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Fiumi, dal Poli un progetto per ambiente ed energia

Il progetto europeo RIBES, coordinato dal Politecnico di Torino, ricercherà soluzioni innovative per rendere la produzione di energia idroelettrica più compatibile con la salvaguardia della biodiversità fluviale

 

Torino, 3 novembre 2020 – Incrementare la produzione di energia da fonti rinnovabili, come l’idroelettrico, preservando al contempo la biodiversità dei corsi d’acqua: l’Unione Europea indirizza la ricerca verso l’esigenza di coniugare queste due prospettive, spinta da una parte dalla preoccupazione per la continua perdita di biodiversità e dalla conseguente ricerca di misure urgenti per la salvaguardia degli habitat acquatici, e dall’altra impegnata nell’incrementare la produzione di energia da fonti rinnovabili entro il 2030. Due posizioni contrastanti che però possono trovare un punto di accordo grazie a soluzioni tecniche innovative per rendere maggiormente compatibili dighe e sbarramenti idroelettrici, responsabili dell’interruzione della continuità dei corsi d’acqua con un conseguente significativo impatto sull’ittiofauna e sugli ecosistemi fluviali.

È questa la sfida raccolta dal progetto europeo (finanziato per oltre 4 milioni di euro nell’ambito dell’azione Marie Skłodowska-Curie) “RIBES – RIver flow regulation, fish BEhaviour and Status”, coordinato da Claudio Comoglio, docente del Dipartimento di Ingegneria dell’Ambiente, del Territorio e delle Infrastrutture del Politecnico di Torino: l’obiettivo scientifico sarà comprendere la risposta dell’ittiofauna a diversi fattori di disturbo antropici connessi alla presenza di strutture in alveo, in modo da poter identificare innovative soluzioni per il ripristino della continuità fluviale. Una particolare attenzione sarà rivolta all’individuazione di soluzioni tecniche (e dei relativi criteri di progettazione e monitoraggio) che rendano maggiormente efficaci i “passaggi per pesci”, dispositivi volti a consentire alle diverse specie ittiche, ciascuna caratterizzata da diversi comportamenti, capacità natatorie e tempi di migrazione nell’arco dell’anno, di avere accesso alle porzioni d’alveo in cui sono presenti habitat fondamentali per il loro ciclo vitale, rese però inaccessibili dagli sbarramenti.

Come previsto dalla struttura dei progetti UE Marie Curie, il progetto RIBES prevede percorsi formativi rivolti a 15 giovani ricercatori e ricercatrici nell’ambito dei corsi di Dottorato in 8 Università (Italia, Svezia, UK, Germania, Estonia e Belgio) in cui ciascuno di loro svilupperà un progetto di ricerca individuale all’interno di un network europeo di Università, enti pubblici, società di consulenza e produttori idroelettrici.

Presso il Politecnico di Torino hanno iniziato ieri il percorso di Dottorato di Ricerca due giovani ricercatori, Usama Ashraf e Gloria Mozzi, che sotto la supervisione scientifica dei professori Claudio Comoglio, Costantino Manes, Paolo Vezza e Daniel Nyqvist, studieranno la risposta delle specie ittiche autoctone alle variazioni delle condizioni idrodinamiche indotte dagli sbarramenti attraverso l’utilizzo innovativo di una canaletta idraulica sperimentale che, tramite il MovingLab, il laboratorio mobile sviluppato dal DIATI nell’ambito del progetto cambiamenti_climatici@polito, sarà direttamente utilizzata in campo lungo i corsi d’acqua piemontesi.

 

Questo innovativo programma di formazione e ricerca sarà realizzato in un network europeo multidisciplinare e intersettoriale, che comprende esperti ed esperte di biologia dei pesci, ecologia fluviale, meccanica dei fluidi ambientali e ingegneria idraulica, con l’obiettivo scientifico di chiarire il legame tra locomozione dei pesci e risposta comportamentale ai disturbi antropogenici, promuovendo lo sviluppo di nuove soluzioni per il ripristino della libera migrazione delle specie ittiche lungo i corsi d’acqua. Grazie alle attività che svilupperemo presso il Politecnico ci attendiamo sia di migliorare significativamente lo stato delle conoscenze scientifiche su diverse specie ittiche autoctone che di identificare soluzioni tecniche che contribuiscano ad interrompere l’attuale trend di rapido declino delle relative popolazioni” dichiara il responsabile del progetto Claudio Comoglio.

