IN MOSTRA A CASALE MONFERRATO
Informazione promozionale
In galleria quattro artisti a confronto: Riccardo Bedini, Dario Frascone, Domenico Giaquinto e Fabrizio Passera
Dal 9 al 22 maggio si terrà alla galleria Malinpensa by La Telaccia una mostra di artisti tutta al maschile, con la partecipazione di Riccardo Bedini, Dario Frascone, Domenico Giaquinto e Fabrizio Passera.
L’artista Riccardo Bedini si avvale di materiali riciclati per realizzare le sue opere scultoree, rivelando una sensibilità creativa ricca di inesauribile virtù espressiva che è capace di comunicare al fruitore esprimendo concetti profondi le complesse condizioni del vivere e degli stati d’animo.
Le sue sculture sono frutto di meditazione e dal forte significato umano, sociale e ambientale. Nascono non solo dallo studio e da una costruzione attenta, ma anche dalle emozioni e dal sentimento di un artista, puro e sincero, che indaga la realtà e interpreta la materia con una forte interiorità. Affidarsi al recupero dei materiali quali ferro, plastica, legno, vetro e lana per l’artista Riccardo Bedini rappresenta un atto di vera importanza contenutistica, tanto da stabilire nel suo percorso risultati assolutamente originali che testimoniano un’autenticità espressiva. Diversi elementi fra loro rappresentati si intrecciano in un gioco armonioso dove la materia, sempre più mutevole nel soggetto, vive ben strutturata in un rigoroso equilibrio delle forme e in una efficace simmetria dei volumi, capace di rendere l’opera palpitante di energia. Il connubio coinvolgente della sostanza materica con gli acrilici e la resina dà vita a una evidente intensità cromatica, esaltando la scultura di effetti unici e suggestivi che entrano in perfetta armonia nell’opera, caratterizzandola sapientemente. La costante indagine per i materiali, a cui l’artista ridà nuova vita, è di fondamentale importanza per il suo iter, tanto da raggiungere livelli di reale contemporaneità all’insegna di un linguaggio inventivo e compositivo che richiama l’attenzione dello spettatore. Le sue opere sono modellate con sintesi formale e intensità espressiva e sono intrise di analisi, di potenza concettuale e di un forte messaggio di comunicazione che si carica di lirismo. Trasformare oggetti e materiali comuni per fargli assumere un valore, che va al di là del fascino indiscutibile dal punto di vista estetico, è il significato principale del suo fare arte in senso fortemente spirituale. Riccardo Bedini esprime con un totale impegno di elaborazione e con una continua ricerca, una propria capacità tecnica in cui dimostra di saper coniugare tradizione e innovazione in un divenire di passionalità e di stile che scuote l’animo e la vista dell’osservatore.
Un artista diverso ma egualmente intenso è Dario Frascone. La ricerca per l’artista Dario Frascone è di fondamentale importanza nel suo iter. Egli fa compiere all’osservatore un viaggio iniziatico fantastico tra realtà e irrealtà in cui immagini animate da ritmi formali, luci e spazi vivono magistralmente attraverso una composizione del tutto originale, pregnante di meditazione. Le sue opere, disegnate a mano e poi successivamente sviluppate in digitale con l’ausilio del computer, sono intrise di messaggi ricorrenti e di costanti aspetti simbolici che rappresentano la società in cui viviamo e il suo stato d’animo. Ogni soggetto vive di una contemporaneità suggestiva realizzata con riflessione e notevole tensione spirituale che rispecchia il senso e il non senso della vita moderna. Ogni dettaglio è descritto con una valida rispondenza estetica che evidenzia anche una scelta del colore piuttosto estrosa e vivace. Unione e sovrapposizione di varie scene di vita e di significati simbolici rivelano una compositiva autonoma e personale carica di un’atmosfera incantata dove tutto, nell’opera, si veste di intensità espressiva. Il colore è vivo e dinamico, la capacità tecnica notevole, le quali, unite ad una chiara simbologia, esprimono un impeto creativo evidente.
