libri- Pagina 26

Contro lo stato presente delle cose

Contro lo stato presente delle cose è il titolo dell’ultimo libro dello storico Filippo Colombara. Il volume, pubblicato dalle Edizioni ETS nella collana Verba manent con la prefazione di Carlo Greppi, uno dei più interessanti giovani storici emersi in questi anni, narra tre storie di gente non comune nell’arco temporale tra l’avvento del fascismo e la lotta partigiana. Un sovversivo piemontese, lo sterratore novarese Antonio Paglino; un rivoluzionario marchigiano d’origine trasferitosi sul lago d’Otya, l’operaio Nunzio Guerrini, e un giovane partigiano ligure, lo studente Aulo Formigoni, sono le figure qui presenti, assieme alle quali si attraversa il ventennio di Mussolini dal punto di vista della gente comune. Tre uomini comuni le cui vicende umane si intrecciano, attraversandoli, con i grandi eventi della storia. Ricostruendo le loro esperienze Colombara ricuce “dal basso” i fili della complessa trama con cui fronteggiarono il regime di Mussolini: dagli scontri di piazza del primo dopoguerra all’attività politica clandestina, dalla difesa in armi della repubblica e del legittimo governo in Spagna nella seconda metà degli anni trenta, alla generazione di nuovi antifascisti che si fecero partigiani. Tre personalità, la cui ricostruzione è avvenuta smontando e rimontando carte del potere, interviste orali, lettere e memorie scritte. Tre storie che consentono di capire le condizioni della lotta e, allo stesso tempo, di entrare nell’intimità degli individui per dare voce alle loro vicende umane. Scrive Carlo Greppi nella prefazione: “Ogni essere umano, che lo voglia o no, lascia tracce; sta a noi storici scovarle e raccontarle. Per questo Verba manent è una collana preziosa, come lo sono le storie qui racchiuse dal lavoro di Filippo Colombara che, attraverso gli accidentati e tenaci percorsi biografici di tre esistenze non comuni, ci mostra i risvolti più terribili e le energie più meravigliose della prima metà del XX secolo, e in particolare l’opposizione intransigente ai fascismi”. Tra i tanti meriti che vanno riconosciuti a Filippo Colombara, studioso di storia e cultura dei ceti popolari che ha indagato con le sue numerose pubblicazioni le vicende del movimento operaio e della Resistenza (tra le sue ultime pubblicazioni vanno segnale Vesti la giubba di battaglia. Miti, riti e simboli della guerra partigiana -DeriveApprodi; Raccontare l’impero. Una storia orale della conquista d’Etiopia.1935-1941 – Mimesis), va sottolineata la tenace ricerca della ricostruzione delle scelte di persone quasi sconosciute o dimenticate che hanno contribuito al pari dei protagonisti più noti agli eventi che hanno segnato intere comunità, popoli e nazioni. Attraverso le testimonianze scritte e orali della gente comune è possibile penetrare gli eventi storici in cui donne e uomini si trovano coinvolti partendo da un punto di osservazione privilegiato: dall’interno e dal basso. Utilizzando soprattutto la trasmissione orale, Filippo Colombara si è sempre mosso come valido interprete di una prospettiva storiografica basata su frammenti deboli e fragili fonti esposte ad un forte rischio di dispersione, tuttavia in grado di fornire risposte non trascurabili. Così è stato anche nel caso della stesura di Contro lo stato presente delle cose. E’ la storia di uomini che si opposero senza abbassare la testa, pagando un prezzo altissimo, in alcuni casi definitivo, per essere coerenti con le loro scelte e contribuire, per la loro parte, al desiderio di riscatto di un popolo intero che non ne poteva più delle angherie del regime fascista ma che non aveva ancora trovato il coraggio per fare un passo decisivo. Uomini che vissero in prima persona le discriminazioni, la violenza, patendo la fame e la perdita del lavoro, il carcere e persino l’ingiustizia di un giudizio pesante come quello dell’espulsione dal Partito. Per farsi un’idea del clima di diffidenze, insinuazioni e delazioni di quel periodo basta riguardarsi Il Sospetto, uno dei film più belli di Citto Maselli, con uno straordinario Gian Maria Volontè nei panni del militante comunista Enrico nella Torino del 1934. Questo libro ricostruisce il clima del ventennio fascista attraverso le storie di queste tre persone dalle biografie comuni a tante altre che ne furono coinvolte e travolte. Per far riemergere la trama vissuta e sofferta dell’opposizione al regime e alle trame dell’Ovra, della guerra di Spagna e della lotta di Liberazione si affida alle testimonianze, a documenti  e memorie per troppo tempo dimenticate nel fiume carsico delle scritture inedite, fragili e spesso incerte, prodotte dagli stessi protagonisti come il diario di Aulo, interpretate attraverso i verbali di polizia o le cronache dei giornali d’epoca. E’ una modalità interessante per far conoscere, dare un volto, un nome e un cognome, al contributo di lotte, dolori e speranze di questi uomini dentro il vortice di un periodo complicato e terribile della nostra storia. Quello degli storici e, nel caso specifico, di Filippo Colombara, è un compito estremamente importante in un’epoca dove la maggior parte dei giovani vive nel presente perpetuo dove manca ogni rapporto con il passato storico del tempo in cui ci è dato vivere. Un compito e un lavoro, in questo contesto, molto difficile: non si tratta solo di essere cronisti e compilatori di memorie ma riuscire a far comprendere che cercare nel passato la spiegazione e le radici, le cause remote o vicine dell’evoluzione e degli eventi di oggi, è l’unico strumento che abbiamo, per tentare di orientarci e di comprendere quello che ci circonda. E questo libro aiuta a guardare la storia con gli occhi e il cuore dei tre protagonisti che, come ricorda Greppi nella sua introduzione, “erano accomunati da una qualità rara, nell’essere umano, e cioè non voler tollerare i soprusi, e anzi decidere di combattere per porvi fine.. due comunisti e un ragazzo cattolico, le cui vicende potrebbero essere sepolte da una coltre d’oblio. E invece eccole qui nel loro splendore ribelle”.