“Non vogliamo gabbie più grandi, vogliamo gli orsi liberi”

Riceviamo e pubblichiamo/ Queste sono le parole di Barbara Nosari e Stefania Sbarra che dal 21 settembre hanno iniziato lo SCIOPERO DELLA FAME.
Cosa sta succedendo in Trentino?
Negli ultimi anni stiamo assistendo alla persecuzione degli orsi, scomparsi, uccisi e imprigionati, nella regione del Trentino. Tutto è cominciato nel 1999 attraverso il Progetto Life Ursus che si poneva, come obiettivo primario, la tutela degli orsi promuovendo una politica di ripopolamento. Ma in pochi anni, il Trentino, si ritrova a fare i conti con il fatto che gli orsi non sono semplici attrazioni turistiche e il progetto per la loro tutela si trasforma in persecuzione. L’orso così diventa improvvisamente un problema da eliminare. Ad oggi trenta orsi sono stati uccisi mentre tre orsi sono detenuti al Casteller vivendo in condizioni indecenti per il loro benessere, dal momento che in natura un orso può percorrere fino a 20 chilometri al giorno.
Grazie alla campagna #Stopcasteller ideata da Assemblea Antispecista, grazie al supporto del Centro Sociale Bruno, molti attivisti si sono riuniti davanti alla prigione del Casteller il 18 ottobre, mentre due attiviste stanno mostrando la loro disapprovazione attraverso lo sciopero della fame, dal 21 settembre, purtroppo nell’indifferenza dei Media.
Vogliamo mostrare tutta la nostra solidarietà per il coraggio di queste due donne che stanno mettendo a rischio la loro salute per la liberazione degli orsi.
Riportiamo qui le loro parole:

Mi chiamo

Barbara Nosari

Mi chiamo Stefania Sbarra, siamo donne, viviamo in Italia.

Dal 21 settembre siamo in sciopero della fame, a protestare contro la classe politica italiana che sta portando avanti una crudele persecuzione contro gli orsi della bellissima montagna del Trentino.
Ogni volta che viene disegnata una nuova pista da sci, si crea un nuovo pascolo e si crea una nuova impresa per produrre profitti, viene lanciato un nuovo attacco sul territorio naturale degli orsi, distruggendo o riducendo drasticamente il loro habitat.
La rimozione del loro habitat significa la morte di Daniza, KJ2, Jj1 o Bruno, Jj3, Kj2G1, e molti altri, e la cattività in gabbia di tutti gli altri.
In questo momento ci sono tre orsi catturati in una prigione in Trentino chiamata Casteller.
Sono M49, M57 e Dj3.
Uno di loro M49, noto come Papillon, è famoso perché è riuscito a fuggire due volte dalla prigione di Casteller.
Il Guardiano ha scritto di questo orso, che ora è chiuso in un bunker, e siccome non può essere libero, sceglie di morire rifiutando il cibo.
Il secondo orso, M57 è giovane, è stato catturato ad agosto e la gabbia lo fa impazzire.
La terza orsa, femmina, sopravvive in condizioni disperate, si nasconde ed è diventata l’ombra della bellezza che era, dopo essere stata in gabbia da 9 anni.
JJ4, femmina, sta ancora aspettando la sentenza della Corte di giustizia che deciderà la sua vita. È accusata di proteggere i suoi cuccioli dalla presenza di due cacciatori.
In Trentino ci sono al momento 63 orsi, ma il loro numero è considerato eccessivo dalle autorità.
Non vogliamo gabbie più grandi o più belle per gli orsi.
Vogliamo gli orsi liberi e la fine della loro persecuzione nella regione del Trentino.
Se questo non è possibile, allora chiediamo al nostro paese, l’Italia, di dichiarare il fallimento del progetto ′′ Life Ursus ′′ e far finta che i soldi ricevuti dall’Europa siano utilizzati per trasferire gli orsi in un territorio NON ostile.
Gli orsi non hanno chiesto di essere deportati dalla Slovenia per sovvenzionare un progetto milionario finanziato anche con il denaro dei cittadini europei.
Nel nostro paese viviamo in un clima di ′′ terrore mediatico ′′ e continua ′′ caccia agli orsi ′′ prodotto da mero interesse economico e pura avidità.
Siamo in sciopero della fame dal 21 settembre, la classe politica italiana lo sa e ci ignora, ma non ci fermiamo!
La classe politica italiana commette un doppio crimine, contro gli animali e contro gli umani.
A seguito di quanto emerso dalla recente ispezione CITES al Casteller, lo sciopero della fame sarà rivolto ai seguenti punti:
– chiusura immediata della prigione di Casteller
– uscita degli orsi chiamati M49 (Papillon) – M57 – Dj3
– annullamento definitivo dell’ordinanza di cattura per l’orso JJ4;
– eliminazione dei futuri interventi PACOBACE contrassegnati come ′′ J ′′ e ′′ K ′′ che,
Praticamente significano morte e carcere di orsi.
Qualsiasi tipo di supporto e condivisione sarà molto apprezzato, grazie.
I migliori saluti
Vi invitiamo a tenervi aggiornati sui loro profili facebook, di condividere, di riportare quello che sta accadendo:

