ECONOMIA- Pagina 317

In Afghanistan il tramonto dell’Occidente

Errare è umano, perseverare è diabolico.

Gli Stati Uniti, dopo gli accordi di Parigi lasciarono il Vietnam, confidando nella ‘vietnamizzazione’ del conflitto. Nel 2021, dopo che il processo di sganciamento era partito con l’Amministrazione di Donald Trump, in Afghanistatn è successa la stessa cosa. L’afganistanizzazione del conflitto è stata una completa debacle e adesso gli Occidentali se ne vanno, e quello che era successo a Pnom Penh, quello che era successo a Saigon accade anche a Kabul. In un mondo dove tutto si dimentica in fretta, complici i clic di gradimento su Facebook e le storie di Istagram (per tacere di Tik Tok), c’è ancora una generazione che era poco più che adolescente negli anni Settanta ma che ricorda molto bene quello che accadde. E quello che è accaduto, sta accadendo e accadrà in queste ore a Kabul e in Afghanistan è, per dirla alla Garcia Marquez, la ‘Cronaca di una morte annunciata’. Non entro nei dettagli della geopolitica, nel fatto che i Talebani saranno una spina nel fianco per avversari degli Stati Uniti nella moderna versione del ‘Grande Gioco’, ovvero la Russia di Putin, la Cina comunista e l’Iran degli ayatollah, ma qualche domanda è necessario porsela. Nel 2001, sullo slancio ideale della ferita all’Occidente (perché tale era) la coalizione internazionale, Italia compresa, ha attaccato l’Afghanistan con il deliberato intento di mettere fine al regime teocratico dei Talebani e sradicare il terrorismo islamista di Bin Laden, con il dichiarato intento di portare la democrazia nel Paese (quale fosse il modello di democrazia per gli afghani nessuno però se lo è mai chiesto o lo ha spiegato). Qualche risultato lo si è ottenuto, certamente, ma come sempre il Paese non è mai stato sottomesso del tutto e neppure è stato sradicato il retroterra, compreso quello in Pakistan e nella zona tribale, dove certe idee hanno un profondo radicamento. Nel vent’anni di presenza Usa, Onu, Nato, e anche italiana. La missione italiana, per tacere delle altre, ha riportato 53 morti e 700 feriti, alcuni dei quali porteranno per tutta la vita le conseguenzed

di quanto accaduto sul loro corpo. E già questo è un bilancio che deve suscitare altri interrogativi, di per sé stesso, senza contare il costo della missione nel suo complesso. E’ pertanto lecito chiedersi, per quale motivo i soldati, i cooperanti, i giornalisti italiani sono andati a morire se poi, alla fine, tutto torna come prima. E questo non vale soltanto per gli italiani, ma per tutte le nazionalità che in quella lontana terra hanno sudato sangue, sudore e lacrime. E che dire di quei collaboratori delle nostre, e delle altre, forze militari straniere, che in queste ore stanno rischiando la vita. Kabul potrebbe diventare, con le debite differenze, una nuova Pnom Penh, più una Saigon, Certo gli attori sono diversi, le motivazioni sono differenti, ma i risultati, ovvero le morti violente, sono e saranno le stesse. Un titolo come ‘Paura per chi resta a Kabul’ suona come ipocrita perché questa tragedia si doveva e di poteva evitare e dovrebbe aprire gli occhi sia ai supertifosi dell’Aquila, sia ai pacifisti di casa nostra.

Oswald Spengler nel suo profetico libro ‘Il tramonto dell’Occidente’ scritto tra il 1918 ed il 1923 qualche torto non lo aveva. Eppure eravamo negli anni alla fine della Prima Guerra Mondiale.

E oggi, nonostante le parole, i proclami, i tweet, la realtà non è che una: gli Usa, la Nato, l’Unione Europea, ancora incerta sul come e se accogliere i profughi, hanno fallito la loro missione in quel lontano paese asiatico, E le conseguenze le pagheremo tutti negli anni a venire. Adesso la speranza è che almeno a chi ha creduto nell’Europa, nella Nato, negli Usa, venga tesa una scialuppa di salvataggio.

