CULTURA- Pagina 50

P’Assaggi letterari alla Venaria inizia con Andrea Pennacchi

Alla Reggia di Venaria prosegue la programmazione dell’Anno del Cibo, con un palinsesto culturale dedicato nell’anno 2023 al tema del food per riflettere sul valore del cibo e sulla sostenibilità agricola e alimentare.

 

P’Assaggi letterari

Andrea Pennacchi  |  Enrica Tesio  |  Arturo Brachetti

Tre passeggiate letterarie nei Giardini della Reggia, in compagnia di grandi personaggi dello spettacolo e della cultura italiana, degustando un aperitivo itinerante con prodotti di qualità e del territorio.

Il primo appuntamento è con Andrea Pennacchi martedì 27 giugno alle 18.45.

Gastronomica alla Reggia

Continuano gli appuntamenti della rassegna gastro-letteraria di Slow Food Editore: in programma sabato 24 giugnoLe donne del vino con Laura Donadoni; a seguire sabato 1° luglio i Viaggi Gastronomici con il fondatore di Slow Food Carlo Petrini.

Il ricordo di Mario Lattes a cento anni dalla nascita al Circolo dei Lettori

Nell’ambito della diciassettesima edizione del Festival nazionale Luigi Pirandello e del Novecento, il 22 giugno scorso, al Circolo dei Lettori di Torino, si è voluto ricordare la figura di Mario Lattes a più di venti anni dalla scomparsa, ma soprattutto nel centenario della nascita, avvenuta il 25 ottobre 1923, alla presenza del critico letterario Bruno Quaranta, del professor Giovanni Barberi Squarotti e del nipote Simone Lattes, che oggi ha preso le redini della casa editrice. Si è trattato di un ricordo appassionato di una delle figure più articolate e complesse del Novecento.

Sicuramente Mario Lattes ha unito in sé varie anime, da quella dell’editore, per la quale è più conosciuto al vasto pubblico, a quella di scrittore e di pittore.

Dopo la seconda guerra mondiale avrebbe diretto la Lattes Editori, la casa editrice fondata dal nonno Simone Lattes nel 1893, tra le più importanti nel settore dell’editoria scolastica, ma che avrebbe proposto anche opere di autori quali Il’ja Erenberg, William Faulkner e Filippo Burzio.

È stato un importante collaboratore, con scritti e disegni, di riviste culturali eminenti del momento, quali il Mondo di Pannunzio, la Fiera letteraria e la Gazzetta del Popolo.

Fu con un gruppo di amici che fondò la rivista letteraria “ Galleria” nel 1953 che, nel 1954 assunse il titolo di “Questioni”, divenendo una voce influente nel mondo culturale non solo torinese.

Dopo la laurea all’Università di Torino con il professor Walter Maturi prese avvio la stagione della pubblicazione dei romanzi e racconti, tra cui “Le notti nere” del 1958, “La stanza dei giochi” del 1959 e “Il borghese di ventura”, pubblicato da Einaudi nel 1976.

Mario Lattes è stato un testimone acuto delle vicende del suo secolo, interprete delle tensioni e ambiguità del suo ruolo d’artista. Ne ha vissuti i drammi e le esaltazioni, filtrando le emozioni attraverso una personale visione della figurazione, intrisa di umori fantastici e visionari.

In qualità di artista gli va il merito della diffusione in Italia di pittori e autori stranieri di grande valore.

Mario Lattes, nell’ambito pittorico, come ha testimoniato Libero de Libero, risulta “un autore notturno e raffinato, capace di dare vita a immagini oniriche e a fantasmi illuminati da centro del colore”. La sua prima mostra risale presso la galleria La Bussola, a Torino, nel 1947, a testimonianza delle esperienze artistiche maturate nel suo periodo laziale. Partecipò con successo a due edizioni della Biennale di Venezia e alla quadriennale di Torino e di Roma. La sua opera pittorica, dopo un primo periodo “informale”, è sempre stata figurativa, con un approccio visionario e fantastico che si richiamava a Gustave Moreau, a Odilon Redon e James Ensor. Esiste un sottile fil rouge che lega la pittura, le incisioni e i romanzi, talvolta nella scelta dei soggetti identici, ma trasfigurati da mezzi espressivi diversi.

