CULTURA- Pagina 137

I vent’anni del museo del cinema di Torino

Il Museo Nazionale del Cinema alla Mole Antonelliana compie vent’anni. Inaugurato il 19 luglio 2000 e realizzato su progetto di François Confino, è diventato uno dei musei più visitati di Torino e di tutto il Paese. Una vera e propria istituzione culturale che ha ottenuto importanti consensi a livello internazionale.

Quella del Museo in realtà è una seconda vita poiché l’idea parte da lontano grazie alla passione di Maria Adriana Prolo, la storica nata a Romagnano Sesia che legò il suo nome alla stagione pionieristica del cinema italiano, immaginando e fondando il museo.

Una storia importante che nasce da una piccola annotazione contenuta in un agenda di questa donna dalla straordinaria intelligenza e dalla vasta cultura cinematografica: “Otto giugno 1941: pensato il Museo”. Per tradurre in realtà quel pensiero di vollero un po’ di tempo e tanto lavoro . Nel settembre del ‘58  il museo venne inaugurato  a Torino in un ala di palazzo Chiablese e la Prolo ne fu nominata direttrice a vita. L’avventura terminò venticinque anni dopo, nel 1983, con le sale costrette a chiudere i battenti per carenza di risorse e l’impossibilità di adeguare la struttura alle nuove disposizioni di sicurezza. Quasi un decennio dopo la scomparsa della Prolo, avvenuta nel 1991, il Museo del Cinema risorse dalle sue ceneri come una moderna araba fenice nella nuova e attuale sede all’interno della Mole Antonelliana, monumento simbolo di Torino e “sogno verticale” del grande architetto che quando venne portato a compimento, con i suoi 167 metri e mezzo di altezza, era  l’edificio in muratura più alto d’Europa. Gli allestimenti del museo si sviluppano  a spirale verso l’alto e su più livelli espositivi, dando vita a una presentazione spettacolare delle collezioni  che ripercorrono la storia del cinema dalle origini ai giorni nostri. In una cornice di scenografie, proiezioni e giochi di luce, arricchita dall’esposizione di fotografie, bozzetti, oggetti e  percorsi di visita interattivi si possono scoprire  i segreti della storia del cinema , dal teatro d’ombre e le prime affascinanti lanterne magiche che hanno costituito la preistoria della “settima arte”, ai più spettacolari effetti speciali dei nostri giorni. Il Museo Nazionale del Cinema è stato visitato in questi anni da più di dieci milioni di persone ed è gestito da una Fondazione – presieduta da Enzo Ghigo, ex Presidente della Giunta regionale del Piemonte, che durante il suo governo (con l’assessore alla cultura Giampiero Leo) fece appunto realizzare la nuova sede del Museo alla Mole –  con lo scopo di promuovere attività di studio, ricerca e documentazione in materia di cinema, fotografia e immagine. Una realtà importante, vanto della città e dell’intera nazione, che annovera tra i soci fondatori la Città di Torino, la Regione Piemonte, la Compagnia di San Paolo e la Fondazione CRT, l’ Associazione Museo Nazionale del Cinema e la GTT.

Marco Travaglini

Giorello che praticò il dubbio laico

IL COMMENTO  di Pier Franco Quaglieni / La morte improvvisa e crudele del filosofo Giulio Giorello dopo due mesi di ricovero a Milano per Coronavirus, quasi subito dopo  la sua dimissione dall’ospedale rende ancora più duro il distacco da un maestro della cultura filosofica italiana che ha molto spaziato nella sua ricerca, anche se di  lui restano  soprattutto l’epistemologo e il filosofo della scienza  di altissimo valore.

Come ha detto Cacciari, liberò dal vecchio positivismo e dall’ideologismo marxista la ricerca  filosofica. Allievo di Ludovico Geymonat, era andato oltre il maestro. Bobbio una volta mi disse che Geymonat viveva soprattutto di certezza ideologiche , mentre noi laici siamo attratti dai dubbi.
Giorello ha praticato il dubbio laico, anche se non ha mai accettato la distinzione bobbiana tra  la laicità e il laicismo, quest’ultimo In contraddizione con lo spirito laico amato dal filosofo torinese. Giorello aveva un’idea forte del laicismo, per dirla con un’espressione cara a Nicola Abbagnano e al suo discepolo Giovanni Fornero. Discussi con lui di questi temi, ma fu difficile dialogare. Quando pubblicai un libro su Cavour e i rapporti tra Stato e Chiesa con Girolamo Cotroneo in cui liberammo Cavour da  certe ipoteche anticlericali e massoniche, gli spedii una copia, invitandolo a presentare il libro insieme a Raimondo Luraghi, ma non accetto’. In un’altra occasione gli spedii la nuova edizione del “Perché non possiamo non dirci cristiani” di Benedetto Croce, ma si limitò a ringraziare. Era molto difficile il  nostro dialogo , pur partendo da posizioni che affermavano il valore della tolleranza .  Fu un neo illuminista molto convinto, fu quasi a suo modo un nuovo Voltaire . Anche con Augusto Viano che ebbe posizioni assai vicine a lui, fu difficile il dialogo negli ultimi anni perché considerava la religione una sorta di idola tribus da rifiutare. Anche Giorello ebbe un atteggiamento simile. Io mi sono nutrito di Ruffini, di Bobbio, di Jemolo, di Passerin e facevo difficoltà a sintonizzarmi con Giorello il cui anticlericalismo ateizzante appariva una costante . In più ero amico di Marcello Pera  come lo ero stato di Francesco Barone , due figure quasi  antitetiche rispetto a Giorello Il suo libro “Di nessuna Chiesa . La libertà del laico” rappresenta assai bene il suo pensiero. Marco Pannella parlò di laici credenti e non credenti, un modo altro di affrontare il tema della laicità. Al contrario del Maestro Geymonat che polemizzò duramente con Popper, difendendo la società chiusa sovietica, Gioriello  fu per la società aperta popperiana, ma il liberalismo del pensatore austriaco gli fu sostanzialmente estraneo. Resta di lui una grande opera scientifica  destinata a restare e una inesausta passione civile, unita ad una grande coerenza. Giorello e’  stato un chierico alla maniera di Benda che non ha tradito . La libertà e ‘ stata l’animatrice del suo lavoro. Anche come divulgatore giornalistico e’ stato straordinario per la sua chiarezza esemplare . Rispetto a tanti marxisti vecchi e nuovi che hanno monopolizzato la filosofia italiana per decenni Giorello è stato capace di autonomia. Anni luce dai torinesi teorici del “pensiero debole“ passati  in tarda età, armi e bagagli, al marxismo. Mi sarebbe piaciuto leggere di un suo dialogo con Papa Francesco così distante dal clericalismo. Invece di Eugenio Scalfari che ha monopolizzato quel rapporto Giorello più di ogni altro avrebbe potuto portare il  confronto ad un livello molto alto che ci avrebbe arricchiti tutti, credenti e non credenti.