Attraverso una particolare vitalità formale e un acceso cromatismo, Dario Frascone ci propone memorie, aspetti di vita reale e sogni che cristallizzano, all’interno dell’opera, una narrativa completa all’insegna di un linguaggio universale ricco di valori e di sincerità espressiva. Nei suoi soggetti si coglie un gioco di luci e di colori, di forme di chiara impronta personale sempre segnata da una ricerca mai interrotta e da una chiarezza di comunicazione. Dario Frascone è portatore di messaggi e contenuti e realizza le sue opere digitali con notevole equilibrio formale e con piacevoli effetti visivi, segno di uno stile inconfondibile e di un percorso dettato da una composizione contraddistinta da equilibrio, che esercita interesse nell’osservatore.
Il terzo artista in mostra è Domenico Giaquinto, per il quale la materia è l’assoluta protagonista che egli conosce profondamente e che evidenzia con una dinamica strutturale e una resa formale di notevole temperamento. La sua tecnica policroma, ottenuta dall’utilizzo di piccole tessere in gesso dalla forma quadrata, rappresenta un processo creativo originale che si serve di una elaborazione rigorosa, supportata da sapienza compositiva e dallo stile unico.
L’intervento della sabbia dei vari frammenti di vetro, che l’artista fissa magistralmente sulla tela e sulla tavola mediante un meticoloso lavoro, si alterna al gioco cromatico di forte espressività. Con mano sicura e un notevole impegno per il dettaglio, Giaquinto mostra, al fine di comporre i suoi soggetti figurativi, una continua ricerca impregnata di significato e di necessità interiore. Si tratta di una dimensione carica di comunicazione che palpita di un’unità creativa e una personalità artistica inimitabile. L’attenzione e il rispetto verso l’esistenza umana, soprattutto femminile, lo vede particolarmente sensibile e gli permette di offrire ai suoi lettori un’arte costantemente intrisa di valori profondi e di messaggi contenutistici di intenso coinvolgimento. La scansione ritmica della materia, gli accordi cromatici e l’atmosfera armonica chiaroscurale si strutturano magistralmente nei suoi altorilievi, tanto da rivelare una continua dialettica compositiva altamente suggestiva, che trasmette al fruitore un’ampia riflessione. L’equilibrio tra gli elementi materici e il fascino del colore crea un percorso di assoluta indipendenza e di libertà interpretativa, da cui scaturisce una ricerca sincera che mantiene costanti il suo linguaggio e il suo stile. Le figure femminili, i volti e le loro capigliatura vibrano di un’intensa poesia e di serenità, regalandoci sensazioni piene di vita e ricchezza emotiva. Quello dell’artista Domenico Giaquinto è un dialogo che privilegia il tema della figura umana e del suo vissuto, cogliendo l’intima essenza della realtà del soggetto, tanto da raggiungere risultati di chiara interpretazione e immediatezza formale, all’insegna di un’arte ricca di sensazioni e emozioni.
Ultimo, ma non meno importante artista in mostra, è Fabrizio Passera, che riesce a creare nella sua scena fotografica un grande equilibrio compositivo e un potente dinamismo di pieni e di vuoti che vivono in armonia tra loro sia sotto l’aspetto tecnico sia sotto quello concettuale, indice di un’evidente padronanza e di un’indagine continua.
In una serie di fotografie, scattate all’interno di una ex fabbrica di elettrodomestici della seconda metà del Novecento, ha rappresentato un ampio impianto di produzione ormai dismesso, e narra di una panoramica sulla nuova identità dove la natura si sta riappropriando dello spazio sottratto dalla cementificazione. L’elemento mutevole ed essenziale della luce, con le sue suggestive variazioni tonali e chiaroscurali, attraversa nel soggetto un autentico processo naturale, a volte spirituale, che si caratterizza dalla temporalità. L’artista Fabrizio Passera mette in campo fughe dritte e profonde accanto alla potenza della prospettiva, che va oltre l’immagine stessa e la cromia desaturata, sfumata e pacata, ma sempre incisiva, che evidenzia uno stile unico, molto personale e ben riconoscibile. Ombre e luci comunicano in una dimensione volumetrica movimentata da una spazialità e da una linearità che oltrepassano i confini dell’obbiettivo, e trasmettono al fruitore una fotografia altamente personale, intrisa di unicità. La sua fotografia, legata alle sezioni verticali e orizzontali, e alla purezza del colore, viene condotta con grande naturalezza e un impianto compositivo che esalta il contenuto del soggetto. Gli scatti fotografici sono realizzati con lunghi tempi di esposizione, e consentono all’artista di muovere l’apparecchio mentre registra l’immagine, producendo nella foto un’atmosfera sospesa tra la realtà e l’astrazione, in cui la compenetrazione tra i soggetti, trova risultati di notevole effetto che rendono ancora più significativa la sua arte. Passera, affascinato dalle architetture e dagli spazi urbani e sugli effetti che questi producono sul paesaggio, sia a livello ambientale, sociale e umano conduce una ricerca attenta di studio e di analisi. La sua è un’espressione di particolare significato e impegno totale che dimostra creatività e sensibilità profonda.
