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Conto alla rovescia per l’Anima Festival

Appuntamento lunedì 3 luglio alle 19 (riservato a giornalisti e invitati) con tanti ospiti. I fratelli Chiarlo, ideatori dell’evento, presenteranno in anteprima anche il programma della dodicesima edizione di “Santità sconosciuta – Piemonte terra di Santi”

Manca davvero poco al debutto della seconda stagione dell’Anima Festival all’Anfiteatro dell’Anima di Cervere/Fossano. Il prossimo 3 luglio, alle 19, il grande evento ideato dai fratelli Ivan e Natascia Chiarlo, musicisti e rispettivamente presidente e vicepresidente dell’associazione culturale Arturo Toscanini di Savigliano, sarà presentato ufficialmente in una conferenza stampa al Circolo dei Lettori di Torino.  Per il lancio, saranno presenti Antonella Parigi, Assessore alla Cultura della Regione Piemonte, il Presidente della Fondazione CR Torino Giovanni Quaglia, Giandomenico Genta, Presidente della CR Cuneo, il Consigliere Regionale Franco Graglia, i Sindaci di Cervere e Fossano, Corrado Marchisio e Davide Sordella e i due fratelli Chiarlo, appassionati di musica ed eventi, gli artefici di un Festival che di anno in anno, grazie anche alla splendida location-immaginata e costruita proprio da loro  – una fedele ricostruzione di un teatro greco circondato da campi di grano e pendii verdeggianti, tra la maestosità del Monviso e la dolcezza delle colline di Langa – e alla qualità dell’offerta proposta, sta diventando uno degli eventi di punta dell’estate cuneese e non solo.

La conferenza sarà l’occasione per ricordare i tre grandi ospiti attesi all’Anfiteatro dell’Anima. Si parte l’11 luglio con Fiorella Mannoia, già praticamente sold out; il secondo evento vedrà protagonista Nek il 18 luglio, anche lui gettonassimo, e infine, a chiudere la rassegna, Francesco Renga, atteso il 21 luglio.

Ma le sorprese non sono finite, perché durante la conferenza stampa verranno annunciate altre nuove serate: il 13 luglio, ospite Jhonson Righeira con la sua “Vamos a la playa” e l’altra il 17, con Dario Vergassola.

La conferenza sarà l’occasione, per i fratelli Chiarlo, di presentare in anteprima anche la dodicesima edizione de “La Santità Sconosciuta – Piemonte terra di Santi”,  manifestazione autunnale che si fregia della direzione artistica del Maestro Uto Ughi.

Il debutto sarà il prossimo 7 ottobre con un Recital di Pianoforte: Andrea Bacchetti suona Bach- Commento introduttivo del M° Uto Ughi, nel luogo che da sempre è cuore nevralgico di questa manifestazione, l’Abbazia cistercense di Staffarda. Ma sono davvero tanti gli appuntamenti della dodicesima edizione di questa manifestazione che punta alla diffusione e sensibilizzazione verso la musica e l’arte, concepite nella loro totalità e specialmente indirizzate alle nuove generazioni.

Il 3 luglio verrà lanciato il ricco programma di concerti, spettacoli artistici, teatro, musica, danza, dibattiti culturali, convegni tematici, con una particolare attenzione ad argomenti legati spiritualità e all’umanesimo attraverso riflessioni sui temi più profondi dell’esistenza, il confronto tra coscienze, l’incrocio di fedi, lo scambio tra idee, culture e religioni provenienti da ogni parte del mondo.

Oggi al cinema

Tutte le trame dei film nelle sale di Torino

A cura di Elio Rabbione

 

A casa nostra – Drammatico. Regia di Lucas Belvaux, con André Dussolier e Émilie Dequenne. In una piccola città del Nord della Francia, la storia di Pauline, una infermiera a domicilio, divorziata, con due figli e vecchio padre a carico. Un partito di estrema destra la vorrebbe capolista alle municipali, lei, convinta per l’occasione di poter fare del bene alla sua gente, accetta. Tema attualissimo, racconto, nelle corde del regista, per scoperchiare i falsi metodi di rispettabilità e buone maniere che stanno da una certa parte politica: all’uscita francese ne febbraio scorso, grandi rimostranze nella destra; da noi “la Repubblica” gli ha riconosciuto uno sguardo “preciso e clinico” senza tuttavia nascondere il difetto “di essere troppo dimostrativo, troppo didascalico”. Durata 95 minuti. (Classico)