In mostra al MAO di Torino spaccati di vita e di tradizioni maghrebine

“Storie dal Marocco. Oggetti testimoni di identità e memoria”. Fino al 30 agosto

“Corredi e bellezza” è il filo conduttore della rassegna. Esposti troviamo oggetti che sono Storia. Memoria e tradizione. Mai rinnegate, né dimenticate. Ma in ogni istante esibite e vissute in tutte le loro particolarità. In luoghi che sono “altro”. Non patria. Ma nuova terra.

Neppur sempre amica ed accogliente. In cui fermare vite sospese fra un presente e un passato, più o meno remoto, trascritto – attraverso gli oggetti della quotidianità, per l’appunto – in quelle “Storie dal Marocco” che è mostra-progetto nata dalla collaborazione di una ventina di famiglie marocchine dell’associazione torinese “Bab Sahara” (fondata nel 2002 a Carignano e oggi attiva nella Casa del Quartiere di San Salvario a Torino) con le responsabili dei Servizi Educativi del MAO, insieme ad alcune curatrici del Museo Egizio, ed ospitata negli spazi del Museo d’Arte Orientale, fino al prossimo 30 agosto. Obiettivo del progetto, risultato finale di un percorso iniziato nell’autunno dell’anno scorso: portare avanti una riflessione sull’idea di “memoria” e “patrimonio culturale”. Come i reperti archeologici e le opere esposte nei musei sono testimoni di un’identità ben precisa e di una specifica cultura, “allo stesso modo – sostengono i responsabili della rassegna– alcuni oggetti, scelti in mezzo a tanti da chi lascia la propria casa per stabilirsi in un altro Paese, assumono un valore differente e si trasformano in veicoli di trasmissione di una memoria viva, diventando un patrimonio imperdibile di cultura materiale”. E tali sono gli abiti tipici esposti (prezioso, quello da sposa della tradizione berbera), i corredi, le raffinate teiere, il necessario per il rituale dell’hammam o le tajine (piatti di terracotta spesso smaltata o decorata in cui cucinare pietanze di carne e pesce in umido) così come i prodotti e i piccoli oggetti adibiti al makeup. Oggetti partecipi di una sorta di “museo ideale”, selezionati dalle famiglie e in particolare dalle donne marocchine per farne memoria viva del loro Paese, curando- con il personale del Museo di via San Domenico- ogni dettaglio della piccola ma suggestiva mostra, dalla scelta dei materiali all’esposizione in vetrina fino alla scrittura delle didascalie. “Nel passaggio dall’oggetto al suo racconto – dicono ancora gli organizzatori – il patrimonio materiale si è così arricchito di un prezioso aspetto immateriale di ‘memoria’ e ‘testimonianza’: la cultura oggettiva e i ricordi personali delle partecipanti hanno in tal modo preso forma in tante narrazioni legate a oggetti iconici”. In cui raccontarsi, in un “mettersi in mostra” che è voglia e desiderio palese di confronto e dialogo. Mano tesa e voce amica. Per davvero bella da ascoltare.

Gianni Milani

 

“Storie dal Marocco. Oggetti testimoni di identità e memoria”
MAO-Museo d’Arte Orientale, via San Domenico 11, Torino; tel. 011/4436932 o www.maotorino.it
Fino al 30 agosto
Orari: sab. e dom. 10/19 – lun. e mart. 13/20

Il torinese Santero tra i finalisti del “Calvino”

XXXIII edizione del Premio Italo Calvino. Annuncio delle opere finaliste / Giardino San Leonardo di Gian Primo BrugnoliOceanides di Riccardo CapoferroTrash di Martino CostaLingua madre di Maddalena FingerleSchikaneder e il labirinto di Benedetta GalliSei colpi al tramonto di Vanni Lai, La sostanza instabile di Giulia LombezziI martiri di Alessio OrgeraMa’ di Pier Lorenzo PisanoVita breve di un domatore di belve di Daniele SanteroIl valore affettivo di Nicoletta Verna

Da martedì 16 a domenica 21 giugno Presentazione online dei finalisti sul sito del Premio

https://www.premiocalvino.it/i-finalisti-2020/

 

lunedì 22 giugno, ore 17.30. Proclamazione del vincitore e delle menzioni speciali in diretta streaming

sulla pagine Facebook del Circolo dei lettori di Torino (@ilcircolodeilettori)  e del Premio (@premio.calvino)

con la partecipazione dei Giurati Omar Di MonopoliHelena Janeczek,  Gino RuozziFlavio SorigaNadia Terranova

Il Comitato di Lettura del Premio Italo Calvino ha scelto, tra gli 889 manoscritti  partecipanti al bando, undici opere finaliste, che sono state sottoposte

al giudizio della  Giuria della XXXIII edizione composta da Omar Di MonopoliHelena Janeczek, Gino  RuozziFlavio SorigaNadia Terranova.