Personalmente non posso che dirmi schifato e stomacato.

Massimo Iaretti

 

Infortuni sul lavoro, Piemonte in “zona arancione”

ALTRE 104 VITTIME SUL LAVORO REGISTRATE IN ITALIA NEL SOLO MESE DI GIUGNO. COSÌ IL PRIMO SEMESTRE 2021 SI CHIUDE CON 538 MORTI BIANCHE.

 

ED ECCO LA MAPPA DEL PAESE ELABORATA DALL’OSSERVATORIO VEGA ENGINEERING CHE SEGNALA LE REGIONI IN CUI È PIÙ PERICOLOSO LAVORARE: DALLA ZONA ROSSA ALLA ZONA BIANCA. LOMBARDIA E TOSCANA TRA LE PIÙ SICURE. CAMPANIA E PUGLIA TRA QUELLE MENO SICURE.

 

L’emergenza morti bianche continua nonostante lo smart working e nonostante le attività produttive non siano ancora ripartite a pieno regime a causa dell’emergenza sanitaria.

 

E a finire in zona rossa nel primo semestre del 2021 con un’incidenza maggiore del 25% rispetto alla media nazionale (Im=Indice incidenza medio pari a 19,4 morti ogni milione di lavoratori) sono: Puglia, Campania, Basilicata, Umbria, Molise e Abruzzo.

 

In Zona ArancioneLazioPiemonte, Trentino Alto Adige e Friuli Venezia Giulia.

In Zona Gialla: Calabria, Emilia Romagna, Veneto, Sicilia, Valle D’Aosta. In Zona Bianca: Toscana, Lombardia, Sardegna, Liguria e Marche.

(In allegato e sul sito vegaengineering.com sono disponibili i grafici e i dati).

 

 

“Da esperti di sicurezza sul lavoro da quasi un trentennio, ribadiamo che questo è il rischio reale di morte sul lavoro nel nostro Paese – spiega Mauro Rossato, Presidente dell’Osservatorio mestrino – Perché, è proprio attraverso il calcolo dell’incidenza della mortalità sulla popolazione lavorativa che si descrive con maggior precisione l’emergenza. Così accade, ad esempio, che sebbene la Lombardia risulti essere la regione con il maggior numero di infortuni mortali sul lavoro, faccia invece rilevare l’incidenza di mortalità tra le più basse del Paese. Risultato: la Lombardia è una delle regioni più sicure per i lavoratori e rimane in zona bianca.”

 

I NUMERI ASSOLUTI DELLE MORTI SUL LAVORO IN ITALIA.

 

Con i numeri assoluti la Lombardia, come sempre, è la regione in cui si conta il maggior numero di vittime in occasione di lavoro a causa dell’elevato numero di lavoratori. Nel primo semestre 2021, in Lombardia si sono registrati 52 decessi. Seguono: Campania (49), Lazio (47), Puglia (41), Piemonte (38), Emilia Romagna (35), Veneto (32), Abruzzo (23), Sicilia (22), Toscana (21), Trentino Alto Adige e Friuli Venezia Giulia (12), Molise e Umbria (11), Calabria (9), Marche (8), Liguria e Basilicata (7), Sardegna (6), Valle D’Aosta (1). Nel report allegato il numero delle morti in occasione di lavoro provincia per provincia.

 

Nei primi sei mesi del 2021 sono 538 le vittime sul lavoro registrate in Italia; di queste sono 444 quelle rilevate in occasione di lavoro, mentre 94 sono quelle decedute a causa di un incidente in itinere. Rispetto a fine maggio 2021, ci sono 104 vittime in più.

Il settore delle Costruzioni è quello che conta il maggior numero di lavoratori deceduti (51 dall’inizio dell’anno, 8 in più rispetto a maggio). Seguono: Attività Manifatturiere (41), Trasporto e Magazzinaggio (40 vittime da inizio anno), Commercio, Riparazione di autoveicoli e motocicli (31), Amministrazione Pubblica e Difesa (14), Sanità e Assistenza Sociale (13).