 

All’ombra delle donne – Commedia drammatica. Regia di Philippe Garrel, con Clotilde Courau, Antoinette Moya, Stanilas Merhar e Jean Pommier. Non se la passano troppo bene Pierre e Manon e per sopravvivere nella vita quotidiana girano dei documentari con pochi mezzi e svolgono piccoli lavori. Pierre una giovane regista, Elisabeth, che diverrà la sua amante; ma l’uomo non vuole abbandonare Manon e preferisce mantenere entrambi i rapporti. Un giorno Elisabeth scopre che anche Manon ha un amante. Durata 73 minuti. (Classico V.O.)

 

Le Ardenne – Oltre i confini dell’amore – Drammatico. Regia di Robin Pront, con Jeroen Perceval, Kevin Janssens e Veerle Baetens. Film belga candidato all’Oscar 2017, opera prima. Dave scampa a una rapina finita male, suo fratello Kenneth no, sarà lui ad essere arrestato e a farsi quattro anni di galera. L’unica cosa che lo sostiene è uscire di lì per poter ritrovare Sylvie: ma che farà quando vedrà che il fratello e la ragazzo hanno iniziato una vita insieme? Durata 96 minuti. (Centrale V.O., F.lli Marx sala Harpo)

 

Aspettando il re – Commedia drammatica. Regia di Tom Tykwer, con Tom Hanks e Tom Skerritt. Periodo non felice per Alan Clay (ha appena divorziato dalla moglie, è senza casa e non ha il becco di un quattrino per pagare la retta della scuola della figlia, rischia persino il lavoro se non porterà a casa in grosso contratto) è inviato dalla sua società di informatica in Arabia Saudita per ottenere l’appalto dei servizi telematici nella città che si sta costruendo nel deserto. La burocrazia temporaggia e il sovrano imprenditore si fa attendere. Alan avrà così tutto il tempo per fare un bilancio della propria esistenza. Durata 98 minuti. (Massaua, Greenwich sala 2)

 

Baywatch – Commedia. Regia di Seth Gordon, con Zac Efron e Dwayne Johnson. Al cinema i vecchi quanto gloriosi telefilm con il divo David Hasselhoff e la procace Pamela Anderson (dal ’93 al 2001 sui teleschermi di casa nostra), tra sole e spiagge, muscoli e bikini ridotti, avventure e indagini in cui cui si misurano Mitch, capitano dei lidi di Santa Monica, e le giovani reclute alle sue dipendenze. Durata 116 minuti. (Uci)

 

Bedevil – Non installarla – Regia di Abel e Buriee Vang, con Saxon Sharbino. Mai si dovrebbe scaricare sul proprio smartphone l’app “Bedevil”: cinque ragazzi subiranno tutte le conseguenze delle loro scelte. (Massaua, The Space, Uci)

 

Civiltà perduta – Avventura. Regia di James Gray, con Charlie Hunnam, Robert Pattinson e Sienna Miller. L’autore mai troppo lodato di film intimisti o immersi in un ambiente noir ottimamente descritto come “I padroni della notte” e “Two lovers” si affida oggi ad un diverso genere cinematografico, quello dell’avventura, ma anche qui quell’”avventura” che mina allo stesso tempo il corpo e la mente. La storia di Percival Fawcett, ufficiale di carriera britannico, che all’inizio del Novecento ha l’incarico dalla Società Geografica Reale di recarsi al confine tra Brasile e Bolivia per effettuale importanti rilievi cartografici. La società, la famiglia, le difficoltà, la malattia, l’ossessione della ricerca di una città perduta, tutto contribuisce a rendere un ritratto e un film forse d’altri tempi ma comunque autentico, avvincente, degno della storia di un regista che amiamo. Durata 141 minuti. (Ambrosio sala 2, Eliseo Blu, Uci)

 

Codice criminale – Drammatico. Regia di Adam Smith, con Michael Fassbender e Brendan Gleeson. Uno sguardo sulla comunità dei nomadi irlandesi, ormai per la maggiorate del tempo stanziali se non fosse per certi ordini a lasciare le piazze occupate, visti i disordini e i furti che i loro soggiorni portano con sé. Il vecchio Colby, capo riconosciuto della comunità, deve fare i conti con la decisione del figlio Chad di cambiar vita, considerando anche il cambio di vita che si vorrebbe prospettare alle generazioni future. Il tutto nella lotta continua tra un padre e un figlio, tra chi vorrebbe mantenere ben ferme certe tradizioni e un comportamento di vita del tutto discutibile e chi sente ancora saldi quei rapporti di affetti e di complicità che inviluppano du persone delle stesso strettissimo sangue. Durata 99 minuti. (Massaua, Lux sala 1The Space, Uci)