I testi inediti, di autori esordienti, tra i quali i Giurati decreteranno il vincitore e le  menzioni speciali sono:  Giardino San Leonardo di Gian Primo Brugnoli,

Oceanides di Riccardo CapoferroTrash di Martino CostaLingua madre di Maddalena FingerleSchikaneder e il labirinto di Benedetta Galli,

Sei colpi al tramonto di Vanni LaiLa sostanza instabile di Giulia LombezziI martiri di Alessio OrgeraMa’ di Pier Lorenzo Pisano,

Vita breve di un domatore di belve di Daniele SanteroIl valore affettivo di Nicoletta Verna.

Nell’impossibilità di organizzare una Cerimonia di Premiazione pubblica a causa  dell’emergenza sanitaria, il Premio ha predisposto un finale alternativo, che si

svolgerà  online e si articolerà in più fasi per far conoscere nel modo migliore al pubblico e alle  case editrici i finalisti di questa edizione e i loro testi.

A partire da martedì 16 fino a domenica 21 giugno, sul sito e sulla pagina Facebook del  Premio, verrà pubblicato un video di presentazione per ciascun finalista,

con un  commento dei Giurati, la lettura di un estratto del testo e la voce dell’autore. I video  compariranno, due al giorno, in una sezione dedicata del sito

(https://www.premiocalvino.it/i-finalisti-2020/) in ordine casuale e senza alcuna gerarchia di  merito, e saranno accompagnati da una sinossi del testo

e una breve biografia dell’autore.

 

Lunedì 22 giugno alle 17.30, sulla pagina Facebook del Circolo dei lettori di Torino  (@ilcircolodeilettori) e su quella del Premio (@premio.calvino), si terrà

in diretta  streaming, con la partecipazione dei Giurati, la proclamazione del vincitore, delle  menzioni speciali della Giuria e della menzione speciale Treccani,

assegnata dall’Istituto  della Enciclopedia Italiana a un’opera che si distingua per originalità linguistica e creatività  espressiva.

Nel corso della diretta sarà inoltre  attribuito un Premio speciale del Direttivo  (composto da Franca CavagnoliAnna ChiarloniMario MarchettiLaura Mollea,

Carla Sacchi Ferrero)  a un’opera particolarmente meritevole sotto il profilo  dell’innovazione della forma romanzesca, scelta tra quelle non finaliste.

I testi finalisti e i loro autori

Come sempre, il lavoro del Comitato di Lettura del Premio, che con gli 889 manoscritti partecipanti  al bando ha registrato il numero più alto di iscrizioni

degli ultimi anni, non è stato facile: i testi  meritevoli o interessanti erano parecchi. Si è puntato, quindi, a una scelta che fosse insieme  rigorosa e rappresentativa

di tendenze, temi e stili diversi.

Ha preso così consistenza una rosa di autori suddivisi fondamentalmente tra Italia settentrionale (5)  e Italia centrale (4); c’è un solo finalista del Sud, precisamente

di Napoli, un altro è del sassarese,  confermando la produttività narrativa della Sardegna sempre ben rappresentata al Premio Calvino.  Quest’anno compaiono tre

dei tanti giovani italiani residenti all’estero per lavoro. Simili dati non  fanno che certificare il carattere nazionale del Premio e anche la sua capacità attrattiva sulle

nuove generazioni cosmopolite per scelta o per necessità.

I testi dei finalisti – le cui età variano dai 27 agli 81 anni con una netta prevalenza di  trenta/quarantenni (sette) – compongono un panorama variegato, che affronta

nodi esistenziali  o tematici di rilievo e si caratterizza per stili e scritture di buon livello, per coerenza e capacità di  evocazione.

La storia del Premio

Il Premio Italo Calvino è stato fondato a Torino nel 1985, poco dopo la morte di Italo Calvino, per iniziativa di un gruppo di estimatori e di amici dello scrittore, tra cui Norberto BobbioCesare CasesAnna ChiarloniNatalia GinzburgMassimo MilaLalla RomanoCesare Segre. Ideatrice del Premio e sua animatrice e Presidente

fino al 2010 è stata Delia Frigessi, studiosa della cultura italiana tra Ottocento e Novecento. Calvino, com’è noto, ha svolto un intenso e significativo lavoro editoriale

per l’Einaudi; l’intenzione è stata, quindi, quella di riprenderne e raccoglierne il ruolo di talent scout di nuovi autori: di qui, l’idea di rivolgersi agli scrittori esordienti e inediti, per i quali non è facile trovare un contatto con il pubblico e con le case editrici. Il Premio ha impostato la propria attività seguendo gli stessi criteri che hanno

guidato Calvino: attenzione ed equilibriogusto della scoperta e funzione critica. Attuale Presidente del Premio è Mario Marchetti.

Come funziona il Premio

Il Premio Italo Calvino segnala e premia opere prime inedite di narrativa. Il Premio non ha mai  voluto – consapevolmente – definire una propria linea critica,

né privilegiare stili, forme e  contenuti. L’interesse è unicamente per la qualità della scrittura e per l’emergere di nuove  tendenze.

Ogni anno, alla scadenza del bando, i manoscritti pervenuti vengono ripartiti all’interno del  Comitato di Lettura, composto da una sessantina di  persone

qualificate al compito per i loro  studi o per la loro attività professionale (specializzati o dottori di ricerca in discipline  umanistiche, traduttori, redattori editoriali,

 docenti universitari e medi, critici e saggisti). Ognuno  comincia la lettura in solitaria e redige una scheda di lettura, libro per libro, sulla base di criteri di  valutazione oggettivi e condivisi. Al termine del primo giro di letture, si svolge una serie di  riunioni, durante le quali si discutono e si scambiano i manoscritti. Infine, si arriva

a emettere un  giudizio su  ogni testo e a individuare mediamente una decina di opere finaliste da inviare alla  Giuria, composta da cinque personalità del mondo culturale (scrittori, critici, letterati).  È questa  Giuria, ogni anno diversa, a scegliere il vincitore e a segnalare eventualmente altre opere degne di  interesse.

Nelle settimane successive alla proclamazione del vincitore e delle menzioni, il Premio  invia un giudizio dell’opera presentata a tutti i concorrenti iscritti al bando.

