Come direbbe il Prof. Franco Berrino (epidemiologo ed esperto di correlazione tra cibo e tumori) “Facciamolo scomparire questo zucchero”
Lo zucchero o saccarosio è usato per far sembrare i cibi più buoni, in quanto la loro qualitá è scarsa. Quando mangiamo troppo zucchero, la fame di zucchero continua a salire; sembra un gioco di parole, ma il pancréas, dovendo produrre molto insulina per smaltirlo, viene sollecitato in modo anomalo, portando successivamente il corpo in ipoglicemia; questo fa sì che il nostro organismo si senta debole e stanco, creando irritabilitá, tensioni addominali e alterazioni della flora batterica. Lo zucchero bianco per renderlo bianco è trattato con calce, anidride carbonica, acido solforoso e, poi, viene cotto e più volte raffreddato, cristallizzato e decolorato con carbone animale; in ultimo vengono utilizzati coloranti per renderlo bianco e brillante. Lo zucchero liquido, chiamato anche sciroppo di glucosio, è un gran veleno, ancor più di quello semolato o granulare; essendo sciolto è piú facile da ingerire e va in circolo nel sangue molto più rapidamente, innalzando la glicemia. Lo si trova spesso in bevande gassate, biscotti, fette biscottate, pane, pasta, marmellate, dolci, succhi di frutta ecc…
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Dunque gli zuccheri artificiali andrebbero eliminati dalle nostre diete. È composto di glucosio e fruttosio, che ostacola un buon funzionamento dell’insulina. Tutto questo provoca gravi danni nei bambini soprattutto, esponendoli a malattie come obesità e diabete. La mia professione mi porta a pensare che ad oggi ci sia poca educazione alimentare, soprattutto nelle scuole; bisognerebbe spiegare ai bambini il benessere di un alimento sano, questo per aiutarli a crescere in salute. Esistono alternative allo zucchero bianco; i dolcificanti naturali sono molto più buoni e non hanno effetti collaterali, chiaramente non bisogna esagerare. Vediamo insieme gli alimenti naturali, che
potrebbero sostituire gli zuccheri artificiali: Il miele per esempio, contiene meno calorie dello zucchero, ed è un ottimo antibiotico naturale, disintossicante del fegato, antianemico e ricostituente.
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Lo zucchero di canna integrale, sempre meno calorico dello zucchero bianco, ricco di minerali, a completa maturazione viene raccolto e portato direttamente sulle nostre tavole. Attenzione, ricordate che lo zucchero di canna grezzo non va confuso con quello integrale, in quanto quello grezzo subisce un processo di raffinazione, imbrunito con l’aggiunta di melassa e caramello, ottenedo cosí un colorito giallo/beige, al contrario di quello integrale che mostra un colore molto piú scuro ed i suoi cristalli hanno una granulometria disomogenea. Il vero zucchero di canna integrale è molto scuro ed umido. Lo zucchero da barbabietola, integrale, non esiste ed è privo di qualità nutrizionali. Il fruttosio o levulosio è un monosaccaride, i cosiddetti zuccheri semplici, uno dei carboidtrati, come quelli che troviamo nella frutta, nel miele e in alcune verdure; il suo indice glicemico è decisamente piú basso rispetto a quello del saccarosio. Ha un alto potere dolcificante rispetto allo zucchero tradizionale, meno rischioso per i diabetici, ma comunque non consigliabile. Lo sciroppo d’agave, ricavato dalla Linfa dell’ agave blu messicana, dolcifica molto piú dello zucchero bianco ed è indicato per i diabetici, per il suo basso indice glicemico; inoltre contiene una buona fonte di sali minerali e oligoelementi. Il dolce sciroppo di malto d’orzo è un dolcificante naturale, contiene zuccheri a rilascio lento ed una buona percentuale d’acqua, quindi si deve maggiorare la dose per dolcificare. Alimento poco calorico, contiene maltosio, vitamine e minerali. Il maltolo è una sostanza antitumorale, combatte la cistite, proteggere i polmoni come tutti i malti di cereali; il migliore quello di riso. Il malto aiuta anche a tenere a bada il sistema nervoso; utilizzato molto dagli sportivi, proprio per il suo rilascio lento di zuccheri, mantiene costante l’énergia nel corpo. “Lo zucchero addolcisce la vita” (cit.), ma quello giusto
Ilaria Chionetti Pininfarina
ilanaturopatia@gmail.com















Lunedì 7 maggio, presso l’auditorium della Biblioteca Nazionale Universitaria di Torino (in piazza Carlo Alberto) il Centro Studi “Giorgio Catti” promuoverà il convegno “Una Costituzione da riscoprire”
di Pier Franco Quaglieni
artificiali a San Giovanni è ottima. Non seguirà la tradizione, ma resta comunque ottima.