Il calore del termovalorizzatore raggiunge anche le reti di Rivoli, Collegno e Grugliasco

Con questo intervento si amplia ulteriormente la più grande rete di teleriscaldamento interconnessa a livello italiano

Iren, attraverso la propria controllata Iren Energia, ha esteso la fornitura di calore per il teleriscaldamento erogato dal termovalorizzatore di Torino Gerbido verso i Comuni limitrofi di Collegno, Grugliasco e Rivoli realizzando così la più grande rete metropolitana interconnessa esistente a livello italiano.
Infatti dopo i collegamenti con Torino e con Beinasco, il calore prodotto dal termovalorizzatore raggiunge ora i 5,2 milioni di metri cubi dei quartieri già teleriscaldati dei Comuni di Grugliasco, Rivoli e Collegno interconnessi così dalla rete metropolitana torinese che ha raggiunto i 71,2 milioni di metri cubi.
A tal fine, sono stati completati in questi giorni i lavori di realizzazione della dorsale di collegamento (in doppia tubazione della lunghezza di oltre 4 km) tra il termovalorizzatore e la centrale termica collocata presso la Scuola di Agraria e Medicina Veterinaria dell’Università degli Studi di Torino a Grugliasco. Qui è stata inoltre realizzata la sottostazione di scambio termico della potenza di 40MW della centrale stessa da cui parte la rete sovracomunale.
Questa connessione consente di sfruttare ulteriormente l’assetto cogenerativo del termovalorizzatore di Torino, che produce contestualmente energia elettrica e termica per teleriscaldamento. La disponibilità di questo calore consente di ridurre l’utilizzo delle caldaie di integrazione e riserva installate presso la centrale termica di Grugliasco e del ciclo combinato cogenerativo installato presso la centrale di via Genova a Rivoli, riducendo quindi le emissioni complessive
“Questo ulteriore intervento dimostra il costante impegno di Iren per iniziative volte alla transizione energetica del territorio – ha dichiarato il Presidente di Iren Renato Boero – e rientra pienamente nella strategia di multicircle economy avviata con il Piano Industriale 2020-2025. Inoltre, il teleriscaldamento si conferma come una delle eccellenze del Gruppo e tra le migliori tecnologie per migliorare la qualità ambientale dei territori serviti”.

Mobilità sostenibile, aperto il bando per i cittadini

Dal 28 la presentazione delle domande di contributo ai cittadini piemontesi per l’acquisto di veicoli, ciclomotori, motocicli, a basso impatto ambientale, velocipedi e incentivi alla rottamazione senza l’obbligo di acquisto di un altro veicolo.

La Regione ha stanziato un milione e 660mila euro. Marnati: “Obiettivo: velocizzare il rinnovo del parco veicoli per migliorare la qualità dell’aria”

Aperto alle 9 del  28 ottobre lo sportello per la presentazione delle domande di contributo per lo sviluppo della mobilità sostenibile dedicato, per la prima volta, a privati, ovvero cittadini residenti in Piemonte o dipendenti di aziende con una sede operativa in Piemonte. Il bando, che ha una dotazione di 1.661.725,80 stanziati dalla Regione e che prevede la concessione di un contributo per la sostituzione di vecchi veicoli con nuovi a basso impatto ambientale, è articolato su quattro tipologie:

-acquisto di veicoli per il trasporto di persone, a fronte di rottamazione di veicoli a benzina fino a Euro 3 incluso, e diesel fino a Euro 5 incluso

-acquisto di ciclomotori o motocicli a trazione elettrica per il trasporto di persone, a fronte di rottamazione fino alla categoria Euro 3

-acquisto di velocipedi (biciclette e biciclette cargo anche a pedalata assistita)

– sostegno per la rottamazione di veicoli senza obbligo di acquisto di altro veicolo, benzina o diesel fino a Euro 3 incluso.

I contributi sono a fondo perduto e cumulabili con altri incentivi. Per l’acquisto di auto vanno da 2.500 euro a 10.000 euro, calcolati sulla base delle emissioni; per i ciclomotori o motocicli elettrici da 2.000 a 4.000 euro. Per quanto riguarda i velocipedi i contributi vanno da 150 euro per una bicicletta a 1.000 euro per bicicletta cargo per trasporto persone a pedalata assistita. Ammonta invece a 250 euro il contributo per la rottamazione, senza ulteriore acquisto di altro veicolo.

Un bando che ha la precipua finalità di  “velocizzare il rinnovo del parco veicoli piemontese – spiega l’assessore all’Ambiente Matteo Marnati – per migliorare le emissioni in atmosfera”.