In questo modo, la  partecipazione al Premio assume un carattere non soltanto di competizione ma anche di valutazione  e orientamento per l’autore, grazie alle indicazioni tecniche e stilistiche fornite dalla scheda di  lettura.

I vincitori e le Giurie delle passate edizioni

Le Giurie del Premio, ogni anno diverse, sono sempre state costituite da critici letteraristorici della  letteraturascrittori e operatori culturali tra i più rappresentativi

della scena culturale italiana dagli anni  ‘70 ad oggi: Natalia Ginzburg, Cesare Segre, Ginevra Bompiani, Vincenzo Consolo, Edoardo Sanguineti,

Ernesto Ferrero, Gianluigi Beccaria, Dacia Maraini, Angelo Guglielmi, Marino Sinibaldi, Michele Mari,  Tiziano Scarpa, Nicola Lagioia, Carlo Lucarelli,

Antonio Scurati, Valeria Parrella, Michela Murgia, Mario  Desiati, Marco Missiroli, Luca Doninelli, Teresa Ciabatti, Vanni Santoni, Davide Orecchio, Giuseppe Lupo,

Sandra Petrignani, solo per citarne alcuni.

 

Il Premio Calvino può ormai contare un notevole numero di autori affermati, che hanno iniziato il loro  percorso editoriale proprio partendo dalla partecipazione

al concorso. Tra gli altri: Marcello Fois (Picta,  Marcos y Marcos), Francesco Piccolo (Diario di uno scrittore senza talento), Paola Mastrocola (La gallina

volante, Guanda), Fulvio Ervas (La lotteria, Marcos y Marcos, con Luisa Carnielli), Flavio Soriga (Diavoli  di Nuraiò, Il Maestrale), Peppe Fiore (L’attesa di un figlio

nella vita di un giovane padre, oggi, Coniglio),  Errico Buonanno (Piccola serenata notturna, Marsilio), Paolo Di Paolo (Nuovi cieli, nuove carte,  Empirìa),

Rossella Milone (Prendetevi cura delle bambine, Avagliano), Giusi Marchetta (Dai un bacio a  chi vuoi tu, Terre di Mezzo), Mariapia Veladiano (La vita accanto, Einaudi Stile Libero), Letizia Pezzali  (L’età lirica, Baldini Castoldi Dalai), Simona Baldelli (Evelina e le fate, Giunti) ,  Francesco Maino  (Cartongesso, Einaudi), Domenico Dara (Breve trattato sulle coincidenze, Nutrimenti).

Tra gli ultimi vincitori pubblicati: Cesare Sinatti (La Splendente, Feltrinelli), Emanuela Canepa  (L’animale femmina, Einaudi Stile Libero),

Filippo Tapparelli (L’inverno di Giona, Mondadori), Gennaro  Serio (Notturno di Gibilterra, L’orma).

L’isola del libro

Rubrica settimanale a cura di Laura Goria

 

Tracy Chevalier  “La ricamatrice di Winchester”   -Neri Pozza-  euro 18,00

Dura la vita per le “donne in eccedenza” rimaste nubili dopo la strage di uomini compiuta nella Grande Guerra. E’ questo lo scenario dell’ultimo romanzo dell’autrice del bestseller “La ragazza con l’orecchino di perla”. Ancora un affresco storico ambientato nell’inglese Winchester nel 1932. Protagonista è la 38enne Violet Speedwell che, dopo la morte del fidanzato in guerra, sembra irreparabilmente destinata al zitellaggio perenne; prospettiva poco allettante in una società basata sul matrimonio come unico sacro-santo destino del genere femminile.

Violet però non si rassegna all’idea di un’esistenza buia e desolante, punta invece sull’indipendenza e l’emancipazione.

Ok, l’amore della sua vita è caduto in trincea, ma non vuol dire che anche lei deva vedere finita la sua vita. E’ tenace e coraggiosa, il primo passo che compie è allontanarsi da una madre piagnucolosa e soffocante, inacidita dalla morte del marito e del figlio primogenito. Violet non si lascia incastrare dai suoi ricatti emotivi, lascia la casa natia di Southampton e si trasferisce a Winchester.

Trova lavoro come dattilografa in una compagnia di assicurazioni, divide una casa con coetanee scostanti e fa i conti con l’esiguo stipendio che a malapena le consente di sopravvivere.

Per il sesso si affida agli incontri casuali nei bar con “gli uomini dello  sherry”, ma anela a ben altro. Strategica è la sua decisione di entrare nel gruppo di volontarie che negli anni 30, sotto la guida di Louisa Persel, ricamavano cuscini per la cattedrale di Winchester. Lei, che non aveva mai preso un ago in mano, decide di imparare perché vuole creare qualcosa che le sopravviva.

La sua storia incrocia quella di altri personaggi: come  l’amicizia con altre donne “in eccedenza”, effervescenti come Gilda e Dorothy, e l’intesa con il campanaro della chiesa che ha perso un figlio in guerra e deve gestire una moglie impazzita dal dolore.

 

Jane Harper  “L’uomo perduto”   – Bompiani –   euro  19,00

L’Australia assolata e dal caldo rivente è lo struggente fondale sul quale si muovono i personaggi tormentati di questo splendido noir. E’ il terzo romanzo della scrittrice di radici britanniche (nata a Manchester nel 1980), ma cresciuta a Melbourne dall’età di 8 anni, Jane Harper. Il suo libro di esordio “Chi è senza peccato” si era guadagnato il premio come miglior poliziesco australiano nel 2017, e “L’uomo perduto” non è da meno.

Inizia con il ritrovamento del cadavere di Cameron Bright in un punto dell’outback dal nome suggestivo “la tomba del Magazziniere” (scoprirete la storia tragica che c’è dietro) a miglia di distanza da tutto, in una torrida estate del Queensland, che lì coincide col Natale.

