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Oggi al cinema

LE TRAME DEI FILM NELLE SALE DI TORINO

A cura di Elio Rabbione

 

L’altra metà della storia – Drammatico. Regia di Ritesh Batra, con Jim Broabent, Charlotte Rampling e Emily Mortimer. Tony Webster, con un matrimonio alle spalle e ormai in pensione, conduce una vita solitaria e tranquilla. Una lettera lo avverte di un diario, di un antico amore, di un amico che aveva sconvolto la sua vita. Una notizia che lo spinge a voler recuperare quel dario e a confrontarsi con il proprio passato, tra inganni rimpianti e sensi di colpa. Dal regista che di recente ha riunito due mostri sacri come Jane Fonda e Robert Redford, Leone d’Oro alla carriere ad agosto a Venezia, per il crepuscolare “Le nostre anime di notte”. Durata 108 minuti. (Romano sala 1)

 

Ammore e malavita – Commedia. Regia dei Manetti Bros, con Serena Rossi, Giampaolo Morelli, Carlo Buccirosso e Claudia Gerini. Applauditissimo a Venezia, ennesimo esempio in laguna dell’abbuffata – nel bene e nel male – napoletana, risate, musiche e canzoni (anche in prestito da “Flashdance”), sceneggiata fabbricata sui vecchi canoni ma rivista allegramente con l’occhio di oggi. L’infermiera Fatima ha visto qualcosa di troppo e il giovane cuore duro Ciro, sicario nel libro paga di Don Vincenzo, viene comandato di farla sparire. Ma la dolce fanciulla canterina è il primo amore di Ciro e il primo “ammore” non si scorda mai. E allora il boss che fa? Decide di sparire, con tanto di funerale, sotto gli occhi che più lacrime non possono di della consorte donna Maria. Chi vincerà? Durata 134 minuti. (Eliseo Blu, Reposi)

 

La battaglia dei sessi – Commedia. Regia di Jonathan Dayton e Valerie Farsi, con Emma Stone e Steve Carrell. La partita a tennis, con un seguito televisivo di 90 milioni di spettatori in tutto il mondo, che nel 1973 mise l’uno contro l’altra Bobby Riggs, maschilista oltre misura, che aveva fatto dell’istrionismo la legge del suo stare in campo, e Billie Jean King, tutt’all’opposto, gran combattiva per quanto riguardava la libertà in ogni campo delle donne, all’affermazione di ogni loro diritto. Una gara preda dei mass media in un’America ancora in bilico tra conservatorismo e piena trasformazione. Durata 121 minuti. (Ambrosio sala 2, Eliseo Grande, Greenwich sala 2, The Space, Uci)

 

Blade Runner 2049 – Fantascienza. Regia di Denis Villeneuve, con Ryan Gosling, Harrison Ford, Jared Leto e Robin Wright. In un’epoca futura, l’agente K va alla ricerca di Rick Deckard, un tempo posto a caccia dei replicanti ribelli, ancora una volta nel desiderio di una vita vera, quella che non può non avere sentimenti e infelicità, sogni. Ma è anche il racconto della sua vita reale, in piena solitudine, senza ricordi o la fittizia ricostruzione di essi, è l’unione con una compagna virtuale che in qualsiasi momento può esser fatta scomparire, è il disordine e la violenza del cieco scienziato Wallace, che tende a eliminare i vecchi replicanti rimasti per poter creare nuovi esempi, è l’incontro con l’antico agente Harrison Ford, rinato dal cult di Ridley Scott, dall’ormai lontano 1982. Un film che occhieggia ancora verso l’autore Philip K. Dick, che s’impone nella grandezza dei propri ambienti scenografici, che non teme i tempi lunghi, che già le critiche inglesi e provenienti da oltre oceano definiscono come un capolavoro. Durata 163 minuti. (Massaua, F.lli Marx sala Chico e Harpo anche in V.O., Ideal, Lux sala 1, Reposi, The Space, Uci)

 

Brutti e cattivi – Commedia. Regia di Cosimo Gomez, con Claudio Santamaria, Sara Serraiocco e Marco D’Amore. Una banda diversissima da quelle che in passato si possono essere viste sullo schermo. Già i nomi: Papero, Ballerina, il Merda, Plissé Che sarebbe come dire un capo che è senza gambe, la sua donna che si ritrova senza braccia, un rasta strafumato e perdutamente rintronato, un nano rapper. Il tutto concepito come “Freaks” anni 2000 e impaginato come banda dei “Soliti ignoti”. Durata 85 minuti. (Ambrosio sala 3, Massaua, The Space, Uci)

 

Cars 3 – Animazione. Regia di Brian Fee. Ancora un’avventura per Saetta McQueen, in piena depressione per la vittoria del giovane rivale Jackson Storm: ma l’idea di abbandonare le corse verrà immediatamente scacciata se all’orizzonte si mostrerà un’angelica Cruz, che ha cancellato l’idea di correre in pista per abbracciare quella di diventare una perfetta istruttrice. Durata109 minuti. (The Space, Uci)

 

Cattivissimo me 3 – Animazione. Regia di Kyle Balda e Pierre Coffin. Quando è ormai divenuto un importante membro della Lega Anti Cattivi, Gru viene avvertito di avere un fratello gemello, Dru: con lui andrà alla ricerca di Balthazar, il cattivo ossessionato dalla fama e fanatico degli anni Ottanta. Durata 96 minuti. (Massaua, Uci)

 

Come ti ammazzo il bodyguard – Azione. Regia di Patrick Hughes, con Ryan Reynolds, Salma Hayek, Gary Oldman e Samuel L. Jackson. Prendete due tipi che hanno il vizio dietro incarico altrui di far fuori la gente, prendete il fatto che per trascorsi non proprio del tutto felici non si vedano di buon occhio, prendete ancora il fatto che siano messi a proteggersi a vicenda per ripararsi dalle perfide intenzioni e dai fendenti di un tipaccio dell’Est che la corte dell’Aia dovrà processare per crimini di guerra. Aspettatevi battute al vetriolo, fanfaronate all’eccesso, inseguimenti, scazzottate e spari a non finire, il tutto condito con quell’aria di scanzonata commedia che in fondo alla storia brinderà all’amicizia e al lieto fine. Durata 118 minuti. (The Space, Uci)

 

Dove non ho mai abitato – Commedia. Regia di Paolo Franchi, con Fabrizio Gifuni, Emmanuelle Devos e Giulio Brogi. Dall’autore di “Nessuna qualità agli eroi” con Elio Germano. Dove un anziano architetto riesce a riunire, in occasione della costruzione di una villa, la figlia che vive a Parigi dopo aver sposato un ricco finanziere e l’allievo in cui ha sempre maggiormente creduto, ambizioso. Un nuovo rapporto, nuovi sentimenti. Girato a Torino. Durata 93 minuti. (F.lli Marx sala Groucho, Massimo sala 1)

 

Emoji, accendi le emozioni – Animazioni. Regia di Tony Leondis. Protagonisti gli emoticon, ovvero quelle belle faccine gialle che vi compaiono sugli smartphone. I quali non riescono ad entrare nelle connessioni del giovane Alex con la propria ragazza; inoltre uno di questi emoji, Gene, non riesce a mantenere l’unica espressione che gli è consentita. Servono aggiustamenti. Durata 86 minuti. (Massaua, Reposi, The Space, Uci)

 

L’incredibile vita di Norman –Commedia. Regia di Joseph Cedar, con Richard Gere, Charlotte Gainsbourg, Steve Buscemi, Lior Ashkenazi e Michael Sheen. La professione di Norman Oppenheimer è quella di creare appetitosi contatti tra i mondi finanziario e politico newyorkesi, di mettersi in bella e lucrosa luce con quella comunità ebraica americana che tesse parecchi fili. Più o meno preso sul serio, più o meno veramente in relazione con tutti quelli con cui afferma di essere in contatto. E la vita andrebbe avanti così, se un giorno non s’imbattesse in un deputato israeliano in odore di divenire premier. Che cosa accadrà quando questi, raggiunta la carica, offrirà a Norman un caldo abbraccio proprio davanti a chi conta? Ancora il culto dell’”immagine” (e dei quattrini): ma siamo sicuri che il potere paga (e appaga) sino in fondo? Durata 112 minuti. (Romano sala 3)

 

Kingsman: il cerchio d’oro – Azione. Regia di Matthew Vaughn, con Colin Firth, Taron Egerton, Julienne Moore e Channing Tatum. Seconda puntata degli ironici agenti segreti sulla scia di James Bond 007, camuffati dietro una sartoria londinese che nasconde il gruppo capitanato da un molto british Harry Hart, decisamente redivivo se nella puntata precedente il cattivo di turno era riuscito a mandarlo a miglior vita. Questa volta, guerrescamente rimesso in sesto, se la deve vedere con la narcotrafficante Moore, feroce e sorridente, che ha delle soluzioni finali di tutto rispetto per i propri nemici. Una gran bella dose d’ironia, inseguimenti e lotte come raramente se ne vedono, un ritmo invidiabile, una ferocissima Moore troppo amante del tritacarne e di hamburger sui generis. Divertimento assicurato. Un po’ troppo lungo ma ti siedi poltrona e non pensi a nient’altro. Durata 141 minuti. (Uci)

 

IT – Horror. Regia di Andrés Muschietti, con Bill Skarsgård, Sophia Lillis, Jeremy Ray Taylor e Jaeden Lieberher. Tratto dal romanzo del “maestro” Stephen King, perla rara nel genere ai recenti botteghini Usa. Durante un temporale, il giovanissimo George guarda la sua barchetta di carta scendere giù per i rivoli d’acqua e scomparire nella fogna di Derry, piccola città del Maine che sembra il ricettacolo di ogni male. Là è nascosto IT, che si nasconde sotto gli abiti e il viso colorati di Pennywise, vero orco per le giovani vittima che scoverà in città. Sette ragazzini pieni di paure, molestati, dalla debole salute, grassi e spaventati, con grosse lenti poggiate sul naso, neri ed ebrei. Tutti pronti a unirsi pur di distruggere il Male. Salvo rimandare la conclusione delle gesta ad un prossimo capitolo, buttato al di là di una trentina d’anni, in un’età più che matura. Durata 135 minuti. ((Centrale V.O., Massaua, Ideal, Lux sala 2, Reposi, The Space anche V.O., Uci anche V.O.)