 

2:22 – Il destino è già scritto – Thriller. Regia di Paul Currie, con Michael Huisman e Teresa Palmer. Il controllore del traffico aereo Dylan Boyd si ritrova a veder ripetere strani eventi che sempre eguali a se stessi culminano alle 2:22 in punto alla stazione ferroviaria di New York. Tutti quei fatti prendono il via da un significativo accadimento avvenuto sul luogo di lavoro, ovvero la collisione tra due aerei turistici evitata all’ultimo momento. Tra coloro scampati all’incidente Sarah, una bellissima ragazzata cui Dylan si sente attratto. Durata 99 minuti. (Massaua, Greenwich sala 1, Ideal, The Pace, Uci)

 

L’infanzia di un capo – Drammatico. Regia di Brady Corbet, con Bérénice Bejo, Liam Cunningham e Robert Pattinson. Nella Francia postbellica del 1919, in una gran de villa alle porte di Parigi, il giovanissimo Prescot vive con la madre che per lui non sente affetti, autoritaria, dura nelle sue espressioni materne e con il padre, consigliere del presidente americano Wilson. È un’infanzia, la sua, che lo porterà di lì a qualche anno ad essere pronto per divenire un importante esponente del partito nazista. Tratto da un racconto di Jean-Paul Sartre. Durata 89 minuti. Massimo sala 2 V.O.)

 

Io danzerò – Commedia drammatica. Regia di Stéphanie Di Giusto, con Soko e Gaspard Ulliel e Lily-Rose Depp. La vicenda di Loïe Fuller, nella Parigi dei primi del Novecento, protagonista di quelle danze che, sempre composte e ricomposte ai limiti di un perfezionismo pronto a raggiungere quei risultati che mettevano in serio pericolo la salute della donna, il pubblico seguiva con estrema passione, rimanendone come ipnotizzato. Fu simbolo di un’epoca e di una generazione e la sua vita non soltanto artistica venne fortemente cambiata dall’incontro con Isadora Duncan. Durata 108 minuti. (Ambrosio sala 3, Due Giardini sala Ombrerosse)

 

Lady Macbeth – Drammatico. Regia di William Oldroyd, con Florence Pugh, Christopher Fairbank e Cosmo Jarvis. Una delle opere più belle e convincenti viste all’ultimo Torino Film Festival, che fortunatamente la distribuzione di Teodora ha portato nelle sale. Ricavandone la vicenda dal romanzo “Lady Macbeth nel distretto di Mtsensk” scritto dal russo Nikolaj Leskov e portato poi nel mondo lirico da Shostakovich, qui trasportata da quei panorami alle brughiere dell’Inghilterra del 1865, la diciassettenne Katherine è costretta dalla volontà del padre a un matrimonio senza amore con un uomo più anziano di lei, che non la desidera e apertamente la trascura. Soffocata dalle rigide norme sociali dell’epoca, all’allontanamento del marito per questioni di lavoro, inizierà una relazione clandestina con un giovane stalliere alle dipendenze del marito, ma l’ossessione amorosa la spingerà in una spirale di violenza dalle conseguenze sconvolgenti, nell’eliminazione di chiunque voglia cancellare quella passione. L’autore è un giovane, trentasettenne, drammaturgo che ambienta la sua storia nel chiuso opprimente nelle stanze del grande palazzo, con pochissime concessioni all’esterno, scavando appieno ed egregiamente nei tanti caratteri, in specialmente in quello della sua protagonista, anti-eroina perfettamente lucida e sanguinaria. Durata 89 minuti. (Nazionale sala 1)

 