Cosa è successo a questo stimato proprietario di una stazione di bestiame -fratello di mezzo tra Nathan e Bub- che aveva ereditato la proprietà di famiglia? La morte di Cam è davvero inspiegabile. Sul cadavere bruciato vivo e disidratato dal sole non ci sono segni di lotta o altro che spieghi una fine del genere. Ma allora perché un esperto fattore come lui, nato e cresciuto in quella terra ostile, si sarebbe allontanato dall’auto piena di acqua? Suicidio?

Lo scoprirete leggendo, così come vi avventurerete nei segreti e nei tormenti della famiglia Bright. A partire dal padre violento. Poi il primogenito Nathan sul quale pesa una colpa mai condonata dagli abitanti dell’immaginaria cittadina di Balamara e dai suoi stessi familiari. Per arrivare al più piccolo dei fratelli, Bub, che da anni sogna di andarsene lontano da quella fattoria piena di dolore, col sogno di diventare cacciatore di canguri e rifarsi una vita. Ma soprattutto scoprirete chi era davvero Cameron, il suo passato e il suo modo di condurre l’esistenza e gli affetti…e tenetevi forte perché nulla sarà come sembra all’inizio.

 

Simonetta Fiori  “La testa e il cuore”   – Guanda –   euro 17,00

Cosa legava coppie famose dell’Olimpo artistico e culturale della levatura di Liv Ullmann  e  Ingmar Bergman, Boris Pastor e Rada Preml, Dario Fo e Franca Rame o Raffaele La Capria e Ilaria Occhini?

Ve lo svela la giornalista di Repubblica Simonetta Fiori in queste pagine scandite in 30 storie di unioni famose e uniche, nelle quali grandi menti e grandi cuori si sono incontrati.

Attraverso le interviste ai protagonisti sopravissuti ricostruisce menage affascinanti e spesso complicati in un alternarsi di alti e bassi, abbandoni e ritorni, i primi incontri e i tasselli sui quali poggiavano sodalizi incredibili.

Ci sono coppie letterarie, compresa quella dello scrittore portato via dal Covid 19 dopo lunga agonia, Luis Sepúlveda e la poetessa Carmen  Yáñez, intervistati nel giugno 2018. Un colpo al cuore leggere oggi il loro racconto della storia d’amore mai finita: passata attraverso un primo matrimonio, golpe militare e dittatura, lontananza e ricongiungimento in un secondo matrimonio che solo la morte ha potuto spezzare.

Con grazia e sensibilità Simonetta Fiori vi fa entrare nelle vite affettive di personaggi non solo letterari come Alberto Moravia e l’inafferrabile Carmen Llera, o Rosetta Loy e Cesare Garboli (per citarne alcuni).

Vi conduce anche nel vissuto di coppie del cinema, come quella di Mario Monicelli e Chiara Rappacini; della musica, con Fabrizio de André e Dori Ghezzi; del teatro, con Giuliana Lojodice e Aroldo Tieri,… e tante altre.

Scoprirete vezzi, sentimenti, abitudini, caratteri opposti che si amalgamano oppure deflagrano in rotture, amori tormentati che diventano amicizie incrollabili. Come quella che condusse l’attrice Liv Ullmann al capezzale del regista -forse più geniale di tutti i tempi- Ingmar Bergman, e che lei, oggi splendida 80enne, descrive così:

«Sapevo che Ingmar non stava bene, ma non era così grave. Eppure una mattina di luglio 11 anni fa, sentii all’improvviso che dovevo correre a Fårö. Noleggiai un aereo privato…..Entrai nella sua stanza, lui era già assopito. Gli presi la mano e gli dissi alcune cose su di noi…Non so se abbia sentito, forse la sua anima si. Sono stata l’ultima persona a vederlo. E’ morto quella notte».

 

 

Occit’amo, il festival del mondo d’Oc si fa “dal vivo”

Un patrimonio ricco di musica, tradizioni e cultura riletti in una chiave contemporanea, che sotto la direzione di Sergio Berardo, anima dei Lou Dalfin, diventa un percorso lungo 5 settimane (dall’11 luglio al 15 agosto) di concerti, appuntamenti, antiche chiese, camminate, rifugi, castelli, scoperte dei borghi alpini, anche in orari inconsueti che rendono le esperienze ancora più uniche. Protagoniste assolute sono le valli alpine ai piedi del “Re di Pietra”, il Monviso, riunite in un unico progetto di promozione territoriale che va sotto il nome di Terres Monviso: Valle Stura, Valle Maira, Val Varaita, Valli Po Bronda e Infernotto, Valle Grana e tutta la pianura che si estende intorno a Saluzzo, capitale dell’antico marchesato…

… continua a leggere:

Occit’amo, il festival del mondo d’Oc si fa “dal vivo”

I nuovi workshop della Pinacoteca Albertina

Alla Pinacoteca Albertina nuovi  workshop artistici con gli insegnanti Giulia Gallo e Enrico Partengo

Un nuovo format su misura a partire dal 19 Giugno e per tutto il mese di Luglio:

“SCEGLI LA PROPOSTA CHE PREFERISCI E DECIDI TU I GIORNI E L’ORARIO. Avrai sempre un Maestro a tua disposizione!”

È possibile seguire le lezioni durante l’orario di apertura della Pinacoteca Albertina: il venerdì, il sabato, la domenica e il lunedì dalle 10 alle 18.

Per garantire la sicurezza, gli iscritti saranno al massimo due per fascia oraria e ciascuno userà esclusivamente il proprio materiale personale. Come sempre, le proposte si rivolgono a tutti, anche ai principianti assoluti.

 

1) Dalla carta alla tela – 12 ore

Un focus sulla tecnica della pittura ad olio, a partire dalla copia dal vero di dettagli tratti dalle opere della collezione della Pinacoteca Albertina.

Saranno affrontate le varie modalità di stesura del colore e di preparazione dei diversi supporti.

4 lezioni da 3 ore

euro 195 (Abbonati Musei) / euro 200 (NON Abbonati).

2) Le forme del disegno – 6 ore

Un approfondimento sul disegno, tramite le tecniche della sanguigna, del carboncino e dell’inchiostro.