 

Lego Ninjago – Il film – Animazione. Redia Charlie Bean, Paul Fisher e Bob Logan. Terzo episodio a ruotare attorno ai mattoncini della gloriosa ditta danese. Qui Loyd in compagnia dei suoi amici Lego dovrà difendere Ninjago City dagli attacchi del feroce Garmadon sotto la guida di un vecchio saggio: tra assalti e combattimenti compare pure – inspiegabilmente – un gatto in carne e ossa. Durata 101 minuti. (Massaua, Ideal, The Space, Uci)

 

Nemesi – Thriller. Regia di Walter Hill, con Sigourney Weaver e Michelle Rodriguez. La storia di Frank, assassino su commissione, che una vendicativa operazione chirurgica ha reso uomo. Spetterà al nuovo essere fare vendetta. Durata 95 minuti. (Greenwich sala 1, The Space, Uci)

 

Nico, 1988 – Drammatico. Regia di Susanna Nicchiarelli, con Tryne Dyrholm e Thomas Trabacchi. L’ultimo anno di vita della cantante Christa Päffgen, in arte Nico, voce dei Velvet Underground, la sua volontà di riconciliarsi con il figlio unico che per anni ha dimenticato. Premio Orizzonti per il miglior film a Venezia. Una storia che corre tra Parigi e Norimberga, tra Manchester e il litorale romano, è anche il riappropriarsi da parte della cantante della propria più autentica personalità, quando inizia la sua carriera da solista. Durata 93 minuti. (Massimo sala 1, anche V.O.)

 

Noi siamo tutto – Commedia drammatica. Regia di Stella Meghie, con Nick Robinson e Amanda Stenberg. Al romanzo si è già appassionato un numero enorme di persone, ora sullo schermo l’incontro tra la diciottenne Maddy, che una malattia tiene rinchiusa tra le pareti della sua casa, impossibilitata ad avere alcun rapporto esterno, e il suo nuovo vicino Olly. Durata 96 minuti. (Uci)

 

Nove lune e mezza – Commedia. Regia di Michela Andreozzi, con Claudia Gerini, Lillo, Giorgio Pasotti, Stefano Fresi e Michela Andreozzi. Opera prima. Due sorelle, diversissime tra loro, l’una è violoncellista, l’altra un più comune vigile urbano, c’è chi vorrebbe un giglio ma non riesce ad averlo e c’è chi può ma non vuole. Poi c’è la coppia gay, che è sposata e che il figlio pure ce l’ha. Durata 90 minuti. (Ideal, Reposi, Uci)

 

Il palazzo del viceré – Drammatico. Regia di Gurinder Chadha, con Gillian Anderson, Hugh Bonneville e Manish Dayal. Il nipote della regina Vittoria, Lord Mountbatten, come ultimo Viceré, ha il compito di accompagnare l’India nella transizione verso l’indipendenza. Ma la violenza esplode tra musulmani, induisti e sikh, sfociando in quella che è definita la “Partition” tra Pakistan e India, coinvolgendo anche gli oltre 500 membri dello staff che lavorano al Palazzo. La storia d’amore tra due giovani, musulmana lei, induista lui, rischia di essere travolta dal conflitto delle rispettive comunità religiose. Durata 106 minuti. (Eliseo Rosso, Romano sala 2)

 

40 anni sono i nuovi 20 – Regia di Hallie Meyers-Shyer, con Reese Witherspoon, Candice Bergen e Michael Sheen. Ovvero quando una bionda e ancora avvenente signora californiana, di fresco divorzio, due amorose bimbette a carico, forse inserito qualche tratto autobiografico se il padre stato un regista affermato e la madre un’attrice, incrocia sulla sua strada un aitante ventisettenne che riprende per lei una gran bella cotta. Ma ecco che ricompare l’antico consorte e le idee non saranno più chiare come erano sembrate all’inizio della nuova relazione. Durata 97 minuti. (Reposi, Uci)

 

Ritorno in Borgogna – Drammatico. Regia di Cèdric Klapisch, con Ana Girardot, François Civil, Pio Marmaï. Dieci anni fa Jean ha lasciato la famiglia, proprietaria di un grande vigneto in Borgogna, per trasferirsi all’estero. A causa della malattia terminale del padre, lascia l’Australia, dove vive con moglie e figlio, e torna a casa per rincontrare la sorella Juliette e il fratello Jérémie. Ma c’è la morte del padre, c’è la ricerca di una forte somma di denaro per pagare le tasse di successione: sarà l’occasione per i tre fratelli i legami che li hanno tenuti vicini un tempo. Durata 113 minuti. (Due Giardini sala Nirvana, Nazionale sala 2, Uci)

 

Una donna fantastica – Drammatico. Regia di Sebastiàn Leilo, con Daniela Vega. Marina è una donna giovane e attraente, innamorata di un uomo di vent’anni maggiore di lei. All’improvviso l’uomo muore: è in quel momento che la sua natura transgender la metterà di fronte ai pregiudizi della società in cui vive. Ma lei è una donna forte e coraggiosa, pronta a battersi contro tutto e contro tutti per difendere la propria identità e i propri sentimenti. Durata 104 minuti. (Due Giardini sala Ombrerosse, Nazionale sala 1)

 

L’uomo di neve – Thriller. Regia di Tomas Alfredson, con Michael Fassbender, Rebecca Ferguson e Charlotte Gainsbourg. Trasposizione cinematografica del settimo appuntamento tra Jo Nesbø ed il suo Harry Hole, detective della polizia sporco e traumatizzato, troppe volte attaccato alla bottiglia, che coltiva in sé drammi persi in anni passati, dedicandosi allo stesso tempo a districare le matasse che hanno all’interno delitti e vittime. Qui un killer perseguita e cancella donne separate con figli, le riduce a pezzi, lasciando sul luogo del delitto un inconfondibile pupazzo di neve. I delitti avvengono tra una nevicata e l’altra, nella fredda terra della Norvegia, è necessaria la materia prima per quei pupazzi posti dinanzi alle abitazioni delle vittime. Un trascorrere continuo tra passato e presente, angosce in cui trovano spazio una collega di Hole e la ex moglie. Una vera delusione per chi abbia letto le pagine del libro, il protagonista non è messo a fuoco e avanza stancamente nella storia, colpa maggiore la storia è costruita con un accavallarsi o un viaggiare caotico e controproducente di azioni in parallelo, con un disordine che non fa nulla per riporsi nel campo della ordinata stabilità. Meglio di gran lunga tornare al libro. Durata 125 minuti. (Ambrosio sala 1, Massaua, Ideal, Lux sala 3, Reposi, Uci)

 

Valerian e la città dei mille pianeti – Fantascienza. Regia di Lui Besson, con Dane DeHaan e Cara Delevingne. Una storia che vediamo soltanto oggi sugli schermi ma alla quale l’autore di “Nikita” pensava da almeno due decenni. In un lontanissimo futuro, Valerian e Loreline sono incaricati di una missione presso Alpha, metropoli immersa negli spazi galattici. Creature dai lunghi arti, con contorno di cattivi di vario genere e mostri famelici. Tecniche di ultimissima generazione, musiche assordanti, scenografie pronte a infiammare ogni immaginazione. Durata 140 minuti. (Uci)

 

