Alla prima domanda che pongo al prof. D’Elicio, Presidente del Cus Torino, la risposta che ottengo è … che non avrebbe mai pensato un giorno di trovarsi oggi nella situazione in cui si trova se glielo avessero chiesto tanti anni fa. E’ una risposta naturale, data con un sorriso profondo che rende l’idea di come in tutti questi anni nulla sia stato conquistato per fortuna. La possibilità ora di avere rapporti con personalità che un tempo sembravano distanti e poste su piani diversi e, ancora, responsabilità positive nell’ambito della vita professionale di molti, della cultura scientifica e del progresso del mondo sportivo universitario e non solo, sembrano impossibili agli occhi del Riccardo D’Elicio di tanti anni fa.
Quando era appena arrivato in quel di Torino forse la sua idea di professione futura era più quella di organizzatore di feste, anche perché era una vera passione unita a capacità organizzativa che consentiva al giovane Riccardo di organizzare feste nei Garage, nelle case private, come una volta si organizzavano tra amici, ma in grande stile.
Forse la strada sarebbe stata diversa, se l’incontro con alcune amicizie che ancora oggi lo accompagnano, non lo avessero condotto su quella dello sport. Amicizie con ragazzi che piano piano divengono medici di altissimo livello lo conducono ad un contrasto importante tra la realtà immaginata e la realtà “reale” di disciplina che ogni attività sportiva conduce e obbliga.
Pratica quasi ogni tipo di sport… . E’ “acquistato” per 12 palloni da Basket da una società cestistica (quanto diverso era il valore dello sport tanti anni fa, quando giocare era una parola che aveva un significato profondo…); arriva anche a giocare a Pallamano una partita con la Selezione Nazionale Italiana contro l’allora Yugoslavia. Il prof. Letti lo seleziona e lo porta a Roma, ma non è ancora il suo sport. Andando un po’ indietro con la memoria ricorda che se in quegli anni fosse stato di moda, probabilmente sarebbe diventato una stella del Parkur… .
Poi, dopo qualche tempo e qualche altro sport…, al campo di atletica, ora non più presente e che pochi ricordano ancora situato all’interno di quello che oggi è lo stadio Olimpico, viene visto saltare in alto senza alcun problema misure non consuete. Raggiunge anche lì ottimi risultati eppure in maniera simile pure in questo caso ci racconta che la sua testa gli dice che non è quella la sua strada, forse perché il tempo da dedicare al perfezionamento sportivo richiede troppo tempo che in quell’epoca non era disponibile. “Avevo le doti, ma non la testa”, ma non è credibile, a meno che per “testa” intendiamo la volontà di farlo ma non di sicuro le qualità.
Parlando dello studente Riccardo, mi racconta che nella scuola superiore non è sicuramente stato un “secchione” e anzi ha superato indenne l’esame del 5° anno con timore reverenziale del papà che non avrebbe tollerato una bocciatura. Mi dice che per scherzo la sorella il giorno dell’uscita degli esiti gli fa credere tramite telefonata che è stato bocciato. Lui è al mare e la preoccupazione “famigliare” sale, e per sicurezza trascorre la vacanza quasi come fosse l’ultima della sua vita (diciamo che la sua indole per le feste non si era mai sopita) e solo l’ultimo giorno…la sorella gli dice di avere scherzato…e, sorridendo, mi dichiara che oggi è felice che lei fosse al telefono quel giorno…molto lontano da lui.
Ma a quel punto si apre una porta: geometra in qualche ufficio? Non è la sua strada. E’ nello sport, e l’ISEF è la sua prima scelta, e supera il Test di ammissione con brillantezza. Non era facile a quel tempo frequentare gli studi superiori, ove studiare era un lavoro e dove per studiare dovevi lavorare per mantenerti agli studi. Ma ve l’ho detto: non è senza testa, anzi, e se la volontà glielo impone la testa si applica in maniera concreta. Studia e alla fine riesce addirittura già “in epoche lontane” a diventarne anche un docente.