La mummia – Avventuroso. Regia di Alex Kurtzman, con Tom Cruise, Russell Crowe, Sofia Boutella e Annabelle Wallis. Nell’antichità, una principessa egizia in odore di divenire faraone fino al giorno in cui il padre ebbe generato il figlio maschio: grande ecatombe e vendetta della suddetta ma anche vendetta dei dignitari di corte che la seppelliscono viva e la trasportano in una sontuosa tomba al centro del lontano territorio persiano. Nei tempi nostri, la sempre suddetta principessa Ahmanet si risveglia tra gli sconquassi delle guerre orientali e porta distruzione sino a Londra, tra pugnali e pietre preziose e riti che coinvolgono l’appassito e rintontito ex eroe Tom Cruise che per stare a galla dello star system è costretto ancora una volta a ingarbugliarsi nelle sue solite mission impossible, in una lotta tra bene e male che cerca di nobilitarne il personaggio di soldato fanfarone e truffaldino. Il bello (si fa per dire) della storia affidata per il 99% alle dinamiche dei computer e per il restante all’espressività degli attori è di prendere la decisione sul finale di tener aperta la porta di un sequel che se ancora interesserà il pubblico potrà riempire un’altra volta le tasche di divo e divette. Durata 107 minuti. (Massaua, Ideal, Reposi, The Space, Uci)

 

La notte che mio padre ammazzò mio padre – Drammatico. Regia di Inés Paris, con Eduard Fernandez e Belen Rueda. Campione d’incassi in Spagna. Una cena tra amici, una tavolata attorno alla padrona di casa, un’attrice quarantenne, che ha invitato tra gli altri un famoso attore argentino nella speranza di spingerlo a partecipare ad un importante film. Ma nel corso della serata un omicidio verrà ad agitare ferocemente la serata. Durata 94 minuti. (Centrale V.O.)

 

Nerve – Azione. Regia di Henry Joost e Ariel Schulman, con Juliette Lewis, Emma Roberts e Dave Franco. Il titolo del film si ricollega ad un gioco, uno di quei giochi clandestini che spopolano su Internet, cui quasi per scommessa s’affida la giovane e problematica Vee. Imprese che mettono alla prova il tuo coraggio e cascate di dollari in caso di vittoria. All’inizia tutto sembra indicare la vittoria finale ma man mano che la sfida prosegue non tutto ha l’odore del successo. Durata 96 minuti. (Reposi, The Space, Uci)

 

Parigi può attendere – Commedia drammatica. Regia di Eleanor Coppola, con Diane Lane, Arnaud Viard e Alec Baldwin. L’americana Anne accetta un passaggio in macchina da Cannes a Parigi da parte di un socio in affari del marito, troppo preso dal suo lavoro: con il suo nuovo accompagnatore la donna trascorrerà giornate da ricordare, scoprirà ancora una volta (finalmente) luoghi da sogno, non rinuncerà alle tentazioni della buona cucina. Opera prima della ottantenne moglie di Francis Ford Coppola, alle spalle un esclusivo passato di documentarista. Durata 102 minuti. (Nazionale sala 2)

 

Parliamo delle mie donne – Commedia drammatica. Regia di Claude Lelouch, con Johnny Hallyday e Sandrine Bonnaire. Il regista francese (com’è lontano il ’66 quando apparve sulla ribalta internazionale del successo con “Un uomo, una donna”) viaggia da decenni con le sue stelle comete della vita e dell’amore, dell’amicizia, dei piccoli e grandi tradimenti, con gli amori che si ritrovano, della famiglia, tra immagini sontuose e sceneggiature che gironzolano qua e là disseminando sentenze. Prendere o lasciare: ma “Les una et les autres” – “Bolero” da noi” – non si dimentica. Lelouch continua la sua filosofia di vita in questo secolo ormai più che avviato, questa volta radunando, grazie all’amico medico Frédéric, attorno alla tavola del fotoreporter Jacques Kaminsky – un rispolverato Hallyday -, eclissatosi tra i bellissimi panorami delle Alpi, le quattro figlie avuto parecchio distrattamente da altrettante diverse unioni. Il film è del 2014, arriva oggi qui da noi, un’occasione anche per chi ha (persino) dimenticato il nome di Lelouch o chi non lo ha mai scoperto. Durata 124 minuti. (Due Giardini sala Nirvana, F.lli Marx sala Groucho, Massimo sala 1)

 