Per presentare le domande, coloro che intendono richiedere il contributo devono essere in possesso del certificato di identità digitale (Spid) o della carta di identità elettronica o di un certificato digitale. Le domande possono essere inviate via internet a partire dalle 9 del 28 ottobre e fino alle 12 del 30 aprile 2021, salvo comunicazioni di chiusura o sospensione connesse con la disponibilità delle risorse assegnate, compilando il modulo telematico disponibile sul sito www.sistemapiemonte.it/cms/privati/attivita-economico-produttive/servizi/861-bandi-2014-2020-finanziamenti-domande

Legambiente: traffico, troppe automobili e mobilità pubblica carente

Gli italiani pagano il prezzo più alto in Europa   I costi sociali dovuti all’inquinamento dell’aria ammontano in media a 1400 euro per ogni cittadino. Roma, Milano e Torino tra le prime 25 città europee per costi connessi all’inquinamento atmosferico

 

La stima arriva da uno studio europeo a cui collabora Legambiente

 

I costi dell’inquinamento dell’aria connessi all’alto numero di automobili in circolazione e alla carenza del trasporto pubblico incidono sul portafoglio degli italiani più che nel resto d’Europa. Ricoveri ospedalieri, perdita di benessere, impatti indiretti sulla salute e, quindi, riduzione dell’aspettativa di vita. Sono questi i fattori che fanno la somma del costo sociale, una spesa che per gli italiani ammonta a un costo medio di 1400 euro per ogni cittadino, equivalente a circa il 5% del PIL. Il peso che ogni cittadino è costretto a sobbarcarsi per far fronte ai danni derivanti dall’inquinamento atmosferico. In Europa, invece, la stima è più bassa e si aggira intorno a quota 1250 euro per una percentuale del 3,9%. A far emergere questi dati è lo studio “Costi sanitari dell’inquinamento atmosferico nelle città europee, connesso con sistema dei trasporti”, diffuso nella giornata di oggi dalla società di consulenza CE Delf, che ha preso in esame 432 città europee, in 30 paesi (27 paesi UE più Regno Unito, Norvegia e Svizzera). Lo studio si riferisce a dati raccolti per l’anno 2018 ed è commissionato dall’Alleanza europea per la salute pubblica, una ONG di interesse pubblico presente in 10 paesi dell’Unione Europea (European Public Health Alliance – EPHA). Per quanto riguarda l’Italia è Legambiente a collaborare al progetto.  LINK allo studio completo.

Roma, Milano e Torino sono tra le prime 25 città europee per costi sociali in assoluto, mentre ben 5 città italiane sono nella top ten per costi pro capite (Milano seconda dopo Bucarest, seguita dal terzo posto di Padova, al sesto Venezia, al settimo Brescia e al nono posto Torino). E maggiore è il numero di automobili in strada e più aumenta il tempo trascorso nel traffico più si alzano i costi sociali dell’inquinamento. “Un aumento dell’1% del tempo medio di percorrenza per recarsi al lavoro aumenta i costi sociali delle emissioni di PM10 dello 0,29% e quelli delle emissioni di NO2 anche dello 0,54%. Un incremento dell’1% del numero di autovetture in una città aumenta i costi sociali complessivi di quasi lo 0,5%”, è quanto viene evidenziato dallo studio diffuso oggi da CE Delf.

Quindi, nonostante le difficoltà oggettive di valutazione, lo studio riesce a stimare la diretta connessione tra costi dell’inquinamento dell’aria (dovuta a smog, emissioni PM10 e N20) e l’aumento dei costi sociali per gli italiani.

“Asti, Novara e Torino sono tra le prime 25 città italiane per costi sociali dovuti all’inquinamento causato in particolare dal traffico veicolare – dichiara Giorgio Prino, Presidente di Legambiente Piemonte e Valle d’Aosta – il capoluogo della nostra regione, in particolare, è addirittura nono in Europa, nella triste classifica, con oltre 2000 €/anno procapite di costi indotti, soldi che potrebbero essere spesi in salute, benessere e qualità della vita. Il ruolo delle automobili, in particolare nelle grandi città ma non solo, è evidenziato in modo molto chiaro dallo studio e deve spingere con sempre maggior decisione verso politiche che non possiamo più definire coraggiose, ma semplicemente pragmatiche, d’incentivazione alla mobilità sostenibile. Le stesse politiche che alcune città, Torino compresa, iniziano ad attuare e che noi, come cittadini, dobbiamo incentivare con il consenso e le scelte quotidiane.

Allo stesso tempo non possiamo non chiedere che siano riattivate le tante, troppe ferrovie sospese piemontesi, che catalizzano una parte significativa del traffico, in particolare quello pendolare, spostandolo su mezzi sostenibili, per l’ambiente, la salute e l’economia”.

