Con Jurij Ferrini protagonista. Dopo il Cyrano de Bergerac, Ferrini affronta un testo universale, restituendo una grande umanità al personaggio di Arpagone
Jurij Ferrini sarà interprete e regista nell’Avaro di Moliere che debutterà in prima nazionale al teatro Gobetti, mercoledì 7 ottobre prossimo. Accanto a Ferrini nel ruolo di Arpagone, tra gli altri, Matteo Baiardi interpreterà il personaggio di Cleante, Vittorio Camarota quello di Mastro Simone e Sara Drago quello di Elisa. Insieme al Tartufo, Il malato immaginario e Il borghese gentiluomo, l’ Avaro è una delle commedie più amate di Moliere. Articolata in cinque atti e composta dal drammaturgo francese nel 1668, non ebbe un immediato successo al suo apparire, ma l’approvazione arrivò più tardi, nei secoli successivi. Sicuramente è un testo che possiede quelle caratteristiche capaci di renderla una commedia straordinamente divertente; Moliere, grande uomo di teatro, oltre che fine letterato, vi ha messo tutti gli ingredienti, i motivi, le scene farsesche, che rendono esilarante una piece comica.
Esiste nell’Avaro un difetto maniacale, l’avarizia appunto, accanto alla servitù intrigante, agli amori contrastanti dei giovani e alla rivalità amorosa tra i protagonisti, in questo caso padre e figlio; quindi i malintesi, l’agnizione finale che conduce, come un deus ex machina, l’intrigo a una risoluzione. L’apparente ridondanza di temi non appesantisce, tuttavia, la commedia. Moliere, perfetto uomo di teatro, è troppo accorto per lasciarsi sopraffare da una piena di motivi. Dispone, come un perfetto direttore orchestra, tutti i motivi, dosandoli in maniera molto equilibrata.
Dopo il successo del Cyrano de Bergerac, Ferrini affronta, così, un altro testo fondamentale del teatro di tutti i tempi. “Abbiamo perso la capacità – afferma il regista – di far ridere con le grandi commedie classiche, dotate di ingranaggi comici perfetti, capaci di sostenere una trama portante e svelare personaggi eternamente attuali. Ecco perché è appassionante la sfida di tornare a far ridere il pubblico con la complessità umana dei protagonisti di un testo com L’Avaro. La caratteristica dei classici è proprio quella di attraversare epoche della storia, rimanendo integri, anche dopo enormi cambiamenti sociali”. “Purtroppo non vedo – conclude Ferrini – nulla di antiquato in un uomo ossessionato dal possesso, al punto da togliere qualsiasi prospettiva di felicità alla sua prole, diventando addirittura usuraio ai danni del figlio. Arpagone è un uomo che, per il suo egoismo, condanna, infatti, all’infelicita’ un’intera generazione di giovani, che tentano di aggirare la sua prepotenza”
Dal 7 al 18 ottobre 2015 in prima nazionale al teatro Gobetti. L’Avaro di Moliere nella traduzione di Sara Prencipe con Jurij Ferrini.
Mara Martellotta