Ha sperimentato linguaggi e tecniche eterogenei nel quale ha espresso il dolore dell’esistenza e la sua rivendicazione della libertà a ogni pregiudizio. La sua opera pittorica attraversa così momenti di ispirazione ora espressionista, ora astratta, per approdare a matrici surrealiste. Le sue tele sono popolate da ombre, crisalidi, fantasmi e nature morte.

Sentimenti, vicende personali, paure, speranze e la vita quotidiana costituiscono i temi di cui sono composti i romanzi di Mario Lattes, che sono sempre opere autobiografiche, scritte con sensibilità, con ironia e profondo senso epico. Nel 1972 veniva pubblicato un libretto intitolato “Fine d’anno” in cui sono raccolte alcune poesie di Lattes, che ripropongono i temi centrali della sua riflessione: la nostalgia per ciò che si è dovuto lasciare, che non c’è più se non nella memoria, la morte, la natura, l’amore che passa, l’esilio. Nel 2015, per volontà degli eredi, veniva pubblicata la tesi di laurea di Mario Lattes a cinquantacinque anni dalla sua stesura, dal titolo “Il ghetto di Varsavia”, a cura del Professor Giacomo Iori.

Mara Martellotta

 

San Giovanni, ingresso a 1 euro per le mostre alla Gam, Mao e Palazzo Madama

La Gam, Mao e Palazzo Madama celebrano la festa di San Giovanni  offrendo a tutti i visitatori l’ingresso a 1 euro alle mostre temporanee e permanenti, un’occasione davvero imperdibile non solo per i torinesi, ma per le persone di passaggio a Torino.

Alla Gam i visitatori potranno ammirare una ricca selezione di opere della collezione permanente nelle mostre “Ottocento. Collezioni Gam dall’Unità d’Italia all’alba del Novecento ” e “Viaggio al termine della statuaria”.

Al Mao il pubblico potrà visitare le gallerie dedicate a Cina, Giappone, Hymalaya, Asia Meridionale e Sud Est Asiatico,  che costituiscono collezioni permanenti e la mostra  dal titolo “Metalli sovrani. La festa, la caccia e il firmamento nell’Islam medievale, allestita all’interno della galleria dedicata all’arte islamica.

Nello spazio dedicato alle mostre temporanee è,  invece, visitabile la mostra dedicata a Buddha e si potrà ammirare l’installazione HIdden Foowers di Jacopo Milani,aperta fino al prossimo 25 giugno.

A Palazzo Madama oltre alla ricca colazione permanente di dipinti, sculture, codice miniati, maioliche e , porcellane, ori, argenti e tessuti, il pubblico potrà godersela mostra temporanea dal titolo “Bizantini . Luoghi, simboli, comunità di un impero millenario e i colori della libertà“.

MARA MARTELLOTTA

Paolo Pozzi e la linea ideale sul 45° parallelo

 

Al termine di un lavoro di ricerca durato molti anni è stata pubblicato in edizione ristretta l’interessante volume “ 45° parallelo. Similitudini, somiglianze, intrecci e fantasie nelle culture dialettali” nel quale Paolo Pozzi  indaga e confronta vicende e sovrapposizioni lessicali, testi poetici e musicali su una linea ideale che scorre dalla sponda piemontese del Verbano fino alle coste dell’Istria.

 