I costi calcolati, secondo lo studio, potrebbero essere ancora più alti se si “includessero adeguatamente i costi correlati alla pandemia COVID-19. Le comorbilità sono un elemento preponderante nella mortalità di pazienti affetti da COVID-19 e fra le più importanti vi sono quelle associate all’inquinamento atmosferico. Da diversi documenti di ricerca si evidenzia che la scarsa qualità dell’aria tende ad aumentare la mortalità di pazienti affetti da COVID-19. Pertanto, i costi sociali di una scarsa qualità dell’aria potrebbero essere maggiori rispetto a quanto stimato in questa ricerca”.

Secondo Andrea Poggio, responsabile mobilità Legambiente “il costo dell’inquinamento, aggravato quest’anno alla pandemia Covid19, è particolarmente pesante per i redditi più bassi: l’inquinamento, come il Covid colpisce tutti, ma chi è più povero fatica a mitigarne gli effetti ed accedere alle cure. I governi nazionale e regionali devono adottare al più presto politiche pubbliche per mobilità e riscaldamento ad emissioni zero, per tutti, ma soprattutto per chi è meno abbiente. Servono mezzi pubblici elettrici, bici e auto elettriche condivise, serve in città agevolare e promuovere subito la mobilità ciclo-pedonale. Serve il superbonus (110%) se ben speso per ridurre l’inquinamento da riscaldamento. Non servono invece proroghe ai permessi di circolazione dei veicoli diesel più inquinanti, non servono bonus per l’acquisto di auto di proprietà a combustione. Iniziare a ridurre a zero, o quasi, l’inquinamento deve divenire una priorità nazionale del Recovery plan italiano”.

Monopattini e bici elettriche: per più di 1 torinese su 2 il futuro è l’uso “ibrido” con l’auto

Bici tradizionali, bici elettriche, monopattini e tanto altro. La mobilità dolce piace, e in misura crescente, agli abitanti di Torino. Guardando al prossimo futuro, infatti, più di uno su due (54%) pensa a un uso il più possibile ibrido con l’auto, alternando i due mezzi a seconda delle necessità e occasioni.

Lo evidenzia la ricerca dell’Osservatorio Sara Assicurazioni, la compagnia assicuratrice ufficiale dell’ACI.

Ambiente prima del portafoglio. Ma che cosa rende così speciali questi mezzi? L’aspetto più apprezzato è la sostenibilità (50%), segno di una crescente consapevolezza che spinge i torinesi a voler ridurre l’impatto ambientale negli spostamenti. Sostenibilità che viene prima delle chance di risparmio (26%) e persino della comodità e praticità di utilizzo (18%).

Tra i vantaggi green, a essere apprezzato è il taglio dei consumi (78%), insieme al miglioramento del contesto urbano con la riduzione del traffico (26%) e, per una quota analoga (26%), dell’inquinamento acustico. Ma c’è anche chi indica tra i vantaggi la possibilità di condurre stili di vita sostenibili e di fare attività fisica (18%).

E-bike e gadget al top. Il mezzo preferito sembra la bicicletta a pedalata assistita (40%), davanti ai monopattini elettrici (18%), mentre hanno al momento più strada da fare overboard e i monoruota (2%). Insieme a questi cresce la voglia di gadget: quasi un torinese su due (44%), infatti, si dice interessato all’acquisto di accessori per personalizzarli, a cominciare dai dispositivi per aumentarne la sicurezza, come frecce segnaletiche, specchietti e antifurti, fino a quelli più tecnologici, come le batterie di scorta, senza trascurare ganci e borse per trasportare oggetti.

Sicurezza al centro. A fronte di indubbi vantaggi però, le criticità non mancano, a cominciare dal tema della sicurezza. Qui a destare preoccupazione sono soprattutto i comportamenti pericolosi come circolare fuori dai percorsi dedicati, e in particolare sui marciapiedi, o trasportare passeggeri (50%), il mancato uso di elementi come casco e luci (34%) e le distrazioni (16%).

 

Tra i rischi più temuti, i danni arrecati agli altri utenti della strada e a beni come le auto parcheggiate (68%), gli infortuni (62%), nonché noie e spese legali in caso di sinistro (18%).

Per questo motivo, più di un torinese su due (58%) ritiene utile una polizza assicurativa che possa offrire coperture per responsabilità civile, danni di vario tipo, assistenza, e tutele anche per lo sharing. E quasi una quota analoga (56%) ritiene importante una maggiore educazione stradale per stimolare comportamenti più responsabili.

Con la ricerca del nostro Osservatorio abbiamo voluto tracciare un quadro di come sia percepita la nuova mobilità dolce, dei vantaggi che offre ma anche dei rischi e delle preoccupazioni che possono riguardare tutti gli utenti della strada – commenta Marco Brachini, Direttore Marketing, Brand e Customer Relationship di Sara Assicurazioni – Tra i dati salienti, il tema della sicurezza e la consapevolezza dell’importanza di tutele specifiche. Per rispondere alle nuove esigenze di sicurezza, Sara Assicurazioni offre soluzioni all’avanguardia dedicate ai mezzi elettrici, allo sharing, al noleggio a breve termine e al trasporto pubblico, che mettono al riparo dai rischi specifici.”