La fascia d’età più colpita dagli infortuni mortali sul lavoro è quella tra i 45 e i 64 anni (314 su un totale di 444).

 

Le donne che hanno perso la vita in occasione di lavoro nel primo semestre 2021 sono 40 su 444.

Gli stranieri deceduti in occasione di lavoro nei primi sei mesi del 2021 sono 58.

Il lunedì continua ad essere il giorno in cui si è verificato il maggior numero di infortuni nei primi sei mesi dell’anno.

 

*La pandemia ci ha obbligati da diversi mesi a vivere l’Italia “a colori”. Ma ci ha anche insegnato che i colori possono raccontare l’emergenza in modo più semplice ed efficace. Per questo l’Osservatorio Sicurezza sul Lavoro Vega Engineering di Mestre – che da oltre un decennio elabora indagini statistiche sulle morti bianche nel nostro Paese – ha deciso di utilizzare gli stessi colori per descrivere in modo più leggibile e incisivo le tragedie che si consumano nella quotidianità lavorativa. Si tratta, dunque, di una zonizzazione sulla base della mortalità rispetto alla popolazione lavorativa, parametrata su un’incidenza media nazionale (Im=19,4).

Il master Upa studia il turismo in Piemonte

Il progetto finale di un team di studenti del Master UPA in “Strategie di comunicazione integrata al tempo del digitale” è incentrato su una proposta di campagna di comunicazione turistica del Piemonte.

Istituito oltre trent’anni fa in collaborazione con l’Università Ca’ Foscari di Venezia, il Master “Strategie di comunicazione integrata al tempo del digitale” si svolge a Milano dal 2013 in collaborazione con UPA – Utenti Pubblicità Associati – la storica associazione che riunisce le aziende che investono in pubblicità in Italia.

Il Master è rivolto a laureati con un brillante percorso di studi e a giovani professionisti che devono confrontarsi con un mercato che impone un continuo aggiornamento delle competenze di marketing e di comunicazione. Fiore all’occhiello del Master sono i “project work”, realizzati dai ragazzi in piccoli gruppi e basati su brief reali assegnati dalle aziende associate.

Nell’ambito della collaborazione di VisitPiemonte con UPA, gli studenti hanno sviluppato un piano di comunicazione turistica della nostra regione. Basato su un’approfondita analisi del territorio, dei competitor, dei target e delle best practices, l’elaborato ha puntato sui temi dell’innovazione, delle esperienze sviluppate intorno a delle “palette colori” diverse a seconda delle stagioni, e della narrazione sensoriale e su toni comunicativi di empatia, semplicità e inclusività.

“Piemonte, un racconto da vivere” è stato il claim ideato per la campagna rivolta ad un target di Millennials, declinata sui mercati italiano ed europeo e pianificata soprattutto sui vari canali social tramite immagini, video, podcast e attraverso il racconto di narratori locali. Il progetto ha proposto anche il ridisegno del sito web in modalità “mobile first”.

La presentazione del progetto si è svolta il 23 giugno scorso davanti alla Commissione d’esame e il 27 luglio è stato presentato in video-collegamento a tutto lo Staff di VisitPiemonte.

La Regione a sostegno del comparto apistico

In arrivo i bandi 2021 per i contributi alle aziende e alle associazioni dei produttori

La Giunta regionale, su proposta dell’assessore all’Agricoltura e Cibo Marco Protopapa, ha approvato una serie di provvedimenti a favore del settore apistico piemontese per gli anni 2021-2022.

Con 1, 3 milioni di euro di risorse finanziarie assegnate dal Ministero delle Politiche agricole al Piemonte per il periodo compreso tra il 1° agosto 2021 e il 31 dicembre 2022, sulla base della ripartizione alle singole Regioni dei fondi derivanti dall’Unione Europea, l’Assessorato all’Agricoltura predispone l’apertura di quattro bandiche saranno pubblicati sul sito della Regione Piemonte nelle prossime settimane.