Pirati dei Caraibi: La vendetta di Salazar – Avventura. Ragia di Joachim Ronning e Espen Sandberg, con Johnny Depp, Javier Bardem, Orlando Bloom e Geoffrey Rush. Cambio di regia e quinto episodio per Jack Sparrow e le sue avventure attraverso i mari, questa volta alle prese con la ricerca di un tridente magico che ha il potere, per chi ne viene in possesso, di assicurargli il comando dell’oceano e di fare piazza puliti di precedenti incantesimi. Se la dovrà vedere contro una squadraccia di letali marinai fantasma fuggiti dal Triangolo del Diavolo e guidati dall’orripilante Capitano Salazar e dovrà chiedere l’aiuto di un’affascinante astronoma e e di un ardimentoso quanto giovane marinaio. Durata 129 minuti. (Massaua, Ideal, Reposi, The Space, Uci)

 

Transformers – L’ultimo cavaliere – Fantasy. Regia di Michael Bay, con Mark Wahrlberg, Stanley Tucci e Anthony Hopkins. L’origine degli alieni e della loro presenza nel nostro mondo sta ben ancorata nel tempo di Re Artù, dei Cavalieri della Tavola Rotonda e di Mago Merlino che ha nascosto nella propria tomba un segreto di cui l’uomo di oggi dovrà venire a conoscenza se vorrà salvare il mondo da creature non poco pericolose. Poi, oggi, ci sono i transformers, coloro pronti a mutarsi in mostruose automobili o in robot altrettanto terrificanti, una colonia di alieni in cui si nascondono buoni e cattivi che l’uomo dovrà comunque conoscere sino in fondo. Durata 150 minuti. (Massaua, Ideal, Lux sala 2, Reposi, The Space, Uci anche in 3D)

 

Il tuo ultimo sguardo – Drammatico. Regia di Sean Penn, con Charlize Theron, Jean Reno e Javier Bardem. La storia d’amore tra il dottor Miguel Leon, un medico impegnato in una missione di aiuto umanitario, e la dottoressa Wren Petersen, direttrice di una organizzazione umanitaria. Sullo sfondo di una Liberia devastata dalla guerra, Miguel e Wren dovranno trovare il metodo per mantenere vivo il loro rapporto in condizioni estremamente difficili e affrontare anche il problema che le loro opinioni per risolvere il conflitto che li circonda sono diametralmente opposte. Durata 130 minuti. (Ambrosio sala 1, Eliseo Grande, Reposi)

 

Tutto quello che vuoi – Commedia. Regia di Francesco Bruni, con Giuliano Montaldo, Donatella Finocchiaro e Andrea Carpenzano. Tratto liberamente dal romanzo “Poco più di niente” di Cosimo Calamini, è la storia del giovane Alessandro, romano di Trastevere, che vive le proprie giornate tra il bar, lo spaccio e l’amante che è la madre di un suo amico. Sarà l’incontro con un “non più giovane” poeta dimenticato a fargli riassaporare socialmente e culturalmente il gusto per la vita, in un bel rapporto che si va a poco a poco costruendo, senza lasciarsi alle spalle tutta la rabbia e quella speranza che i due si portano inevitabilmente appresso. Durata 106 minuti. (Eliseo Rosso, Greenwich sala 3)

 

Una doppia verità – Thriller. Regia di Courtney Hunt, con Keanu Reeves, Jim Belushi e Renée Zellweger. L’avvocato Ramsey ha deciso di difendere il giovane Mike dall’accusa di aver ucciso il padre. Ma il verdetto sembra già scritto, il ragazzo è stato trovato accanto al cadavere con un coltello in mano e ora si trincera dietro un silenzio assoluto. Nuove prove, interrogatori, assolute certezze, la reticenza di una vedova, depistaggi, ambigui personaggi, depistaggi, le regole di quelle storie ambientate in un’aula di tribunale più che rispettate: ma forse quello che appare è ben lontano dalla verità. Diretto dall’autrice dell’indimenticabile “Frozen River” girato otto anni fa. Durata 93 minuti. (Lux sala 3, Uci)

 

Virgin Mountain – Commedia drammatica. Regia di Dabur Kari, con Gunnar Jonsson e Siguriòn Hjartansson. Fùsi è un quarantenne che deve ancora trovare il coraggio di entrare nel mondo degli adulti. Conduce una vita monotona, dominata dalla routine. Nel momento in cui una donna con la sua bambina di otto anni entrano inaspettatamente nella sua vita, Fùsi è costretto ad affrontare un grande cambiamento. Durata 94 minuti. (Classico)

 