L’autore, dirigente industriale in pensione e appassionato ricercatore, nato al Mottarello di Masnago (Varese) e residente sulle colline di Stresa, ha potuto attingere sia dalla cultura lacustre dell’ Insubria sia dalle tradizioni friulane, soprattutto della destra del Tagliamento, la terra dei suoi nonni materni. Un volume di 140 pagine dove il testo è accompagnato da numerosissimi rimandi  a fonti esterne attivabili semplicemente con un click e da una chiavetta usb dove sono raccolti numerosissimi documenti. Il lavoro di Paolo Pozzi sui parallelismi nelle culture dialettali tra ovest ed est, viaggiando idealmente sulla linea del 45° parallelo, è molto interessante. La splendida espressione tradotta dall’yiddish di Weinreich (“una lingua è un dialetto con un esercito e una marina“) riassume l’importanza e la nobiltà delle tradizioni vernacolari. Non a caso l’autore cita il cardinal Tonini che, acutamente, sosteneva come le nostre radici non si trovano solo nella terra dove siamo nati ma anche nell’educazione che abbiamo ricevuto. Così, accompagnati dai parallelismi, si può viaggiare tra le pagine confrontando lingue e tradizioni dei progenitori di Pozzi, come nei casi della nonna materna, friulana, e di quella paterna, originaria del varesotto. Un confronto che chiama in causa i poeti lungo quel filo immaginario che corre tra le terre dell’Ossola e del lago Maggiore fino a Pinguente, nella valle del fiume Quieto, un tempo sede della Serenissima nell’entroterra istriano. Il richiamo a Pier Paolo Pasolini che precisa il senso del canto popolare e il viaggio proposto da Pozzi ( dove, pur stando seduti, ci si sente sempre in movimento) tra storie, migrazioni di uomini e parole, contaminazioni maturate su strade polverose battute dalle truppe napoleoniche formate dai grognards de la grande armée, vecchia  e fedele guardia napoleonica proveniente da territori larghi e transnazionali, sono immagini straordinarie. I Savoia che diffondono la lingua italiana per combattere ignoranza e analfabetismo e, al tempo stesso, favorire sentimenti unitari; il popolo che salva il dialetto dalla protervia del fascismo che imponeva l’italianizzazione forzata ( come fece in Istria e Dalmazia, territori occupati) aprono squarci sulla storia. La ricerca sulle similitudini nei vocaboli tra i dialetti bosino e friulano, l’arguto confronto sui diversi significati della parola “briciola” o la scoperta che Madonna” nel dialetto bresciano è un termine con tre significati ( appellativo di Maria – come nel resto del Paese – , suocera e persino una brutta parola). Nanni Svampa fondatore del gruppo cabarettistico e musicale dei Gufi, immaginato in parallelo con George Brassens mentre il padre Nino a Cannobio scriveva poesie e coltivava la passione velistica, raccontate nel libro “Boff de Canobina” (vento di Cannobina), consente a Paolo Pozzi di tracciare un altro parallelo con Biagio Marin, il poeta di Grado che nacque in territori a quel tempo appartenenti all’impero austro-ungarico. Il libro propone spunti e riflessioni offerte in un lavoro che non ha nulla di accademico, come precisa l’autore, ma si trasforma in un vitalissimo affresco di culture e storie. Le vicende narrate si ripetono nelle vicissitudini dei migranti di ieri e di oggi, tra chi conobbe l’esodo da Pinguente e chi raggiunge con una imbarcazione di fortuna Lampedusa dopo aver attraversato un braccio di mare che è diventato un cimitero di disperati in cerca di fortuna o in fuga da guerre e fame. Le suggestioni che si offrono al lettore sono tante e c’è una continuità, un filo rosso che lega personaggi e luoghi, profili come quello di Toti Dal Monte e paesi come Pieve di Soligo. La solida ricerca condotta da Paolo Pozzi confrontando canzoni e poesie e la parte che dedica a Trieste e alla terra friulana dove si dipana parte del suo “lessico famigliare”, è una sorta di compendio alle tracce che si trovano leggendo “Gli aghi”, un suo libro di qualche anno fa. Se ci si può permettere un ulteriore parallelismo questo è possibile chiamando in causa il Breviario Mediterraneo di Predrag Matvejević, un libro che sembra una finestra spalancata sul mare nostrum, su moli e banchine, sagome di chiese e architettura di case, sui fari delle coste e gli itinerari delle carte nautiche. Leggerlo equivale a sfogliare le pagine di un dizionario di gerghi, espressioni, idiomi, parlate che cambiano nel tempo e nello spazio. Quello di Paolo Pozzi è un breviario poetico sull’uso della lingua e di quello che, volgarmente, viene definito dialetto ma che a ben guardare , essendo “una varietà della lingua”, ne ha la stessa dignità, trasmettendo emozioni e calore, traducendo i sentimenti in parole spesso più appropriate di quanto possano fare le lingue ufficiali. Già nella sua silloge “Le rime migranti”  usò le varietà delle “sue lingue” con garbo e maestria, sia quella bosina che svela la radice paterna, legata al territorio della provincia di Varese, che le friulane e istriane, rispettivamente della madre e della moglie, frutto del pluralismo linguistico che si trova sulla linea del confine orientale, dove la tradizione mitteleuropea sfuma nei Balcani. Lì si toccano due mondi: l’Occidente, dove la verità è adeguamento della cosa all’intelletto; e l’Oriente, dove la verità è ciò che sembra che la cosa sia. Così, sfogliando le pagine, si respirano le atmosfere del Verbano, dove si sente “l’acqua che sciaborda contro i sassi” e s’intuisce il profilo dei monti che lo circondano ( “come stirate dalle dita del vento, delle nuvole grigie si strappano sulle cime della Val Grande”) fino all’Istria e dell’Adriatico (“Non si può solo camminare sulla riva per capire cosa vuol dire Mare! Ma con l’impeto di un’onda che ti spinge a vele tese, prova a navigare..”). E’ il lievito del racconto, dell’impasto dei suoi pensieri. Ci sono le riflessioni sociali, immagini d’attualità, i segni di una sensibilità ricca, profonda, mai banale – in questo peregrinare tra le brume e le nebbie del lago Maggiore e l’ombra del campanile “dritto e aguzzo” di Pinguente (la croata Buzet di oggi). Quella di Paolo Pozzi è una ricerca che meritava d’essere conosciuta perché lasciarla chiusa e al buio nel fondo di un cassetto sarebbe stata davvero un peccato.

