A parte che il giornale l’ ”Unità” non esce più da tempo, sembra che l’elemento dominante del Pd di oggi sia più la rissosità, figlia della sconfitta, che un’unità che quasi sempre è causa ed effetto di una vittoria, come è stato per decenni nella storia del PCI. A fagocitare quel giornale fu “Repubblica”, fondato da Scalfari, che i militanti preferirono al quotidiano fondato da Antonio Gramsci. La fotografia travestito da Che Guevara scelta dal segretario torinese Pd per l’occasione è quanto di più sbagliato potesse escogitare, a meno che sia frutto di un’ironia difficile da cogliere . I tempi del Che sono lontani e non si attagliano ad un Pd che deve fare i conti col presente. Come diceva Ugo La Malfa, i conti si debbono fare con la realtà italiana di oggi e non quella dei paesi in via di sviluppo e della guerriglia armata di 50 anni fa. Ho letto il programma della festa: l’intero stato maggiore mobilitato in decine di incontri, anche molto interessanti. Non si riesce tuttavia a cogliere un’ apertura al dibattito esterno, che non sia quello a sinistra .Così il partito democratico rischia di isolarsi totalmente da chi ,rifiutando l’estremismo di Salvini e dei 5 stelle, potrebbe anche avere qualche ripensamento. Non è certo il richiamo ai duri e puri che possa aprire nuovi dialoghi e allargare i consensi. Anzi, contribuisce a chiuderli. Il centro-sinistra non trova spazio, resta solo la sinistra, quella che è rimasta ed è uscita sconfitta. Le tesi innovative di Calenda sembrano non trovare spazio, mentre in alcuni esponenti del PD aleggia la tentazione di un’alleanza suicida con i 5 Stelle, forse nell’illusione di recuperare o conservare in futuro il potere. I milioni di voti raccolti da Renzi e da Gentiloni sembrano non interessare più. O almeno questo appare il messaggio prevalente.