ARTE- Pagina 106

Tutti gli appuntamenti in programma alla GAM, a Palazzo Madama e al MAO

 L’agenda della settimana dal 30 settembre al 6 ottobre 2022.

 

Venerdì 30 settembre ore 17

I RONDONI PALLIDI DI PALAZZO MADAMA: BIODIVERSITÀ, RICERCA E TUTELA

Palazzo Madama – incontro in occasione della Notte dei Ricercatori (cs in allegato)

Sabato 1 ottobre ore 16

IL PRIMO INCONTRO CON LA CINA. Andrea Cavazzuti e Olivo Barbieri in dialogo.

MAO – incontro nell’ambito della mostra 稍息 Riposo! Cina 1981-84

Modera Stefania Stafutti, Università degli Studi di Torino

Ingresso libero fino a esaurimento posti disponibili.

 

Domenica 2 ottobre

稍息 RIPOSO! CINA 1981-84. Fotografie di Andrea Cavazzuti

MAO – chiude la mostra

 

Lunedì 3 ottobre ore 18

GIÙ I MONUMENTI? UNA QUESTIONE APERTA

Palazzo Madama – presentazione del volume di Lisa Parola (cs in allegato)

Martedì 4 ottobre ore 16

CORSO DI FORMAZIONE DI CULTURA MATERIALE DELL’ASIA

MAO – progetto di collaborazione fra il MAO e StudiUm, il Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università di Torino (cs in allegato)

 

La Cina come non te l’aspettavi negli scatti di Andrea Cavazzuti in mostra al “MAO” di Torino

稍息 Riposo! Cina 1981-84”

Fino al 2 ottobre

“Figlio dei miei tempi e allenato com’ero a cercare oltre gli stereotipi anche in patria, fotografavo una Cina non vista e, quel che è peggio, nemmeno immaginata, quindi invisibile…La Cina mi si presentava come uno straordinario bazar di oggetti, scene e comportamenti non omologati tra i nostri cliché culturali. Per me era irresistibile: gli oggetti in vista, la totale mancanza di privacy, le attività umane messe in scena su un palcoscenico sempre aperto, il paradiso del fotografo”: le parole sono di Andrea Cavazzuti, fotografo  filmaker e sinologo milanese, residente in Cina dai primi anni Ottanta e, fino al 2 ottobre prossimo, ospitato al “MAO-Museo d’Arte Orientale” di Torino con una settantina di immagini in bianco e nero, scattate nella Cina degli anni compresi fra l’’81 e l’’84, dialoganti per l’occasione con alcune opere delle collezioni museali. Una Cina in attesa. Paese del dopo Mao e del fallimento della sua “Rivoluzione Culturale”, la Cina dalla “politica delle porte aperte” di Deng Xiaoping “capo architetto” della riforma economica cinese. La Cina della speranza. Di un futuro di passaggio dall’estrema povertà e dai profondi conflitti sociali ad una delle economie dalla più rapida crescita al mondo, senza che il Partito perdesse il controllo sul Paese. Ancora relativamente lontane la protesta ed il massacro di piazza Tienanmen. Con il termine 稍息Riposo”, spiega Davide Quadrio, direttore del “MAO” e curatore della mostra, insieme a Stefania Stafutti, direttrice di parte italiana dell’“Istituto Confucio” dell’Università di Torino e docente ordinaria di “Lingua e Letteratura cinese” del Dipartimento di Studi Umanistici, “abbiamo tradotto gli ideogrammi con cui si invitano i bambini a fermarsi alla fine delle attività ma indicano anche l’attesa, l’aspettare”. Promossa dall’ “Istituto Confucio”, la mostra inaugura una nuova fase di collaborazione fra il Museo di via San Domenico e l’Ateneo torinese, che coinvolgerà in particolare le discipline di studio sull’Asia, con un ampio ventaglio di proposte culturali e formative. “La fotografia, meglio di altri strumenti – sottolinea Stefania Staffuti – restituisce il clima della Cina di quegli anni: un paese ancora povero, ma affacciato su un futuro denso di speranza e animato da un entusiasmo che fa di quel periodo uno dei momenti più interessanti e, a mio avviso, più belli della storia recente di questo complesso paese”.

Donne che rendono omaggio a una gigantesca statua nella provincia di Henan, culla della civiltà cinese, un monaco in meditazione, fanciulle che sorridono felici portando in giro, mano nella mano, abiti di foggia “occidentale d’antan”, uomini – giovani e anziani – che fanno comunella e bevono sorridenti in un pubblico locale: è una Cina “a viso aperto” quella cristallizzata negli scatti di Cavazzuti, una Cina che “mette in piazza”, anche con un’ingente dose di senso dell’umorismo da parte del fotografo, i suoi giganteschi cambiamenti, un Paese che forse non esiste più, ma che è indispensabile conoscere per comprendere la storia e la personalità del “colosso mondiale” di oggi. Lo sguardo dell’artista, affermano i curatori, “è quello di uno straniero senza arroganza: la nostalgia gratuita è messa al bando, così come la trita ricerca dell’esotico. L’occhio di Cavazzutti coglie bellezza, comicità, fascino e stranezze con la freschezza del primo incontro”.