Mara Martellotta
Protagonisti di una mostra al Mastio della cittadella, aperta fino ad aprile
Al Mastio della cittadella ha aperto lo scorso 3 febbraio la mostra intitolata “I macchiaioli e la pittura en plein air tra Francia e Italia”.
Prodotta da Navigare srl con il patrocinio della Regione Piemonte e Città di Torino e con la collaborazione di AICS, l’esposizione riunisce circa novanta dipinti a olio e acquerelli di trenta artisti prevalentemente italiani, con alcune opere di artisti francesi, provenienti da collezioni private e da quella di Palazzo Foresti di Carpi.
L’esposizione vuole evidenziare e studiare la nascita e l’evoluzione della pittura dei macchiaioli nei suoi diversi aspetti, mettendo in risalto le origini e le ragioni di questa importante rivoluzione artistica, i suoi sviluppi e la sua eredità. Obiettivo della mostra è quello di indagare i protagonisti e l’evoluzione di questo movimento, fondamentale per la nascita della pittura italiana contemporanea.
Tra i trenta artisti in mostra, prevalentemente italiani, figurano Cabianca, Fattori, Signorini, De Tivoli e Boldini, accanto ad opere di artisti francesi quali Troyon, Rousseau, Daubigny, Dupré, Millet e Corot, che narrano la storia della pittura macchiaiola tra Toscana, Campania, Piemonte e Francia.
L’esposizione, suddivisa in dieci tematiche, propone un percorso che racconta l’evoluzione del movimento artistico nel contesto europeo e italiano, i suoi rapporti con il realismo della pittura en plein air della scuola francese di Barbizon, quelli con i paesaggisti della scuola napoletana e quelli con la Scuola di Rivara, in Piemonte, dove fu proprio casa Savoia a incentivare la pittura paesaggistica. Tra i temi figura anche l’arte della caricatura alla quale si dedicarono gli artisti che si riunivano intorno al caffè Michelangiolo di Firenze, il primo caffè letterario della città toscana, nato nel 1848, in pieno fermento risorgimentale.
Tra le opere caricaturali ricordiamo quelle di Telemaco Signorini, Angiolo Tricca, Eugenio Cecconi e Vito d’Ancona. A concludere il percorso un tema dedicato all’eredità dei macchiaioli.
Un legame che viene esaminato è quello dei macchiaioli e della fotografia, non solo vista come rivale pericolosa della pittura, ma utilizzata per osservare i contrasti tra luce e ombra nei soggetti di tipo storico, letterario, fino alla tematica del lavoro nei campi e alle scene di vita quotidiana.
Un altro legame che viene approfondito è quello con l’Impressionismo. Silvestro Lega si dimostrò ben disposto verso gli artisti francesi, mentre Giovanni Fattori definì le ombre blu, caratteristica di Signorini, e gli sfondi arancio e rosso tipici di Costa Romano “Cosa vecchia. Nulla di nuovo sotto il sole”.
La mostra è curata dalla storica dell’arte Simona Bartolena ed è ospitata nella struttura affidata a Difesa Servizi, la partecipata del Ministero della Difesa che si occupa della valorizzazione degli asset del Dicastero.
La mostra è visitabile al Mastio della Cittadella fino al 1 aprile prossimo
Aperta da lunedì al venerdì dalle 9.30 alle 19.30, nel weekend dalle 9.30 alle 20.
Ultimo ingresso 30 minuti prima dell’orario di chiusura.