Marco Travaglini

Venti di terrorismo, Anni di piombo

Al Museo Carcere Le Nuove di Torino, il 12 maggio

 Claudio Giacchino dialoga con Gianni Oliva

 

Cosa significa uscire di casa con la paura di diventare un bersaglio? Ci sono stati anni in cui a Torino l’aria si tagliava con il coltello. Tra il marzo del 1977 e l’ottobre del 1982 la città era percorsa da tensioni che sono difficili da immaginare per chi non le ha vissute sulla propria pelle.

 

Gli Anni di Piombo sono una scomoda e pesante eredità che ha lasciato ferite aperte, che ha interrogato profondamente e ancora interroga. La narrazione del terrorismo degli anni Settanta ha riguardato principalmente i carnefici, l’analisi del contesto culturale, le risonanze sociali e psicologiche. Poco si è raccontato delle vittime, poco si è andati a fondo nella dimensione umana di quel momento storico.

 

Nel suo libro Venti di terrorismo. La Torino del sangue innocente, vincitore del Premio I Murazzi 2023, Claudio Giacchino, per tanti anni cronista de La Stampa, ha raccontato gli attentati delle Brigate Rosse e di Prima Linea a Torino dal punto di vista delle vittime. Lo sguardo dell’autore si è focalizzato su soggetti inconsueti: le voci sono quelle di chi ha subìto una inaspettata condanna a morte. Venti uomini che raccontano gli ultimi concitati momenti delle loro vite.

 

Parte da questa inedita prospettiva il dialogo di Claudio Giacchino con lo storico Gianni Oliva venerdì 12 maggio alle 18. E avviene in un luogo tanto suggestivo quanto intriso di storia, il Museo Carcere Le Nuove a Torino in via Paolo Borsellino 3.

 

Iniziativa inserita nel programma Salone Off.

L’ingresso è libero.

“Susa-Moncenisio la corsa più antica del mondo”

Un appuntamento da non perdere! Ecco il libro “Susa-Moncenisio la corsa più antica del mondo” scritto da Marco Canavoso e Demetrio Vilardi.Sarà presentato il 19 maggio alla 35esima edizione del Salone del Libro di Torino (18/22 maggio) presso lo stand della Città Metropolitana. Il volume racconta i 120 anni della corsa automobilistica più vecchia al mondo,a cui hanno partecipato grandissimi piloti come Vincenzo Lancia e Manuel Fangio, con la meravigliosa Valle di Susa accogliente protagonista di questa gara/mito. Ricordiamo che il grande Enzo Ferrari amò definire i piloti partecipanti ‘i Cavalieri del Rischio”. È davvero speciale la storia della Susa-Moncenisio.

Enzo Grassano

Festa di compleanno nell’antico Egitto. A casa di Tuya

Il libro per ragazzi che mette insieme storia e curiosita’ di un passato glorioso.

E´ di Donatella Andriolo e Donatella Spagnotto il libro Festa di compleanno nell’antico Egitto. A casa di Tuya, ambientato nell’antico Egitto, che narra le vicende della moglie di un ricco funzionario del Re del Nuovo Regno impegnata nell’organizzazione della propria festa di compleanno tra inviti, menu e vestiti da indossare. Il racconto porta il piccolo lettore a conoscere personaggi interessanti che introducono aneddoti coinvolgenti sulla vita quotidiana nell’antico Egitto. Per i giovani fruitori di questo testo e´ facile vestire i panni di dei vari personaggi in scena: scriba, cuoco, sarto, gioielliere e maestro di musica, imparando la realtà delle singole attività; la sua struttura, inoltre, è molto originale, all’interno di ogni capitolo si trovano, infatti, dei quiz divertenti, mentre al fondo e´ presente la sezione “approfondimenti” che scava a fondo su curiosità storiche molto interessanti.

Le autrici spiegano ai ragazzi, con semplicità, gli usi e i costumi dell’Antico, Medio e Nuovo Regno, le abitazioni, l’alimentazione, l’abbigliamento e i gioielli in uso, mettono insieme la didattica con il divertimento, una formula intelligente ed utile per insegnare e diffondere la storia in maniera leggera ed avvincente; il volume e´stato pensato, inoltre, con l’intenzione di stabilire un dialogo tra insegnanti e ragazzi e tra questi ultimi e genitori. Festa di compleanno nell’antico Egitto. A casa di Tuya e´un racconto che ha una parte più “tecnica”, per chi volesse approfondire gli argomenti trattati, e una piu´ ludica che comunque, con una modalita’ diversa, aiuta ad imparare ed appassionarsi.