La mostra è completata dalla proiezione di tre docufilm: “Nati a Pechino”, di Olivo Barbieri, Andrea Cavazzuti e Daria Menozzi, 1995; “Bambini” (“Fictional Kids”), di Andrea Cavazzuti, 2000 e “The Warehouse”, titolo originale 臆想仓库, di Andrea Cavazzuti, 2018.

Sabato 1 ottobre, ore 16, al “MAO”, si terrà un vis à vis fra i due fotografi d’alta scuola, Andrea Cavazzuti e Olivo Barbieri su “Il primo incontro con la Cina”. Moderatrice, Stefania Stafutti. Ingresso libero fino a esaurimento posti disponibili.

Gianni Milani

稍息 Riposo! Cina 1981-84”

“MAO-Museo d’Arte Orientale”, via San Domenico 11, Torino; tel. 011/4436932 o www.maotorino.it

Fino al 2 ottobre

Orari: dal mart. alla dom.10/18

Nelle foto:

–       Qingdao, 1981

–       Suzhou, 1983

Angela Betta Casale Espone al Circolo degli artisti

Riprende l’attività  con una mostra a ingresso libero, dedicata alla socia pittrice

Si inaugura martedì  4 ottobre prossimo, alle 18, alla Promotrice di Belle Arti di Torino, la mostra dedicata  alla socia pittrice Angela Betta Casale. Si intitola “La strada verso l’altrove”, un viaggio immaginario e, al tempo stesso, immaginato. Sarà visitabile dal lunedì  al sabato dalle 15.30 alle 19.30, presso la Giardineria Reale al Circolo degli Artisti, in corso San Maurizio 6, a Torino.

Ingresso libero.

Sabato 15 ottobre, sempre alle 16, si terrà  la presentazione del libro curato e illustrato dall’artista, dal titolo Città immaginarie  e immaginate”.

MARA MARTELLOTTA

Il Circolo degli Artisti di Torino

La Giardineria Reale. Corso San Maurizio 6

10124 Torino

Tel 0118128718

www.circoloartistitorino.it

The Others, Torino rilancia il dibattito nel mondo dell’arte

 Dopo il successo della X edizione, The Others Art Fair torna dal 3 al 6 Novembre 2022 nel Padiglione 3 di Torino Esposizioni portando in città un dibattito sempre più inclusivo nel mondo dell’arte, in un confronto tra artisti di generazioni e provenienze differenti, all’insegna della sperimentazione dei linguaggi

È questo il cuore pulsante di The Others 2022, un intreccio di diversi punti di vista ed espressione di un mondo in costante cambiamento a cui la fiera – fondata da Roberto Casiraghi con Paola Rampini – dà forma concreta attraverso la costruzione di un nuovo spazio espositivo e originale: un display a forma di labirinto. 

Un archetipo di complessità e smarrimento ma anche metafora di sfida e astrazione dal mondo, in cui ogni progetto proposto da gallerie o artist run space risulta centrale e non periferico

Il labirinto sarà così animato da spazi non profit, giovani gallerie e artist run space – da sempre fulcro della manifestazione e trend-setter capaci di anticipare e influenzare il futuro – ma anche gallerie dell’establishment che propongono il lavoro di giovani artisti.

«La scelta del labirinto non deriva soltanto dalla voglia di sperimentazione rispetto alla classica struttura a griglia – commenta Lorenzo Bruni, direttore artistico della fiera – ma soprattutto dal fatto che l’anima di The Others è quella di una piattaforma democratica. Di conseguenza punta a creare un percorso di visita in cui non esiste una posizione svantaggiata rispetto ad un’altra. Creare un display a labirinto vuol dire fuoriuscire dalla logica di inizio e fine di un percorso, per facilitare il concetto dello stare, del condividere, del vivere un’esperienza. L’idea del labirinto, in questo caso, non rimanda al tema del perdersi, bensì all’idea di ritrovarsi in una nuova comunità che si spera non termini con la fine della fiera ma porti a realizzare nuove connessioni». In una società confusa ma implacabile, l’arte mostra la via e il visitatore viene così preso per mano e condotto verso una nuova consapevolezza.

L’undicesima edizione di The Others affronta i più importanti temi d’attualità attraverso i progetti artistici presentati; un’anticipazione è il lavoro dell’artista ucraina Ira Lupu (presentata dalla galleria londinese Darling Pearls & Co.) che accende i riflettori sul rapporto paradossale tra intimità e distanza, connessione e disconnessione, corpo fisico e corpo elettronico raccontato attraverso le esperienze di un gruppo di lavoratrici del sesso online ucraine.