MARA MARTELLOTTA
Antonio Galano. Un pittore da riscoprire
Lodevole retrospettiva, al “Collegio San Giuseppe” di Torino, dedicata all’artista di origini pugliesi “sospeso tra Sud e Nord”
Fino all’8 febbraio
La “Torino dell’arte” non è mai stata troppo generosa e attenta, come invece avrebbe dovuto essere, nei confronti dell’attività pittorica di Antonio Galano, artista pugliese originario di Foggia (1911 – 1970), trasferitosi sotto la Mole alla fine degli anni Quaranta, “con un vivace bagaglio di immagini e colori della sua terra”. A rimediare alle dimenticanze di una città che fra gli anni ’50 e ‘60 smaniava appresso tendenze di avanguardie e post-avanguardie sopraggiunte in forza da Paesi d’oltralpe e d’oltreoceano, è indubbiamente lodevole l’iniziativa del “Collegio San Giuseppe” di via San Francesco da Paola, a Torino (sempre più prestigioso spazio espositivo, oltreché riferimento didattico di alto livello per la Città) che a Galano ha inteso dedicare, fino giovedì 8 febbraio, un’interessante retrospettiva (la prima, dopo oltre cinquant’anni dalla sua scomparsa), promossa dalle figlie Enza e Teresa, con la curatela di Giulia Caffaro. Significativo il titolo della rassegna, “Un pittore sospeso tra Sud e Nord”, che presenta 23 dipinti della “Collezione privata Galano”, articolati nelle tre sezioni “Scorci del Sud”, “Ritratti” e “Scorci del Nord”. In tutti è ben chiaro il valore di un pittore onesto, assolutamente credibile, votato alle regole di un “figurativo” appreso alla “Scuola di Belle Arti” (fondata a Napoli dal maestro – suo compaesano – Nicola Parisi) capace però di piacevolmente scivolare in irrequiete pagine d’impronta post-impressionista in quell’uso rapido e bizzarro del segno indefinito e di colori lasciati volentieri liberi di esprimere piacevoli e poetiche sensazioni legate ai soggetti affrontati. Quando Galano approda a Torino (in “valigia” le assolate visioni delle “piane” e dei “paesaggi” e della “gente” di Puglia, dono artistico a quel Nord che presto imparerà ad amare nelle sue “piazze” e nei suoi “portici” e nei suoi “mercati”, come nelle sue “colline”, nei suoi verdi “scorci boschivi” e nelle sue magiche “montagne”), troverà un, forse inaspettato, incontenibile fermento culturale, un milieu artistico legato alle figure di Felice Casorati, pittore, e di Luigi Carluccio, critico e gallerista a “La Bussola” insieme alla galleria “Notizie” di Luciano Pistoi, cui si deve la riscoperta del “Secondo Futurismo torinese” e dell’ “Informale” europeo e americano fino allo sbarco sotto la Mole – pigmalioni il gallerista Sperone e il critico Celant – del Gruppo dell’ “Arte Povera” celebrata dai vari Pistoletto, Merz, Gilardi, Paolini, Penone e altri. Tutto questo urlato “vociare” lo destabilizza non poco. Cerca di carpirne le “filosofie” e le “motivazioni”, ma con onestà non se la sente di svicolare dai suoi “principi” e capisce con tristezza che, “per i pittori ‘tradizionalisti’ come lui, è rimasto poco spazio nel ‘magma artistico’ della grande ripresa italiana”. Si prende, quindi, una piccola “pausa di riflessione”, ritirandosi a vita privata , “per poi tornare – sottolinea Giulia Caffaro – sulla scena artistica piemontese qualche anno più tardi, con una tecnica pittorica più raffinata, post-impressionista, lirica e narrativa. Nel suo studio paesaggi naturali e abitati hanno il pregio di una realtà viva, piacevole, senza enfasi né retorica. Si tratta di brevi e semplici racconti suggeriti dalla natura e dagli angoli dei centri urbani, macchie colme di colore e di calore, miscelate senza contorni netti”. Assolutamente piacevole quell’“Ombra e luci di Porta Palazzo”, olio su tela del ’68, dove il soggetto appare frammentato in mille rivoli di colore, fra antiche mura, palazzi, piccole quotidiane realtà osservate dall’alto dal cinquecentesco cupolone della “Chiesa di Santa Croce” posta a ridosso della “Galleria Umberto I”; colori che ancora mantengono il calore del Sud (“Dopo la messa”, 1959), pur appropriandosi di più umbratili tonalità proprie della terra d’adozione, come in “Melodia del bosco” (1967) o nel fontanesiano “Al calar del sole” del 1965. E poi i “Ritratti”, figure “che paiono scolpite nel tempo e nella fatica” o che esplodono nell’eccentricità del “Giovanotto” (1960), fino a sbizzarrirsi in un frenetico gioco espressionista nello “Sciuscià” (sempre del ’60). Al termine del percorso espositivo, a salutarci è un ritratto a lui dedicato nel ’61 da Salvatore Scognamiglio, fra gli amici del “Gruppo Nazionale degli Artisti Autonomi” (“G.N.A.A.”), costituito a Foggia e dal ’68 diventato realtà torinese: memoria di un uomo e di un pittore che ha fatto dell’onestà morale e artistica, “in un’epoca – per dirla con un signor critico, quale fu Vittorio Bottino – piena di bari e di traditori dell’arte”, il suo primo obiettivo di vita.