I bandi regionali andranno a beneficiare le aziende agricole e le associazioni di produttori che richiedono contributi per assistenza tecnica alle aziende; corsi di formazione, azioni di comunicazione, acquisto dei presidi sanitari e analisi dei prodotti dell’apicoltura; attrezzature per le aziende, attrezzature per il nomadismo e il ripopolamento; ricerca.

Inoltre in attuazione della Legge regionale n.20/1998 in materia di sostentamento e sviluppo dell’apicoltura in Piemonte, la Giunta regionale ha assegnato una dotazione finanziaria di 300 mila euro per la richiesta di contributi da parte delle associazioni apistiche riconosciute dalla Regione per la realizzazione del servizio di assistenza tecnica agli apicoltori, in particolare per affrontare le problematiche inerenti alle patologie e ai parassiti delle api; per la formazione e l’aggiornamento degli apicoltori e dei tecnici apistici; per la promozione e valorizzazione dell’apicoltura e dei suoi prodotti.

“Con l’attivazione dei bandi 2021 la Regione dà un aiuto concreto al comparto apistico piemontese che sta registrando gravi criticità a causa del cambiamento climatico, come emerso anche dal tavolo regionale che si è tenuto a luglio – sottolinea l’assessore regionale all’Agricoltura e Cibo, Marco Protopapa – Il Piemonte si distingue a livello nazionale per numero di produttori e per la qualità del nostro miele, caratteristiche che vogliamo mantenere e pertanto ho ritenuto che venissero incrementati i contributi in particolare a sostegno della ricerca e a favore del ripopolamento”.

La Città assume 100 funzionari con contratto di formazione

La Città di Torino nel giugno scorso ha presentato alla Regione Piemonte il progetto formativo per l’assunzione dei primi 100 Funzionari (cat D) con contratto di Formazione e Lavoro della durata di 24 mesi. Il progetto è stato approvato dalla Regione il 29 luglio e quindi è iniziata la procedura per le assunzioni.

 

Il Comune sta definendo con Formez Pa, con cui è associato, le specifiche tecniche dell’avviso di selezione che verrà pubblicato al più presto, presumibilmente nel mese di settembre.

 

Le nomine riguarderanno diverse specializzazioni necessarie per far fronte alle progettualità previste dal PNRR.

 

Tra le figure ricercate vi sono esperti in rendicontazione, esperti giuridici ed in contabilità pubblica, analisti informatici, ingegneri strutturisti, esperti in valutazione ambientale strategica e bonifiche, pianificatori urbanistici, tecnici esperti in ambito energetico e in trasporti e mobilità.

Il guru del vino Donato Lanati chiamato in Madagascar

Un’impresa eroica che coniuga scienza, cultura, ambiente e territorio, con risvolti economico-sociali

“in Madagascar, vengono prodotti 15milioni di ettolitri di vino: i bianchi sono discreti, mentre i rossi sono imbevibili”

Pochi gli elementi certi e tante le variabili da analizzare

E’ partita dal Madagascar la delegazione malgascia, guidata dall’economista internazionale e procacciatore d’affari governativo Bruno Randri-Anantenaina, giunta settimana scorsa nel Monferrato per incontrare il guru del vino Donato Lanati. Un lungo viaggio di speranza e ambizione, per qualificare e lanciare la produzione enologica della Repubblica insulare, situata nell’Oceano Indiano, al largo della costa orientale africana.

Tra i Paesi economicamente più poveri del mondo e con una qualità della vita ancora bassa per la maggior parte della popolazione, il Madagascar annovera rari esempi di un’eccezionale biodiversità. L’economia nazionale è essenzialmente basata sull’agricoltura, sull’allevamento del bestiame e sulla produzione di oggetti di artigianato. Il riso resta il più importante prodotto del Paese, mentre l’esportazione agricola è centrata su prodotti di ridotto volume e di alto valore, come vaniglia, caviale litchi e oli essenziali. Il cuore del Paese, con le regioni di Fianarantsoa e Antananarivo, è l’altopiano centrale (hautes terres), caratterizzato da rilievi collinari e montani che raggiungono i 1700 metri di altitudine e che proteggono le fertili valli, fondamentali per l’agricoltura. Il tratto più distintivo dell’isola è il colore rosso intenso del terreno (ricco di ferro) che dà il suffisso “Rosso” all’Isola.