Tuya è la “signora della casa” vissuta nel Nuovo Regno, l’ultimo grande periodo della storia egizia, (l’epoca in cui hanno regnato Tutankhamon o Ramesse II) che abitava in una città che gli egittologi hanno portato alla luce: Deir el-Medina. È una donna indipendente, molto attenta alla bellezza e all’eleganza, che vuole essere splendida per la festa del suo compleanno, non molto diversa, dunque, da qualsiasi donna moderna.

Oltre ai contenuti di testo, a rendere ancora piu´ leggibile e piacevole questo libro ci sono le illustrazioni della talentuosa Alessandra Marcati che e´ entrata sin da subito nello spirito dell’arte egizia, un mondo antico e complesso, un periodo storico ricco e leggendario.

MARIA LA BARBERA

L’isola del libro

RUBRICA SETTIMANALE A CURA DI LAURA GORIA

 

Susan Taubes “Divorzi” -Fazi Editore- euro 19,00

E’ l’unico romanzo della scrittrice ungherese –americana Susan Taubes, nata a Budapest nel 1928. Muore suicida a 41 anni, nel novembre 1969, gettandosi nell’oceano al largo di Long Island, pochi giorni dopo l’uscita di questo libro. Il suo cadavere ripescato in mare fu identificato dall’amica intellettuale e scrittrice Susan Sontang che imputò la causa scatenante del gesto estremo alla stroncatura della critica. Ma non fu l’unica molla a spingerla a congedarsi dalla vita.

E questo ci conduce alla storia della protagonista del romanzo, Sophie Blind, alter ego dell’autrice e portatrice come lei di un certo male di vivere. Il romanzo inizia con la morte di Sophie, in Avenue George V a Parigi, travolta e decapitata da un’automobile mentre attraversa la strada per prendere un taxi. Era appena stata dal parrucchiere e così muore sotto la pioggia, ma con la capigliatura in ordine.

Da morta Sophie ripercorre in ordine sparso – non cronologico ma sentimentale- gli eventi più importanti della sua vita.

Dopo 15 anni di soffocante matrimonio in cui è stata la moglie-trofeo, sempre al seguito del consorte in giro per il mondo, vuole il divorzio e riappropriarsi della sua esistenza.

E’ rimasta intrappolata in un destino diverso da quello che avrebbe voluto. Nelle pagine ricorre il desiderio di divorziare, anche perché tanto per cominciare non avrebbe mai voluto convolare a nozze.

La storia è semiautobiografica e la vita della Staubes fu parecchio complicata. Era emigrata negli Stati Uniti nel 1939 insieme al padre; lo psicoanalista (misogino e pioniere delle terapie freudiane) Sándor Fieldmann (seguace della scuola del celebre psicoanalista e psichiatra Ferenczi).

Tra le pagine del romanzo c’è anche molto del suo matrimonio infelice con il filosofo, teologo e rabbino Jacob Taubes, (uomo insopportabilmente pieno di sé) che si rivelerà inadeguato; così come lo saranno gli altri uomini della sua vita, incluso un nonno rabbino di cui subì il peso e l’influenza.

La Taubes fu un’intellettuale di alto livello, prima donna ad ottenere un dottorato ad Harvard in Storia e Filosofia della religione, insegnante alla Columbia University.

La Sophie del romanzo rivede l’intera sua vita, tra viaggi e amanti, compresa la fuga a Parigi d’accordo con il marito Ezra restio alla separazione. E punta il dito accusatore contro l’imperante maschilismo dei newyorkesi colti, ma parecchio ottusi nonostante il loro sapere. Questo è un libro che testimonia l’esigenza di una donna intelligente sopra la media di ridefinire la sua identità.

 

Lawrence Osborne “Il regno di vetro” -Adelphi- euro 20,00

Lo scrittore inglese 65enne Lawrence Osborne, nato a Londra e cresciuto in Inghilterra, viaggiatore, autore di saggi di viaggio e romanzi, da 10 anni vive in Thailandia, dopo aver girato mezzo mondo. Per 20 anni residente a New York, poi a Istanbul, Parigi, Marocco, Polonia e Messico.

Questo romanzo è ambientato nel complesso residenziale in cui lo scrittore vive da 10 anni a Bangkok, dove aleggia una certa atmosfera che lo intriga e lo ispira. Vivendo nel clima tropicale in cui la frescura si affaccia di notte, Osborne ha l’abitudine di scrivere nel silenzio dalle 10 di sera fino alle 4 del mattino, seduto alla scrivania sul balcone, circondato dai suoni della giungla.

Nel complesso di case a Bangkok in cui la storia è ambientata, composto da 4 torri di 21 piani collegate da passaggi di vetro, vivono parecchie persone che si spiano vicendevolmente, e quasi tutte nascondono qualche segreto.

Sono i “farang”, ovvero viziati e viziosi turisti occidentali, planati nella capitale thailandese sperando di vivere in un paradiso-rifugio esotico, lontano dalla frenesia dei loro paesi di origine. Per lo più sono uomini d’affari giapponesi, dirigenti di azienda americani, ma anche sudamericani e in genere persone in cerca di avventure, che non disdegnano escort asiatiche di alto bordo.

Tra di loro c’è anche la protagonista, Sarah Mullins, giovane americana fuggita in Thailandia con una valigetta piena di soldi di dubbia provenienza . Lei è una segretaria che ha truffato la scrittrice per cui lavorava e ora cerca rifugio lontano dal paese del misfatto.