Il board curatoriale di The Others 2022, ancora una volta al femminile, è composto quest’anno da Daniela Grabosch, artista tedesca attiva a Vienna particolarmente attenta alla cultura performativa, da Lydia Pribisova, curatrice alla Kunstalle di Bratislava e redattrice per l’edizione dell’est Europa di Flash Art, e da Marta Orsola Sironi, impegnata sia nella programmazione di co_atto uno spazio non profit a Milano, sia in progetti nomadici  che indagano la stretta relazione tra giustizia ambientale e sociale e il femminismo intersezionale.

The Others si riconferma come una piattaforma di incontro e di scambio dal mondo, in merito a quelle che sono le priorità attuali del sistema dell’arte, distinguendosi per la sua vocazione provocatoria, eccentrica e internazionale capace di catalizzare e sprigionare ogni anno nuova  energia creativa.

www.theothersartfair.com

“Nettuno e Mercurio. Il volto di Trieste nell’‘800 tra miti e simboli”

Presentato nella Sala delle Feste di “Palazzo Madama”, il nuovo volume del giornalista e storico Paolo Possamai

Ai piedi dell’altopiano carsico, Trieste è la capitale mitteleuropea per eccellenza, magico punto d’incontro fra la cultura italiana, quella slava e quella tedesca. E’ la città di Svevo, di Saba e dell’irlandese Joyce (che qui visse per sedici anni e qui scrisse e pubblicò tutte le sue opere giovanili), città della Barcolana, “città della bora”, città “inventata” da Maria Teresa d’Austria che a metà Settecento volle farne il porto dell’Impero e città dai celeberrimi Caffè storici, primo fra tutti il “Caffè degli Specchi” (dove esordì come direttore d’orchestra Franz Lehar), nel suggestivo salotto della piazza Unità d’Italia, affacciata al Golfo con vista sul Castello di Miramare e incastonata in un anfiteatro di mirabili architetture, storia e atmosfere ancorate ai fasti dell’Impero Asburgico. Una storia, quella della “piccola Vienna sul mare” tutta legata ai traffici e ai commerci marittimi con l’Oriente. “Una storia rivendicata ogni dove, sui palazzi dei mercanti e delle pubbliche istituzioni, ma anche sui teatri e sugli alberghi con le facciate ricoperte da bassorilievi, i tetti abitati da centinaia e centinaia di statue, i portoni istoriati, i soffitti affrescati sempre con dèi e miti che richiamano all’identità laica, civile, imprenditoriale della città. Una fitta trama di simboli, metafore, allegorie, dalla mitologia con Mercurio (divinità del guadagno e del commercio e..dei ladri), Nettuno (dio dei mari e delle correnti), Ulisse, Giasone e Venere, fino al taglio dell’istmo di Suez”. A parlare è Paolo Possamai, giornalista e scrittore vicentino (una lunga importante carriera giornalistica e di scrittura storica alle spalle), ed oggi direttore di “Nordest Economia”, che nei giorni scorsi è stato ospitato in “Palazzo Madama” a Torino per la presentazione del suo ultimo libro, dedicato per l’appunto a Trieste (e al disvelamento di questa città tanto bella quanto “bizzarra”) dal titolo intrigante di “Nettuno e Mercurio. Il volto di Trieste nell’ ‘800 tra miti e simboli”, Marsilio Editore. L’appuntamento fa parte del ciclo “Monumenta Italiae. Quattro incontri per un patrimonio”, in collaborazione con l’“Associazione Amici della Biblioteca d’Arte dei Musei Civici di Torino – Fondazione Torino Musei”. Dalle pagine di Possamai emerge il volto urbano di una delle città tra le più affascinanti ed atipiche, raccontato per la prima volta attraverso una narrazione mitologica e fotografie inedite realizzate da Fabrizio Giraldi e Manuela Schirra, per spiegare uno degli episodi urbani più significativi del neoclassicismo in Europa. La prefazione è a cura dello storico dell’arte, Giuseppe Pavanello.

Dopo l’incontro con Paolo Possamai, i prossimi appuntamenti di “Monumenta Italiae”, in “Palazzo Madama”, si terranno lunedì 3 ottobre (ore 18) con Lisa Parola, storica dell’arte, autrice di “Giù i monumenti? Una questione aperta” edito da “Einaudi” e lunedì 10 ottobre (ore 18) con Renzo Villa e Giovanni Carlo Federico Villa, direttore di “Palazzo Madama” e docente presso le Università di Bergamo e Udine, autori di “Statue d’Italia. I. Storia della statuaria commemorativa pubblica dal Risorgimento alla Grande Guerra”, per “Silvana Editoriale”.

g.m.