Particolare attenzione sarà data alle diverse tipologie di carta che si potranno sperimentare, dalla carta spolvero alla colorata, in varie grammature e texture.

2 lezioni da 3 ore

euro 120 (Abbonati Musei) / euro 125 (NON Abbonati).

Chi fosse interessato a partecipare o desiderasse avere ulteriori informazioni, può contattare l’indirizzo mail pinacoteca.albertina@coopculture.it o telefonare al numero 0110897370 (orario 10 – 18 dal venerdì al lunedì).

La  Pinacoteca è sottoposta a una pulizia costante. Il personale garantirà il distanziamento tra i visitatori ed eviterà qualsiasi forma di assembramento.

L’accesso è previsto dal numero civico 6 di via Accademia Albertina, dove verrà rilevata la temperatura corporea. I partecipanti dovranno obbligatoriamente indossare la mascherina.

Inoltre che saranno in programma per l’estate degli en plein air ai Giardini Reali e al PAV – Parco Arte Vivente.

Accanto alle collezioni dell’Accademia di Belle Arti e alla straordinaria sala dei cartoni gaudenziani, recentemente restaurata, sarà visitabile la mostra Incanti Russi. Opere pittoriche di tradizione dell’Accademia Glazunov di Mosca, prorogata fino al 27 settembre 2020.

Pinacoteca Albertina

Via Accademia Albertina 6

10123 Torino

tel: +39 011 0897370

e-mail: pinacoteca.albertina@coopculture.it

www.pinacotecalbertina.it

Il Concerto di Ferragosto nella reggia di Valcasotto

Nonostante le difficoltà legate all’emergenza Covid-19, anche quest’anno non mancherà l’appuntamento con il tradizionale Concerto di Ferragosto dell’Orchestra “Bartolomeo Bruni” Città di Cuneo, giunto alla sua 40edizione, che sarà a porte chiuse, per non creare occasioni di contagio, ma la cui ampia diffusione sarà come sempre garantita dalla diretta Rai.

Sede della manifestazione sarà la Residenza Reale di Valcasotto di Garessio, di proprietà della Regione Piemonte, fatte salve alcune verifiche tecniche di fattibilità che la Rai sta effettuando in questi giorni.

Lo hanno deciso questo pomeriggio i rappresentati degli enti che compongono la Cabina di Regia dell’iniziativa: Regione Piemonte, Provincia di Cuneo, Camera di commercio di Cuneo, Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo e Atl del Cuneese.

L’evento, che porta la musica classica in quota, è nato nel 1981 nel cuneese su un’intuizione del violinista buschese Bruno Pignata, che coinvolse il Maestro dell’Orchestra Bruni Giovanni Mosca. La prima edizione fu al Rifugio Quintino Sella (Valle Po). Da allora il concerto si svolge il 15 agosto in alta montagna e, dal 1993, viene trasmesso in diretta Rai con decine di migliaia di spettatori in Italia e all’estero, rappresentando una delle più importanti manifestazioni regionali di promozione dell’immagine del Piemonte e delle sue montagne (diretta nazionale TV su RAI 3 e RAI Sat dalle ore 12.55).

Il 28 maggio 2018 è stato firmato il “Protocollo d’intesa per la valorizzazione e promozione del Concerto di Ferragosto” tra la Regione Piemonte, la Provincia di Cuneo, la Camera di Commercio di Cuneo, l’Atl del Cuneese e la Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneoche ha garantito una programmazione triennale del Concerto di Ferragosto (per il periodo 2018/2019/2020) da svolgersi in alta quota negli ambienti alpini più caratteristici e significativi della montagna cuneese nel rispetto dei criteri e requisiti fondamentali di fattibilità e sostenibilità, tenuto conto della bellezza paesaggistica e rilevanza ambientale, storica e artistica della località.

Il Protocollo d’intesa, oltre a dare una garanzia triennale al territorio è servito anche ad ottenere una sorta di garanzia con la RAI per la sua diffusione. Il concerto di ferragosto fa registrare un milione e mezzo di audience e diventa una cartolina efficace di promozione del nostro territorio.

Le parti patrocinano e finanziano il concerto attraverso contributi diretti agli enti organizzatori (Comuni o Unioni Montane o Parchi), per un ammontare complessivo annuo di 56.000 euro sostenendo in modo particolare le spese relative all’Orchestra, al trasporto materiale, agli allestimenti, all’organizzazione generale ed alla promozione della manifestazione.

La Regione Piemonte compartecipa al finanziamento della manifestazione, stanziando 25.000 euro ogni anno, la Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo mette a disposizione 20.000 euro, la Camera di Commercio 6.000 euro e l’ATL del Cuneese 5.000 euro. La Provincia di Cuneo ospita la Cabina di regia che si occupa di monitorare e definire l’evento.

“Siamo molto contenti – dichiara il vicepresidente della Regione Piemonte, Fabio Carosso – che nonostante il momento difficile che stiamo vivendo, si riesca lo stesso ad organizzare questo concerto. Spiace un po’ che non ci sia l’afflusso massiccio di pubblico in alta quota che è una delle caratteristiche di questo evento, ma grazie alla Rai questo momento, che è di grande valore culturale, ma per noi anche di marketing territoriale, consentirà di far vedere la bellezza delle nostre montagne ad una vastissima platea di spettatori”.

“Siamo particolarmente soddisfatti – aggiunge il presidente della Fondazione Crc, Giandomenico Genta – che, grazie all’impegno profuso dalla Fondazione e da tutti gli enti coinvolti, l’appuntamento con il Concerto di Ferragosto sia confermato anche per l’estate 2020. Un’occasione unica di promozione del nostro territorio, tanto più preziosa nel momento difficile che stiamo attraversando. Un grazie particolare va alla Rai la cui presenza, nonostante tutte le difficoltà incontrate, permetterà di far arrivare le note del concerto dalla Reggia di Valcasotto alle case di tutta Italia”.