Gianni Milani
“Antonio Galano. Un pittore sospeso tra Sud e Nord”
Collegio “San Giuseppe”, via San Francesco da Paola 23, Torino; tel. 011/8123250 o www.collegiosangiuseppe.it
Fino a giovedì 8 febbraio
Orari: lun. – ven. 10,30/12,30 – 16,30-18,30; sab. 10/12
Nelle foto:
– “Ombre e luci a Porta Palazzo”, olio su tela, 1965
– “Dopo la messa”, olio su tela, 1959
– “Al calar del sole”, olio su tela, 1965
– “Giovanotto”, olio su tela, 1960
Inaugura sabato 3 febbraio alle ore 16,30, nella Manica Lunga del Castello di Casale Monferrato, la mostra di oli, acquerelli, acrilici, guache e disegni su carta tinta, nonché illustrazioni della pittrice Fernanda Core, dal titolo DOVE PORTA LA NEVE.
Come afferma la critica Giuliana Bussola nella sua bella presentazione, “….è chiaro il fascino subìto da Caspar David Friedrich, con cui la pittrice sente affinità elettiva, riguardo lo stupore che deriva dalla contemplazione del creato. Ma il suo cammino personale procede diversamente, poiché non unisce, come il grande pittore romantico, l’attrazione allo sgomento, al terrore derivato dalla inaccessibilità della natura aldilà della comprensione umana. La contemplazione della pittrice infatti si risolve nella scoperta di una ottimistica comunione tra uomo e creato.
E più avanti: “…le tante citazioni del pittore romantico tedesco, di Segantini, e in altre occasioni di Piero della Francesca denotano il desiderio di mantenere la memoria dell’arte del passato, che non richiede di essere esclusiva dei grandi artisti, ma deve essere linfa e stimolo di una ripresa creatrice, confermando in tal modo l’indissolubile unione di forma e contenuto, di Idea e Mestiere….”
E ancora: “A dimostrazione della perizia anche nel disegno, sono presenti in mostra le chine originali, gli oli e gli acquerelli che compongono le illustrazioni del libro per bambini “LA GALLINELLA ROSSA DI MAGNEAZ ” il cui testo è costituito da una antica fiaba della tradizione orale della Val d’Ayas, raccolta e tradotta dal patois dalla storica maestra del paese, Anna Brunod, e illustrata e impaginata da Fernanda Core.
Questa mostra personale segna il ritorno della pittrice a Casale Monferrato, e al Castello, dopo l’esposizione fatta insieme alla madre, anch’essa pittrice, nel 2016.
Ma qui sono la neve e le montagne a essere protagoniste. Quella montagna che inspira un sentimento che non ha un nome nella nostra lingua, ma che si può definire “senso di intimità” , tra la natura e se stessi, o che proviamo guardando le casette silenziose dalle finestre illuminate, o al calore delle stufe, dei camini e dell’accoglienza.
Fernanda Core ha studio sia a Casale Monferrato che a Milano. In qualità di grafica ha fatto parte del gruppo milanese Humor Graphic, come fumettista w vignettista ha preso parte a numerose rassegne, come la Biennale di Lucca, Treviso Comics, la Biennale dell’umorismo di Ferrara, partecipando a prestigiose esposizioni, quali a Palazzo Braschi a Roma, Palazzo di Re Enzo e Artefiera a Bologna, alla Triennale e Museo Archeologico a Milano, e ha collaborato con varie testate. Fra le personali come pittrice ricordiamo Milano al Consolato degli Stati Uniti, e da Arter, in Monferrato al Teatro Municipale, al Castello di Casale Monferrato e a Villa Vidua a Conzano, ad Asti al teatro Alfieri. e per il cinquecentenario della morte di Piero della Francesca a Sansepolcro e ad Arezzo. Ha inoltre esposto in Olanda, Svizzera, e presso la Galerie Alphaflor di Friburgo in Germania.