Marco Travaglini

Le Gallerie d’Italia si animano di concerti e laboratori musicali

In occasione del 21 giugno, giorno del solstizio d’estate

 

In occasione del solstizio d’estate, il 21 giugno prossimo, numerose città europee si animeranno per la Festa della Musica, con una ricca proposta di iniziative e happening musicali, anche allo scopo di rappresentare le varie matrici culturali, storiche e etniche in tutte le performance proposte.

Intesa San Paolo aderisce all’iniziativa, ospitando concerti e laboratori musicali negli spazi museali delle Gallerie d’Italia di Milano, Napoli, Torino e Vicenza, per richiamare l’attenzione non solo sul valore della musica, ma anche sul dialogo che sa intrattenere con le opere e le architetture delle quattro sedi.

A Torino, a partire dalle 16 alle 17.30 di martedì 21 giugno prossimo, si susseguiranno attività per famiglie in laboratorio, volte all’ascolto musicale tra le sale storiche di Palazzo Turinetti, ispirati dalle melodie, che consentiranno di realizzare una rielaborazione fantasiosa degli spartiti ascoltati.

Si tratta di attività consigliate per bambini dai 6 ai 10 anni, con prenotazione obbligatoria al numero verde 800167619, oppure scrivendo a torino@gallerieditalia.com

Mara Martellotta

Il tesoro della Città. Tra storia e tecnologia, i simboli di Torino

Palazzo Madama – Museo Civico d’Arte Antica segnala mercoledì 21 giugno 2023 alle ore 18l’incontro di approfondimento, che si terrà all’Accademia Albertina di Belle Arti, Salone d’onore, via Accademia Albertina 6, Torino.

 

L’evento, in collaborazione con Rai CRITS e Palazzo Madama, propone un excursus sulla storia dei simboli dell’identità cittadina, a pochi giorni dalla festa patronale di San Giovanni Battista: dal timpano della chiesa della Gran Madre di Dio alla mazza d’argento di Torino, oggi conservata a Palazzo Madama.

A guidare il pubblico saranno gli interventi diFabio Amerio ed Enrico Zanellati per l’Accademia Albertina e la sua Pinacoteca, diClelia Arnaldi di Balme, conservatrice di Palazzo Madama, e degli ingegneri Davide Zappia e Alberto Ciprian del Centro Ricerche, Innovazione Tecnologica e Sperimentazione della RAI, che descriveranno le tecnologie messe a disposizione dell’indagine storico artistica e della sua valorizzazione.