I vari volti della polis nella mostra “Polisgraphics

Arte e grafica rappresentano il fil rouge della mostra dal titolo “Polisgraphics”, che apre battenti l’11 ottobre prossimo presso il Miaao, Museo di Arti Applicate, nella galleria Sottana. Si tratta di una dichiarazione di intenti attraverso la quale si vogliono documentare alcuni lavori realizzati a partire dagli inizi del XXI secolo da ventisette grafici, artisti, illustratori, architetti e designer italiani sul ruolo della polis intesa nell’accezione più ampia del termine, come città, comunità, democrazia, autonomia e quale radice etimologica del termine “politica”. Una coppia di artisti formatisi per l’occasione, Mauro Buccico e Mario Cresci, invita a prendere in considerazione la tradizione come rivoluzione, in una lettura diversa e avanguardista della cultura popolare. Un trio formatosi in occasione della mostra, composto da Marco Calabrese, Alessandro Scali e Mauro Gottardo, illustra prove di passaggio dal digitale all’analogico e al pensiero manuale, attraverso un apparecchio steampunk come il Giphoscope, creato e fabbricato dai primi due, accanto agli stupefacenti disegni di Gottardo. Nelle loro opere la polis risulta sovrappopolata e degradata, come si era configurata negli anni Sessanta, destinata a essere occupata da nuove comunità di mosche, piccioni e topi. Anche il tema del genere viene trattato nella mostra, in particolare da tre artisti in modo diverso. L’attivista lesbica Mary Tremonte, discepolo della studiosa femminista Silvia Federici, ha realizzato risografie e serigrafie per Queer Scouts; Franco Ferrero ironizza su un certo immaginario maschile, e il designer Andrea Vecera denuncia le terribili violenze subite dalle donne. E lo fa con un’opera dal titolo “Ipazia” che descrive la donna attraverso gli occhi di alcune protagoniste femminili che hanno subito violenze. Si tratta di un progetto finanziato dal Programma Operativo della Regione Piemonte e cofinanziato dal Fondo Sociale Europeo, finalizzato a favorire l’inserimento lavorativo di donne vittime di violenza, attraverso la realizzazione di percorsi integrati di inserimento socio-lavorativo, in cui per le donne vittime di violenza sia anche possibile acquisire consapevolezza, serenità e riappropriarsi della dignità. Andrea Vecera è oggi uno dei più eclettici designer torinesi. Laureatosi in Design Industriale al Politecnico di Torino, con il quale tuttora collabora, ha da sempre nutrito una profonda passione per le arti visive, mostrata già dai suoi primi lavori esposti in alcune mostre d’arte. Oltre a essere un artista grafico, realizza oggetti di design anche industriale ed ha ottenuto importanti riconoscimenti, vincendo il primo premio internazionale Hp hand project design 2008 promosso da Hewlett -Packard e, nel 2007, il Silver Award nella competizione di giovani talenti Samsung Young Design Award, con il progetto “hiRec-produt recorder”, e nel 2008 il primo premio per il merchandising ufficiale di Torino World Design Capital.

Mara Martellotta

 

www.andreavecera.it

info@andreavecera.it

Dall’arte rinasce la cultura politica di opposizione

Il titolo della mostra PolisGraphics è una dichiarazione di intenti: si vogliono infatti documentare alcuni lavori realizzati a partire dagli inizi del XXI secolo da ventisette grafici, artisti, artieri, illustratori, architetti, designer italiani di varie generazioni sul tema della polis intesa nell’ accezione ampia del termine: città, comunità, democrazia, autonomia, e come radice etimologica del termine politica. Politique d’abord e Art without Boundaries quindi, citando l’intestazione del seminale libro di Gerard Woods, Philip Thompson e John Williams (Thames and Hudson, 1972).

PolisGraphics però non è un’esposizione nostalgica di situazioni storiche precedenti di art engagé, e un po’ dépassé. È un florilegio più spregiudicato, irriverente e attuale, che vuole contraddire il luogo comune per cui oggi latiterebbe l’opposizione, soprattutto giovanile. Le installazioni e gli artefatti esposti, quasi tutti autoprodotti, sono espressioni di un pensiero eccentrico, davvero “laterale”. A esempio la coppia, formatasi per l’occasione, composta da Mauro Bubbico e Mario Cresci, invita a considerare “la tradizione come rivoluzione”, in una lettura diversa, persino “avanguardista” della cultura popolare, e del Sud come terra eletta per un nuovo tipo di progettazione, anche esistenziale. Claudio Calia invece celebra il Nord come terreno di coltura di nuove forme di contestazione, pratica e teorica, illustrando a fumetti le lotte contro la TAV, le ultime riflessioni di un “buon maestro” come Toni Negri e tracciando, a livello nazionale, una mappa dei centri sociali presentata da Zerocalcare. Accuse alla mercificazione dell’arte e del design sono avanzate da Ugo La Pietra che rende omaggio all’ Ezra Pound di Contro l’Usura e, in più “comiche” modalità, da Undesign. Tommaso Tozzi, tra i promotori delle culture cyberpunk in Italia, difensore dei diritti digitali, creatore di centri sociali virtuali, propone un quadro sinottico di suoi lavori riuniti sotto il titolo emblematico Hacker Art. Un trio formatosi per l’occasione, composto da Marco Calabrese, Alessandro Scali, Mauro Gottardo illustra prove di passaggio dal digitale all’analogico e al “pensiero manuale”, attraverso un apparecchio steampunk come il Giphoscope creato e fabbricato dai primi due e gli stupefacenti disegni a penna a sfera di Gottardo: per loro la polis è quella sovrappopolata e degradata, così come si è configurata dagli anni ’60, ed è destinata a essere occupata da nuove comunità di mosche, piccioni e topi. E ancora Mary Tremonte, attivista lesbica discepola della studiosa femminista Silvia Federici, turba e delizia con le sue risografie e serigrafie per Queer Scouts; Franco Ferrero ironizza su certo immaginario maschile e Andrea Vecera denuncia vere violenze sulle donne. Quattro autori rialzano bandiere: in quella rossa di Leandro Agostini della falce e del martello restano solo i manici, e l’inno diventa Avanti pop; nella stampa lenticolare di Jorrit Tornquist la vista del nostro stellone è turbata da un’ambigua percezione di emblemi rosso-neri; negli stendardi di Nicolò Tomaini e Andrea Mariscotti i simboli dei “nuovi regimi” social del web interferiscono con quelli totalitari di un tempo, del comunismo e del nazismo. Una simile direzione di ricerca è imboccata anche da Massimiliano Zoggia con un assemblage “omografico”. La FIAT poi, in una esposizione di questa natura allestita a Torino, non poteva mancare: così Mario Benvenuto celebra la vecchia cosiddetta Officina Stella Rossa nella quale erano concentrati i “sovversivi”, mentre i Diversi Associati ridisegnano la pianta, e indicano una futura e insieme antica destinazione a parco di Mirafiori. Di altri artieri si affiggeranno manifesti per partiti d’invenzione e polemici verso le politiche urbane e culturali correnti con i loro slogan, a partire dal non identificato “Banksy di Torino” che tra gli altri ha preso di mira la Sindaca Appendino con Pugn e mes, d’après Armando Testa; Sergio Cascavilla con Né a destra né a sinistra ma con i vincitori; Guerrilla Spam con Shit art fair, dedicato alla fiera Artissima e a Maurizio Cattelan; ed Elio Varuna con Per il ritorno delle barriere estetiche. Ecco, il rischio è forse, rinviando al Giorgio Bárberi Squarotti di Poesia e ideologia borghese (Liguori 1976), di confondere l’ingiustizia economica e sociale con l’insufficienza estetica e progettuale del mondo. Ma per i curatori della mostra, e per molti invitati più “disciplinati” principiando dalla giovane talentuosa Silvia Virgillo, dal rigoroso, architetturale artista e designer in bianconero Marcello Morandini e dal policromo, sofisticato “artiste décorateur” Alessandro Moreschini, si può teoricamente sostenere, in un ludo verbale maccheronico, che estetica etica est. La mostra PolisGraphics è stata concepita e organizzata nel contesto del programma culturale collaterale ai Torino Graphic Days, di Torino Design of the City, settimana di incontri, esposizioni e workshop dedicati al design e all’assemblea della World Design Organisation (WDO)™.

Artieri di tutto il mondo unitevi!

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Scheda di Mostra

PolisGraphics. Nuove arti applicate “impegnate”

Curatela: Enzo Biffi Gentili con Michele Bortolami, Tommaso Delmastro

e Lorenza Bessone per il Seminario Superiore di Arti Applicate/MIAAO

della Congregazione dell’Oratorio di Torino

con un apporto critico di Carlo Branzaglia

Sede: Galleria Sottana del MIAAO Museo Internazionale delle Arti Applicate Oggi

via Maria Vittoria 5. 10123 Torino Italia

Periodo di svolgimento: dal mercoledì 11 al martedì 31 ottobre 2017

Inaugurazione: mercoledì 11 ottobre ore 18. Finissage: martedì 31 ottobre, Halloween.

Giorni di apertura: dal martedì alla domenica, lunedì chiuso. Ore 15-20

INGRESSO LIBERO

Info: T +39 (0)11 561 11 61(ore 9-13) M miaao.museo@gmail.com S https://miaao.jimdo.com/

Bambina uccisa dai partigiani: la condanna dell’Anpi

Riceviamo e volentieri pubblichiamo il documento dell’ANPI di Savona che si riferisce  al caso della bambina tredicenne savonese stuprata e uccisa da partigiani comunisti. Il nostro giornale dedicò all’episodio due articoli di Pier Franco Quaglieni .Va dato atto che il nuovo documento dell’ANPI  corregge quello iniziale; il nuovo testo  non si può non condividere ed apprezzare.

“Il Comitato Provinciale, allargato al Consiglio Provinciale, dell’ANPI di Savona riunitosi in data 23 settembre 2017: ribadisce che L’ANPI ha sempre condannato e condanna le vendette e le violenze perpetrate all’indomani della Liberazione.

Lo fa anche rispetto alla vicenda terribile ed ingiustificabile dell’assassinio di Giuseppina Ghersi, avvenuto nei giorni convulsi e drammatici che seguirono il 25 aprile del 1945, così come espresso nel comunicato della Segreteria nazionale ANPI del 15 settembre 2017 e nella notazione del Presidente nazionale dell’ANPI, Carlo Smuraglia, pubblicata su ANPInews n° 257.”