La mostra DOVE PORTA LA NEVE sarà visitabile dal 3 al 25 febbraio il venerdì ore 15,00/19,00.
Sabato e domenica 10,00/13 – 15,00/19 Castello di Casale Monferrato
La natura e i suoi protagonisti. In un click le migliori foto del 2023
59esima edizione. Fra i vincitori anche la piccola torinese Ekaterina Bee
Dal 3 febbraio al 2 giugno
Bard (Aosta)
Un granchio a ferro di cavallo con il suo carapace protettivo dorato, che si muove lentamente sul fango nelle acque protette dell’isola di Pangatalan nelle Filippine, affiancato da tre piccole carangidi anch’esse dorate e a piccole strisce multicolori: siamo di fronte a uno spettacolo naturale in grado di ricordarci quanto sia grande e inattesa la bellezza del Creato, in ogni sua più piccola e vitale espressione. Ma siamo anche di fronte alla grandezza di una foto e di un “maestro” della fotografia capace di cristallizzare, nell’attimo che conta, quella meraviglia che d’improvviso si mostra ai suoi occhi per donarla a tutti noi. “The golden horseshoe è la foto vincitrice in assoluto della 59esima edizione di “Wildlife Photographer of the Year”, il più datato (1964) e prestigioso riconoscimento dedicato alla “fotografia naturalistica”, promosso dal “Natural History Museum” di Londra. E l’artista che la firma (“fotografo naturalista dell’anno 2023”) è il biologo e fotografo marino francese Laurent Ballesta, già vincitore nel 2021.
“Wildlife Photographer of the Year” fornisce “una piattaforma globale” che mette in mostra alcuni dei migliori talenti della fotografia provenienti da tutto il mondo da quasi 60 anni. Le immagini premiate (e giudicate in modo anonimo da una giuria internazionale di esperti in base all’originalità, alla narrazione, all’eccellenza tecnica e alla pratica etica raccontando e indicando possibilmente un futuro a difesa del Pianeta) intraprendono un “tour internazionale” che sarà visto nel complesso da oltre un milione di persone. Per l’Italia la prima tappa è nelle Sale delle Cannoniere al “Forte di Bard”, dove gli scatti premiati nelle 17 categorie saranno presentati, da sabato 3 febbraio a domenica 2 giugno, in un suggestivo allestimento all’interno di light panels (pannelli retroilluminati) capaci di renderli ancora più emozionanti.
Le cifre: sono 49.957 le iscrizioni da parte di fotografi di tutte le età e livelli di esperienza, provenienti da 95 Paesi, registrate nel concorso di quest’anno e scattate nel corso dell’anno appena concluso.
Accanto alla foto vincitrice del francese Ballesta, altro scatto decisamente curioso e intrigante è quello dell’israeliano Carmel Bechler, vincitore del “Young Wildlife Photographer of the Year 2023”, con l’immagine “Owls’ road house” che immortala alcuni barbagianni all’interno di un edificio abbandonato vicino ad una strada trafficata. L’autore ha sfruttato al massimo la luce naturale e ha utilizzato tempi di esposizione lunghi per catturare le scie luminose del traffico in transito. Occhi e mani al servizio di indubbie capacità tecniche e anima attenta alle voci di un’intensa emozionalità.
Tra i vincitori anche gli italiani Alessandro Falco (abruzzese di Montesilvano, menzione speciale nella sezione “Photojournalism”), i romani Barbara Dall’Angelo (menzione speciale nella sezione “Zone Umide”) e Bruno D’Amicis (menzione speciale nella categoria “Talento naturale”) e il milanese Pietro Formis (menzione speciale nella sezione “Ritratti animali”).
Un plauso speciale e (lo confesso) di parte, per l’undicenne torinese Ekaterina Bee (premiata nella categoria 11-14 anni) e già vincitrice del “Wildlife Photographer of the Year 2022” (nella categoria fino ai 10 anni). Titolo della foto presentata quest’anno: “Out of the blue”. Su una barca nelle acque dell’isola di Skye (Scozia), l’isola più grande dell’arcipelago britannico delle Ebridi, Ekaterina ritrae con sorprendente e rapida abilità, attraverso i varchi creati dal pacato ondeggiare delle acque, l’elegante scivolare di una coppia di “delfini tursiopi” men che meno, in questo caso, “acrobati dei mari”, ma placide creature alla ricerca – pare – della migliore posizione per permettere ad Ekaterina di scattare una foto davvero “da incorniciare”.
