Nuove piantumazioni ed aree boscate realizzategrazie al progetto sulla forestazione urbana e periurbana
In questi giorni in diverse zone di Chieri si stanno ultimando i lavori di messa a dimora di alberi e arbusti autoctoni finanziati dal ministero dell’Ambiente quali azioni di sequestro di carbonio, cioè volti alla riduzione della CO2.
Il finanziamento, ottenuto e gestito da Città Metropolitana di Torino, interessa 20 comuni metropolitani per un totale di circa 2,5 milioni di euro suddivisi in 5 progetti da 500 mila euro.
Il progetto denominato “Foreste urbane e periurbane nelle città metropolitane – Lotto CMTO5 – Corona verde area metropolitana”, si sviluppa su tre comuni, Chieri, Torino e Venaria Reale.
«Questo progetto prevede per Chieri il piantamento di circa 5500 tra alberi e arbusti, le cui specie più rappresentative sono pioppi, farnie, ciliegi, frassini, olmi, carpini, biancospini, cornioli, ecc. -spiega Massimo CEPPI, assessore all’Ambiente e alla Pianificazione e gestione del verde pubblico del Comune di Chieri- Si sta piantando lungo i corsi d’acqua Ravetta, Vallo e Tepice, dove oltre al sequestro del carbonio, si contribuirà a migliorare la funzionalità ecologica dei rii e ad incrementare la biodiversità; inoltre, si realizzeranno aree boscate anche vicino al Liceo Monti, a margine degli orti urbani e a Fontaneto. La stima del beneficio ambientale atteso per il nostro comune è pari a circa 3300 t di CO2 equivalente sequestrate in 18 anni, oltre ad un contributo alla ricostituzione di boschi planiziali poco presenti nelle pianure del bacino padano, area in cui gli sforamenti dei limiti inerenti la qualità dell’aria sono purtroppo molto numerosi».
È forse l’autunno il periodo migliore per navigare il Grande Fiume nel Parco del Delta del Po tra la Romagna e il Veneto. L’esplosione dei colori autunnali rende il paesaggio ancora più affascinante. Uno scenario molto vario, mutevole, dai campi coltivati alla laguna, dalle dune sabbiose ai boschi e ai fitti canneti. Sullo sfondo si stagliano le pinete litoranee che svettano sulle distese d’acqua, discendenti di quelle piantate dai romani duemila anni fa per rifornire i cantieri navali. Quelle lagune e quelle paludi che fermarono gli eserciti invasori e protessero Ravenna facendola diventare, dopo il crollo di Roma, tre volte capitale, dell’Impero romano d’Occidente, del regno ostrogoto e poi baluardo italiano dell’Impero bizantino. Sopra di noi nel parco volano centinaia di uccelli in un festoso viavai, un autentico paradiso per i volatili, sia migratori che stanziali. Un grande spettacolo naturale da non perdere, immersi in un ambiente incantevole tra pioppi, arbusti e orchidee, fenicotteri, gabbiani rosati e centinaia di altri uccelli. A Porto Tolle, nella parte veneta del Delta, si arriva facilmente in auto. Da qui muovono le barche per l’esplorazione, qui comincia l’avventura in un groviglio di lagune salmastre, stagni, piccoli e grandi rami del fiume e sbocchi al mare e tutto diventa misterioso, quasi magico. Carpe, cefali, tinche, lucci popolano canali, fiumi e paludi ma sono gli uccelli la parte più ricca e interessante della fauna del Delta, appartengono a oltre 300 specie ed è facile vederli sugli alberi mentre sulle rive del Po e dei canali svolazzano aironi, garzette, cormorani, il falco di
palude, l’usignolo di fiume, il gabbiano reale, il cavaliere d’Italia, la pettegola, l’avocetta, l’ibis, gheppi, poiane e tanti altri. I volatili migratori giunti dai Paesi freddi del nord trovano nel Delta un rifugio sicuro e adatto allo svernamento, in inverno migliaia di anatre come il germano reale affollano le distese d’acqua e in primavera gli aironi e le garzette si riproducono nei canneti e lungo gli stagni. Per alcuni il Delta del Po è deprimente e triste, per la nebbia, per le zanzare (meglio comunque evitare l’estate) e per la piattezza del paesaggio. In realtà è un colpo d’occhio eccezionale, un’esperienza unica. Sarebbe bello che il grande fiume fosse navigabile da Torino fino all’Adriatico, fino al Parco regionale del Delta del Po. Per adesso lo è solo parzialmente, da Cremona al mare per quasi 300 chilometri. Filippo Re