 

*Indagine CAWI condotta dall’istituto di ricerca Nextplora su di un campione rappresentativo della popolazione italiana per quote d’età, genere ed area geografica.

 

Mondojuve per l’ambiente con il progetto Spegni Sostenibile


Per la raccolta e il riciclo dei mozziconi di sigaretta

Mondojuve Shopping Village presenta “Spegni Sostenibile”, la prima campagna di raccolta differenziata e riciclo dei mozziconi di sigaretta concepita, con metodologie industriali, per essere realizzata in simultanea in centri commerciali e retail park in tutta Italia. I mozziconi, quotidianamente raccolti, saranno stoccati in appositi fusti sigillati e trasferiti a un innovativo impianto di trasformazione per essere purificati e trasformati in un polimero plastico, utilizzabile in diversi settori nella produzione di oggetti di uso comune.

 

I mozziconi di sigaretta rappresentano uno dei rifiuti più diffusi e di difficile gestione poiché hanno un tempo di degradazione di diversi anni; oltre ai residui della combustione e della nicotina, sono le microplastiche del filtro a costituire uno dei maggiori fattori inquinanti, in mare come nel suolo. La ricaduta su tutti gli ecosistemi è devastante, se si considera che sono oltre 15 miliardi le sigarette fumate quotidianamente nel mondo. L’impegno di Mondojuve Shopping Village è quindi duplice, non solo ridurre l’impatto ambientale, ma sensibilizzare il pubblico sul tema e promuovere un consumo responsabile, per la salvaguardia dell’ambiente e il decoro degli spazi comuni.

 

Le colonnine collocate agli ingressi del centro sono il punto di arrivo di un percorso iniziato alcuni mesi fa e scaturito dalla volontà di realizzare un progetto che potesse portare un beneficio concreto al territorio e alla comunità. Se diverse realtà, infatti si stanno attivando per la raccolta dei mozziconi, il Centro ha voluto spingersi oltre per consentire il riciclo e la trasformazione di sostanze altrimenti inquinanti. Dopo un’analisi preliminare, finalizzata a definire fattibilità e aspetti logistici, l’operazione può ora partire grazie alla collaborazione di due specialisti: Publievent, che ha curato la parte creativa e di comunicazione, e Re-Cig, una start-up innovativa che opera nel mondo dell’economia circolare, dalla produzione propria degli smoker point, alla raccolta, purificazione e trasformazione in materiale plastico per la produzione di piccola oggettistica. Ideazione e coordinamento dell’iniziativa sono di Cushman & Wakefield, società che gestisce oltre 50 centri commerciali e retail park in tutta Italia, incluso Mondojuve.

Il Piemonte punta sulla raccolta differenziata

La Regione Piemonte potenzia la raccolta differenziata: 1 milione e 720mila euro ai Consorzi per la gestione dei rifiuti urbani

La Giunta ha approvato la delibera, presentata dall’assessore all’Ambiente, con la quale si finanziano misure per il raggiungimento degli obiettivi della raccolta differenziata, per la riduzione della produzione di rifiuti indifferenziati e per potenziare il loro recupero.  Marnati: “Raccolta differenziata ed economia circolare sono le nostre priorità e grazie a questi investimenti cresceremo ogni anno. Un passo in avanti per un Piemonte sempre più green”.

Un milione e 720mila euro dalla Regione ai Consorzi per la gestione dei rifiuti urbani. La Giunta questa mattina ha approvato la delibera, presentata dall’assessore all’Ambiente Matteo Marnati, inserita come misura specifica nel Piano Riparti Piemonte, la cui finalità è il potenziamento della raccolta differenziata anche alla luce delle esigenze, e delle criticità, emerse nel periodo della pandemia. Obiettivo: finanziare i consorzi per la gestione dei rifiuti urbani (21 sul territorio regionale) per progetti che consentano di raggiungere gli obiettivi sia di raccolta differenziata che di riduzione della produzione dei rifiuti indifferenziati e, parallelamente, il loro recupero nell’ottica dello sviluppo e del potenziamento dell’economia circolare.  Tra le tipologie di azioni “finanziabili”, la riorganizzazione dei servizi di raccolta, con il passaggio dalla raccolta stradale a quella porta a porta nelle zone in cui non è ancora in essere; lo sviluppo e l’incentivazione della tariffa puntuale, ossia la tariffa da applicare ai cittadini calcolata sulla base della reale produzione dei rifiuti; la realizzazione o l’adeguamento dei centri di raccolta rifiuti e delle aree per lo stoccaggio e la valorizzazione di quelli destinati al recupero. Finanziabili anche quelle misure che vanno nella direzione di risolvere e superare le criticità emerse la scorsa primavera per effetto della pandemia, e che potrebbero ripresentarsi nell’autunno inoltrato o nell’inverno. Per l’avvio vengono messi a disposizione dalla Regione nel bilancio 2021, 1 milione e 720mila euro. “La raccolta differenziata e l’economia circolare – commenta l’assessore all’Ambiente – sono le nostre priorità. E grazie a questi investimenti cresceremo ogni anno. Un passo in avanti per un Piemonte sempre più green”.