Gianni Milani
“Wildlife Photographer of the Year”
“Forte di Bard”, via Vittorio Emanuele II, Bard (Aosta); tel. 0125/833811 o www.fortedibard.it
Dal 3 febbraio al 2 giugno
Orari: Mart. – ven. 10/18; sab. dom. e festivi 10/19. Lunedì chiuso
Nelle foto:
– Laurent Ballesta: “The golden horseshoe”, 2023
– Carmel Bechler: “Owls’ road house”, 2023
– Ekaterina Bee: “Out of the blue”, 2023
Il nuovo Direttore del Castello di Rivoli Francesco Manacorda, che ha assunto l’incarico a inizio anno, ha incontrato la stampa oggi, martedì 30 gennaio 2024, per presentare le linee guida del suo mandato e il Programma espositivo 2024.
Francesca Lavazza, Presidente del Museo, nel dare il benvenuto al nuovo Direttore, ha affermato “Con l’ingresso del nuovo Direttore Francesco Manacorda, il Castello di Rivoli riconferma la propria identità e prospettiva nel contesto artistico internazionale. Da quarant’anni, il Museo ha sviluppato una cultura dinamica che ha consolidato la propria posizione di spicco nell’ambito dell’arte contemporanea e dei suoi linguaggi. Questa istituzione ha contribuito a esplorare la complessità della nostra epoca, partendo dai movimenti creativi che qui si sono generati, e che da qui si sono diffusi. Il Castello di Rivoli è un punto di riferimento per un pubblico sempre più ampio, grazie all’apertura verso nuove iniziative progettuali, che sono certa Francesco Manacorda porterà avanti con entusiasmo, lungimiranza e competenza. Fin dalla sua fondazione nel 1984, il Museo ha anticipato tendenze e sperimentazioni, che hanno permesso di comprendere e interpretare il mondo in continua evoluzione. Voglio augurare un buon lavoro al nuovo Direttore, e a tutta la squadra del Castello, per la realizzazione di un programma ambizioso quanto innovativo”.
“La missione principale di un museo di arte contemporanea è quella di ‘incastonare’ l’arte nella società civile, rendendola visibile, rilevante e significativa.” – afferma Francesco Manacorda, Direttore del Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea – “In questo processo, il Museo deve costruirsi attorno una crescente comunità di persone che comprendano, interpretino e partecipino alle innovazioni artistiche. Il punto centrale di questa vocazione civica risiede nella modalità in cui il museo valida, ovvero dà forza e valore all’arte contemporanea, e nel suo dovere di abilitare il pubblico all’esperienza intellettuale ed emotiva di tale validazione. Il Museo ha chiari doveri verso il pubblico, gli artisti e la cultura di cui è strumento. Per il pubblico, il Museo deve essere una piattaforma in cui, attraverso la cultura, mette i suoi partecipanti in condizione di decodificare il mondo che li circonda. Nei confronti degli artisti, deve amplificare la loro voce e permettere loro di rappresentare i temi per loro più urgenti. In relazione alla cultura, il Museo ha il compito di far dialogare civiltà lontane e continuare ad arricchire il patrimonio artistico della sua comunità”.
Si è inaugurata giovedì 25 gennaio, alla galleria d’arte Malinpensa by La Telaccia, la personale dedicata a Federico Montesano dal titolo “Transito metafisico”, in programma fino al prossimo 8 febbraio.