La nostra tradizione enologica parte dai vini prodotti per i riti religiosi”, ha spiegato l’economista malgascio durante la visita all’Enosis Meraviglia di Fubine; “poi, con le prime colonizzazioni europee, le coltivazioni sono iniziate a prosperare. Oggi, in Madagascar, vengono prodotti 15milioni di ettolitri di vino: i bianchi sono discreti, mentre i rossi sono imbevibili. Ecco, la motivazione del viaggio in Italia alla ricerca di una collaborazione/cooperazione con Donato Lanati, sommo maestro nell’interpretare ambiente/territorio e dar voce alla vite. Attualmente, il Madagascar è caratterizzato da un’economia di sussistenza e da scarsa industrializzazione, ma riserva grandi potenziali nel turismo, quello solitario e paesaggistico a contatto con la natura. In quest’ambito, riteniamo che il vino sia un elemento importante, una risorsa complementare per elevare la nostra offerta turistica”.

Che a Lanati piacciano le sfide è lapalissiano e che sia un luminare dell’enologia è una certezza inconfutabile ma, questa volta, si tratta di un’impresa davvero eroica, che coniuga scienza, cultura, ambiente e territorio, con potenziali risvolti economico-occupazionali. Una sfida oltre la sfida, che guarda anche al sociale e al riscatto di un Paese, paradossalmente, povero e ricco allo stesso tempo. Certamente, il notevole lavoro sul fronte della viticoltura e della vinificazione svolto in Georgia (dal 2004 sull’altopiano del Kakheti, dove c’erano 4 aziende e oggi, grazie a Lanati, se ne contano 120), Kazakistan e Cile, oltre che in Italia, è tra le dimostrazioni palpabili del suo vincente e lungimirante operato, anche sotto l’aspetto economico-sociale ma, col Madagascar, l’impresa è ancora più grande: è una lotta che si fa serrata contro il tempo e le distanze.  

E’ un invito impegnativo e stimolante allo stesso tempo”, riflette Lanati. “Pochi gli elementi certi e tante le variabili da analizzare, prima di intraprendere un percorso. Tra le certezze: l’eccezionale biodiversità del Madagascar, uno degli ultimi paradisi terrestri; da analizzare, invece: le condizioni pedoclimatiche, le escursioni termiche, la durata e l’intensità delle piogge, le temperature per la dormienza della vite, nonché gli agenti patogeni vegetali e animali. Alla luce di tutti questi elementi, fondamentale risulterà, altresì, la scelta del porta innesto. L’obiettivo? Un vino dialogico, dal cromatismo luminoso e trasparente. Ogni bottiglia dovrà racchiudere un pezzo di Madagascar. Sarà un lungo lavoro che durerà anni”.

La vite accompagna l’uomo da oltre otto millenni e, quando compresa, è in grado di esprimere la cultura e la storia di un territorio: “solo con tale consapevolezza”, sottolinea Lanati, “i malgasci conquisteranno la forza necessaria per interloquire col mondo”.

Con studi e analisi alla mano, potremmo ipotizzare di produrre un milione di bottiglie in una cantina modulare, che non sia solo il luogo di trasformazione dell’uva in vino, ma l’anima pulsante di una terra fiera e orgogliosa. Immagino cantine immerse nei vigneti, disegnati come parchi. Penso a cantine nelle quali vivere un pieno trasporto nella cultura di un territorio dalla storia millenaria. Marketing e comunicazione, poi, completeranno l’opera: l’etichetta dovrà essere geniale, diretta ed essenziale; un vero e proprio biglietto da visita del Madagascar e di tutto il suo comparato agroalimentare”.

