Domenica 4 dicembre gli italiani sono chiamati a esprimere la loro preferenza sul quesito proposto dal referendum costituzionale. Già da mesi il dibattito è stato molto acceso e, a differenza del solito, l’appartenenza a uno schieramento politico sembra influire relativamente poco sulla decisione in sede di voto.
Due sono i personaggi intervistati dal “Torinese”. Un passato comune in Publitalia, una forte passione per il ciclismo (nella foto), ma diversi per formazione e ideologia. Da un lato abbiamo Enzo Ghigo, già proconsole di Berlusconi in Piemonte, “padre nobile” del centrodestra subalpino e Presidente della Regione dal 1995 al 2005; dall’altro Roberto Placido, da sempre uomo di sinistra e Pd spesso “critico”, consigliere regionale in più legislature e vicepresidente di minoranza dell’Assemblea piemontese nella precedente tornata amministrativa.
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LE RAGIONI DEL SI’ / ENZO GHIGO
- Nonostante il suo percorso politico, perché lei voterà sì?
Il popolo italiano è chiamato a esprimersi su una riforma costituzionale, non su uno schieramento politico o un altro. Pur non essendo di sinistra mi esprimo sul contenuto della riforma. Benché non sia totalmente simile a quella che avevamo voluto noi di Forza Italia nel 2006, la quale era maggiormente spinta verso un presidenzialismo, questa è nella sostanza la riforma che avevamo voluto noi. Si tratta di una proposta più blanda, ma, se prima ero favorevole, perché non dovrei esserlo adesso?
- Quali sono le sue personali ragioni che la spingono a votare sì?
Questa riforma vale per tutti: non solo per Renzi, ma anche per quelli che saranno i suoi successori. Andare verso un monocameralismo significa snellire l’iter legislativo, al di là di un risparmio sui costi della politica, quello che cambia è il tempo più rapido di approvazione delle leggi, perché avremo una Camera sola. Questo è il vero senso di questa riforma. Inoltre, si mette mano al Titolo V, facendo sì che alcune materie ritornino in mano in modo esclusivo allo Stato. Perché, ad esempio, non è possibile pensare che un’autostrada non venga fatta perché una Regione è contraria. Se vincesse il sì, Renzi dovrebbe capitalizzare il successo nell’ottica del percorso delle riforme per il Paese e, inoltre, potrebbe sedersi ai tavoli europei con una maggior capacità di trattare, dal momento che ha dalla sua parte un governo più credibile.
- Se vincesse il no, che cosa succederebbe a suo avviso?
Non cambia nulla, nessun elemento di novità. Se vincesse il no, si perde l’ennesima occasione di cambiare le cose. E, soprattutto, prima che le forze politiche mettano insieme una riforma passerà un bel po’ di tempo. Se vince il no è un segnale che gli italiani non ce la fanno ad andare verso la modernità.
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LE RAGIONI DEL NO / ROBERTO PLACIDO
- Nonostante il suo percorso politico, perché lei voterà no?
Voto no nel merito di una riforma confusa, sbagliata, sgangherata che afferma di voler cambiare il Paese, ma non si sa bene come nei fatti. Se dovesse passare, creerebbe più problemi e confusione di quello che già è adesso. Ci sarà ancora il bicameralismo, ma sarà più confuso: ci saranno materie su cui il Senato deve intervenire, altre ancora su cui può decidere intervenire, alcune per cui si deve verificare se deve intervenire. Il risparmio sui costi della politica è irrisorio: il documento della Ragioneria dello Stato, a firma del Ministro Boschi, parla di 49 milioni di risparmio che, a conti fatti, sarebbero 0,79 centesimi a testa, se suddiviso per il numero di italiani.Lo snellimento del processo legislativo è solo virtuale: attualmente una legge viene approvata in media in cinquanta giorni. Ci sono problemi politici: facciamo troppe leggi e le facciamo anche male.
- Quali sono le sue personali ragioni che la spingono a votare no?
Non ho ragioni personali, ma sono contrario nel merito della questione. Infatti, se passa la riforma, si creeranno due Italie: una, quella delle Regioni a statuto ordinario, compreso il Piemonte, a cui verranno tolti molti poteri e un’altra, quella delle Regioni a statuto speciale, che li manterranno, dato che per loro la riforma non vale. Questa riforma straordinaria si fermerebbe al Gran Paradiso e a Villa San Giovanni. Inoltre, è una riforma che azzera i contrappesi politici. Se la riforma passasse, si creerebbe una sorta di semi-presidenzialismo cialtrone, dove il governante ha la maggioranza assoluta di fare quello che vuole.
- Se vincesse il sì, che cosa succederebbe a suo avviso?
Ci sono due possibili scenari, a mio avviso. Potrebbe essere che si vada subito a votare, dal momento che Renzi non vedrebbe l’ora di incassare la vittoria, oppure la situazione potrebbe favorire molto il Movimento Cinque Stelle che alle politiche potrebbe raccogliere il senso di protesta e insofferenza diffuso nel Paese. Il no non sconfigge il populismo, ma sarebbe un segnale che sottolinea che le cose si fanno bene.
Elisa Speroni