Nelle foto:

–       Paolo Possamai

–       Cover libro

Rabarama plasma la materia. Alla galleria d’arte Malinpensa by Telaccia

Una mostra di grande rilevanza con protagonista l’artista romana RABARAMA inaugura alla galleria d’arte Malinpensa by Telaccia il 4 ottobre prossimo

 

Si inaugura martedì 4 ottobre prossimo, presso la Galleria d’Arte Malinpensa by Telaccia, una personale dedicata all’artista romana RABARAMA, nome d’arte di Paola Epifani, che vive e lavora a Padova.
Figlia d’arte, fin da piccola ha mostrato un talento naturale per la scultura, avviando la sua formazione presso la Scuola d’Arte di Treviso e in seguito presso l’Accademia di Belle Arti di Venezia. In realtà il gene artistico è presente nel suo DNA, in quanto anche il padre era pittore e scultore e la madre ceramista. Sin dall’infanzia la scultrice ha frequentato gli ambienti artistici, venendo a contatto con tecniche e idee variegate.
La scelta del suo pseudonimo risulta affascinante per il suo suono melodico che produce. La decisione di adottarlo risponde, comunque, a esigenze ancora più personali e intime. Coincide con il messaggio che ella vuole trasmettere attraverso le sue opere, vale a dire con la sua volontà di lasciare un segno.
La prima parte del nome “Raba”, nell’antica lingua indoeuropea del sanscrito, significa “segno”. La seconda parte “Rama” rappresenta nell’Induismo l’incarnazione divina. Si tratta, quindi, del passaggio dal mondo occidentale, frenetico e spesso distratto, all’universo orientale, più lento e contemplativo.
A soli diciassette anni il suo primo viaggio in Messico, in qualità di rappresentante italiana per il concorso di Toluca, per il quale ha realizzato una scultura in legno alta due metri, poi acquisita dalla collezione permanente del Museo di Arte Moderna.
Il suo talento per la scultura è apparso evidente già dai tempi in cui, ad appena dieci anni, partecipò alla mostra internazionale per il trentesimo anniversario della Nato. Il suo percorso artistico risulta costellato di numerosi successi. Le sue opere sono, per lo più, gigantesche sculture in metallo, in bronzo, alluminio, gomma e marmo, raffiguranti figure umane. Queste assumono una posa raccolta e introspettiva, che si accompagna alla varietà dei diversi pattern e disegni utilizzati per la decorazione. I colori usati esprimono una dirompente vitalità e creatività. Spesso l’artista accompagna le presentazioni delle sue opere con performance multimediali, musica d’avanguardia e set di bodypainting.
Le creazioni di Rabarama sono rappresentate da sculture e dipinti raffiguranti uomini, donne e creature ibride, spesso connotate da caratteristiche eccentriche. La pelle dei soggetti creati dall’artista viene frequentemente decorata con simboli, lettere, geroglifici e altre figure, in una pluralità di forme diverse.
La membrana di “mantello”, che sembra avvolgere queste figure, muta in maniera costante, arricchendosi di simboli, metafore e segni.
Grazie al suo talento Rabarama ha sperimentato e realizzato, nel corso del tempo, le sue creazioni in diversi materiali. Le prime sono state elaborate in terracotta, per passare poi ai bronzi dipinti, i suoi più classici e conosciuti.
Sicuramente di fascino sono le opere, gli splendidi pezzi in marmo, vetro e pietre rare, le inclusioni in resina, i monotoni in resina siliconica, i preziosi gioielli d’artista e gli splendidi dipinti e serigrafie.
L’arte di Rabarama è ricca di un’energia instancabile e di un lessico formale personale, capace di trasmettere all’osservatore una tematica di forte valenza simbolica, psicologica e sociale.
Il suo linguaggio risulta di straordinaria vitalità e si evolve, divenendo in grado di sprigionare un incredibile significato relativo alla vita umana.
L’essere da lei rappresentato acquista una profonda intensità dello sguardo e una luce spirituale notevole, in grado di esprimere stati d’animo e sensazioni variegate.
Rabarama conduce una ricerca assoluta in cui dominano il processo emotivo e quello concettuale, in un iter creativo che pare capace di trasformare la materia in pure emozioni.
Le sculture realizzate in bronzo nascono da un’interpretazione a sua volta originata da un indiscutibile impegno progettuale, di evidente valore artistico e culturale, carica di un significato esistenziale ricco di studi e contenuti. La materia viene plasmata dall’artista, che non dimentica mai i reali valori della vita umana.
Le opere di Rabarama sono esposte in particolar modo all’estero, soprattutto negli Stati Uniti, in Cina e a Parigi. Soltanto tre sculture si trovano in Italia e sono “Trans-lettera”, “Labirintite” e “Co-stell-azione”, sul lungomare Falcomatà di Reggio Calabria, realizzate nel 2007, in occasione di una personale dal titolo “Rabarama. Identità”.
La personalità di questa artista appare particolarmente controversa, ma molto amata dal pubblico. Anche se Rabarama è maggiormente conosciuta come scultrice, in realtà è anche una fine pittrice e le sue tele riproducono spesso i soggetti che realizzerà in seguito sotto forma tridimensionale.
Per la copertura del derma delle sue sculture prende ispirazione dai nidi d’ape, una forma a lei congeniale nel rappresentare l’eredità biologica e genetica insita nell’uomo, quale destino ineluttabile.
Per le decorazioni della pelle l’artista si sposta dalla visione a nido d’ape verso forme che, via via, acquistano valenze più profonde, quali geroglifici, lettere antiche e moderne.
L’indirizzo della sua ricerca è stato influenzato da numerosi viaggi compiuti all’estero, in Oriente, in particolare in Cina dove, a Shanghai, ma non solo, l’artista è diventata quasi di casa, tanto che una sua scultura è stata acquistata come arredo urbano dal governo cinese. Oggi si trova proprio a Shanghai, davanti al palazzo del governo. Rabarama risulta profondamente affascinata anche dal Giappone, come dall’India, dalle loro rispettive consuetudini e costumi, che le hanno permesso di ampliare la propria conoscenza e approfondire la sua ricerca artistica. Il tema del viaggio risulta, quindi, ispiratore nell’arte di Rabarama, un viaggio inteso come artistico, ma anche “della vita”.
Le tematiche toccate dall’artista sono la natura, con opere ispirate al mare e alla terra, legate a profondi valori umanistici.
Le sue sculture si ispirano al tema della memoria, ripercorrendo il passato per trarre da esso degli insegnamenti, alla tematica della fiducia, indispensabile in questo momento, e alla consapevolezza.
Numerosi i progetti e le collaborazioni realizzate da questa artista molto camaleontica. Si annoverano anche delle collaborazioni con altri artisti e performer, tra cui, nel 2013, il Cirque di Soleil, a Las Vegas.
L’arte, per Rabarama, è diventata espressione e sfogo per le emozioni provocate dallo stato di profondo disagio che ella vive in modo quotidiano nei confronti del mondo che la circonda. L’arte diventa, così, uno strumento che le consente di raggiungere un equilibrio interiore e la serenità desiderata.
Rabarama plasma la materia e, al tempo stesso, colma gli spazi umani interiori con una ricchezza d’animo autentica.