G7, Torino si arrende ai contestatori. Ma la sicurezza viene prima della grandeur

IL COMMENTO  di Pier Franco Quaglieni

Dopo gli ultimi aggiornamenti organizzativi  c’è davvero da domandarsi se i G 7 debbano continuare a tenersi nelle città o non debbano essere spostati in zone aperte e sicure in cui l’ordine pubblico possa essere garantito e contemporaneamente tutti i contestatori del mondo possano agitarsi e protestare come meglio desiderano ,senza recare danni.  La comparsa di una ghigliottina a Venaria non è un bel segno, indica il furore giacobino e violento che sta già manifestandosi e che  dovremo subire durante i giorni del G 7 a Venaria Reale e a Torino. In primis la Reggia resterà chiusa due settimane con grave danno turistico ed economico. In secondo luogo la cittadina e’ già in ansia per quello che potrà succedere, senza che le autorità diano ai cittadini  un segno la  sicurezza   Indispensabile che oggi deve  prevalere sul diritto di manifestare di qualche gruppo estremistico che non sa  neppure cosa significhi l’avverbio ” pacificamente “. Il diritto costituzionale e’ ben altra cosa dal caos violento  generato dai facinorosi. Cio’ che è stato deciso per Torino rasenta la follia. Scegliere un albergo in centro città per ospitare i ministri appare assurdo. Avevano detto che l’accoglienza sarebbe avvenuta in Canavese, in una realtà quindi distante sia da Venaria sia da Torino.

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Chi aveva progettato una cena al Castello del Valentino e una visita al Politecnico, forse ,vive fuori dalla realtà e infatti i due incontri sono stati cancellati. Forse non dovevano neppure essere messi  in calendario perché le ragioni di ordine pubblico oggi sono una priorità , specie a Torino. Mettere a rischio  l ‘incolumità delle persone a Torino, dopo piazza San Carlo , non è più consentito.  I cosiddetti antagonisti devono essere messi in condizioni di non nuocere. A Milano per l’inaugurazione dell’Expo hanno fatto disastri, per non ricordare  Genova messa a ferro e fuoco. Gli italiani sono stanchi  di violenze inutili e rifiutano questi  sfaccendati che sbarcano il lunario facendo i professionisti della violenza di piazza. Come diceva Flaiano ,questi vogliono fare le rivoluzioni e le barricate con i mobili degli altri. Se lo Stato non è in grado di difenderci, e’ meglio evitare  di rincorrere  la grandeur dei G7. Le zone militarizzate  avranno un grave danno e la città nel suo insieme ne trarrà solo disagi. Quali saranno i vantaggi? Credo nessuno. I ministri possono vedersi con calma da altre parti, evitando le parate, le cene, le cerimonie che, in tempi come questi, risultato, oltre che costosi, del tutto inutili anche sul piano politico.

 

quaglieni@gmail.com

Linea di confine. Spigolature di vita e storie torinesi

di Pier Franco Quaglieni
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OGR svolta nella cultura torinese – Bachi l’avvocato gentiluomo – A Colleretto Giacosa tra storia e gastronomia canavesana – L’Internazionale liberale di Oxford 
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OGR svolta nella cultura torinese
Ha ragione  il quasi sempre giustamente ipercritico Gabriele Ferraris nell’affermare  su “Torinosette ” che le OGR “nei progetti della Fondazione CRT e negli auspici di tutti diventeranno anima a motore di un nuovo rinascimento  torinese “.E’ vero le presidenze Marocco e Quaglia della Fondazione CRT hanno saputo proseguire e ampliare la presidenza Comba in una linea di continuità nel rinnovamento davvero esemplare. Senza fare progetti faraonici,la Fondazione CRT lavora con ritmo tipicamente  e saldamente piemontese senza lasciarsi affascinare dall’effimero e dalle mode e soprattutto dal settarismo politico. Il bando non è l’unica strada da perseguire.  Il direttore artistico delle OGR è stato scelto senza bando, in assoluta controtendenza . Come scrive Ferraris, la scelta muove” dal rispetto dell’intelligenza e dell’esperienza” che non sempre dai bandi è accertata con sicurezza e imparzialità. Il sistema dei punteggi può riservare brutte e belle sorprese, asseconda dei  concorrenti .Molte volte i bandi sono un modo solo apparentemente trasparente per continuare nelle logiche spartitorie del passato. Le OGR saranno davvero il futuro della cultura torinese. Non debbono dimenticarlo Circolo dei lettori e Polo del ‘900 che si ritengono legittimi leviatani che pretendono di  assorbire in sè tutto ciò che sia etichettabile come culturale nell’area torinese. E pensare che quando furono aperte frettolosamente  nel 2011 per i 150 anni dell’Unità d’Italia in alcuni locali di corso Castelfidardo bastava la pioggia per mettere in crisi tutto.Oggi l’impegno profuso in questi anni  ha cambiato tutto.
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Bachi l’avvocato gentiluomo L’avv. Emilio Bachi era nato a Torino nel 1907. Antifascista, figlio di Donato Bachi noto militante socialista , dopo essersi laureato in Giurisprudenza e in Scienze politiche all’Università di Torino, svolse la professione di avvocato fino alla promulgazione delle leggi razziali. Costretto ad abbandonare la sua professione, nel 1939 si trasferì in  Francia dove restò fino al momento dell’invasione dell’esercito tedesco. Dopo l’8 settembre 1943 entrò in Giustizia e Libertà, diventando vice-comandante della formazione che operava in Valle d’Aosta. Trasferitosi a Roma per sfuggire ai rastrellamenti dei fascisti, in seguito alla liberazione della città lavorò  a Radio Roma. Tornato a Torino, nel 1946 riprese la professione di avvocato e contemporaneamente andò a dirigere il Giornale Radio. Precedentemente iscritto al Partito d’Azione, nel 1947 entrò nel Partito Repubblicano, diventando il  più importante dirigente regionale e uno dei leader repubblicani a livello nazionale a fianco di Ugo La Malfa  e in questa veste fu per molti anni consigliere comunale di Torino, ricoprendo la carica di assessore all’Edilizia e allo Stato Civile tra il 1951 e il 1956 ed anche di vicesindaco di Amedeo Peyron.  Presidente dell’Università Popolare, come  in precedenza suo padre,fu presidente della Comunità israelitica di Torino negli Anni  Settanta.Socio della Società per la Cremazione di Torino dal 1941, divenne  presidente della Società nel 1961 e mantenne questa carica per circa trent’anni fino al 1990,  Di formazione laica,  sembra fosse stato aderente alla massoneria,anche se di molti massoni non ebbe mai le ambiguità .Emilio Bachi mori  a Torino nel 1990. Le sue ceneri sono conservate nella tomba di famiglia presso il cimitero israelitico di Torino. Egli fu un gentiluomo della politica a cui diede un apporto,assolutamente incompreso dai più ,come grande avvocato civilista nominato in tanti enti e società per la sua competenza e mai per ragioni di tessere politiche. Fu il maggiore civilista  nella sua epoca a Torino. Era un personaggio anomalo con il suo cappello diplomatico, sempre elegantissimo, nel già degradato ambiente politico torinese dove lo conobbi e nel quale la cravatta era già diventata un optional . Aveva avuto degli scontri con La Malfa ed era entrato  negli Anni 60 nel partito socialdemocratico,una realtà che lo collegava idealmente  alle posizioni di suo padre. Quando però si rese conto che Turati,Treves ,Matteotti e Saragat erano cosa diversa da Nicolazzi e Magliano,abbandonò la politica, salvo rientrare negli ultimi anni nel  PRI con tutti gli onori. Era amico di Sandro Pertini che lo nominò Cavaliere di Gran Croce,la massima onorificenza dello Stato. Bachi meritava di essere nominato senatore a vita per la sua esistenza  specchiata e per il grande prestigio  raggiunto nell’attività forense .Simile a lui ho conosciuto solo il prof. Claudio Dal Piaz . Lo conobbi e lo frequentai, conservo alcune sue lettere. Il prof. Mario  Viora di Bastide, presidente della “Reale “e della Deputazione subalpina di storia patria, fu un comune  caro amico. Era un uomo del Risorgimento nato in ritardo come lo fu Viora . Aveva fatto sua e vissuto in prima persona la lezione morale di Giuseppe Mazzini. La figlia Simonetta, valente scrittrice che tramanda la storia della famiglia, ne è l’erede orgogliosa e degna.E ne ha pienamente ragione perché un padre come il suo,è cosa rarissima.

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A Colleretto Giacosa tra storia e gastronomia canavesana 
Qualche sera fa sono stato a Colleretto Giacosa, ospite della straordinaria sindaca Paola Gamba. Abbiamo parlato con la figlia dell’ambasciatore Nicolò Carandini  Silvia e con il figlio del ministro Leone Cattani Paolo, del liberalismo di tanti personaggi importanti che  si identificano nel Canavese,a partire da Francesco ed Edoardo Ruffini per poi parlare di Adriano Olivetti  e di tanti altri. Una serata riuscita. Merita una citazione il locale dove ho cenato ,il ristorante Del Monte.Lo chef Luca, che non ho conosciuto,perché lui lavora seriamente in cucina e non ama esibirsi nei convenevoli,realizza una  cucina con i prodotti del territorio canavesano.Molta frutta e gli ortaggi provengono dall’orto  del ristorante. I suoi piatti tipici  la tartare di fassone,i ravioli del plin fatti in modo non banale,lo zabaione al  Passito di Caluso, In stagione funghi e tartufo bianco e nero. Da consigliarsi la zuppa di cavolo di Montaldo Dora,la tofeja cotta nella pentola di terracotta di  Castellamonte. Ho fatto difficoltà a trovare l’insegna del locale che è molto frequentato perché conosciuto ed  apprezzato dalla sua clientela. Unica nota negativa il rapporto con Slow Food :ai suoi presidi io non ho mai creduto e resto scettico  su molte iniziative di Petrini. Ma il patto con Slow Food  appare invisibile.
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L’Internazionale liberale di Oxford 