“Il Concerto di Ferragosto – commenta il presidente della Camera di Commercio di Cuneo, Mauro Gola – è divenuto negli anni un appuntamento classico per gli amanti della montagna, della natura e della musica, che attraverso la diretta Rai ha consentito a migliaia di persone di scoprire le Alpi e gli incantevoli paesaggi della provincia. Quest’anno, in cui siamo chiamati a sostenere con maggior forza e impegno il settore turistico, sicuramente uno dei più provati dalla pandemia, il tradizionale appuntamento di metà agosto, nella storica località individuata, ha un sapore di ripartenza, che può e deve essere un invito ai turisti e ai tanti appassionati locali, a scegliere per le proprie vacanze destinazioni green, in contesti il cui valore è confermato dai prestigiosi riconoscimenti Unesco”.

Il presidente della Provincia di Cuneo, Federico Borgna: “Accolgo con grande soddisfazione la scelta del castello di Valcasotto, una delle location più caratteristiche del nostro territorio e che ben si adatta a questo evento. Sono molto contento che anche quest’anno il concerto si tenga nella nostro provincia. In un momento così difficile,poi, è molto importante riaffermare il valore della cultura”.

“In un’estate particolare come questa che ci apprestiamo a vivere – conclude – il presidente dell’Atl cuneese, Mauro Bernardi – il concerto rappresenta una rilevante occasione per far conoscere all’Italia intera le nostre bellezze paesaggistiche, naturalistiche ed architettoniche. La Reggia di Valcasotto abbraccerà idealmente musica e spettacolo per trasmettere, attraverso il grande lavoro della produzione Rai, anche tutto lo splendore e il fascino delle nostre montagne, dei nostri borghi alpini, delle nostre residenze sabaude. Qui, dove natura rigogliosa e opere artistiche dal grande respiro si fondono armoniosamente, la musica si eleverà per culminare in una meravigliosa cartolina promozionale della nostra amata terra.”

La Residenza Reale di Valcasotto (Garessio, Cn)

L’edificio venne fondato dai frati certosini nel 1.172 in località Valcasotto, luogo isolato adatto alla preghiera e alla meditazione. Più volte distrutta da incendi e ricostruita, la Certosa fu trasformata nelle forme attuali dall’architetto Bernardo Vittone a partire dal 1754. Dopo la soppressione napoleonica degli ordini religiosi, nel 1837 il complesso fu acquisito da re Carlo Alberto e destinato a castello di caccia. Qui Vittorio Emanuele II organizzava imponenti spedizioni venatorie e la principessa Maria Clotilde trascorreva l’estate. Il castello rimase di proprietà della famiglia reale fino all’anno 1881, data in cui venne venduto a privati per poi essere acquisito da Regione Piemonte. Il castello di Valcasotto, è oggi la residenza reale più a sud del circuito sabaudo ed è parte di un comprensorio turistico che collega le valli di Pamparato e Mondovì alle stazioni termali di Lurisia e Vinadio. Il castello è composto da tre grandi ali che si affacciano su di un cortile porticato delimitato da muraglioni. Nei pressi si trovano inoltre altri edifici storici quali la Correria e la Cascina del Seccatoio.

Una collaborazione tra Stabile e TPE, un’occasione per ricominciare

Torniamo a teatro, il Carignano per tutta l’estate

Le prime immagini, in questa videoconferenza che cade verso l’ora del pranzo, sono di Lamberto Vallarino Gancia, presidente del Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale. Ha scaramanticamente alle spalle l’immagine della sala del Carignano, ai tempi d’oro e non contaminati, quando il pubblico riempiva palchi e platea. Sì sì, certo, “il mondo della cultura è sempre stato vivo, ci siamo lasciati alle spalle gli spettacoli pronti ad andare in scena e inevitabilmente bloccati, le compagnie sciolte e ci siamo inventati certi piccoli apporti in streeming dei nostri attori” per dire al pubblico ecco ci siamo, ecco siamo ancora vivi: “ma il rapporto umano all’interno di una sala teatrale è irrinunciabile”.

Ecco che allora lunedì prossimo 15 giugno, sino al 13 settembre, la sala principe torinese rimarrà aperta per l’intera giornata come contenitore di Summer Plays, “per tornare ai nostri spettatori”. Certo, obbligo di mascherine, misurazione delle temperature, continua circolazione dell’aria condizionata con l’esterno, una platea che pare, ormai pronta all’inaugurazione, un ordinato campo di battaglia con l’attenta salvaguardia del distanziamentro tra i posti, una sessantina regolari gli altri accucciati e riverenti al palcoscenico (“è stato sufficiente – sottolinea Filippo Fonsatti, direttore dello Stabile – togliere il perno degli schienali inutilizzati e ripiegarli sulle sedute, una mezza giornata di lavoro a costo zero”), pronti per accogliere le borse delle signore o le giacche. Globalmente i posti sono passati da 650 a 200: ma si riapre, evviva e finalmente, c’è una gran voglia, dopo un troppo lungo intervallo abbiamo l’ansia di riempirci gli occhi del colore rosso della sala, delle voci degli attori, delle luci, degli applausi finali (le notizie che arrivano dai cinema al contrario scivolano di qua e di là, affermano e negano, anch’essi il 15 oppure si va oltre, mascherina o non mascherina, mascherina assolutamente no!, tagliamo sulle persone di servizio ma certo molti di noi non possono privare il pubblico dei bicchieroni di popcorn o di coka…parte di un introito che, pure lui, tarda ad arrivare, intanto si andrebbe inevitabilmente a ripescare tra i titoli lasciati in sospeso quattro mesi fa o in mancanza di quelli nuovi, visti i set fin qui sbarrati e la mancanza  di fiducia del mondo del cinema che attenderebbe la stagione prossima, si proporrebbero quelli passati più o meno in sordina sulle varie piattaforme: a poche ore da una decisione, di deciso non c’è assolutamente nulla).