Mara Martellotta

Quaranta artisti rileggono il Medioevo

Nella ex Chiesa di Santa Croce, sino al 23 ottobre, “Passi di mille cavalieri…”

Scriveva Umberto Eco: “Proprio per sfatare la leggenda degli evi bui, è infatti opportuno riflettere sul gusto medievale per la luce. Il Medioevo identificava la bellezza (oltre che con la proporzione) con la luce e il colore, e questo colore era sempre elementare: una sinfonia di rosso, azzurro, oro, argento, bianco e verde, senza sfumature e chiaroscuri, dove lo splendore si genera dall’accordo d’insieme anziché farsi determinare da una luce che avvolge le cose dall’esterno o far stillare il colore oltre i limiti della figura. Nelle miniature medievali la luce sembra irradiarsi dagli oggetti”; e ancora: “l’uomo medievale vedeva il mondo come una foresta piena di pericoli ma anche di rivelazioni straordinarie e la Terra come una distesa di Paesi remoti popolati da esseri splendidamente mostruosi.” Bertrand Russell si pone storicamente al centro di quell’epoca: “Il Medioevo è stato rude, cavalleresco e devoto; ma per giudicare un’epoca nella sua giusta luce, si dovrebbe cercare di vederla com’era per colore che ci vivevano. Soprattutto non bisogna dimenticare che, anche in quel tempo, gli uomini erano comuni mortali alle prese più con i loro quotidiani problemi che con gli elevati argomenti di cui parlano gli storici.” Luciano De Crescenzo, con tutto l’umorismo che lo contraddistingueva, ironizzava: “Il Medioevo è passato alla storia come il periodo dei secoli bui. Nessuno, però, mi ha mai spiegato chi era stato a spegnere la luce.”

C’è stato e continua ad esserci il Medioevo dei molti film (tra antiche immagini e rivisitazioni, la leggenda di Re Artù con i suoi limpidi cavalieri o l’amore tra Robin e Marian) e delle serie televisive, “Lo Hobbit” e “Il signore degli anelli” hanno riempito le sale e le tasche dei produttori, i volumoni di Ken Follett ci hanno appassionato. E l’artista di oggi, al di là di ogni falsa convinzione, come lo interpreta quel periodo pieno di luce e di colore, avvolto nello studio e nel discernimento di rivelazioni straordinarie, narrato per leggende e per battaglie, illustrato per mostri immaginari, idealizzato per donne e madonne angelicate, per poemi e per versi che hanno posto le basi di una intera letteratura? Una risposta la può dare la mostra “Passi di mille cavalieri… – Storie del Medioevo”, curata da Luigi Castagna e Giuliana Cusino, artefici dell’”Associazione Culturale Arte per Voi”, e presentata (sino al 23 ottobre, orario d’apertura sabato e domenica dalle 16 alle 20) nell’ex Chiesa di Santa Croce, in piazza Conte Rosso ad Avigliana.