Ingresso gratuito fino a esaurimento dei posti disponibili

Prenotazione consigliata: 0110897370 –comunicazione@albertina.academy

“Evoluzioni sonore #2” Al “MAO Museo d’Arte Orientale” di Torino, suggestive performance musicali

Animeranno l’estate dei torinesi

Dal 20 giugno al 7 settembre

Fra tradizione, sperimentazione, globalizzazione ed echi di futuro, la musica invaderà per quattro mesi gli spazi del “MAO”di Torino, in occasione del riallestimento – concepito attraverso la pratica della “compassione” e del “dono” – della mostra “Buddha10Reloaded”. Sotto l’attenta organizzazione di Chiara Lee e Freddy Murphy (fondatori del progetto musicale “Father Murphy”, con cui i due hanno realizzato una serie di “concept album”, esibendosi in festival ed eventi prestigiosi, tra cui, solo per restare in Italia, la “Biennale di Venezia” e il “Santarcangelo Festival”), i suoni delle artiste invitate contribuiranno a tracciare il ritratto di un continente – quello asiatico – dalle molteplici e mutevoli identità.

Il programma prende avvio, negli spazi museali di via San Domenico 11, martedì 20 giugno, alle ore 19, con Miya Masaoka, per un approccio virtuosistico ed innovativo al “koto”giapponese, strumento musicale cordofono appartenente alla famiglia delle “cetre”, derivato dal “Guzheng” cinese. Miya Masaoka è compositrice, musicista e sound artist. Le sue opere spaziano tra il New Noh, performance ibride tra acustica ed elettronica, sound art, cori, mappatura del movimento degli insetti, installazioni sonore, performance art e molto altro. Il suo lavoro esplora la percezione corporea della vibrazione, del movimento e del tempo, mettendo in primo piano complesse relazioni timbriche. La Masaoka è docente associata e direttrice del “MFA Sound Art Program” presso la “Columbia University” di New York.

“Elettronica contemporanea e classici ‘raga’ indostani amalgamati in un’armonia perfetta”, saranno invece, i temi su cui andrà a cimentarsi mercoledì 26 luglio, alle 19, Arushi Jain, cantante e produttrice, nonché ingegnere, con una visione non ortodossa e risolutamente “DIY” (anticonsumistica) di una tradizione secolare. Trasferitasi dall’India in California, studia  Informatica alla “Stanford University”, dove è introdotta ai suoni e alla sintesi generati dal computer presso il “Center for Computer Research in Music and Acoustics (CCRMA)”. La sua musica è una reinterpretazione unica di due mondi contrastanti. Gli antichi “raga” dell’India settentrionale vengono da lei re-immaginati e suonati con strumenti e tecnologie che ha appreso nella sua “San Francisco Bay Area”. Il suo ultimo album “Under the Lilac Sky” è stato pubblicato su “Leaving Records” nel luglio 2021 e recentemente è stata inclusa nella prestigiosa lista musicale di “Forbes 30 under 30”.

Terzo appuntamento, martedì 22 agosto, ore 19, con Evicshen e “una passeggiata funambolica tra controllo e caso che confonde i confini tra performer e pubblico”. Evicshen è il nome di battaglia della sound artist Victoria Shen.
La sua musica si basa sulla fisicità del suono e sulla sua relazione con il corpo umano tramite l’uso di “sintetizzatori modulari analogici”, “dischi in vinile/resina” e “strumenti elettronici autocostruiti”, come le “Needle Nails”, delle “unghie in acrilico” con puntine per giradischi incorporate che le consentono di riprodurre fino a cinque tracce di un disco contemporaneamente. Il suo LP di debutto “Hair Birth” ha una copertina in rame che si trasforma in un altoparlante attraverso il quale è possibile riprodurre il disco. Ogni pezzo non é solo supporto musicale riproducibile, ma anche oggetto d’arte unico.

Serata conclusiva, giovedì 7 settembre, ore 19, con “Crossing Borders”, performancecomposta del produttore giapponese Scotch Rolex insieme alla percussionista coreana Shin Hyo Jin. I due  mescolano musica elettronica sperimentale con tradizionali percussioni coreane cerimoniali, andando oltre i confini, in una sorta di rituale mistico e spirituale.

