere di casa e dell’aia della cascina che rimandando alle origini, alla terra, al tema già sviluppato attorno alla figura del padre – il contadino Mario, mezzadro classe 1911 – protagonista del suo precedente libro, Le mani e la terra. E’ un viaggio a ritroso, con passo lento e garbato, quello che Clara compie in “punta di piedi”, partendo dalla cascina del Merlo, sotto la Madonna della Guardia, dove lo sguardo si perde tra colline e vigneti fino a Gavi. Nei traslochi con il mobilio caricato sul carro trainato dal bue si rivivono le immagini dell’epopea contadina che il cinema di Ermanno Olmi ci regalò con L’albero degli zoccoli . L’incedere della narrazione porta il segno di una umanissima filosofia che ruota attorno al senso della vita dell’autrice, insegnante in pensione che ha scritto anche un importante volume accademico su Matteo Vinzoni, il celebre cartografo della Serenissima Repubblica di Genova. Un grumo di emozioni e di tremendi punti interrogativi imposti dalla scoperta e dallo sviluppo della sclerosi multipla con la quale è costretta a convivere da molto tempo. Le radici sono importanti, e Clara Cipollina con il piglio della bambina “_cianfurosa” _di un tempo lo ricorda al lettore facendolo partecipe, conducendolo senza obbligo sulle tracce di se, gratificandolo con il susseguirsi delle scoperte. La scuola con i vecchi banchi e “_l’odore d’inchiostro nei calamai profondi_”, il lavoro a giornata nei campi, i genitori e i fratelli, le fughe e la grande fame d’affetto e considerazione. Gran parte dei ricordi ruota attorno a quell’universo contadino che si raffigura nell’albero in fondo all’aia. E’ lì che troviamo il suo imprinting, la linea retta, quasi un solco tracciato dal vomere di un aratro nelle terre attorno al Lemme che ne segna carattere e personalità. Il ritmo del racconto è segnato da frequenti flashback, da rimandi e ritorni che seguono una logica precisa, quasi che Clara – da ottima insegnante di lettere qual è stata – avesse steso tra le parole un invisibile filo da seguire. Scrive:”.._la nostra prima casa a Gavi era nel Filatoio, anticamente una filanda, tanti piani, tanti appartamenti che mi sembravano incastrati insieme, scale e corridoi si erano mangiati l’aia della mia cascina_”. Ebbe in seguito un’altra opportunità quando “_dal filatoio traslocammo nella casa della Mentina, spostandoci semplicemente sull’altro lato della strada, in quel lembo di terra incastonato tra le case, ritrovai un pezzetto dell’ aia antistante la cascina. In alto riebbi una pagina di cielo a scandire il giorno dall’alba alla notte_”. I ricordi del microcosmo racchiuso nel cortile, i giochi con gli amici, le memorie gastriche dell’olio di fegato di merluzzo, il DDT che a quel tempo si spruzzava generosamente per contrastare mosche e insetti, si intervallano con le angosce di una donna che deve fare i conti con gli impedimenti, le limitazioni imposte dalla malattia invalidante, la sensazione di essere privata della propria femminilità. Il racconto scorre lungo le oltre trecento pagine proponendo immagini che, come in un caleidoscopio, mescolano memoria e quotidianità. Le magistrali a Novi, dalle Pietrine; la vecchia Genova con i suoi caruggi e le _crêuze (“.__.amavo vedermela addosso, imponente, arrampicata sulla montagna alla mia sinistra, lambita dal mare alla mia destra..__”) ai tempi dell’Università e degli studi sull’amato Vinzoni che rivoluzionò la cartografia; gli anni omegnesi, nella città natale di Gianni Rodari sulle rive del lago d’Orta, dove insegnò per diversi anni (.. “__la scuola media Filippo Maria Beltrami, dove mi aspettava la 1°E, la mia prima scolaresca, indimenticabile, come il primo amore__”) il matrimonio e i figli, il presente spesso difficile, reso complicato dalla malattia. In questa originalissima autobiografia un posto speciale è occupato da ricordi come quelli delle notti stellate sul Lemme._ _”__Alle cascine da bambina vivevo la notte nelle serate di veglia nelle stalle, ma a Gavi, quando la luce della luna invadeva la stanza dove dormivo, sostavo a lungo dietro il vetro della finestra ad osservare l’incanto delle scie luminose che si formavano sull’acqua del Lemme e sulle fronde dei salici piangenti. I terrazzini delle case dove ho abitato a Gavi, soprattutto quello della casa della Mentina e quello odierno della casa che appartenne allo zio Baci e alla zia Pina, costituirono delle meravigliose balconate sulla ruralità della mia infanzia__”._ _La donna matura, riflessiva e disincantata, si mescola con l’animo d’eterna bambina. _Lungo il suo cammino in punta di piedi Clara Cipollina fa come l’acqua della Nigoglia che, ostinata, esce dal lago d’Orta, attraversa Omegna e “_scorre in direzione contraria_”. Tornano entrambe alle sorgenti, verso casa. Al tempo della sua permanenza Omegna, città delle caffettiere, vantava un tessuto sociale vivace, un microcosmo a dimensione umana con tanti punti di aggregazione che ne accompagnarono la crescita e la sensibilità, saldando amicizie e rapporti. Oltre a Gavi e al lago d’Orta c’è poi Novara, città dove vive tutt’ora. Come scrisse Nadia Gallarotti, forse e senza voler far torto a nessuno l’amica più cara di Clara nella prefazione del suo primo libro, era “_la città necessaria, vicino al posto di lavoro di Bruno_”, in grado di garantire a Clara “_un ritmo di vita più accettabile e l’accesso più facile alle cure di cui ha avuto bisogno_”. Novara con le fredde nebbie d’inverno “_che avvolgono i suoi viali, mettendo i brividi nelle ossa, ma anche la sorpresa- in primavera di scoprire un paesaggio, tutt’attorno alla città, che si trasforma in un lucido specchio, dove l’azzurro del cielo si riflette nell’acqua delle risaie_”. La narrazione si chiude con un capitolo dolente, difficile. La scomparsa prematura di Nadia nel febbraio del 2018, i ricordi resi pubblici nell’ultimo saluto che proprio lei rivolse all’amica. Si avverte il senso del vuoto, dell’assenza che può essere mitigata solo parzialmente dalle memorie condivise. E la consapevolezza che la vita continua a girarci intorno e dobbiamo strapparne a brandelli , di volta in volta, qualche morso, come fa Clara Cipollina raccontandosi nel libro, con determinazione e coraggio.
È il polemista italiano più attenzionato dai retequattristi in fascia preserale. Siamo tutti o quasi sintonizzati lì, a sentire i dati sull’audience.