Farina, il fazioso
avvenuta a Palermo quand’era prefetto, mandato a morire senza poteri e senza protezioni. Una pagina luminosa dela sroria italiana la sua lotta al terrorismo, una pagina nera quella che portò al suo supremo sacrificio in Sicilia. 
un professore di sinistra estrema, suo collega, come Carlo Ottino, lo detestava e ne parlava costantemente molto male. E anche questo mi rendeva simpatico il professore del Liceo Alfieri che invitai anche a parlare al Centro “Pannunzio”.Ciascuno ha i suoi ricordi e quelli di un figlio vanno sempre rispettati. Giovanni Guastavigna è morto molto anziano ed erano ormai molti anni che non gli parlavo. Io rispetto sempre anche gli interlocutori dissenzienti e quindi ricambio a Guastavigna jr. i più cordiali saluti, gli esprimo le mie più sentite condoglianze per la morte del Padre e gli faccio anche gli auguri per la prossima Pasqua. 

dall’abbandono. Al di là dell’ingresso si trova un giardino disordinato, con erba troppo alta e alberi dai rami invadenti, tutto è in procinto di essere inghiottito dall’edera. Attorno a quello che un tempo doveva essere un elegante cortile interno, si trova un porticato di colonne massicce, dietro le quali gli accessi all’interno della struttura si presentano come portali misteriosi, complici dell’ombra che non fa intuire dove conducano.
miei passi fino a che non raggiungo il vero cuore pulsante: il terrazzo esterno. Qui vi è un balconcino in stile classico, che da una parte si affaccia a strapiombo sulla strada, dall’altra parte – a ridosso della collina- esso è costeggiato da una serie di colonne massicce, oltre le quali si insinua un altro giardino ribelle.
1821, motivo per cui non era molto stimato dai detentori del potere dell’epoca.
Gualano, curatore delle collezioni d’arte della residenza. Gli strati di pulviscolo atmosferico accumulatosi negli anni, specie negli interstizi del raffinato intaglio difficilmente raggiungibili durante le normali attività manutentive, ne avevano infatti offuscato lo splendore. Oggi, grazie al lavoro di attenta pulitura, si può nuovamente ammirare la lucentezza della foglia d’oro che ne ricopre l’intera superficie. Situata al piano nobile del Palazzo, la sala del trono venne riplasmata per volontà di Carlo Alberto dal bolognese Pelagio Palagi nella prima metà del XIX secolo, precedentemente l’ambiente fu utilizzato come Camera da Parata, prima delle duchesse e poi delle regine. Palagi modificò gran parte delle decorazioni rendendole adatte al nuovo uso, inserendo anche capolavori già presenti nelle collezioni palatine. Fulcro dell’intervento fu l’ideazione di un nuovo trono, disegnato dall’artista bolognese e realizzato dall’ebanista Gabriele Capello. Sormontato da un ricco baldacchino, il trono fu cinto da un prezioso arredo già presente nelle collezioni reali: la balaustra in legno intagliato, scolpito e dorato realizzata da Francesco Bolgié per racchiudere il letto di Maria Teresa d’Asburgo Lorena-Este, giovane sposa del Duca d’Aosta. Infatti, in occasione del suo matrimonio con il futuro re Vittorio Emanuele I, nel 1789, si rimodernò l’Appartamento dei duchi al secondo piano di Palazzo Reale e la balaustra, ornata da putti, girali d’acanto, vasi, fiaccole e colombe, trovò collocazione. Il restauro si inserisce tra gli interventi sostenuti dal Consiglio regionale del Piemonte, primo tra tutti il recupero della Cappella privata di Carlo
il giogo comunista.Non fu solo lo Stalinismo a determinare quelle situazioni drammatiche perché la responsabilità storica ricade sul Comunismo sovietico nel suo insieme,in primis su Lenin e Troskij. Ma ricorre anche un altro anniversario che rivaluta la storia e la cultura russa,collegandola a quella di Tolstoi e di Chekov:il 60° della pubblicazione in Italia del romanzo di Boris Pasternak Il dotor Zivago,un capolavoro vincitore del Premio Nobel che lo scrittore non poté andare a ritirare per il divieto assoluto delle autorità sovietiche. Fu merito di un editore di sinistra come Giangiacomo Feltrinelli che sfidò ogni minaccia e rifiutò ogni lusinga volta ad impedire la pubblicazione di Pasternak. Il
romanzo fu pubblicato legalmente in Russia solo nel 1988,dopo che l’autore era morto nel 1960 in povertà ,non aiutato da chi in Italia aveva pubblicato il suo libro e si arricchiva con la sua vendita. Nel libro si racconta una drammatica ed appassionata storia d’amore con Lara che ha per sfondo la guerra civile tra russi bianchi e rossi a seguito della Rivoluzione d’Ottobre. Mio suocero Roger Pegnaieff che ebbe il padre assassinato insieme alla famiglia dai bolscevichi e si salvò miracolosamente da quella strage, mi parlava spesso di quel libro. Il modo per ricordare quegli anni terribili che sfociarono in una dittatura disumana,mi diceva, è leggere Pasternak che di fronte al realismo dell’arte sovietica asservita al regime,scrisse ispirandosi ai valori universali della libertà.