Nel 1947 si tenne ad Oxford l’Internazionale Liberale dopo la Seconda Guerra Mondiale,per l’Italia partecipò il prof. Alessandro Passerin d’Entrèves ,grande storico del pensiero politico. Nel 1967, per iniziativa di Giovanni Malagodi, si tenne sempre ad Oxford un’altra Internazionale che aggiornò la Carta scritta nel 1947 in cui si affermavano valori antichi e sempre nuovi come quelli di pace,di libertà ,di democrazia dopo lo sconvolgimento del conflitto mondiale. Lette oggi le parole della dichiarazione appaiano persino ovvie,anche se più che mai noi viviamo in un clima perturbato da guerre e da terrorismo minaccioso. Nel 1967 i liberali vollero rivedere la Carta,dando un’apertura più sociale al liberalismo. I tempi nuovi lo richiedevano. Il documento del 1967 non presagì neppure in minima parte il cataclisma dell’anno successivo dove si mise in discussione non solo la democrazia liberale,ma la democrazia tout -court. Nello stesso anno si tenne al teatro Carignano di Torino un Convegno  in cui ,oltre a Malagodi, Luigi Firpo ,Passerin d’Entrèves, Sergio Ricossa,Padre Stefano Trovati,moderati dal prof. Salvatore Fiandaca, gli intervenuti discussero per circa due ore della Carta. Mi parve allora un dibattito interessante che contribuiva a rinnovare il
liberalismo. Rileggendo gli atti del Convegno, vedo la miopia di molti che non colsero che in quello stesso periodo a Palazzo Campana  muoveva i primi rumorosi passi la contestazione studentesca.Non c’è una parola di Firpo o di Passerin su questi pericoli incombenti. Solo il gesuita Trovati aveva già individuato tutti i temi del cristianesimo terzomondista del dissenso che imputava le colpe di tutte le ingiustizie all’Europa capitalista. I liberali ma, direi,soprattutto i democratici non seppero attrezzarsi culturalmente per combattere il ’68 e le sue fughe nell’ideologia intollerante. Quando arrivò l’ondata di piena fummo travolti. Non avevamo saputo costruire qualche argine in difesa dei nostri valori di tolleranza,di libertà,di democrazia,di riconoscimento dei  meriti individuali,di rifiuto della massificazione soffocante già intravista da Tocqueville. Il marxismo sembrò prevalere nelle sue componenti più massimaliste,ma la dura lezione della storia,con il crollo del Muro di Berlino,si rivelò superiore alla  nostra  inconsistenza intellettuale e soprattutto politica .Recentemente una persona mi ha parlato dei liberali come ad una sorta di riserva indiana. Storicamente quelle riserve dovrebbero essere abitate soprattutto dai comunisti,ma un altro imprevisto della storia ha cambiato le previsioni.
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LETTERE scrivere a quaglieni@gmail.com
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La sindaca e l’avvocata

La Giunta pentastellata ha partorito un documento per evitare discriminazioni di genere negli atti comunali , codificando le parole sindaca, avvocata  e tante altre . Cosa ne pensa ?      

 

                                                                                 Gina Trugli 

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Penso che con tutti i problemi irrisolti di Torino il  documento che evita le discriminazione di genere ,sia poco importante perché si ferma alle parole . La parità tra i sessi si realizza con fatti concreti e non parole . La parità e non l’eguaglianza che sarebbe parola impropria. Ma un po’ di fumo ,sia pure senza arrosto, piace molto ai grillini .
                                                                                                                                                                                                                  

Liberali?

Caro professore, il giornale “Critica liberale” che sarebbe l’organo di quella che fu la sinistra liberale e poi via via è diventata la sinistra illiberale, ha creato un nuovo giornale on line “Non mollare” organo del post azioniamo. Cosa ne pensa?                                  

                                                                                                                     Rinaldo Buini

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Enzo Marzo fondatore di “Critica liberale” fu liberale negli anni 70  ,poi si dimise dal partito liberale e incominciò a virare verso il PCI,sempre più a sinistra,magari anche oltre il PCI. Così capitò anche Franco Antonicelli, senatore con i voti del PCI,indipendente da tutto fuorché dal partito che lo elesse. Aver fatto un nuovo giornale, riallacciandosi a quello di Salvemini e dei Rosselli è un atto di suprema presunzione. E’ un po’ come se io facessi  rinascere il “Mondo” di Pannunzio. Ma ,forse ,qualche titolo in più forse lo avrei. Definirsi post azionisti  mi sembra  poi quanto di più illiberale si possa pensare. Le alcinesche seduzioni della giustizia e della libertà,come le definiva Bobbio, finiscono di ridurre il liberalismo  ad un fatto marginale.  Lo storico Giorgio Spini,socialista, diceva onestamente che nel “Socialismo liberale” la parola liberale è semplicemente un aggettivo.

                                                                                                                                             pfq

Tangentopoli 25 anni dopo. Ripensamenti

IL COMMENTO  di Pier Franco Quaglieni

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Usare la carcerazione preventiva come strumento per estorcere una confessione era una forma di tortura inumana, barbara, incivile, incostituzionale, che avrebbe fatto fremere il milanese Cesare Beccaria , ma anche il giurista-padre della nostra Costituzione Piero Calamandrei

Antonio Di Pietro, che è stato forse il personaggio politico che più ho sentito il dovere di osteggiare, ha dichiarato “All’aria che tira” della 7: <<Cominciamo innanzitutto prendendo atto di una verità sacrosanta, di cui io sono diciamo così testimone, anzi parte interessata: (…) il consenso sulla paura. (…) Ho fatto una politica sulla paura e ne ho pagato le conseguenze. (…) La paura delle manette, la paura del, diciamo così, “sono tutti criminali”, la paura che chi non la pensa come me sia un delinquente. Poi alla fine, oggi come oggi, avviandomi verso la terza età, bisogna rispettare anche le idee degli altri. (…) Ho fatto l’inchiesta Mani Pulite, e con l’inchiesta Mani Pulite si è distrutto tutto ciò che era la cosiddetta Prima Repubblica: il male, e ce n’era tanto con la corruzione, ma anche le idee, perché sono nati i cosiddetti partiti personali >>Per Di Pietro rappresenta un atto di onestà e una sconfessione del suo operato di circa 25 anni.La corruzione che finì di uccidere la I Repubblica era senz’altro un fatto molto preoccupante e che moralmente andava condannato e politicamente combattuto.Non era solo il “mariuolo” Chiesa che rubava, ma la cancrena era molto più ampia. Ed era necessario ,per salvare l’Italia, provvedere ad alcune amputazioni.Ma il clima stabilito da Borrelli e dai suoi sostituti ,in testa Di Pietro, con il famoso pool di Mani Pulite è stato davvero intollerabile. Essi hanno creato nel Paese un clima di paura e di ricatto,un clima che ha portato anche a dei suicidi.Usare la carcerazione preventiva come strumento per estorcere una confessione era una forma di tortura inumana,barbara,incivile,incostituzionale, che avrebbe fatto fremere il milanese Cesare Beccaria ,ma anche il giurista-padre della nostra Costituzione Piero Calamandrei.L’antifascista Luciano Perelli,insigne latinista torinese,che aveva patito il carcere sotto il fascismo insieme al padre e al fratello,si senti ‘ anche lui ribollire di indignazione e mi disse che erano logiche da Gestapo.

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I liberali non potevano accettare certi metodi e il clima da caccia alla streghe dominato dal tintinnio delle manette.<<Mettere in carcere e gettare via la chiave>> fu un modo di dire coniato in quegli anni in cui vennero distrutti un’intera classe politica e interi partiti che avevano avuto la legittimizzazione democratica del voto e del consenso di milioni di italiani.Io ricordo nel 1992 di aver ripetutamente scritto in difesa dei partiti come cardine della democrazia e di aver vissuto con indignazione i linciaggi fatti dai giornali,dalla Tv, soprattutto da “Milano Italia”, dai PM che confusero le Aule di Tribunale per luoghi in cui veniva ghigliottinato a priori chiunque fosse sospettato di un qualsivoglia reato. L’alleanza perversa tra certi magistrati e gran parte della stampa ha imbarbarito il Paese in modo che ancora oggi appare irrimediabile. Si trattava di difendere la nostra civiltà giuridica e le regole della convivenza civile sistematicamente oltraggiate dai metodi a cui ricorreva il famoso pool di Milano.Il lancio delle monetine contro Craxi fu un atto vergognoso ,un vero atto squadristico istigato dall’irrespirabile clima mediatico che si era creato in Italia e che ha costituito il trampolino di lancio di alcuni giornalisti specializzati nel killeraggio e nella violazione sistematica del segreto istruttorio.Il principio costituzionale della presunzione di innocenza venne calpestato ripetutamente in modo clamoroso senza che il Capo dello Stato pro tempore avesse nulla da eccepire.I cittadini si sentirono in balìa di una parte di magistratura, in effetti minoritaria,fortemente politicizzata, che ha rappresentato una gravissima ipoteca sullo svolgimento della vita democratica del Paese.E’ quella stessa parte di magistratura che salvò il solo partito comunista e non certo perché fosse illibato.Primo Greganti fu l’eroe che si immolo’ per il PCI.Quando Craxi affrontò in Parlamento lo scottante e umiliante problema del finanziamento occulto dei partiti nessuno dei chiamati in causa rispose,anzi finse di non sentire. In primis, i Presidenti delle Camere,per non dire del Presidente della Repubblica . Spadolini Presidente del Senato, l’unico liberale delle tre alte cariche dello Stato ,tacque e non impedi’ ai leghisti di esibire il cappio nell’Aula di Palazzo Madama ,una vergogna inaudita che mi impedì a priori di poter simpatizzare per la Lega,ancor prima che a causa del suo inaccettabile secessionismo antirisorgimentale. Vittorio Feltri, che era stato socialista, sull’”Indipendente “sostenne a spada tratta Di Pietro e il giacobinismo forcaiolo della Lega. Solo Pia Luisa Bianco corresse il tiro di un giornale che ebbe vita cortissima proprio per l’impostazione data da Feltri.