Tornando a Summer Plays, 16 titoli per 100 serate di spettacolo. Uno sforzo non da poco, per la cui realizzazione s’è allineato il TPE – Teatro Piemonte Europa: “Questa ripresa congiunta – sottolinea la sua presidente, Maddalena Bumma, ad una sola voce con Vallarino Gancia – è un fatto importante per la Città e per la Regione, in quanto manifesta il superamento degli interessi specifici a favore di una progettualità partecipata in un momento tanto delicato, con l’auspicio che la nostra proposta venga recipita come un segnale di speranza per la comunità e rappresenti un progressivo ritorno alla normalità”.

Altre immagini che ci arrivano nella mattinata sono quella di Valter Malosti, direttore del TPE – all’ombra del grande abito che occuperà (dal 23 al 28 giugno) la sua Giulietta felliniana, con Roberta Caronia, “un po’ più impolverato ma vivo e presente”, ripartire di là dove tutto è stato interrotto, “per affrontare l’ignoto e andare avanti”, un doveroso omaggio al regista riminese nel centenario della nascita – e quella di Valerio Binasco, direttore artistico dello Stabile – nella grande area delle Fonderie Limone a dare gli ultimi ritocchi all’Intervista di Natalia Ginzburg (di cui è regista e interprete, con Arianna Scommegna e Giordana Faggiano, repliche sino a domenica 21) che inaugurerà lunedì il ciclo di proposte: “un testo che ho già messo in scena tredici anni fa con Maria Paiato ma di cui ho scoperto in questa nuova occasione nuove emozioni, pensieri non già pensati, una seriosità che non avevo sperimentato, la piena consapevolezza che protagonista è il tempo nel suo aspetto malinconico e quasi cecoviano”. Malosti e Binasco hanno marciato di pari passo, e raccogliendo artisticamente economicamente e tecnicamente le proprie risorse hanno creato degli appuntamenti che guardano alla drammaturgia contemporanea come ad autori e ad attori, soprattutto, legati al territorio.

Seguiranno Lucido di Rafael Spregelburd, interpretato e diretto da Jurij Ferrini (dal 30 giugno), Camillo Olivetti di Laura Curino e Gabriele Vacis (dal 7 luglio) e Mistero Buffo di Dario Fo, con Matthias Martelli diretto da Eugenio Allegri (dal 10 luglio); due coproduzioni Stabile/TPE saranno Una specie di Alaska di Harold Pinter con la regia di Binasco e Kollaps (Collasso) di Philipp Löhle messo in scena da Marco Lorenzi. Atteso, dal 21 al 26 luglio, e coprodotto tra Stabile, Teatro Franco Parenti e Teatro Stabile del Friuli Venezia-Giulia, Locke di Steven Knight, diretto da Filippo Dini, mentre Leonardo Lidi porta in scena dal 4 al 9 agosto La segretaria, altra “piccola virtù” teatrale della Ginzburg.

All’interno di Summer Plays, un progetto sperimentale intitolato Claustrophilia, “ideato nel momento più buio del lockdown”, al centro Molly Sweeney di Brian Friel, Blackbird di David Harrower e Dialogo, ancora uno sguardo alla Ginzburg, un progetto che prevede “luogo fisico e spazio digitale, teatro e video, con la partecipazione di tre registi cinematografici e video che sono Irene Dionisio, Michele Di Mauro e Dario Aita, per realizzare produzioni fruibili indifferentemente sul palcoscenico o su piattaforme digitali, sperimentando forme di espressione scenica di sopravvivenza”, dice Binasco, mettendo forse ordine tra quegli spettacoli filmati e visti online e incapaci di dare a chi guarda emozioni autentiche e immediate. Valter Malosti curerà ancora il “Progetto Testori” comprendente Cleopatràs e Le Maddalene, cui si aggiungeranno Testori vs Shakespeare (9 settembre), la presentazione video di Vado a vedere come diventa notte nei boschi…, un omaggio a Giovanni Moretti (il 10) e Conversazione con la morte (l’11), una lettura di Piero Nuti. Tra il 18 giugno e il 30 luglio arriveranno le Lezioni shakespeariane, ovvero sette registi di generazioni diverse racconteranno con l’aiuto di alcuni attori le scene più celebri di altrettanti capolavori del grande autore, svelando anche in questo caso la straordinaria attualità della sua scrittura.

Elio Rabbione

 

Nelle foto:

La “nuova immagine” del teatro Carignano, con i posti distanziati. Foto di Luigi De Palma

Valerio Binasco. Foto di Laila Pozzo

Valter Malosti. Foto di Laila Pozzo

Un momento delle prove di “L’intervista” di Natalia Ginzburg, regia di Valerio Binasco, dal 15 giugno al teatro Carignano. Foto di Luigi De Palma

 

 

C’era una volta il sistema Torino

Sono solo un centinaio di paginette, ma ogni torinese di nascita o di adozione dovrebbe leggerle

Potrebbe essere uno stimolo per non far cadere più in basso la città, culla di ogni inizio. Conoscere i retroscena di una politica scontata è fondamentale per saper decidere con chi schierarsi per salvare il salvabile…
Questo libretto, chiaro e senza pretese, esce in anticipo rispetto alla prossima imminente campagna elettorale. Il  monito potrebbe essere: torinese avvisato, torinese salvato.
L’ autore, Augusto Grandi – giornalista, per tanti anni al Sole 24 Ore – , con linguaggio scorrevole  mette in guardia il cittadino ignaro sulle manovre non sempre limpide che operano nella ormai decaduta prima capitale d’Italia. Una città sabauda nello spirito, ma arrendevole nelle azioni. Commoventi le citazioni dei versi di Gipo Farassino che a distanza di decenni calzano a pennello alla Torino che ha tanto amato, attuali nonostante siano stati scritti oltre 50 anni fa. Il libro non dà delle soluzioni ma utili riflessioni.
Consiglio:  staccatevi dal video, spegnete il cellulare, investite 12 Euro e godetevi la lettura su una panchina dei parchi cittadini.Vi sentirete ristorati e più colti di tutto ciò che vi circonda…
Gabriella Daghero
Edizioni: Centro studi Vox populi