IL PUNTASPILLI di Luca Martina
- Generare entrate per il governo degli Stati Uniti: i dazi mirano a raccogliere fino a 600 miliardi di dollari all’anno, da destinare a tagli fiscali e alla riduzione del debito pubblico.
- Proteggere e rilanciare la manifattura statunitense: rendendo le importazioni più costose, Trump intende incentivare la produzione interna e reindustrializzare l’economia americana, in particolare nei settori dell’acciaio, dei semiconduttori e dei prodotti farmaceutici.
- Ridurre i disavanzi commerciali bilaterali, soprattutto con la Cina: l’obiettivo è ridurre lo squilibrio commerciale scoraggiando le importazioni e favorendo le esportazioni.
- Contrastare pratiche commerciali sleali: i dazi vengono utilizzati per reagire a trasferimenti forzati di tecnologia (pratica commerciale in cui un’azienda straniera è costretta a condividere brevetti, know-how, software, processi produttivi) con un’azienda locale o con il governo del Paese ospitante, come condizione per poter operare in quel mercato), furti di proprietà intellettuale ed esportazioni sovvenzionate (attraverso sussidi, agevolazioni fiscali, prestiti agevolati o rimborsi.
- Rafforzare la sicurezza nazionale ai sensi della Sezione 232 del Trade Expansion Act: i dazi hanno l’obiettivo di proteggere settori critici (come acciaio e alluminio) considerati vitali per la difesa e la sicurezza nazionale.
- Strumento di pressione nei negoziati globali: i dazi fungono da leva per spingere altri Paesi a ridurre le proprie barriere commerciali e ad utilizzare standard statunitensi in ambiti come tecnologia ed energia.
- Ridefinire gli equilibri di potere globali: la politica mira a riaffermare la leadership americana nel commercio mondiale, riducendo la dipendenza da istituzioni multilaterali e privilegiando un approccio più transazionale e bilaterale.
- Combattere il traffico di droga: Trump sostiene che i dazi possono esercitare pressione su Paesi come Messico e Canada affinché contrastino il traffico di fentanyl verso gli Stati Uniti.
- Affrontare la sopravvalutazione della valuta: i dazi sono visti anche come uno strumento per contrastare la (presunta) sopravvalutazione del dollaro, rendendo le esportazioni statunitensi più competitive a livello globale.
- International Emergency Economic Powers Act (IEEPA) – Utilizzata per giustificare i dazi in risposta a emergenze nazionali, come il flusso di fentanyl e le questioni migratorie. Trump è il primo presidente ad aver usato l’IEEPA per imporre dazi.
- Sezione 232 del Trade Expansion Act del 1962 – Invocata per proteggere la sicurezza nazionale imponendo dazi su importazioni ritenute dannose per le industrie interne. I critici sostengono che la definizione di “sicurezza nazionale” sia stata estesa eccessivamente, includendo prodotti come automobili, rame e farmaci, che potrebbero non rappresentare minacce reali. Sebbene tribunali e Congresso tendano a dare credito alle affermazioni presidenziali in materia di sicurezza, ciò ha sollevato preoccupazioni riguardo all’esercizio i incontrollato del potere presidenziale.
- Sezione 301 del Trade Act del 1974 – Applicata per affrontare pratiche commerciali sleali, con particolare attenzione ai settori dei semiconduttori e della logistica cinese. I critici sostengono che azioni unilaterali basate sulla Sezione 301 minino i meccanismi dell’Organizzazione Mondiale per il Commercio e le norme del commercio globale, causando disagi alle catene di approvvigionamento e aumentando l’incertezza per le imprese.
- Pensare in grande: “Se devi pensare, tanto vale pensare in grande.”
I dazi estesi—tra cui uno del 145% sui beni cinesi—dimostrano l’approccio audace e ad alto rischio di Trump, sempre orientato al massimo impatto, anche a costo di reazioni economiche negative. - Usare la propria leva: “La cosa peggiore in una trattativa è sembrare disperati.”
Trump ha sfruttato il deficit commerciale e la potenza economica degli Stati Uniti come leva per costringere altri Paesi a rinegoziare i termini commerciali. I dazi non sono solo strumenti economici ma vere e proprie armi strategiche. - Massimizzare le opzioni: “Tengo sempre aperte molte possibilità.”
La sua amministrazione ha aperto più fronti commerciali contemporaneamente—Cina, UE, Canada, Messico, India—mantenendo le trattative fluide e imprevedibili, creando punti di pressione su scala globale. - Conoscere il mercato: “Faccio i miei sondaggi e traggo le mie conclusioni.”
Trump ha spesso ignorato i consigli economici tradizionali, affidandosi all’istinto e al giudizio personale. Le sue decisioni tariffarie hanno spesso sfidato il consenso economico dominante. - Reagire con forza: “Quando mi trattano ingiustamente, reagisco con forza.”
I dazi ritorsivi, in particolare contro la Cina, sono stati presentati come risposte a pratiche commerciali sleali. Trump ha preferito intensificare le tensioni piuttosto che fare marcia indietro. - Farsi sentire: “La stampa è sempre alla ricerca di una buona storia.”
Ha utilizzato la teatralità mediatica per amplificare le sue mosse commerciali definendo il 2 aprile “Giorno della Liberazione”, rilasciando dichiarazioni audaci e presentando i dazi come atti patriottici. Questo ha contribuito a plasmare la percezione pubblica e a raccogliere consenso. - Puntare in alto: “Punto molto in alto e poi continuo a spingere.”
Il suo stile negoziale è stato aggressivo e tenace, iniziando spesso con richieste estreme e cedendo solo sotto forte pressione. Questo è evidente nei livelli iniziali dei dazi e nella sua riluttanza a scendere a compromessi.