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Queste cose le scrive uno che,dimostrando di vedere abbastanza lontano,nel 1974 chiese con un appello formale al Presidente della Repubblica,in compagnia dell’illustre giurista Arturo Carlo Jemolo,di non firmare la legge sul finanziamento pubblico dei partiti, ritenendolo non sostitutivo di quello occulto,ma aggiuntivo.Fummo facili profeti. E sapevamo bene dei traffici del PCI con l’Est europeo e con le cooperative e dei finanziamenti che arrivavano direttamente dall’URSS.Come sapevamo che i partiti nel 1974 erano appena usciti dallo scandalo dei petroli per cui Ugo La Malfa aveva personalmente scusa agli italiani. Per altri versi,partiti che erano esclusi da ogni finanziamento come il MSI trassero grande vantaggio dal finanziamento pubblico che ,sottoposto a referendum per iniziativa di Pannella, venne clamorosamente bocciato dagli italiani.Quel fare tabula rasa dei partiti democratici che avevano retto la Repubblica dal 1945 in poi,salvando il partito comunista, favorì la discesa in campo di Berlusconi contro cui quegli stessi magistrati e altri loro colleghi si accanirono per un intero ventennio.Oggi Di Pietro riconosce i suoi errori.Lo fa con il suo linguaggio sempre un po’ contorto,anche se il suo italiano ruspante e’ sicuramente migliorato… E giunge, arrivato alla terza età, a riconoscere persino che bisogna “rispettare anche le idee degli altri.” Ne prendiamo atto con piacere. Ma il ritardo nell’acquisire l’ABC della democrazia liberale è stato davvero troppo grande. In ogni caso dalla fine dei partiti e dalla nascita dei partiti personali egli stesso godette evidenti vantaggi. Un partito come il suo, discioltosi come neve al sole in seguito ad una trasmissione della Gabanelli,ben difficilmente avrebbe avuto consenso senza la fine della I Repubblica che comunque seppe privilegiare il valore della Politica con la p maiuscola .Lo stesso giudice Corrado Carnevale che presiedette la commissione di concorso a giudice in cui venne promosso Di Pietro, ebbe a posteriori qualche ripensamento,lui che venne dileggiato come “ammazzasentenze”perché scrupoloso nell’applicare le norme e nel cassare quindi sentenze emesse in modo frettoloso,sommario,giuridicamente errato,quelle che potremmo definire, in una parola, le sentenze “ammazzagiustizia”.

 

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Guerra al terrore. Rinunciare a un po’ di libertà per ottenere una maggiore sicurezza

IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni

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Il grave attentato di Barcellona ha ridestato, dopo un po’ di tregua, nuovo allarme verso il terrorismo. Lo sappiamo da tempo che il terrorismo è e sarà un elemento molto difficile da combattere e da estirpare. Se si legge il bel libro di Maurizio Molinari sulla Jiahad, ci si rende conto della gravità della situazione in cui siamo immersi fino al collo.

Anche lo stesso Papa Francesco, molto prudente sul tema, ha manifestato parole di condanna più severe rispetto al passato per la strage spagnola. Quando in Francia venne ammazzato in chiesa un anziano prete cattolico, sembrò quasi che quel fatto non avesse toccato il Pontefice. Abbiamo sentito ripetere anche questa volta che è impossibile la sicurezza assoluta. Se ciò è sicuramente vero, andrebbe tuttavia perseguito con fermezza almeno l’obiettivo di una sicurezza relativa.

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Il Gen. Mario Mori, autorità nel campo della lotta al terrorismo, agli inizi di agosto ,mi disse che i nostri apparati di sicurezza sono molto validi, ma non possono agire in modo ottimale. Mi fece un paragone che appare quasi incredibile. E’ se come avessimo una Ferrari con la frizione che slitta.
Cosa è che impedisce alla Ferrari di correre spedita ? Sicuramente un certo buonismo che ci è stato ripetuto in modo ossessivo per anni, un certo garantismo fuori posto, la mancanza soprattutto di una legislazione adeguata all’emergenza. Appare sempre più difficile pensare che gli strumenti della normalità possano essere adeguati nel contesto in cui viviamo. Persino per affrontare il terrorismo rosso e nero degli Anni di piombo fu necessario ricorrere a qualche provvedimento di emergenza. La Legge Reale che portò alcuni a scrivere sui muri Cossiga con la K, fu una necessità oggettiva, al di là di ciò che potesse pensarne Marco Pannella. Cossiga prese su di sè il fardello scomodo con coraggio, da vero patriota consapevole dei suoi doveri.

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Il repubblicano  Ugo La Malfa e il filocomunista Massimo Mila dopo il rapimento di Moro invocarono l’introduzione della pena di morte come proponeva Almirante. Forse in questo caso si trattava di farneticazioni senili ,ma certo i due, in precedenza, mai avrebbero condiviso con Almirante neppure un caffè.  Minniti (che viene paragonato a Ugo Pecchioli che fu il “ministro degli interni” del Pci )pare abbia  in sè il coraggio per assumere iniziative forti come richiedono i tempi calamitosi che stiamo vivendo. Ci riuscirà ?Questo è un interrogativo a cui è difficile rispondere perché il fronte della fermezza non appare così compatto come sarebbe necessario neppure sul tema del contenimento dell’immigrazione. Contro i terroristi rossi e neri  che seminavano morte, non si poteva andare troppo per il sottile, ma  il terrorismo islamico è cosa non confrontabile con quello che abbiamo vissuto negli anni 70/80 del secolo scorso. E’ mille volte più insidioso. Il terrorismo politico rispetto a quello di origine religiosa era molto più semplice da estirpare. Il fanatismo islamico ha dato una connotazione mostruosamente  inedita al terrorismo. Il principio della ragionevolezza ci impone di affrontare i pericoli a cui sono esposti i  cittadini, con strumenti idonei.

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Solo in questi giorni vengono messe delle barriere nelle principali piazze italiane. Doveva esserci la strage di Barcellona per arrivare a comprendere i pericoli che incombono.
Il terrorismo è legato a pulsioni individuali non prevedibili, ma occorrono capacità di 
prevenzione che sicuramente non abbiamo. Machiavelli parlava di buoni argini per affrontare la piena del fiume di per sé imprevedibile. Chiunque si è cimentato nel cercare di spiegare il perché l’Italia non sia stata ancora oggetto di un attentato terroristico, ha dato motivazioni diverse, tutte poco condivisibili e abbastanza superficiali. Appare difficile da sostenere che gli attentati non sono arrivati a toccare l’Italia, perché le potenzialità investigative italiane sono più efficaci rispetto a quelle di Stati Uniti, Inghilterra, Francia , Germania. E  non è possibile neppure sostenere che l’Italia si è salvata perché gode dell’esperienza accumulata negli anni di piombo perché i due terrorismi non sono lontanamente confrontabili. L’unico termine di confronto è il terrorismo palestinese ,più politico che religioso , anche se fortemente antiebraico. L’elemento più allarmante è dato dal fatto che l’Europa non sia riuscita a fare sistema  sul terreno della sicurezza. Ad ogni attentato ascoltiamo le solite, ormai ripetitive dichiarazioni, ma non ci sono iniziative volte combattere il nemico comune.

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E’ stato detto da tempo che siamo in guerra, ma ogni volta dopo un po’ di giorni ci illudiamo che sia tornata la pace e la nostra vita continua imperturbabile come prima. In questo contesto è impossibile-al di là delle discussioni in linea di principio che pure hanno una loro importanza – pensare di procedere al varo della legge sullo Ius soli, a meno che vengano varati contemporaneamente provvedimenti legislativi severi volti a combattere l’estremismo islamico. Non è possibile rendere italiani potenziali terroristi, come se niente fosse. Semmai sarebbe il caso di provvedere ,in tempi rapidi, a respingimenti che, per il troppo garantismo burocratico e non, sono stati rinviati da troppo tempo. Ci sono centinaia di migliaia di migranti- non di profughi- che vagano per il nostro Paese. Sono delle vere e proprie mine vaganti, anche al di là del pericolo terroristico. La violenza praticata contro di noi richiede l’uso della forza e non del cavillo giuridico.Benedetto Croce ci ha insegnato a distinguere la forza rispetto alla violenza. Uno Stato ha il dovere di usare la forza contro la violenza a cui vengono sottoposti i suoi cittadini. Angelo Panebianco ha posto con chiarezza il problema da affrontare: rinunciare a un po’ di libertà per ottenere una maggiore sicurezza.