Per info: “MAO-Museo Arte Orientale”, via San Domenico 11, Torino; tel. 011/4436932 o www.maotorino.it

Costo biglietti (acquistabili presso la biglietteria del Museo o su Ticketone): 15 euro intero / 10 euro ridotto studenti.

g.m.

Nelle foto:

–       Miya Masaoka

–       Arushi Jain

–       Evicshen

–       Crossing Borders

Bellezza tra le righe

 

Un viaggio attraverso la bellezza dei romanzi e della letteratura in location esclusive, come casa Lajolo a Piossasco, il castello di Miradolo a San Secondo di Pinerolo e il palazzo dei Conti di Bricherasio

 

Bellezza tra le righe 2023 è il titolo della rassegna che, nata nell’estate 2020, proprio poco dopo l’arrivo del Covid, desiderava far parlare una serie di voci autorevoli del presente in location affascinanti come i parchi e giardini di casa Lajolo a Piossasco, il castello di Miradolo, a San Secondo di Pinerolo,  proprio con loscopo di comunicare messaggi di speranza per il domani.

Il primo appuntamento della rassegna dell’edizione 2023 sarà per domenica 25 giugno prossimo e proseguirà fino all’ 8 ottobre,  all’ombra degli alberi secolari di casa Lajolo e di quelli del castello di Miradolo.

La quarta edizione vede aggiungersi  il parco di una nuova dimora ancora tutta da scoprire,  Palazzo Conti di Bricherasio.

Quest’anno la rassegna è  stata inserita nel cartellone “Luci sul Festival”, attività promossa dal Salone Internazionale del Libro per sostenere la diffusione e la conoscenza delle realtà  che risultano legate al mondo dei libri e della lettura.

“Cura” rappresenta la parola chiave intorno al quale ruota il titolo “Maneggiare con cura. Incontri e letture per mettersi in salvo”.

Saranno nove gli incontri che narreranno l’idea della cura da angolazioni diverse.

La cura è  impegno, attenzione, assistenza, diritto, oltreché un’esigenza salvifica che contiene e rassicura, rivolgendosi all’esterno come all’interno, includendo, così, ogni ambito della nostra esistenza.

Gli spunti sono infiniti e vanno dall’indagine al comprendereinsieme per coltivare e condividere percorsi di senso. L’edizione 2023 prevede una novità. In contemporanea a molti degli incontri,  vi saranno dei laboratori gratuiti di lettura per i più piccoli, un modo che consentirà  a tutta la famiglia di fruire di una simile iniziativa.

A curarli la casa editrice Babalibri, che edita libri e giochi per l’infanzia dal 1999.

I laboratori saranno condotti da ABC, acronimo di Anna, Barbara e Cristina, ma anche acronimo di “Art, book and creativity”. Si tratta di un gruppo formato da tre professioniste che da tempo operano nel campo del letteratura per l’infanzia, rivolgendosi soprattutto a bambini di età scarse e prescolare, ma aperti anche a attività e età diverse.

Ogni proposta si articola in un momento di lettura animata dell’albo, e da una seconda fase durante la quale viene offerto un ampio e ricco materiale creativo per liberare la fantasia. I bambini, per esempio, incontreranno Dagfrid, la bambina vichinga,  e faranno scorte di baci con Zeb, immersi nel verde delle dimore storiche.

L’inaugurazione di “Bellezza tra le righe” avverrà in maniera congiunta, con tre appuntamenti tutti domenica 25 giugno.

Alle 11, presso  il Castello di Miradolo, Margherita Oggero presenterà il suo nuovo romanzo ambientato a Barriera di Milano, dal titolo “Brava gente”  (Harper Collins, 2023). Alle 14.30 a palazzo Bricherasio  verrà  presentato il “Diario di un viaggio che cura” con Beppe Pezzetto che parlerà di “Pala e Tequila”, diario di un viaggio in Messico tra luoghi e persone,  ma anche modi di dire e canzoni degli anni Novanta. La giornata in domenica 25 giugno si concluderà con l’appuntamento, alle 18, a Piossasco,  a Casa Lajolo con Daniele Cassioli,  cieco dalla nascita e laureato in fisioterapia, coach e formatore, che ha scritto un manuale dal titolo ‘Insegna il cuore a vedere’.