Efficienza energetica per le imprese Il nuovo bando vale 16 milioni

La seconda tornata del bando, chiuso in anticipo il 30 settembre, ha registrato un successo di adesioni:  87 le domande presentate.  Per l’assessore all’Ambiente, questo nuovo successo, dopo quello registrato con il bando per l’efficientamento delle reti della pubblica illuminazione, sono la dimostrazione che si sta perseguendo la strada giusta in difesa del clima e del sostegno alle imprese

Riaperto lo scorso 23 marzo (dopo la temporanea chiusura a luglio 2019 per consentire un “restyling” dell’edizione aperta dal 2016) la seconda tranche del bando per l’efficienza energetica e fonti rinnovabili nelle imprese, per la quale era a disposizione un fondo di 16 milioni di euro, si è chiusa in anticipo lo scorso 30 settembre con un successo di adesioni. Questa nuova tornata ha infatti stimolato le imprese piemontesi a mettere in campo nuovi investimenti come gli impianti di cogenerazione e i pannelli fotovoltaici ma anche efficientamento dei processi produttivi. In totale sono state presentate 87 domande, di cui 51 in istruttoria e 26 ammesse (di cui 5 grandi imprese). Finalità del bando, dedicato a tutte le micro, piccole, medie e grandi imprese con sede in Piemonte, quella di promuovere investimenti per la riduzione dei consumi energetici e delle emissioni inquinanti e quindi per il miglioramento della qualità dell’aria. La prima tranche del bando (chiusa al 31 luglio 2019) ha ammesso al contributo 205 progetti, in parte già liquidati, che si prevede porteranno ad un considerevole risparmio di energia primaria e una riduzione considerevole di emissioni di CO2, pari a circa 69mila tonnellate all’anno, una tendenza che sembrerebbe essere confermata dai primi dati dell’istruttoria di questa seconda tranche.

Accanto a questo bando appena chiuso, vi è anche l’altro, quello terminato a fine 2019, relativo alla adozione di soluzioni tecnologiche per ridurre i consumi energetici delle reti di illuminazione pubblica, attraverso l’installazione di sistemi automatici di regolazione (sensori di luminosità, telecontrollo e tele gestione della rete), che aveva riscosso un interesse superiore alle aspettative e  permesso di efficientare 36.020 punti luce con un risparmio medio di energia elettrica del 58%, Sotto il profilo delle emissioni, gli interventi garantiscono, in modo strutturale e quindi annualmente, riduzioni significative degli inquinanti Pm10 (41 kg all’anno), CO2 (5908 tonnellate all’anno) e 3241 chilogrammi all’anno di ossidi di azoto.

Nel sottolineare come questi bandi abbiano esaurito le risorse in tempi brevissimi, l’assessore regionale all’Ambiente, evidenzia come questi risultati siano la testimonianza di come il lavoro intrapreso e svolto vada nella direzione giusta per permettere, da un lato la significativa riduzione delle emissioni  inquinanti in atmosfera e dall’altro garantire il sostegno alle imprese nell’adozione di soluzioni tecnologiche per l’efficientamento.

Dissesto idrogeologico e cambiamenti climatici

Retorica e luoghi comuni, di fronte all’ennesimo disastro ambientale, non servono.

Cambiamenti climatici e abbandono dei territori montani sono cause primarie di quanto avvenuto – e purtroppo rischia di succedere nuovamente – in Piemonte, Liguria, Val d’Aosta. Un binomio pericoloso sul quale occorre una riflessione politica e istituzionale seria, sulla quale montare investimenti e processi duraturi di intervento. Come quello del Piemonte, che sin dal 1997 ha una piccola porzione di tariffa idrica pagata da tutti i piemontesi (4 euro l’anno a famiglia) destinata ai territori montani per interventi di prevenzione del dissesto. Venti milioni di euro l’anno. “Se non ci fossero – precisa Marco Bussone, Presidente Uncem – la situazione sarebbe ben peggiore, anche nelle città del fondovalle. Ecco perché occorre ripartire da qui, in tutte le Regioni italiane. Un sistema sussidiario, già presente anche in Emilia-Romagna e nelle Marche, oltre ad altri investimenti forti. A partire da 20 miliardi di euro del Recovery Fund. Il 10 per cento del Next generation UE da investire in prevenzione del dissesto”. E non solo. “Venti miliardi di euroDieci per cento dei fondi del Piano nazionale Ripresa e Resilienza – precisa Bussone – da investire in due anni per la prevenzione del dissesto che ha un asse fondamentale nell’attuazione della Strategia forestale nazionale. Abbiamo in Italia 11 milioni di ettari di boschi, un terzo della superficie complessiva del Paese, e non lo sappiamo. Un milione in Piemonte, in crescita. Il dissesto si origina da foreste non gestite, non pianificate, e che non drenano più. Versanti troppo carichi, foreste non certificate, boschi d’invasione. E ancora, proprietà troppo piccole, parcellizzazione dei fondi che poi sono abbandonati. Facciamo una seria analisi su questo fronte. Che è dovuto all’abbandono, allo spopolamento della montagna”.