Senza anticiparvi troppo, la Bangkok che nei suoi progetti doveva essere il rifugio in cui costruirsi una nuova identità e vita, si rivela invece un inferno, tra tumulti politici, karma negativo, un regno di vetro che è una lussuosa trappola.

 

 

Lawrence Osborne “Cacciatori nel buio” -Adelphi- euro 19,00

C’è tutto il fascino dei templi Khmer di Angkor Wat e della giungla cambogiana in questo romanzo del 2015, in cui Osborne dipinge una nazione enigmatica, impenetrabile per la sua natura, terra bellissima ma come gravata da una maledizione. Paese dell’Indocina con una storia recente spaventosa: il genocidio sotto il regime dei Khmer Rossi di Pol Pot che ha sistematicamente eliminato un terzo della popolazione.

Maledette anche le vicende dei personaggi. Protagonista è il giovane professore d’inglese Robert Grieve che, stufo della sua vita, ha deciso di lasciare per un po’ l’uggioso Sussex ed è partito all’avventura sul confine tra Thailandia e Cambogia.

E’ un barang, ovvero uno straniero, e viaggia con la guida cambogiana Ouksa che lo conduce in un casinò dove Robert inaspettatamente vince una bella somma; di quelle con cui nel paese asiatico si può vivere a lungo e bene. Una vincita che però innescherà una serie di eventi e incontri che finiranno per sparigliare le carte del suo destino.

Durante il viaggio incontra un altro barang che caratterialmente è il suo opposto. Si chiama Samuel Beauchamp: una sorta di dandy americano dell’upper class, debosciato e dedito alle droghe, che ha usato l’eredità del nonno per vagabondare nel mondo.

In Cambogia si accompagna ad una sensuale ed enigmatica donna del luogo. Quando conosce Robert lo invita a una partita di scacchi che dire insidiosa è poco.

Ma per l’ingenuo inglese sarà anche l’occasione da cogliere per diventare come invisibile, ed imprimere una svolta alla sua esistenza mimetizzandosi nel paese asiatico.

Ulteriori sviluppi ed altri incontri attendono Robert, compreso quello con il controverso poliziotto Davuth, “fantasma “ del truce passato dell’Angar di Pol Pot.

Sarà proprio questo ex aguzzino -che odia i barang e si diletta ad attendere, ripescare e derubare di tutto gli averi i loro cadaveri restituiti dal fiume- a sospettare la vera identità del protagonista.

Un romanzo a tratti tenebroso o fiabesco in bilico continuo tra vita e morte, vivere e non vivere, destino e karma, sullo sfondo di una Cambogia che è unica al mondo e se vi capita l’occasione vale la pena visitare.

 

Dominique Fortier “Le città di carta” -Alter Ego- euro 16,00

Questo breve ma intenso libro della scrittrice canadese è ispirato alla vita quasi monastica della poetessa Emily Dickinson, nata nel 1830 nella zona residenziale di Homestead della cittadina di Amherst in Massachussets, morta nella stessa casa nel 1886.

Quando era stata edificata dal nonno della scrittrice era la prima dimora in mattoni della città, poi l’antenato l’aveva persa ed era stato il padre di Emily a riscattarla nel 1855, riconducendovi la famiglia e la figlia 25enne che ritrovò così il nido sicuro dell’infanzia.

E’ lì tra quelle mura e nell’ampio parco-giardino circostante che Emily trascorre tutto il suo tempo terreno, coltivando non solo i fiori ma soprattutto il suo delicatissimo sentire interiore. Gran parte dell’ispirazione per le sue liriche arriva da quel giardino che è la più grande delle galassie in cui Emily si annulla «..Scompare dietro il filo d’erba che, senza di lei, non avremmo mai visto. Non scrive per esprimersi: qui è vissuto un fiore, per tre giorni di luglio dell’anno… ucciso una mattina da un acquazzone. Ogni poema è una minuscola tomba eretta in memoria dell’invisibile».

Aveva una certa frequentazione della morte, dapprima sviluppata tra i 10 e i 25anni nella casa temporanea in Pleasant Street, davanti a un cimitero; e più volte al mese vedeva «dalla finestra la morte passare in processione». Da allora con la sua scrittura sottile compone pensieri che prendono spunto dal verde e dalla natura che la circonda, poi li lascia volare dentro di sé per farli planare in versi poetici tra i più intensi mai scritti.

E non va dimenticato lo strepitoso erbarium realizzato dalla Dickinson durante l’adolescenza: 66 pagine, 420 esemplari di fiori e piante, disposti con una cura dettata da una preoccupazione estetica, più che dal rigore scientifico.

Una vita trascorsa tra le pareti di casa e in famiglia, apparentemente senza fatti degni di nota. In realtà quando si chiudeva nella sua stanza, nel silenzio sentiva le potentissime voci e i pensieri che abitavano nella sua testa.