Una quarantina di artisti a raccontare, in un ampio panorama, attraverso ceramiche, sculture, dipinti, acquerelli e installazioni. Dalla rievocazione di Alfredo Ciocca, che invero non bada con esattezza ai secoli ma affascina riandando ai Magi di Benozzo Gozzoli, agli “Amanti” e al Liocorno di Giuliana Cusino, finemente “decorati” tra argille e smalti; dall’”Eden” rappresentato da Rocco Forgione in una affascinante prova storicamente posta sulla scia dell’immaginifico Savinio, alla “Strega al rogo” di Giancarlo Laurenti e al torneo di Pippo Leocata; ancora “Gli amanti” incisi su rame da Vinicio Perugia e i giullari chiamati a ricreare una piccola corte a firma di Nino Ventura.

e.rb.

Nelle immagini: Alfredo Ciocca, “Medioevo Rievocazione”, cm 55×60, olio su masonite, 2022; Giuliana Cusino, “Gli amanti”, cm 46×70, argilla e smalti, 2022; Rocco Forgione, “Eden”, cm 96×96, olio su tavola, 2010; Giancarlo Laurenti, “Strega al rogo”, cm 230x70x50, legno e resine, 2019.

La Cappella della Sindone tra storia e restauro

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Presentazione degli atti del convegno internazionale di studi sul restauro del capolavoro barocco

 

 

Venerdì 23 settembre alle ore 17, nel Salone delle Guardie Svizzere di Palazzo Reale è stato presentato il volume La Cappella della Sindone. Tra storia e restauro, che raccoglie il patrimonio di conoscenze emerse nel corso del restauro della Cappella progettata da Guarino Guarini, a seguito del disastroso incendio del 1997.

 

19 autori e 284 pagine con illustrazioni restituiscono gli studi e le attività che, per oltre vent’anni, hanno visto impegnati i migliori esperti di diverse discipline. Questo traguardo è stato accompagnato nel 2018 dal convegno internazionale Un capolavoro dell’architettura barocca. La Cappella della Sindone a Torino tra storia e restauro, che ha portato nuovi elementi per la comprensione dell’edificio e messo in luce le sue peculiarità, anche in relazione agli indirizzi e alle metodologie del restauro. Gli atti del convegno sono ora uno strumento indispensabile per conoscere e approfondire gli studi condotti e i risultati scientifici conseguiti durante un intervento unico nel suo genere, premiato da Europa Nostra nel 2019 con lo European Heritage Award per la categoria Conservazione.

 

Il volume, curato da Marina Feroggio, realizzato con il sostegno della Fondazione Compagnia di San Paolo, raccoglie questo patrimonio di conoscenze e affronta un’ampia rosa di temi: la storia del Sacro Lino e del monumento progettato per custodirlo; i simboli e gli usi della Cappella nel contesto dei cerimoniali di Corte; i momenti drammatici dell’emergenza post-incendio attraverso le voci dei protagonisti; gli studi e le sperimentazioni che hanno condotto agli interventi di riabilitazione strutturale e di restauro architettonico per una comprensione del tutto inedita della rinascita del mirabile monumento barocco. Dal 2018 la Cappella della Sindone è entrata a far parte del percorso di visita dei Musei Reali ed è tornata a essere, per la città e il mondo intero, un grande simbolo di arte e storia.

 

Alla presentazione del volume sono intervenuti Enrica Pagella, direttrice dei Musei Reali; Laura Fornara, responsabile Missione Custodire la bellezza, Obiettivo Cultura della Fondazione Compagnia di San Paolo; Marina Feroggio, funzionario architetto dei Musei Reali; Michela di Macco, già docente dell’Università di Roma La Sapienza; Paolo Cornaglia, docente del Dipartimento di Architettura e Design del Politecnico di Torino; Gennaro Miccio, già Segretario regionale del Ministero della Cultura per il Piemonte.

 

Gli autori del volume sono Lisa Accurti, Daniela Biancolini, Paolo Cozzo, Giuseppe Dardanello, Maria Beatrice Failla, Marina Feroggio, Giuseppe Forlani, Maurizio Gomez Serito, Roberto Gottardo, Andrea Longhi, Pasquale Bruno Malara, Andrea Merlotti, Maurizio Momo, Gennaro Napoli, Paolo Napoli, Luisa Papotti, John Beldon Scott, Gian Maria Zaccone, Thomas Wilke.