Occorre intervenire, secondo Uncem, per facilitare il recupero di superfici agricole, per superare la frammentazione fondiaria con le “associazioni fondiarie”, per dare forza e attuazione alla Strategia forestale nazionale, per rigenerare muretti a secco, “Patrimonio dell’Umanità” ma oggi in abbandono, e ancor prima per agevolare chi vuole reinsediarsi recuperando attività agricole e zootecniche sui versanti. Sono loro, questi reinsediamento, il primo antidoto ad abbandono e fragilità. Garantiscono servizi ecosistemici-ambientali all’intero Paese. Alle Città. Il problema nei Comuni montani non è il consumo di suolo! Bensì l’abbandono e la parcellizzazione del suolo! Aver perso agricoltura e superficie agricola mostra oggi gli effetti. Anche su questo occorre potenziare una Strategia per le aree montane e interne che deve vedere al centro i Comuni che imparano a lavorare insieme, nelle valli alpine e appenniniche, a pianificare (anche la pianificazione forestale è imprescindibile, “di valle) e a investire insieme.

In questa direzione si spinge anche Giampiero Lupatelli, Economista territoriale, alla guida del Consorzio Caire di Reggio Emilia, uno dei centri più forti, lungimiranti e capaci nelle analisi delle dinamiche territoriali. Caire ha curato con Fondazione Montagne Italia tre edizioni del Rapporto Montagne Italia. “La indignazione superficiale e la ricerca di facili colpevoli per gli eventi di queste ultime ore – evidenzia Lupatelli – è la risposta degli sciocchi ad eventi che hanno radici complesse, a paritre dal cambiamento climatico indotto dal riscaldamento globale, e lontane, nello spazio e nel tempo, dagli eventi traumatici. Credo che di fronte a questi eventi il Paese si debba interrogare assai più che sulla cementificazione, sull’abbandono“. Lupatelli evidenzia che dal 1961, primo censimento della agricoltura italiano, conseguenza diretta dell’avvio di una politica comune dell’Europa che allora si chiamava CEE e raggruppava appeno sei Paesi, al censimento del 2010, l’ultimo condotto sin ora, la superficie territoriale direttamente riconducibile al controllo delle aziende agricole è diminuita di 93mila chilometri quadrati (dei 300mila che formano il territorio nazionale). Praticamente un terzo del territorio nazionale è uscito dal controllo dei contadini e meno del 10% di questo territorio agricolo e forestale sottratto all’occhio e alla mano dei contadini è stato occupato dalla città, cementificato come usa dire qualcuno. “Quasi 90mila chilometri quadrati sono invece usciti dai nostri radar – evidenzia Giampiero Lupatelli – confinati nella terra di nessuno dove l‘inselvatichimento riduce drammaticamente la funzionalità idraulica di un territorio che è stato largamente antropizzato negli ultimi millenni, riduce i tempi di corrivazione delle piene, aumenta il trasporto solido nelle acque. Produce i disastri che abbiamo visto”.

Ogni volta – ed è sempre più frequente – che le luci dei riflettori si accendono sui territori del nord ovest e della Liguria in particolare (di un Ponente ligure cui la mitezza del clima aveva assicurato un radioso decollo della frequentazione cosmopolita delle aristocrazie europee alla fine dell’Ottocento), “non posso fare a meno di rammentare che proprio qui, in questa Regione, l’abbandono della seconda metà del Ventesimo secolo ha conosciuto un picco: non il 30% della media nazionale ma l’80 (ottanta!) per cento”, spiega da Caire. “Non possiamo rivolgere gli strali del nostro rancore ai padri e ai nonni che hanno abbandonato terre ostili e ingrate – sottolinea ancora Giampiero Lupatelli – Dobbiamo rivolgerli a noi stessi che abbiamo assistito a questa trasformazione epocale, senza applicare un briciolo della nostra intelligenza a esplorarne le modalità e le conseguenze ed ancor meno affidando alla nostra determinazione la volontà di trovarvi rimedio. Questo è il momento delle scelte. Politiche ed economiche chiare“.