Wonder Woman – Fantasy. Regia di Patty Jenkins, con Chris Pine e Gal Gadot. La principessa amazzone Diana passa dalle spiagge dell’isola di Themyscira al conflitto della Prima Guerra mondiale che sta distruggendo l’Europa. Tratto dal fumetto di William Marston. Durata 141 minuti. (Massaua, The Space, Uci)

 

Linea di confine. Spigolature di vita e storie torinesi

di Pier Franco Quaglieni

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Il nuovo libro di Piero Angela – Quando La Ganga sconfisse Scalfari – Piccole ignoranze – Lapenna un gentiluomo vecchio Piemonte

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Il nuovo libro di Piero Angela

Piero Angela con  il suo nuovo libro “Il mio lungo viaggio-90 anni di vite vissute “ edito da Mondadori, ci offre una straordinaria rassegna della sua lunga esistenza,  davvero inimitabile. Un grande torinese cittadino del mondo che ha insegnato a milioni di italiani (e non solo)
cosa sia la scienza con il linguaggio rigoroso ,e insieme accessibile, di chi sa semplificare le cose perché ne ha colto la complessità. La sua non è mai stata semplice divulgazione,come hanno tentato,senza riuscirci, i suoi imitatori. Solo suo figlio Alberto,per strade del tutto autonome, ha saputo seguire,innovandole e ampliandole,le strade aperte dal pioniere suo padre. Piero me lo fece conoscere la compianta prof. Renata Bertini che era stata una sua “fiamma “al liceo d’Azeglio di Torino e che poi scelse per compagno di vita  una delle persone più incredibili e supponenti  tra quelle che ho avuto la sventura di conoscere,un funzionario della Fondazione “Agnelli” passato in vecchiaia ai miti forcaioli di “Micromega”.Ambedue sono mancati da tempo. Angela è un liberale autentico,liberale non nel senso di un partito,ma di un metodo di vita,di un’apertura mentale senza pregiudizi. L’atteggiamento che si addice a un uomo di scienza che non può vivere se non nella “società aperta”postulata da Karl Popper. Angela ebbe un padre psichiatra che nella sua clinica ospitò tanti ebrei,rischiando la vita.  In un capitolo Piero racconta un episodio emblematico che gli fa molto onore e che forse nelle recensioni nessuno citerà. A pag. 39/40 racconta  di un giovane fascista della “Nembo” di stanza a San Maurizio Canavese dove il padre di Angela aveva la clinica. Dopo il 25 aprile 1945 il “repubblichino” (Angela usa le virgolette ) tentò di tornare in paese a riprendersi una valigia,una vera e propria follia in quei momenti in cui il sangue chiamava sangue senza pietà per nessuno. Racconta Piero : “Venne subito riconosciuto,immobilizzato e a calci e pugni,portato direttamente al cimitero per essere fucilato. Ci andai subito anch’io.E mentre il plotone di esecuzione già si preparava ,sentii dentro di me qualcosa che si opponeva a questa fucilazione.(…)Andai dal capo della squadra partigiana (…)e cercai di far rinviare l’esecuzione in attesa di capire meglio e poi decidere.Mi scansò. Quel giovane ebbe appena il tempo di gridare >viva l’Italia!< che fu crivellato nella schiena da una raffica  di pallottole.Cadde a terra  e venne portato via  mentre ancora aveva gli ultimi spasmi dell’agonia.(…) Fu impressionante per me veder uccidere un uomo a sangue freddo,quali che siano state le sue colpe.” Grande Angela,uomo libero e generoso,maestro  di chi sa rispettare il valore della vita e della dignità dell’uomo. Sempre,in ogni occasione. Quando Enzo Tortora venne arrestato e condannato ingiustamente, fu il primo a prenderne le difese,mentre tanti giornalisti lanciarono contro di lui accuse mostruose. Lo invitai a ricordare Tortora,quando venne inaugurata la piccola galleria a lui intitolata a Torino. Fu l’unico che seppe ricordare Enzo nel modo opportuno,tra tanti piccoli politicanti  che si affannavano ad appropriarsi di Tortora per ragioni di partito. Io parlai tre minuti, infastidito dalla speculazione politica inopportuna in una cerimonia ufficiale.Una speculazione a cui non potevo prestarmi. In quell’occasione nacque l’idea di premiare Alberto dopo Piero con il Premio Pannunzio. Quando Piero ricevette il Premio era in voga “Samarcanda” di Santoro ,una delle peggiori trasmissioni televisive del servizio pubblico ,utilizzato in modo impudente a scopi di parte. Parlando di Piero e della sua Tv io dissi che Piero era l’esatto opposto di Santoro. Non credo di aver sbagliato.Il nuovo libro mi conferma la calma,fredda, e pur civilmente appassionata, carriera di un fuori classe in tutti i sensi.