Federico Montesano, nato a Monza nel 1990, si è diplomato e specializzato in Scenografia presso l’Accademia di Belle Arti di Brera, e ha frequentato il corso di Scenografia dell’Accademia del teatro alla Scala. Da sempre opera nel campo delle arti visive, spaziando tra pittura, disegno e installazioni, oltre che nel campo della scenografia. Ha partecipato con successo a diverse mostre, tra cui quella collettiva al museo-fondazione Luciana Matalon, e a numerosi concorsi che l’hanno visto vincitore di alcuni premi. A Milano ha esposto alla Zoia Gallery, alla galleria Spazioporpora e presso Arnaout Spazio Arte. Ha partecipato alle mostre dell’associazione culturale Circuiti dinamici ed è stato finalista al Premio Arte 2016 a Palazzo Reale di Milano. Con le sue opere ha preso parte ad eventi internazionali quali il Convegno Geometry et Fine Arts and Design Faculties-Fine Arts of the University di Porto. Ha conseguito il premio Paris Artexpo 2021 presso la galleria Thuillier di Parigi e ha preso parte alla nona Biennale di Montecarlo. In passato ha già partecipato a una mostra presso la galleria torinese Malinpensa by La Telaccia nella collettiva “In scena la natura”. Nel 2022 ha debuttato alla galleria Magenta nella personale “Cavalleresco contemporaneo”. Nel 2023, sempre alla galleria Malinpensa by La Telaccia è stato protagonista della mostra personale dal titolo “Stanze introspettive”.
Le opere di Federico Montesano trasportano lo spettatore in una dimensione onirica altamente suggestiva, in quanto capaci di cogliere l’immediatezza del tempo e di comunicare emozioni e contenuti di vera intensità poetica che coinvolgono interamente il fruitore della sua arte. Le sue vedute paesaggistiche, dalla “Tematica” a “Transito metafisico” di chiara valenza simbolica, oltrepassano la realtà andando al di là del soggetto, per rappresentare l’essenzialità, la spiritualità e il grande mistero dell’esistenza. L’artista Federico Montesano si dedica ad un ampio progetto che comprende anche i disegni su carta e le opere in plexiglass, dimostrando sempre una accurata analisi sia nella resa formale sia negli effetti scenici e strutturali. Le tematiche “Oltre lo spazio fisico” e “Racconto introspettivo” fanno emergere una propria individualità e una rinnovata espressività che si traducono nei materiali quali la tela, la carta, l’acrilico, la garza e il plexiglass. Tutti in grado di mettere in rilievo la sua ricerca e il suo rigoroso impegno.
Tra natura e concetto si respira un silenzio universale in cui la terra, a volte inaridita da sole, priva di vegetazione o presenza umana, emette un’azione dinamica della luce di notevole elaborazione, capace di scandire l’immagine di un valore sentimentale e di un vedutismo scenografico unico e personale. Questo dimostra una sua alta manualità e intellettualità. La solarità atmosferica, accentuata da bagliori e dettagli di pennellate incisive dal forte tonalismo riescono a creare un gioco da cui nasce un contrasto vivace di cromatismi di rara narrativa pittorica. Le accentuazioni luministiche e la spazialità del segno si diffondono in uno scenario di alta qualità estetica e di solida modalità tecnica. Colore, luci e ombre sono ben calibrati nell’opera e generano caldi riflessi cromatici in cui i gialli e i colori ocra fanno da contrappunto, nell’opera, con il blu del cielo, definendo il suo percorso ricco di studio e di coerenza. Ogni sua opera è avvolta da una soluzione straordinaria dal punto di vista formale, che assume un diverso impatto visivo e si carica di una notevole forza vitale. Si tratta di una realtà affascinante interpretata con un preciso stile compositivo, in cui la pittura diventa un puro stato d’animo e esprime una sensibilità diffusa.
Gli accordi armonici, il senso volumetrico, l’ampiezza prospettica vengono alimentati da una ricerca ininterrotta che si concretizza in un risultato artistico tangibile che è sempre capace di comunicare, nel fruitore, delle emozioni. I movimenti della luce, che nell’opera di Montesano si accendono di una vibrazione assolutamente unica, svelano una pittura intrisa di effetti chiaroscurali magistrali, dall’ampia risonanza e dal forte impatto emotivo. La natura, maestosa nelle sue opere, si sublima di una forza descrittiva e di una evidente simbologia, diventando spazio dell’anima e inserendosi in una struttura pittorica vibrante di grande rilievo estetico e emotivo. L’originalità dell’arte di Federico Montesano consiste, quindi, nella fluidità della materia ad acrilico su tela, nei toni preziosi del colore e nella strutturazione del disegno, capaci di accendere la sua opera di emozioni.
Galleria Malinpensa by La Telaccia, C.so Inghilterra 51, Torino
Orario: 10:30/12:30 – 16:00/19:00
Contatti: 011 5628220
Mara Martellotta