Il romanzo di Margherita Oggero dal titolo “Brava gente” è  ambientato nella periferia Nord di Torino, a Barriera di Milano  e vi si intrecciano, con un misto di meschineria e generosità, odi e  amori che contraddistinguono persone diverse come Debby, che a quindici anni fa la badante, ma pensa di uccidere il padre, o Florin, camionista che sogna una casa tutta sua, o Vanessa Delice, estetista al soldo di un coiffeur, Alexander The Best.

“ Pala e Tequila” rappresenta il diario-viaggio, una missione in Messico con una pala e una bottiglia di tequila nello zaino, da seppellire in un luogo spirituale e significativo, per compiere un gesto scaramantico, che rappresenterà  il passaggio dalla gioventù  all’età adulta.  L’autore, avvertendo la necessità di mettere ordine nella propria vita,  seppur ricca di esperienze e di amici, sente l’esigenza di guardarsi indietro per fissare un punto di riferimento, purché  individuabile, su una mappa.

Questo viaggio presenterà  stimoli per pensare alla  propria esistenza in modo diverso.

Per gli altri appuntamenti si prevede domenica 16 giugno  a Casa Lajolo un incontro su “Musica e cura: suoni, testi, illustrazioni” a cura di Maria Luce Possentini, che presenterà il volume “La cura”, editore Einaudi Ragazzi 2022.

Domenica 30 luglio a Palazzo Bricherasio si parlerà  di un viaggio interiore come cura propria e Bruna Macaluso presenterà il volume “La rotta migratoria dell’anima”.

Domenica 10 settembre alle 17, a casa Lajolo incontro sul tema  “Di umore, amore e cure possibili”, con Massimo  Vitali che presenterà il testo “Il circolo degli ex”( Sperlimg  Kupfer 2022).

Domenica 24 settembre duplice incontro, alle 15 , a Miradolo sul tema della “Scrittura e cura: voci femminili che cambiano il mondo” con  la scrittrice Vera Gheno che presenterà “Parola d’altro genere. Come la scrittrici hanno cambiato il mondo”.

Nella tenuta Calleri di Sala, a palazzo Bricherasio, lo scrittore Mark Mc Candy,  pseudonimo di Marco De Candia, parlerà  dei post ironici per curare la quotidianità, essendo la sua opera una silloge di post e frammenti tratti dalla quotidianità.

Presenterà  il suo ultimo libro dal titolo “De rebus brevi”, edizioni Radici Future, 2022.

Il viaggio nelle bellezze letterarie si concluderà domenica 8 ottobre, con la partecipazione della sociologa Chiara Saraceno,  che presenterà, alle 15, presso Miradolo, “Cura con un intervento inedito di Elena Pulcini”, insieme a Roberto Burlando e Adriano  Mione.

MARA MARTELLOTTA

Festa della Musica alla Biblioteca Nazionale di Torino

 

In occasione della Festa della Musica 2023, un breve percorso espositivo verrà promosso il 21 giugno dalle 11 alle 13

 

In occasione della Festa della Musica 2023, promossa dal Ministero della Cultura, la Biblioteca Nazionale Universitaria presenterà un breve percorso espositivo volto a illustrare la ricchezza delle proprie raccolte musicali, il 21 giugno dalle 11 alle 13. Si tratterà di due visite guidate con accompagnamento musicale.

Il percorso si apre con un manoscritto dell’Alceste di Jean Baptiste Lully, codice che entrò nei fondi della Biblioteca in quanto compreso nelle raccolte dei duchi di Savoia, il nucleo più antico di volumi che costituirono il fondamento della Biblioteca del Regio Ateneo, istituita da Vittorio Amedeo II nel 1720. Il manoscritto è accompagnato da un’ulteriore opera di Lully, l’Armide, nell’edizione a stampa pubblicata a Parigi da Christophe Ballard nel 1686.

I due manoscritti testimoniano il successo del compositore italiano Giovanni Battista Lulli, naturalizzato poi francese, presso la corte di Luigi XIV.