 

“Il Padreterno è liberale. Antonio Martino e le idee che non muoiono mai”

PENSIERI SPARSI 

Da “zuppista” convinta non avrei mai potuto non leggere l’ultimo libro, uscito poco prima di Natale, di Nicola Porro, giornalista economico-finanziario, vice direttore de Il Giornale, conduttore di trasmissioni televisive, dal 2018 Quarta Repubblica e autore della Zuppa di Porro, fortunatissima e seguitissima rassegna stampa liberale e libertaria quotidiana cucinata in diretta tutte le mattine in streaming video (Instagram, Facebook, You Tube) nonché deus ex machina di una bella iniziativa chiamata La Ripartenza, evento con dibattiti e approfondimenti che quest’anno si terrà a Bari il 7 e 8 luglio al Teatro Petruzzelli, dove la redazione de Il Torinese sarà presente per potervi fare un accurato resoconto.
Antonio Martino, l’ultimo vero, grande liberale, era stato professore di Porro ai tempi dell’Universita’ e, una volta divenuto Ministro degli Esteri durante il primo Governo Berlusconi, lo chiama alla Farnesina dove gli offre il prestigioso incarico di suo portavoce.
Da quel momento inizia per Porro un periodo elettrizzante, entusiasmante che gli permette di conoscere Martino professionalmente ed intimamente tanto da avergli consentito di poter scrivere oggi lo “zibaldone liberale” che leggiamo con interesse e anche divertimento in questo libro; sono infatti numerosi gli aneddoti personali e curiosi su alcuni fra i più noti esponenti della recente storia politica, culturale ed economica del nostro Paese, dove è sempre prevalsa un’egemonia statalista ed invidiosa contro la quale il prof. Martino ha  combattuto una vita intera.
Non sono risparmiate critiche al recente lockdown “ che ha bloccato milioni di attività produttive “ causando una recessione profonda e duratura, Martino si chiede perché “sono state imposte restrizioni insensate alle nostre libertà se non per giustificare un’estensione della politica sulle nostre vite”.  E neanche al reddito di cittadinanza, definito dal professore una “demagogia demenziale”, non si tratta di soldi piovuti dal cielo ma “ di un trasferimento di soldi da un gruppo di italiani per darli ad altri. Che senso ha? “
Altre critiche riguardano l’ambientalismo descritto da Martino “ una bestia tremenda” perché travestito da buono, come se ci si potesse definire progressisti e buoni perché ambientalisti, “un’idiozia totale”.
Leggendo il libro comprendiamo un po’ di più la storia del Partito Liberale e dei suoi protagonisti attraverso gli anni della nostra Repubblica, ma chi è un liberale?
Probabilmente Martino, mancato prima che Porro potesse finire i loro incontri propedeutici alla stesura del libro, avrebbe risposto così.
“ Sono favorevole a qualsiasi provvedimento accresca le libertà personali, quindi sono reazionario per recuperare libertà che sono state perdute, conservatore per difendere libertà ancora esistenti, rivoluzionario quando la situazione non ci consente altra via per tornare liberi, progressista sempre perché senza libertà non c’è progresso”.
.
DIDIA BARGNANI

Al Museo Miit il libro “Carlo e Renzo Piano alla ricerca di Atlantide” e una mostra di artisti emergenti e non

Duplice appuntamento presso il Museo Miit di corso Cairoli 4 per la presentazione del libro “Carlo e Renzo Piano alla ricerca di Atlantide” per le edizioni Feltrinelli, e una mostra di artisti emergenti e non dal titolo Linea, forma, colore’

Sabato 6 maggio, dalle 18, al Museo MIIT di Torino verrà presentato il libro dal titolo “Carlo e Renzo Piano alla ricerca di Atlantide”, per le edizioni Feltrinelli, con la partecipazione di Carlo e Elsa Piano.

Il lungo viaggio del nonno Renzo e della nipote Elsa inizia dal porto di Genova in una giornata di fine estate e a guidarli è un desiderio ancestrale, salpare e prendere il largo alla ricerca di Atlantide, quella che risulta la città perfetta per ogni architetto, l’idea che muove la sua creatività.

Per trovarla Renzo e la nipote fanno tappa nei luoghi in cui in tutta la vita il nonno ha inseguito la perfezione, costruendo le proprie opere. In tutti i capitoli del libro sono presenti aneddoti e curiosità, nozioni marinaresche di venti, onde, ancoraggi, naufragi scampati che rendono il viaggio coinvolgente.

La narrazione è accompagnata dalla storia di Atlantide e di tutti i posti in cui nei secoli l’hanno collocata gli studiosi.

“Alla ricerca di Atlantide”, edito da Feltrinelli, rappresenta un viaggio nella memoria della bellezza e dell’anima, attraverso sensazioni generazionali che si fondono in un racconto avventuroso ma reale al tempo stesso, alla ricerca del mito della perfezione, della felicità e dell’amore, di quel binomio inscindibile che affonda le sue radici nell’arte classica.

I concetti di “Bello e buono”, derivanti dal mondo greco, diventano nel libro la sintesi essenziale di tutte le virtù. Il grande architetto Renzo Piano, padre di Carlo e nonno di Elsa, la coprotagonista della storia, spiega nel video di presentazione del libro come costruire sia davvero un’avventura e come il cantiere venga vissuto come un luogo immaginario, locus della magia del creare un eduficio, che è sempre un atto di speranza, di positività verso il futuro, un atto capace di restituire ai cittadini un’anima e una polis migliore.

“Le città hanno bisogno di essere rammendate – spiega Renzo Piano – soprattutto nelle periferie. Oggi costruire rappresenta uno degli aspetti più importanti dell’orgoglio di fare qualcosa insieme e questo è dato dal cantiere migliore, il cantiere perfetto”.

“Alla ricerca di Atlantide” è un preziosa testimonianza e un’eredità da cogliere con uno sguardo aperto verso il futuro, con l’incontro con generazioni diverse, unite nell’ideale di bellezza, giustizia e libertà.