Davanti alle sfide più grandi, l’eloquio di Lanati è tornato ad essere un fiume in piena che, tanto, ha affascinato i visitatori malgasci, pronti ad aprire autostrade allo scienziato del vino o, meglio ancora, ad edificare archi vitruviani, già emblema di riscatto e fortuna in altri Paesi del mondo, solcati dalla sapiente mano del guru monferrino.  

  

Nuovo piano per l’ex comando dei vigili di via Morandi: welfare generativo a Mirafiori

Caro direttore, a giugno 2020 era stato annunciato un nuovo piano per il comando dei vigili urbani di via Morandi che sarebbe stato trasferito per aprire a nuove progettualità l’immobile al civico 10.

Nell’immobile, come confermato anche dal comandante Bezzon, era rimasto soltanto un piantone di un vigile urbano che forniva informazioni e raccoglieva le segnalazioni e la struttura era, di fatto, per buona parte inutilizzata mentre gli stessi servizi sono stati dislocati in strada comunale di Mirafiori.

Le reazioni immediatamente successive all’annuncio di questo intento erano state di preoccupazione da parte di alcuni abitanti della zona che temevano occupazioni abusive o il disuso di una struttura cittadina. A questo l’Amministrazione aveva da subito fornito rassicurazioni: non avremmo permesso occupazioni e avremmo trovato una soluzione per valorizzare lo stabile e, globalmente, l’intera zona.

In questi mesi abbiamo lavorato per ottenere un risultato specifico: ridare vita all’intero complesso e renderlo disponibile alla cittadinanza.

Si inserisce proprio in questo percorso la decisione di ATC, che il 22 luglio 2021 ha deliberato la richiesta alla Città di Torino per l’immobile di Via Morandi n° 10, al fine di attivare nuove progettualità specifiche sulla formazione al lavoro.

Sussidiarietà orizzontale e welfare generativo: queste le linee di indirizzo con cui ATC manifesta il proprio intento, nell’ambito delle linee guida tracciate dalla normativa regionale in materia, per favorire l’individuazione di immobili che non sono utilizzabili per i fini propri dell’edilizia sociale ma che possono essere adibiti per servizi sussidiari alla cittadinanza.
In particolare l’Agenzia, con l’attivazione delle varie progettualità nei quartieri di edilizia sociale, pone in essere tutte le attività sul welfare abitativo a favore dei residenti degli immobili di proprietà e/o in gestione ATC. L’attivazione di tali progettualità nasce inoltre dall’esigenza di operare una trasformazione dell’edilizia sociale in un servizio abitativo, cioè una casa integrata ad un insieme di servizi collegati (politiche sociali, sanitarie e dell’occupazione) che rispondano alle esigenze della persona e della famiglia.

La zona interessata è densa di alloggi di edilizia sociale attorno ai quali sperimentare nuove azioni finalizzate a:

– rafforzare la presenza sul territorio;

– offrire servizi sulla formazione al mondo del lavoro, dando la possibilità a coloro che risiedono negli alloggi ATC di avere una offerta formativa a condizioni favorevoli;

– favorire la nascita di attività sul territorio;

– migliorare lo stato manutentivo degli edifici pubblici e avviare momenti di aggregazione tra gli inquilini degli immobili di edilizia sociale.

È ormai chiaro da tempo come l’edilizia sociale debba considerare molteplici aspetti della vita delle persone, promuovendo un inserimento degli alloggi in contesti attivi, organizzati e partecipati.
La strada dello stabile che prima era comando dei vigili urbani va proprio in questa direzione.