Asproni, non flectar
di patriota. Divenne amico oltre che di Garibaldi,di Cattaneo,di Mazzini. L’epitaffio sulla sua tomba recita queste due semplici parole che sono il programma di tutta una vita : Non flectar,non mi piegherò . Patrizia Asproni applica orgogliosamente quel motto nella sua vita . “La Stampa” , un tempo, aveva per motto in testata “Frangar non flectar, poi qualche direttore realistico e accomodante ha avuto il buon senso di eliminarlo.Il giornale si era piegato,senza spezzarsi,al fascismo. Ma anche a tanti altri poteri. Non a caso non ha dedicato un rigo a Patrizia Asproni, premiata a Torino ad un anno di distanza dal suo sdegnoso e sdegnato abbandono di un carica che ricopriva a titolo gratuito.
morde e costringe a limitarsi a vedere le vetrine luccicanti,senza varcare la soglia degli esercizi commerciali. Ma il clima natalizio è meramente commerciale. Si è persa l’anima del Natale vero, i presepi scompaiono perché considerati un’offesa ai musulmani,i canti tradizionali non si sentono più,la Novena del Natale sopravvive alla Chiesa di San Lorenzo,cantata in latino: “Regem venturum dominum adoremus…”. Solo il Parroco di “San Pietro e Paolo” ,un salesiano colto e coraggioso,don Mauro, che vive nel cuore di San Salvario,è consapevole della necessità di tutelare l’identità cristiana. Don Bosco giunse l’8 dicembre del 1847-170 anni fa- e cominciò la sua missione in una zona già molto difficile allora. Oggi quell’area è esplosiva anche per i conflitti esistenti tra gli stessi musulmani. E va citato anche il grande presepe meccanico di via Po presso la Chiesa
dell’Annunziata dove mi portavano bambino e dove sono tornato,ritrovando le stesse, immutate emozioni di un tempo. Che cosa dovrebbe essere il Natale ce lo ricorda un filosofo laico come Massimo Cacciari , non credente : Gesù non è un dio che stabilisce una relazione con gli uomini,ma è Dio che si fa uomo per redimere l’umanità con il suo sacrificio in Croce. Pensiamoci in questi giorni che ci dividono dal Natale e diamo un aiuto a chi non ha nulla. Non c’è bisogno di andare alle aste benefiche promosse dalle madamine torinesi,basta guardarsi attorno ,purtroppo,quasi ad ogni angolo di Torino.
agricoli, attività edilizie e finanziarie in Liguria e nel Basso Piemonte, passan la Seconda Guerra Mondiale, la ricostruzione faticosa e coraggiosa, il “miracolo economico”, i rivolgimenti sociali ed economici, che si intrecciano con i tradimenti, i segreti incoffessabili, le morti misteriose, i rapporti ambigui tra la borghesia della “Superba” e i reietti dei suoi bassi vicoli antichi. Un noir che attrae per le sorprese e gli svelamenti, ma che fa anche meditare sul decadimento storico di una società senza più grandi speranze. L’autore è un personaggio della cultura torinese ed è di origini genovesi. Anticonformista,libero nel pensiero che mal si concilia con il conformismo subalpino. Forse paga il fatto di aver intervistato un mostro sacro come Umberto Eco,svelando un pensiero che Eco avrebbe voluto mantenere nascosto in relazione al ’68.Oltre che un narratore affascinante è anche un giornalista corrosivo che non accetta imposizioni.Torino dovrebbe leggere il suo ultimo libro su cui ha faticato per anni,raggiungendo un livello di eccellenza con una vivacità di scrittura oggi molto rara.Il libro descrive una saga familiare genovese, che può essere paradigmatica per tante altre famiglie italiane.Tra le troppe cocottes del giornalismo torinese,davvero troppe e sgangherate,Caffarena è un chierico che non tradisce, per dirla con Benda.
Un angolo di Sicilia a Torino
lettore vorrei esserne informato brevemente e dettagliatamente. Viene a mancare un servizio al lettore. Il giornalista si sostituisce a noi che leggiamo. Nicola Tesio 