Sempre dal 6 maggio fino al 13 maggio prossimo, al Museo MIIT di Torino si terrà una selezione di artisti italiani e stranieri, che lavorano sulla sperimentazione della forma, del colore e del segno.

L’esposizione raccoglie numerosi lavori di diversi autori contemporanei dal sicuro avvenire collezionistico o già affermati. Scopo è quello di far scoprire alle nuove generazioni artisti emergenti e non, ponendo a confronto tecniche e materiali diversi.

Sono presenti opere realizzate in pittura, scultura, fotografia e video.

Tra gli artisti selezionati ricordiamo Christel Sobke, una attenta ricercatrice tra arte tradizionale e digitale, tra architettura e visione onirica.

La mostra, intitolata “Linea, forma, colore”, reca come sottotitolo “Architetture dell’arte. Arte sul Po”

L’inaugurazione è per le ore 17.

Orario mostra: mart- sab 15.30/19.30

Altri giorni per appuntamento per visite guidate, gruppi, scolaresche.

Museo Miit, corso Cairoli 4

Info 0118129776.

www.museo miit.it

 

MARA MARTELLOTTA

Libri: i titoli più commentati del mese

Rassegna dei Libri – APRILE 2023

Storie di storia dell’arte, romanzi intimisti e potenti denunce sociali sono gli ingredienti che hanno infiammato le discussioni sul gruppo FB Un libro tira l’altro ovvero il passaparola dei libri, nel mese di aprile 2023: infatti, i più discussi titoli del mese sono stati Il Sorriso di Caterina  di Carlo Vecce, La Vita Intima di Niccolò Ammanniti e Come d’aria, di Ada D’adamo

Incontri con gli autori

Questo mese vi invitiamo a conoscere il romanziere italo-canadese Pierre Turcotte, da anni interessante presenza in libreria, che per il suo ultimo romano Il Biglietto Sbagliato fa la coraggiosa scelta dell’auto-pubblicazione e ci ha spiegato perché…; l’esordiente Michele Siliprandi è l’autore de L’Anima E La Coda e noi gli abbiamo chiesto di introdurci al microcosmo che si sviluppa nel villaggio montano, cuore del suo romanzo; infine è tornato in libreria lo scrittore Salvo Tosto, con una nuova antologia di racconti caratterizzati dal suo inconfondibile stile ironico e pungente. Se volete scoprire cosa lo spinto a scrivere Credevo Fosse Un Tramonto Invece Era Un’Aurora, leggete la nostra intervista.

Per questo mese è tutto: vi ricordiamo che se volete partecipare ai nostri confronti, potete venire a trovarci su FB e se volete rimanere aggiornati sulle novità in libreria e gli eventi legati al mondo dei libri e della lettura, visitate il nostro sito ufficiale all’indirizzo www.unlibrotiralaltroovveroilpassaparoladeilibri.it

redazione@unlibrotiralaltroovveroilpassaparoladeilibri.it

La Grande Guerra a Torino nell’opera della Croce Rossa e non solo…

LA NOSTRA STORIA, IL NOSTRO TERRITORIO

 

Incontro con Franco Lucia

Mercoledì 3 maggio 2023
Ore 17,30

Moncalieri, Biblioteca civica Arduino, via Cavour 31
Pagina facebook @bibliomonc

Un libro per rievocare, attraverso la ricostruzione dell’operatività della Croce Rossa e di altre pubbliche istituzioni in quegli anni, il periodo della Grande Guerra ‘15/’18 a Torino. Nel suo La Grande Guerra a Torino Franco Lucia mette a fuoco, attraverso l’attenta lettura ed analisi delle singole strutture coinvolte e delle iniziative condotte da ciascuna, l’immediata ed efficace risposta che una città come Torino, già dotata di una consistente presenza ospedaliera, felicemente collegata da una capillare rete tranviaria e ferroviaria, seppe esprimere al meglio. Il libro viene presentato a Moncalieri nel prossimo incontro del ciclo La nostra storia, il nostro territorio, mercoledì 3 maggio alle 17,30 alla biblioteca civica Arduino (via Cavour 31). Torino seppe far fronte egregiamente non solo a un’immensa quantità di feriti e malati provenienti dal fronte, ma anche alla grande ondata di profughi a seguito della battaglia e della ritirata di Caporetto, nella valle dell’Isonzo dell’attuale Slovenia. Che si trattasse di residenze reali, ospedali cittadini e territoriali CRI, caserme, scuole, stabilimenti industriali, ambulatori farmaceutici, centri riabilitativi e di convalescenza, asili, manicomi, cucine e ricoveri notturni, in ogni ambito, uomini e donne con i loro mezzi e materiali, fecero la loro parte, a volte non senza sacrificare anche la propria vita. Introducono Laura Pompeo, assessore alla Cultura e Giuseppe Messina, assessore all’Istruzione e al Patrimonio. Interventi di Angelo Toppino, Romina Lauretta, Andrea Carnino e Marco Margrita. Ingresso gratuito fino ad esaurimento posti e diretta facebook.

Diamo con piacere la parola a Franco Lucia nell’ambito della nostra pagina di storia del territorio – commenta Laura Pompeo, assessore alla Cultura – Un autore che conosce a fondo la storia della Croce Rossa, tanto in qualità di studioso quanto in quella di volontario nel Comitato di Torino da ben 40 anni.