Il volume, pubblicato da Sagep Editori Srl, potrà essere acquistato nel Museum Shop dei Musei Reali.

“Futures moves to piazza Carlina”

Ultime due mostre del progetto speciale di CAMERA, allestite da “Vanni” e da “Maredeiboschi” in piazza Carlina

Fino al 30 ottobre

Volge al termine, dopo due anni di felice percorso, il progetto speciale “Futures moves to piazza Carlina”, programma di esposizioni personali dedicato all’opera dei giovani talenti selezionati nel 2020 dalla torinese “CAMERA-Centro Italiano per la Fotografia” nell’ambito del programma europeo “Futures Photography”. Dopo le personali fototografiche di Marina Caneve, Camilla Ferrari e Camillo Pasquarelli, le ultime due mostre, come sempre curate da Giangavino Pazzola e, come sempre, ospitate in piazza Carlina negli showroom di “Maradeiboschi” (officina speciale di gusti e di gelato) e di “Vanni” (occhialeria di design a Torino) – entrambi partner del progetto – vedranno ospitate le installazioni “Suspended Tales” della romana Giovanna Petrocchi (classe ’88) e “Paesaggio Torinese” di Marco Schiavone, nato sotto la Mole nel ’90. Inaugurate mercoledì scorso 21 settembre, sarà possibile visionarle fino a domenica 30 ottobre prossimo.

La prima, “Suspended Tales” – esposta da “Vanni” (piazza Carlo Emanuele II, 15/A; dal mart. al ven. 10/19,30 , il sab. 10/13,13,30 e 15,30/19,30), a firma di Giovanna Petrocchi, nasce campionando diverse serie di lavori precedenti realizzati fra il 2019 e il 2022 e di recente esposti anche alla “Flatland Gallery” di Amsterdam, che collabora alla realizzazione del progetto. Partendo da immagini di collezioni museali scaricate da Internet, Petrocchi mescola elaborazione digitale, stampa 3d e collage, per elaborare soggetti di fantasia “che abitano una realtà arcaica senza spazio e tempo”, in cui trovano campo anche vecchi vetrini provenienti dalle collezioni della “Smithsonian Institution” e del “Princeton University Art Museum” dismessi dopo la loro digitalizzazione e trasformati in nuove immagini che “vanno ad arricchire un immaginario fantastico”.

“Paesaggio Torinese” (2022) è invece un progetto speciale ideato da Marco Schiavone su stimolo dello staff di “Maradeiboschi” (piazza Carlo Emanuele II, 21; dal lun. al merc. 8/21,30,giov. e ven. 8/23,30 sab. 9/23,30 e dom. 9/21,30)  che andrà ad aggiungersi alla collezione di installazioni permanenti e collaborazioni site-specific che, in passato, ha coinvolto artisti quali Alfredo Aceto, Piero Goria, Henri Plenge Jacobsen, Nico Vascellari e tanti altri. Muovendosi a cavallo tra fotografia e installazione fisica, con “Paesaggio Torinese”, Schiavone trasforma gli spazi di “Maradeiboschi” collocando nei soffitti cassettonati delle tessere di legno colorato che – concettualmente – formano l’immagine di un panorama cittadino. La decostruzione di tale paesaggio ha generato anche uno spin-off legato al gusto, e relativa immagine coordinata, presentata in anteprima durante la serata inaugurale.

Per info: “CAMERA-Centro Italiano per la Fotografia”, via delle Rosine 18, Torino; tel. 011/0881150 o www.camera.to

g. m.

Nelle foto:

–       Giovanna Petrocchi: “Suspended Tales”, 2022

–       Marco Schiavone: “Paesaggio Torinese”, 2022

“Emozioni d’Artista”. Collettiva a venti a “La Conchiglia” di Torino

 

Fino al 4 ottobre

Sono venti gli artisti – pittori e scultori di varia estrazione, tendenza e scrittura narrativa – assemblati nella vasta esposizione di opere (un’ottantina) accolte, in riapertura della nuova stagione espositiva, alla galleria d’arte “La Conchiglia” di via Zumaglia 13 bis a Torino, fino al prossimo 4 ottobre.

Collettiva di ampio respiro perfettamente fedele al titolo di presentazione (“Emozioni d’Artista”) e curata da Elio Rabbione, in collaborazione con l’Associazione “Amici di Palazzo Lomellini”di Carmagnola, la mostra vuole anche presentarsi come omaggio (doveroso!) agli 87 anni di recente compiuti dal grande Bruno Molinaro, i cui dipinti fanno da corposa entréealla collettiva. Rossi, gialli, bianchi, cespugli di fiori, distese di papaveri, macchie di glicine o angoli suggestivi di piccoli mercati: Molinaro gioca serioso fra fantasia e realtà creando con libero vigore sorprendenti mondi naturali affidati in toto alla forza e alla meravigliosa creatività di materia e colore Originali, di certosina, maniacale manualità (nell’intagliare, nel sovrapporre “legno a legno”, ritagli e profili di scarto) sono invece le sculture– architetture di Pippo Leocata.