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E’ una scelta dolorosa e difficile, ma ,giunti a questo punto, è una scelta non più rinviabile. 
Ancora Panebianco ha avuto il coraggio di scrivere che “spesso in Europa si commette il terribile errore di chiamare “moderati” gli estremisti che non uccidono”. E qui si aprirebbe un altro discorso che andrà anch’esso affrontato, superando gli abusati stereotipi del politicamente corretto. Il liberale Popper sosteneva che verso gli intolleranti non si deve praticare la tolleranza. Sul piano delle idee io continuo a ritenere che tutte le opinioni ,anche quelle più estreme, vadano rispettate e vada garantita la loro libera manifestazione.  Ma qui non siamo di fronte a prediche che provengono da una moschea più o meno reale o virtuale. Siamo di fronte alla violenza praticata con metodo scientifico, di fronte alla quale la parola tolleranza è priva di senso. Non si tratta più di difendere i valori dell’Europa e della sua storia, quella che Oriana Fallaci definiva apocalitticamente “Eurasia”. Si tratta di difendere molto più prosaicamente la nostra vita. Primum vivere, deinde philosofari…

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Torino e la giornata sudista contro il Risorgimento

IL COMMENTO  di Pier Franco Quaglieni

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Non è forse un fatto casuale che nella Torino che celebra Gramsci e Gobetti, gli autori della vulgata antirisorgimentale per eccellenza,la notizia della istituzione da parte della Regione Puglia di una giornata della memoria sudista sia passata nella totale e disinformata indifferenza. Eppure Torino fu anche la città- crogiuolo del Risorgimento dove il 17 marzo 1861 venne proclamato il Regno d’Italia . Al Consiglio Regionale della Puglia i 5 Stelle hanno ripreso la proposta incredibile del loro padre- padrone di cui scrivemmo in altra occasione :istituire una giornata dedicata alle vittime meridionali dell’Unità nazionale ,criminalizzando l’atto fondativo della Nazione italiana e riscattando così il brigantaggio meridionale, per dirla con le parole dell’editore pugliese Alessandro Laterza che ha levato da Bari un grido di dolore che a Torino non è mai giunto e che nessuno finora ha ascoltato.Un revisionismo privo di qualsiasi significato storico,molto rancoroso quanto privo di fondamento reale.In sintesi, becero. La sindaca Appendino in marzo ,davanti al monumento torinese a Mazzini, tesse invece le lodi del Risorgimento,andando controcorrente. Fu una voce isolata.

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Che la proposta parta da Grillo non c’è motivo di stupirci,ma che quasi l’intento Consiglio Regionale – con il presidente Michele Emiliano in testa- la approvi ,crea disagio e incredulità . I voti contrari sono stati troppo pochi e questo fatto rivela la distrazione e l’ignoranza storica di consiglieri regionali a cui non doveva sfuggire l’aspetto miope,gretto,eversivo dell’iniziativa che ogni anno il 13 febbraio- data della caduta di Gaeta ,ultima trincea borbonica dopo la sconfitta al Volturno – ricordera’ i meridionali che perirono,diciamo così , a causa del Risorgimento. Il nuovo Regno nacque gracile e dovette difendersi da nemici interni ed esterni.Era un castello di sabbia che doveva essere difeso. Lo sforzo titanico di Cavour e dei suoi successori – certamente a lui non confrontabili -fu quello di creare dal nulla uno stato unitario dopo secoli di divisioni e dominazioni straniere. Per altri versi non va dimenticato che le provincie meridionali arrivarono al nuovo Regno per iniziativa di Garibaldi che ,partito con mille uomini da Quarto, giunse al Volturno con un esercito di volontari di circa 20-25 mila volontari.Il brigantaggio meridionale finanziato da Franceschiello -rifugiatosi presso il Papa a Roma- e appoggiato da una parte cospicua del clero fu una minaccia mortale a cui il nuovo Regno dovette rispondere con tutta la risolutezza necessaria. Furono gli “anni di piombo” dell’800 italiano e si dovette mobilitare l’Esercito per estirpare un cancro che avrebbe vanificato lo stesso moto risorgimentale .Ci fu sicuramente qualche eccesso,ma il quadro entro il quale agivano i briganti non era certo all’insegna di valori umanitari ad essi sconosciuti. Era gente sanguinaria e barbara che non meritava particolari pietà .

 

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La classe dirigente reagì, inviando la truppa perché l’emergenza lo richiedeva ed è storicamente insostenibile la tesi di chi la critico ‘ perché non seppe fare riforme sociali. In quel contesto emergenziale non c’era che la strada obbligata dell’uso della forza per ripristinare l’autorità dello Stato e il controllo del territorio.Il Piemonte sabaudo,se ebbe delle colpe,soprattutto ne ebbe una,quella di non aver saputo rendere più “piemontese” l’Italia,facendo superare la matrice levantina ed anche africana di parte del Mezzogiorno. Chi lo critico’ per aver piemontizzato l’Italia,non capì che il problema da risolvere era quello di portare il buongoverno subalpino nelle provincie meridionali .Dopo pochissimi anni dall’Unita’ capito’ invece il contrario ,cioè la contaminazione del sistema statale da parte di logiche perverse derivanti dal malgoverno borbonico,se non addirittura spagnolesco. La giornata della memoria pugliese destinata forse ad estendersi ad altre regioni del Sud rivela il livello in cui è caduta la classe politica e la sua totale mancanza del senso della storia e dello Stato. Può anche significare avallare i rigurgiti neo borbonici che lo storico napoletano Giuseppe Galasso ha severamente ed autorevolmente condannato. Il sostenere il fallimento del Risorgimento ,come scriveva il giovane Gobetti ,rivela una incapacità a comprendere il maggiore insegnamento che viene proprio dalla storiografia meridionale di Adolfo Omodeo e di Rosario Romeo. Omodeo  “In difesa del Risorgimento” aveva stroncato il “Risorgimento senza eroi” del giovane torinese,valutandolo come una “storiografia dei giornalisti”. Romeo aveva dimostrato con rigore storiografico che le tesi gramsciane della conquista regia e della rivoluzione fallita erano ideologiche e storicamente inconsistenti. Soprattutto anche un confronto con l’oggi dimostra in modo inoppugnabile come la scelta risorgimentale ed unitaria sia stata l’unica capace di garantire un graduale,inarrestabile miglioramento del Sud ,malgrado gli errori,le ruberie,le insufficienze delle sue classi dirigenti e la stessa presunta insensibilità dello Stato unitario verso il Mezzogiorno.

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La eliminazione delle cattedre universitarie di Storia del Risorgimento e la compressione nei programmi liceali dell’800 a favore del ‘900 voluta dal ministro Berlinguer,hanno fatto regredire non solo la ricerca,ma anche la semplice,elementare conoscenza storica. Il commissariamento dell’Istituto nazionale per la Storia del Risorgimento e’ anch’ esso un segnale allarmante ,anche se la sua lenta agonia in questi ultimi anni e’ stata umiliante .La concentrazione esclusiva sulla storia contemporanea rischia davvero di far perdere la capacità di leggere il passato senza lasciarsi influenzare dagli ignoranti e dagli improvvisatori che si dilettano di storia senza conoscere nulla. I consiglieri regionali pugliesi hanno dato retta non agli storici ,ma ad un comico portato in scena dalla consigliera grillina Antonella Laricchia con un intervento sgrammaticato che tradisce molta ignoranza. Se non si leggesse il resoconto stenografico del Consiglio regionale,si resterebbe increduli. Il magistrato -presidente Emiliano che esprime pieno assenso alla giornata ,resta un altro fatto incredibile: forse neppure Vendola avrebbe approvato che venissero aggredite la storia e la verità in modo così volgare e grossolano. Mentre a Torino i processi sommari al Risorgimento piacciono ai gramsciani nostrani che non hanno aperto bocca,la prof. Lea Durante, presidente della International Gramsci Society ,ha condannato la proposta imbastita a Bari ,anche con il supporto di citazioni gramsciane da lei considerate “improprie”, e considerata una riabilitazione di fatto del regime borbonico. Una strana eterogenesi dei fini in cui gli ignoranti ottengono effetti non voluti esattamente opposti da quelli che si erano proposti di raggiungere.

quaglieni@gmail.com

Linea di confine. Spigolature di vita e storie torinesi

di Pier Franco Quaglieni

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Casa Pound – Sindaca di Venezia ? – Un libro che pretese di cambiare la scuola – Arrigo Cipriani controcorrente – Alassio luglio 2017 

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Casa Pound 
A riguardo di casa Pound vorrei ricordare-nessuno lo ha fatto – che la destra rispetta in primis i valori della Patria e che richiamarsi a  Ezra Pound significa riferirsi ad un traditore della sua patria americana contro cui si espresse in trasmissioni radiofoniche da lui condotte anche negli anni della Rsi. I suoi compatrioti avrebbero dovuto condannarlo alla pena capitale prevista in tali casi,ma venne considerato matto e alla fine liberato.Identificarsi ,ad esempio, in Guido Pallotta,segretario del Guf di Torino  caduto nel deserto egiziano,avrebbe molto più senso. A Pallotta era dedicato il gruppo giovanile del MSI che era decisamente estremista e sempre pronto ad usare le mani.C’era una povertà culturale assoluta. Molti ragazzi erano figli di reduci o gerarchi repubblichini. Anche Tullio Abelli,malgrado l’età , era della stessa pasta dei giovani, per non dire di Martinat che veniva dal movimento giovanile Bisognerà attendere i più giovani per vedere un’evoluzione (o un’involuzione ?) dell’estremista di destra.

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Sindaca di Venezia ?
Il quasi novantenne Francesco Forte, successore di Einaudi nella cattedra di Scienze delle Finanze a Torino, socialista alla corte di Craxi come ministro e sottosegretario, ha scritto un interessante libro di memorie. Come sempre accade ai vegliardi ,si lascia andare ai ricordi più esagerati in cui protagonisti della storia non sono gli altri più importanti di lui, ma sé stesso.  In una intervista in cui ha presentato il nuovo libro che lui stesso definisce “un mattone”, quasi 500 pagine, dice che la Sindaco di Torino non è adatta a governare una città così complessa. Pensando di fare una battuta di spirito, pensa che potrebbe fare il sindaco di Venezia, forse senza considerare i problemi difficili che si trova davanti a sé quel sindaco. Ma soprattutto Venezia è città di cultura e la sindaca su quel terreno ha dato forse gli esiti peggiori perché dopo la cacciata di Patrizia Asproni la città in termini culturali si è addormentata nella decrescita , felice o infelice che sia.