Franco Lucia

Volontario della Croce Rossa Italiana nel Comitato di Torino da quarant’anni, molti dei quali impegnati in servizio presso il Corpo Militare C.R.I. come Ufficiale Commissario, è stato presente ed attivo in molti degli interventi operativi, che hanno richiesto il coinvolgimento del volontariato torinese dai primi anni ’80, fino alla recente pandemia dovuta al Covid-19.
Da una decina d’anni, conciliando i suoi precedenti studi in materia di Scienze Turistiche e le sue competenze ed esperienze di guida turistica della Regione Piemonte e di pubblicista iscritto all’Ordine Nazionale Giornalisti, nonché di appassionato per le divulgazioni di carattere storico, (oltre ad aver fondato nell’ambito della sua professione ferroviaria il Museo della Stazione F.S. di Torino Porta Nuova), si è dedicato sempre più meticolosamente nel tempo, alla preservazione e valorizzazione del patrimonio documentale e dei cimeli d’epoca appartenenti al Comitato subalpino.
Già Istruttore di Diritto Internazionale Umanitario e Cultore Italiano di Storia della Croce Rossa Internazionale, è stato nominato dal Consiglio Direttivo del Comitato C.R.I. torinese, Delegato Tecnico “Principi e Valori”, anche con mansioni di Referente del rinnovato Ufficio Storico, proseguendo con consueta passione ed entusiasmo, il suo impegno didattico d’aula, sia nei corsi d’accesso, che in occasione di seminari tematici riguardanti la storia del Movimento. Non ultimo, sempre collaborando con il Consiglio Direttivo, è alla guida anche di uno staff molto motivato, nel far sorgere un’esposizione museale permanente, all’attenzione della collettività torinese e non solo, per far apprezzare pubblicamente l’infaticabile e preziosa opera della Croce Rossa da 160 anni a questa parte.

L’isola del libro

RUBRICA SETTIMANALE A CURA DI LAURA GORIA

 

Amelie Nothomb “Il libro delle sorelle” -Voland- euro 16,00

Segue il filone autobiografico questo 31esimo romanzo della prolifica scrittrice belga Amélie Nothomb (ne pubblica uno all’anno); e viene dopo quello dedicato alla figura paterna (“Primo sangue” Premio Strega europeo e strepitosa ricostruzione della vita del padre).

Anche questa volta la narrazione è in ambito familiare. Non è quello dell’autrice, ma di spunti dalla sua esperienza personale ne ha presi sicuramente parecchi. Perché qui il focus è sul rapporto simbiotico tra due sorelle, e sappiamo che la Nothomb ha un legame fortissimo con la sorella maggiore Juliette, tanto che, da adolescenti, hanno condiviso anche una fase anoressica.

Il romanzo racconta l’unione tra due sorelle, Tristan e Laetitia, figlie di Florent e Nora, genitori innamorati pazzi e parecchio distratti nei confronti della prole.

Le sorelle sono Tristan, la primogenita: matura, responsabile ed autosufficiente. Però ha patito parecchio il sentirsi esclusa dal bozzolo del rapporto di coppia dei genitori. Lei è cresciuta prima del tempo, intelligente sopra la media ed eccellente in tutto, ma con il tarlo di essere insignificante e invisibile per chi l’ha messa al mondo.

Quando nasce la sorellina Laetitia, per Tristane è amore puro fin dal primo sguardo, e poco importa che i genitori continuino a costituire una loro inespugnabile fortezza. La sorella maggiore diventa un tutt’uno con quella minore e crescono più unite che mai.

Nella storia un ruolo importante è giocato anche dalla sorella della madre Nora, la sconclusionata zia Babette, che vive allegramente di sussidi ed ha 4 rampolli di ascendenze paterne incerte, ma chi se ne importa.

Tristane stravede per quella zia e se ne occupa con la maturità che la contraddistingue. Nel romanzo si contrappongono due coppie antitetiche: Nora – Babette sorelle diametralmente opposte e incomprensibili l’una per l’altra, e Tristane – Laetitia coppia simbiotica.

Vedrete poi come la storia si evolverà e le direzioni che prenderanno le sorelle; inclusa una tragedia e un legame fortissimo tra Tristane e chi non c’è più. Questo è un romanzo in cui si parla molto con i morti, con lo stile apparentemente leggero della Nothomb, raffinato, profondo, ma leggibilissimo.

 

Gian Marco Grilli “Ferrovie del Messico” -Laurana Editore Milano- euro 22,00

Pochi esordi letterari sono stati fortunati come questo dell’astigiano Gian Marco Grilli che con il suo monumentale romanzo “Ferrovie del Messico” ha fatto incetta di premi e si ritrova in lizza per lo Strega.

Il 46enne autore di mestiere fa tutt’altro; è direttore del Margara Golf Club di Fubine, tra Asti e Alessandria, e prima aveva scritto solo qualche racconto.

Galeotto fu il lockdown durante il quale tutti i giorni si piazza davanti al computer, per 8-9 ore, e scrive più di 2000 pagine. Davvero troppe, così rivede tutto e alla fine ne rimangono 800, stampate da un editore coraggioso e lungimirante. Prima tiratura di poco meno di 200 copie che però le librerie snobbavano. E’ stato lo storico Alessandro Barbero a dare il là a questo romanzo colto ed ambizioso.