 

In esse troviamo la classicità delle “cariatidi”, della “nike alata” e di “guerrieri a cavallo” magicamente scesi, a secoli di distanza e Fidia permettendo, dal cantiere del Partenone e così vicini ai mitici guerrieri in armi liberatori dell’Adrano (Adranon) di Pippo dalla dominazione siracusana. Di silenziosi e suggestivi paesaggi d’Africa, del deserto sahariano, con alte dune e carovane, cammelli e cammellieri dalle lunghe irreali ombre, ci parla poi  Guido Mannini, ultimamente attratto dal mistero di più intimi giochi astratti, al pari delle sculture e delle estrose armonie cromatiche di Giuseppe Manolio, seguite dalle geometrie (che bello “Forma e ruggine”, olio su lamiera del 2018!) di Paolo Pirrone. E, a seguire, i ricordi appesi al filo del tempo nelle “stanze vuote” di Eleonora Tranfo, dov’è la polvere a dominare vecchi pavimenti piastrellati, logori abiti appesi, pile di libri dimenticati a terra e sedie e assi abbandonati. Desolazione che sa di amara poesia. Tutt’altro rispetto alle luminose assolate, azzurro-vita bianchi travolgenti e verdastri marini, “giornate al mare” di Giacome Sampieri, dov’è trionfo di varia umanità in costume, borse a tracolla, asciugamani stesi sulla sabbia e ombrelloni aperti o chiusi e perfino la “vù cumprà” con vari cappelli (da rifilare o da far argine al sole) infilati in testa.

 

Dai  “Grandi caldi” ai “Grandi freddi”, di natura colta nelle proprie estreme variazioni climatiche ci parla anche Gian (Giancarlo) Laurenti. Ed è natura che invita a riflessioni. Le più varie. Ciascuno cerchi la sua. Per restare in tema, l’invito è di spostare lo sguardo alle larghe corpose campagne astigiane fermate da Claudio Fassio sotto la neve. Così come ai trasparenti acquerelli torinesi di Ines Daniela Bertolini o agli omaggi floreali, fra oli ed acquerelli, inni alla “joie de vivre” di Adelma Mapelli. Universi immaginifici trasfigurati e trasfiguranti, collocati in improbabili spazi dai forti colori accesi e inquietanti dominano, a seguire, le tele di Gabriella Malfatti che, pur in un linguaggio assolutamente personale, pare strizzare l’occhio ad un’onirica avvolgente gestualità d’impronta informale. La stessa, senza mezzi termini dichiarata, delle grumose policrome tavole di Martino Bissacco cui si contrappongono la narrazione astratta (di derivazione per certi versi futurista) dell’“aristocratica”pittura di Luciana Penna, così come i “vetri dipinti a gran fuoco” di Marina Monzeglio.

Magnifiche le donne- artiste celebrate da Andreina Bertolini e resuscitate dall’oblio “imposto” loro dai “grandi”: da Francoise Gilot (compagna di Picasso e l’unica donna ad aver avuto l’ardire di lasciare il Maestro e il suo “enorme ego”) alla giapponese Ya Yoi Kusama con i suoi “pois le zucche e il manicomio” dove Kusama vive dal ’77 per scelta personale. Deliziose altresì le bimbe, da favola felice, dipinte dallo scomparso Giacomo Gulloinsieme ai loro inseparabili fenicotteri rosa. Mistero e poesia, invece, nel volto femminile di rinascimentale bellezza che s’affaccia dalla cortina di pianeti sconosciuti o nelle calviniane“Città invisibili” di Angela Betta Casale. E, in chiusura, i fantasiosi immaginifici boschi e “pesci volanti” di Antonio Presti, contrapposti alla grezza impeccabile realtà scultorea di Maurizio Rinaudo, artefice di classici nudi femminili e di “rocciosi” busti, tormentati nel bronzo e concepiti fra sacro e laico. Autentiche, per l’appunto, “emozioni d’artista”.

Gianni Milani

“Emozioni d’Artista”

Galleria d’arte “La Conchiglia”, via Zumaglia 13 bis, Torino; tel. 011/6991415 o www.laconchiglia-to.com

Fino al 4 ottobre

Orari: dal mart. al ven. 15/19; sab. 10/12 – 15/19

Nelle foto:

–       Bruno Molinaro: “Mercato dei fiori di Nizza” olio su tela, 2011

–       Pippo Leocata: “Parata Cavalieri – Fidia, Partenone”, legni pallet recupero, 2022

–       Giacomo Sampieri: “Una giornata al mare”, olio su tela, 2022

–       Adelma Mapelli: “Nello stagno”, acquerello, 2011