Antonino Iaria

Assessore Urbanistica Città di Torino

Arte, da Fondazione CRT 700 mila euro per 64 mostre

 Sono 64 i progetti espositivi sostenuti dalla Fondazione CRT con il bando “Esponente 2021” che ha messo in campo 700 mila euro per mostre e riordino di collezioni, anche in digitale.
Dalla nuova app del MAO che mette a disposizione diversi contenuti audio e video per favorire la fruizione dei visitatori e di persone disabili o con necessità speciali alla mostra del MUFANT dedicata alle supereroine; dal 25° concorso internazionale di scultura della Fondazione Peano all’esposizione “Il mito di Venezia, da Hayez alla Biennale” della Fondazione Castello Sforzesco Visconteo di Novara; dal “viaggio” alla scoperta delle balene preistoriche al Parco paleontologico astigiano alla mostra digitale “Oropa: voci e figure del passato”; dalla fragile bellezza del legame corpo-gioiello a Valenza all’opera grafica di Carrà e Martini a Verbania.
“Fondazione CRT sostiene l’offerta artistica diffusa capillarmente sul territorio, espressione del nostro Dna culturale: ogni mostra, esposizione o collezione rappresenta uno speciale momento di incontro con la bellezza, capace anche di alimentare un comune senso di appartenenza alla comunità”, spiega il Presidente della Fondazione CRT Giovanni Quaglia.
“Le iniziative sostenute dalla Fondazione con il bando Esponente fanno da volano per la crescita turistica, occupazionale ed economica e coinvolgono un’ampia filiera culturale, che mixa competenze artistiche e digital skills, sempre più strategiche nel mondo post Covid”, afferma il Segretario Generale della Fondazione CRT Massimo Lapucci.
Dal 2005 a oggi, il bando Esponente ha sostenuto oltre 1.000 iniziative, per uno stanziamento complessivo di oltre 13 milioni di euro da parte di Fondazione CRT.

Dal Piemonte aiuti per Cuba e Tunisia

Con approvazione all’unanimità della delibera proposta dal Comitato di solidarietà, primo firmatario il presidente Stefano Allasia, l’Assemblea legislativa di Palazzo Lascaris impegna la Giunta regionale per “interventi di soccorso a favore della popolazione di Cuba e della Tunisia mediante l’invio ai rispettivi servizi sanitari di dispositivi di protezione individuale per il Covid-19 e, verificata la disponibilità con le Aziende sanitarie locali regionali, di medicinali, farmaci e attrezzature sanitarie”.

Nella presentazione in Aula l’assessore Maurizio Marrone ha spiegato l’importanza dell’intervento anche alla luce dell’aiuto che il Piemonte ha ricevuto nell’aprile 2020 dalla Brigata sanitaria “Henry Reeve” inviata dal Ministero della Salute pubblica cubano nel momento del nostro bisogno.

Grimaldi (Luv), ha sottolineato che l’aiuto è stato raccolto attraverso l’impegno delle Asl e del Dirmei, “un dovere della nostra Regione dimostrare riconoscenza. La terra che dobbiamo proteggere è una sola”.

Utili record per Stellantis: ma che ne sarà dell’automotive a Torino?

Mentre si dibatte del futuro industriale di Torino, con il possibile arrivo di Intel a Mirafiori, Stellantis chiude il primo semestre su base pro forma con margine dell’11,4% e ricavi netti per 75,3 miliardi di euro, in crescita del 46%. L’utile netto del periodo è di 5,9 miliardi.

In attivo anche Maserati con un risultato operativo rettificato di 29 milioni di euro e quota in crescita in tutti i mercati. La guidance per l’anno è stata alzata a circa il 10% di margine del risultato operativo rettificato. Potente l’ avvio del piano di sinergie, con 1,3 miliardi di benefici di cassa nel semestre.
Il risultato operativo rettificato pro forma è di 8,6 miliardi di euro, il margine  dell’11,4%. Per il gruppo è redditività record in Nord America: Jeep Wrangler 4xe è stato il Phev più venduto nel secondo trimestre, dopo il lancio a marzo 2021. Prosegue la strategia per l’elettrico con il lancio di 11 Bev e 10 Phev nei prossimi 24 mesi. I veicoli commerciali leggeri  saranno completamente elettrificata in Europa, e si punta su furgoni medi a celle a combustibile a idrogeno per la fine del 2021. Pare però che ormai, considerando anche la dismissione degli storici e simboli uffici Fiat del Lingotto, il gruppo non abbia molto da offrire a Torino.