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Un libro che pretese di cambiare la scuola
Ancora oggi la prof. Lidia De Federicis , già docente al liceo classico Gioberti ,un tempo il peggiore dei licei torinesi, poi via via cresciuto nelle classifiche non sempre in verità molto obiettive che vengono fatte,è considerata una grande donna torinese di scuola. Il suo libro “Il materiale e l’immaginario”,magari anche nato da splendide intuizioni, ha predominato nelle scuole torinesi. Anche la simpatia politica ha giocato un ruolo per le edizioni, essendoci in concorrenza solo il manuale di Asor Rosa con contenuti molto settari,ma una chiarezza espressiva esemplare. Il libro della De Federicis avrebbe contemplato un corso docente preparato e affinato alle tecniche pedagogiche dalla professoressa torinese. Invece finì nelle mani di molti allievi che non erano in grado di usarlo come libro di testo. Adesso il successo del  libro è tramontato, ma ci sono stati anni in cui quel libro ha egemonizzato la scuola torinese con esiti spesso non positivi al di là delle ottime intenzioni dell’autrice  che forse si illuse di poter cambiare la scuola.

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Arrigo Cipriani controcorrente
Sono amico di Arrigo Cirpriani , patron dell’harry’s Bar di Venezia, una sorta di nuovo Marco Polo che porta nel mondo il gusto e la cultura veneziani. Qualche anno fa ebbe il Premio Pannunzio, due anni fa ad Alassio il Premio Mario Soldati. Per il Premio Pannunzio andammo al “Cambio” di Torino e fu una grande delusione. Il maestro che è uomo elegante, non disse nulla del cibo, ma a Natale mi inviò un panettone di sua produzione,scrivendomi soltanto: assaggi la differenza. Quello che gli offrimmo era un po’ raffermo, incredibilmente raffermo. Cambiammo ristorante per il Premio dopo tanti anni .Mi spiacque, ma non fu possibile fare diversamente.  Oggi Cipriani governa un piccolo colosso con 400 cuochi e 26 ristoranti nel mondo. In una recente intervista ha dichiarato che “cucina italiana è diventata brutta copia di quella francese . Se la prende con Marchesi , Cracco, Cannavacciuolo,Bottura, Vissani,con i piatti rettangolari ,lunghi,storti e le forchette grosse e di forma strana. Esprime odio per i menu degustazione che obbliga a mangiare quello che vuole lo chef . E ovviamente denuncia l’anomalia di chef stellati che non stanno mai in cucina,ma sempre in televisione,anche a fare pubblicità di patatine e di acque minerali. Nessuno come Arrigo ha titolo per denunciare una situazione di degrado impastata a suprema arroganza. Io non vado dagli chef stellati. Li ho provati tempo addietro, ma non mi lascio fregare. C’era un modesto Combal alla frazione Malatrait di Almese ,lungo la strada del Colle del Lys. Si stava benissimo. Era lo stesso cuoco che poi si trasferì,lasciando lo stesso nome, a Rivoli. A Rivoli mi invitarono due volte.Pensavo di trovare la stessa persona,ma la mia era un’illusione. I cuochi stellati non sono più uomini normali. Posso dire che io rimpiango la vecchia trattoria iniziale? Semplice,con pochi piatti semplici e cucinati in maniera impeccabile. Cipriani una volta mi disse che era necessario riscoprire le antiche trattorie ancora rimaste incontaminate dal tempo. Forse non ci sono più anch’esse, neppure in provincia dove il precursore gastronomico per antonomasia Soldati individuava la salvezza rispetto alle città. Oggi anche in provincia, salvo poche eccezioni, si mangia male. Purtroppo. Alla fine io sto riscoprendo l’abitudine antica di mangiar a casa mia; andar fuori a cenare mi è sempre piaciuto molto,ma non accetto più di mangiar male e spesso anche di essere “derubato”.

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Alassio luglio 2017 
Alassio è la spiaggia dei torinesi. A far risorgere dopo la guerra il turismo alassino fu l’artista Mario Berrino,straordinario creatore di eventi e di cose durevoli come il Muretto. Ad Alassio siamo in piena stagione che, da alcuni anni, ha avuto un  forte rilancio con la politica del Sindaco Enzo Canepa, degno successore di Melgrati, dopo un parentesi infausta da dimenticare.  Canepa ha la fermezza necessaria  per fare di Alassio una città favorevole ai piaceri della vacanza o almeno alla spensieratezza a cui ha diritto chi ha lavorato tutto l’anno. Una delle sue prime preoccupazioni è la sicurezza,cercando di opporsi al turismo domenicale” mordi e fuggi”,anzi “crea casino e sporcizia “,insieme al sindaco di Laigueglia una cittadina in cui il centro storico è rinato a nuova vita.E’ stato tra i primi a rifiutarsi nell’accoglienza degli emigranti economici,anzi ha fatto pattugliare le spiagge per tutelare i turisti in vacanza rispetto alle processioni di “vu cumprà” che vendono oggetti  taroccati. Non ha fatto,sia chiaro,lo sceriffo,si è limitato a fare il suo dovere di Sindaco. Alassio deve restare la perla del Ponente e non può rischiare di essere appannata,pena un gravissimo danno di immagine ed economico. Una mia amica alassina ha scritto per il secondo anno,riferendosi ad Alassio, queste parole su Facebook  che danno un’idea di cosa sia la frenesia dell’estate ad Alassio, l’ubriacarsi di sole e di mare su una delle più belle spiagge italiane :”Toglietevi il trucco e i gioielli in spiaggia,tuffatevi con la testa sott’acqua,nuotate,camminate a piedi nudi sulla battigia, bevete vino vero,fumate, innamoratevi senza ragione,lasciate perdere calcoli e soldi.Dite “ti amo” comunque.Ridete.Donne,la vita è breve .Brevissima.Troppo breve per viverla impostate e guardinghe “. Forse le  non sarà possibile realizzare l’intero,ambizioso “programma”:i tempi dei flirt estivi di cui si è occupato recentemente  il “Corriere”, forse, sono finiti come quello dei mariti in città e delle mogli al mare,entrambi alla  ricerca di un’avventura.Riguardava altri tempi come il topless che furoreggiava ad Alassio come a St. Tropez.Oggi il topless è scomparso. L’estate 2017 passerà alla storia,si fa per dire, per il dibattito animato,malgrado il caldo, sui pantaloni corti o i bermuda che si potrebbero portare anche in città e addirittura in ufficio o alla riunioni. La questione l’aveva già risolta, a modo suo, l’ex prefetto di Torino Salerno che vent’anni fa passeggiava in pantaloni corti in via Roma. Personalmente non ritengo accettabile che ci si possa presentare in ufficio in calzoncini anche perché esiste l’aria condizionata. Certe regole,almeno in città ,vanno rispettate. Al mare è un’altra cosa,anche se il sindaco di Alassio è sempre con la giacca. Uno stile istituzionale che andrebbe salvaguardato anche d’estate.

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LETTERE scrivere a quaglieni@gmail.com

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Agosto 1917
Egregio professore,
io sono andato ad ascoltare il convegno sull’agosto 1917 al circolo de Amicis. Eravamo poche persone.I relatori erano tutti schierati,la figlia di Viglongo amico di Gramsci, mi è sembrata più distaccata.  Concordo con Lei nessuna lapide ai “cabinisti” dell’agosto 1917.Furono dei sabatori, dei rivoltosi colpevoli di alto tradimento. L’Italia era in guerra da due anni. Ha fatto bene a scriverlo con chiarezza.Non vorrei che qualche grillino fosse suggestionato dall’idea di porre rimedio all’oblio. Non sapevo ,e La ringrazio di averlo scritto, che i maggiori esponenti socialisti già allora andassero in vacanza,mentre gli operai godevano del giorno di ferragosto festivo. Grazie per la sua onestà intellettuale.

Fabrizio Musso

Io ho lasciato integra la sua lettera e quindi mi limito a ringraziarLa. Scrivere cose veritiere per uno storico non è un merito, ma un obbligo. Non così accade per molti giornalisti e tantissimi storici politicizzati.

PFQ

Dove arriveremo con l’immigrazione ? 
Caro Pier Franco,  ho letto la tua analisi sul dramma dell’immigrazione,  che  da laico liberale con vivo senso dello Stato , condivido pienamente  ; meglio non si poteva dire. Negli  anni scorsi , assistendo a cosa i governi stavano facendo mi chiedevo: ma questi capiscono dove arriveremo? Mi sembra che non lo abbiano ancora capito davvero. Purtroppo, avendo vissuto fino a diciassette anni in Africa, in Eritrea, (ho frequentato le scuole italiane all’estero e solo l’Università in Italia), e amando ancora moltissimo quella terra, il mio disagio è davvero  grande.                        

Giovanni Paolo Bonanno   Siracusa 

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Rispetto all’articolo del 21 luglio che ha suscitato ampio dibattito, aggiungerei che la situazione è esplosiva e minaccia la nostra stessa  convivenza civile, generando sentimenti xenofobi e razzistici che sono estranei alla nostra cultura. Pensi  chi ci governa ai disastri provocati e corra ai ripari!  

PFQ