Protagonista è il soldato repubblichino Cesco Magetti, nato nel 1921 (come il nonno dello scrittore) ad Asti. Quando viene occupata dalla Wehrmacht il giovane si arruola (più per necessità che per convinzione) nella Guardia Nazione Ferroviaria. All’epoca il Führer credeva che la chiave per la vittoria fosse dalle parti del Messico.

Ed ecco che al povero Cesco viene affibbiato il compito di tracciare di corsa, nel giro di appena una settimana, una mappa aggiornata delle ferrovie messicane. Pare che l’ordine arrivi dall’alto, dai vertici del Reich, forse da Hitler in persona.

La richiesta ha del surreale, ma non si discute, ed inizia così la rocambolesca avventura di Cesco, che interseca la vita di decine, centinaia, di personaggi anche parecchio bizzarri.

Un libro imponente dosato con ironia, scrittura alta e citazioni colte, forte di un linguaggio semplice e ricco di neologismi legati alla terra d’origine del protagonista che, scopriremo, non sa bene come muoversi.

 

Rosella Postorino “Mi limitavo ad amare te” -Feltrinelli- euro 19,00

Dopo la vittoria del Campiello con “Le assaggiatrici” nel 2018, ora la scrittrice racconta un’altra storia ispirata a un fatto vero, durante l’assedio di Sarajevo.

Sullo sfondo di quella guerra nel cuore dell’Europa durata 10 anni nell’ex Jugoslavia, la capitale della Bosnia, Sarajevo, fu assediata per 1425 giorni (da aprile 1992 a febbraio 1996) e la Postorino ne scrive riportando tutto l’orrore del “viale dei cecchini” dove i tiratori vigliacchi sparavano a chiunque passava.

Una mattina di luglio 1992 dalla città martoriata parte un convoglio umanitario con a bordo anche 46 bambini provenienti dall’orfanotrofio di Bjelave. Un viaggio verso la salvezza, in Italia.

Alcuni di loro non sono orfani, ma solo poverissimi e affidati dai genitori a quella struttura nella speranza di salvarli, garantirgli un tetto di protezione e pasti caldi.

Destinazione del pullman è dapprima una colonia sull’Adriatico, poi un istituto di suore, lontano da padri, madri e fratelli che non ne seppero più nulla, e adottati da famiglie solidali e caritatevoli che decisero di accudirli.

Sullo sfondo di questa immane tragedia seguiamo le vicende di tre bambini.

Omar ha 10 anni ed è ossessionato dall’ansiosa attesa che la madre ritorni; Nada detta “moncherino” perché le manca un anulare, gli è vicina con la dolcezza dei suoi occhi celesti e la mano stretta per non farlo sentire solo. Strada facendo, incontrano l’adolescente Danilo che una famiglia ce l’ha.

Ognuno di loro avrà reazioni diverse rispetto al destino che gli viene riservato. A partire da Omar che non si rassegna all’idea di avere un’altra madre, mentre l’assenza di quella biologica sarà una spina per sempre dolente nella sua anima. Tutti i protagonisti vivono sospesi tra due alternative: adeguarsi alla nuova vita in salvo in terra straniera e tagliare il cordone ombelicale con il passato, oppure tornare a Sarajevo.

 

Ildefonso Falcones “Schiava della libertà” -Longanesi- euro 24,00

E’ la prima volta che il re del romanzo storico spagnolo racconta il passato coloniale, intriso di razzismo, spiritualità afrocubana, realismo magico, amore, vendetta, tra l’Ottocento e la Madrid odierna. Dunque la new entry di un’incursione nel presente, focalizzata soprattutto nel quartiere di Salamanca, tra lussuose ville e banche poco etiche.

Il romanzo viaggia su due piani temporali che si alternano: la Cuba schiavista e coloniale del 1856 e la Madrid moderna della finanza.

Due le eroine. La schiava Kaweka, rapita in Guinea e arrivata in catene sulla spiaggia di Jibacoa insieme ad altre centinaia di ragazzine. Kaweka è una yoruba di appena 11 anni, obbligata a lavorare 20 ore al giorno sotto le frustate, usata come schiava sessuale per farla ingravidare così da sfornare altri futuri schiavi.

L’altra protagonista è María Regla Blasco, detta Lita, manager nella banca dei marchesi Santadona e figlia della domestica Concepción, da sempre al servizio della ricca famiglia di banchieri.

Lita ha la pelle color caffelatte e su di lei pesa l’ombra delle origini schiaviste dei suoi avi. E’ piena di talento coltivato con gli studi, che le hanno aperto le porte di una carriera in ascesa.

Due autentiche lottatrici, spiriti liberi, come è sintetizzato perfettamente dall’ossimoro del titolo “Schiave della libertà”. Ricordiamo che la Spagna è stata l’ultima nazione ad abolire lo schiavismo nel 1880, e le giovani schiave avevano 4 opzioni per difendersi dalla crudeltà dei bianchi. L’aborto, la fuga, il suicidio e il più importante di tutti: la religione che consentiva di tornare alle origini, specie il rapporto con la religione yoruba e i suoi santi, gli orishas.

Addentrandoci nelle pagine del romanzo, Falcones ci conduce nell’inferno della schiavitù, attraverso il sentire di Kaweka, il suo modo di affrontare quello che il destino le ha scagliato addosso, in una narrazione che mescola storia, magia e realismo magico.