Nel frattempo, entra nel corpo sportivo militare dell’aeronautica dove come atleta raggiunge ottimi risultati nel salto in alto (2.10 metri); ma il suo campo sente che non è restare nei corpi militari al di fuori dei ranghi sportivi. Si rende conto che allenare può essere la sua vera strada. Il campo di atletica ha un richiamo irresistibile e la sua fortuna comincia ad essere visibile, ma solo perché la volontà e le capacità intellettuali la sorreggono.
Ha ancora un’altra sliding-door che si apre in una direzione particolare quando lui, insieme ad una persona di cui è amico, tratta l’acquisto di uno spazio per realizzare un centro sportivo del fitness. Si potrebbe fare “Bingo” come dice lui, ma la trattativa andata “male” viene considerata un segno del destino, e, di solito, chi sa interpretare bene i segni, la strada giusta la sa trovare. Riccardo non è uno che ci “prova”, è uno che ci riesce, e chi vuole riuscire, deve essere uno che vuole vincere: non ama perdere tempo, e se qualcosa non lo convince non si fa. Poche persone hanno la “visione” come lui così precisa delle cose da fare e quelle da non fare.
Diviene tecnico di atletica leggera a livelli sempre più alti fino a quando la scomparsa dell’allora Presidente del Cus Primo Nebiolo lo rende eleggibile, da parte di chi è rimasto, a ricoprire una carica che allora non era quella di adesso, con difficoltà economiche e organizzative impegnative. Da quell’epoca è la storia a narrare di una società in ascesa, con letteralmente oggi migliaia di persone impegnate direttamente o in via traversa economicamente e professionalmente con il Cus Torino.
E’ bello chiedere però che cosa conta realmente per Riccardo D’Elicio e sentirsi dire la famiglia e le persone care intorno a sé. Due figli impegnati entrambi nello sport ad alto livello gli allargano cuore e sguardo; e col pensiero e con le parole vola a ricordare tante persone che in epoche vicine e lontane lo hanno aiutato in momenti difficili, come quando, purtroppo, durante il periodo in cui è mancata sua mamma, molti avevano compreso le difficoltà e in tanti modi lo avevano sorretto. E’ il buon senso che riconosce degli altri a dargli grandi motivazioni di gratitudine, e lui, probabilmente, vorrebbe solo trasferirlo nel mondo che lo circonda. Riccardo ha una sincerità che a volte sconcerta perché se una cosa non “s’ha da fare” probabilmente è così e non nasconde il suo pensiero, da persona pratica.
In chiusura del nostro incontro gli chiedo cosa sogna, adesso, da dirigente di una delle più emergenti strutture socio-sportive del territorio Piemontese, e mi dice che ci sono tre mondi, quello dell’attività fisica, dello sport amatoriale e quello agonistico. Tutti questi mondi hanno necessità diverse e i rapporti intrapresi con le autorità del settore salute e medicina, della cultura del fitness e delle attività emergenti e la collaborazione-vocazione naturale con i settori delle discipline agonistiche sono entusiasmanti. Lo sport nella sua accezione più alta, ritiene che possa essere veramente “il farmaco sportivo” del futuro, che potrà preservare la salute di tutti a tutte le età. I percorsi di studio universitari intrapresi nuovi e ai nastri di partenza sembrano presagire tempi adatti a questi pensieri.
E se queste cose accadono, non accadono per caso, fortuna o “amicizie”, come dice sempre “chi non ce la fa”… ma perché qualcuno si applica continuamente e lavora con la testa anche quando le gambe sono ferme. Riccardo mi dice che si alza felice di poter affrontare ogni nuova giornata che sarà di lavoro ma anche piena di cose entusiasmanti da fare. Ha creato negli anni una équipe di cui è orgoglioso e di cui si ritiene fortunato ad avere con sé.
L’entusiasmo delle feste da organizzare non si è adombrato, si è solo spostato per organizzare la festa dello sport e della salute in grande stile per tanta gente intorno a lui.
Paolo Michieletto