L’esposizione si sofferma sulla Fenice rinovata, un album che rende conto del balletto messo in scena a Fossano nel 1644 per volontà di Cristina di Francia per celebrare la fine della guerra tra cognati, a seguito del conflitto scoppiato nel 1637 tra “principisti” e “madamisti”, che vide coinvolto il ducato sabaudo nelle ostilità fra Francia e Spagna. Il volume appartiene a un Corpus che conta quindici balletti, di cui di alcuni si conservano le partiture delle arie ballate, dieci dei quali conservati presso la Biblioteca Nazionale. Prodotti nell’ambito della Corte dei Savoia tra il 1640 e il 1681, gli album furono allestiti dal calligrafo Giovanni Tommaso Borgonio, quale testimonianza dell’evento celebrato. Tra i documenti spicca un manoscritto autografo di Antonio Vivaldi. La Biblioteca conserva del compositore veneziano ben 27 codici, in gran parte vergati dallo stesso artista, per un totale di 15 mila pagine, che tramandano oltre 450 composizioni.

I manoscritti furono acquistati da due mecenati Roberto Foà e Filippo Giordano, alla fine degli anni Venti del Novecento, per poi essere donati alla Biblioteca Nazionale in memoria dei rispettivi figli morti in tenera età.

Il percorso si conclude con due documenti legati al fondo Secondo, il Ballarino, scritto da Fabrizio Caroso e pubblicato nel 1581, a Venezia, primo testo di argomento coreutico stampato in Occidente; una raccolta di contradanze introdotte a fine XVII secolo come danze di corte in Francia e in Olanda, a partire dal Settecento, anche in altre nazioni quali l’Italia, edita a Parigi nel 1706.

Gianni Secondo, medico e giornalista per Stampa Sera, raccolse nel corso della sua esistenza importanti volumi legati all’arte della danza. Questo fondo bibliografico, comprendente oltre 2 mila pezzi, pervenne nel 2011 alla Biblioteca Nazionale di Torino per volontà di Secondo e avrebbe reso tale biblioteca uno dei maggiori istituti di riferimento per gli studi musicologici.

Giulio Einaudi e lo Struzzo che non mise mai “la testa sotto la sabbia”

Lo spirito digerisce le cose più dure”, era il motto della casa editrice Einaudi. A raffigurarlo, nella marca editoriale, uno struzzo che stringe un chiodo nel becco e, sullo sfondo, un paesaggio con un castello.

A fondarla, il 15 novembre 1933, l’appena ventunenne Giulio Einaudi. La prima sede era a Torino, al terzo piano di via Arcivescovado 7, nello stesso palazzo che era stato sede del settimanale L’Ordine Nuovo di Antonio Gramsci. Da lì la casa editrice si spostò in piazza San Carlo e, successivamente, al n.2 di via Biancamano. Nato a Dogliani, nella Langa cuneese, patria del Dolcetto ( il padre Luigi , fu il secondo presidente della Repubblica Italiana; il figlio Ludovico è il noto musicista e compositore), Giulio frequentò il Liceo classico Massimo d’Azeglio a Torino, partecipando in seguito alla “confraternita” di ex-allievi fra i cui membri figuravano Cesare Pavese, Leone Ginzburg, Norberto Bobbio, Massimo Mila, Fernanda Pivano, Vittorio Foa, Giulio Carlo Argan, Ludovico Geymonat, Franco Antonicelli e molti altri. Quasi tutti collaborarono e pubblicarono per la casa editrice dello Struzzo, accanto ai nomi più importanti della cultura italiana del ‘900. Fu Einaudi, tra l’altro, a pubblicare nel dopoguerra  i  “Quaderni e le Lettere dal carcere” di Gramsci. Scriveva, Norberto Bobbio: “E’ uno struzzo, quello di Einaudi, che non ha mai messo la testa sotto la sabbia”. E come dar torto al filosofo del dubbio? Dopo più di sessant’anni di lavoro come editore, Giulio Einaudi andò in pensione nel 1997 (morì  due anni dopo, all’età di ottantasette anni) lasciando in eredità un lavoro immane che – nel tempo – ha fatto di Torino una delle capitali europee della cultura. Eppure non c’è un luogo, nella toponomastica della prima capitale d’Italia, che porti il suo nome. Tranne, come ricorda qualcuno, quella “E” sul citofono dell’ultima sua dimora, al n. 8 di via Pietro Micca.

Marco Travaglini