 

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Quando La Ganga sconfisse Scalfari 
 Era il giugno del 1970 e il deputato socialista eletto a Torino con l’appoggio del suocero che dirigeva nel 1968 “La stampa “, Eugenio Scalfari capeggiava la lista per il Comune di Rivoli. In lista, in ordine alfabetico,c’era anche Giuseppe La Ganga. Le urne bocciarono clamorosamente Scalfari che si offese moltissimo  e segnarono il trionfo elettorale di La Ganga che divenuto assessore,inizio’ così la sua carriera politica. La Ganga,dopo la laurea,lavorava già all’Universita ‘ e creò anche a Torino il club Turati,affidato successivamente ,a persone assai meno preparate di lui che si servirono del Club per una scalata politica tragicamente finita all’epoca di Tangentopoli,quando il club si sciolse come neve al sole. Quando La Ganga si presentò  candidato alla Camera ebbe una lettera di sostegno firmata da Bobbio, Forte e Mussa Ivaldi.Fu eletto molto bene,rompendo la crosta formata dei notabili socialisti che dominavano da anni il partito. Nel frattempo Scalfari  presentatosi a Milano non venne rieletto nel 1972 ed ebbe origine da quella bocciatura il suo odio cartaginese verso i socialisti e Craxi in modo particolare. Scalfari era stato protagonista  nel 1969 di uno scontro con un vigile urbano alla stazione di Milano,durante il quale,per non pagare la multa per divieto di sosta ,urlo’ arrogantemente al vigile il solito “Lei non sa chi sono io “.  Cadde nel ridicolo e tutti i giornali diedero la notizia . parte del suo naufragio elettorale andava attribuito a quel l’episodio.Un ex presidente del consiglio regionale del Piemonte con  un tranviere disse addirittura : ” Lei non sa chi sono stato io”,ma era un ex usciere eletto presidente dopo la tragica morte di Aldo Viglione. Conobbi a Scalfari a Milano e toccai con mano la sua antipatia saccente e altezzosa e conobbi anche sua moglie Simonetta figlia del direttore de “La stampa” Debenedetti: gestiva una primaria agenzia fotografica. Mi fece pagare mezzo milione due fotografie,dopo che mi scrisse se suo padre aveva per me una particolare predilezione.Eppure queste persone sono state a capo del partito dei radical- chic con un occhio rivolto a De Mita e un altro  a Berlinguer. E ancora oggi ,ormai ultra novantenne ,un po’ meno vispo di allora,continua a pontificare. L’elettore rivolese,votando Giusi, aveva scelto sicuramente il meglio che il partito socialista potesse offrire.Giusi ,tra l’altro, è stato coerente con se’ stesso.Uno dei pochissimi socialisti che non si vergognano di esserlo stato e di continuare ad esserlo.

 

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Piccole ignoranze 
E’ stata creata a Torino una collezione di borse  su cui sono riportate “alcune date significative del XX secolo e nell’etichetta interna la storia di quella data.Molte sono dedicate a Torino”: al 1983,l’anno della nascita di Giancarlo ai Murazzi,al 1888 quando Friedrich Nietzsche trasferitosi in città scriva il suo “Ecce Homo” e al 1840 l’anno della costruzione della “Fetta di Polenta dell’Antonelli”. Il creatore meriterebbe un bel  ripassino di storia torinese,anche se è vero che le borse costano soltanto 50 euro.Forse anche solo leggere il mensile  “Torino storia” gli sarebbe molto utile. Ma forse molte clienti amano questi ricordi e compreranno quelle borse proprio perché amano ricordare la nascita di Giancarlo ai Murazzi.Non le fa sentire ignoranti…

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Lapenna un gentiluomo vecchio Piemonte
È mancato l’ex titolare del bellissimo negozio di Cartier a Torino in Via Roma, Alfredo Lapenna . Anche lui ragioniere come l’indimenticabile proprietario  di  Emerson  in via Cesare Battisti. Due protagonisti dello stile torinese con sguardo oltre le Alpi . Nel negozio di Lapenna il clima era ovattato,elegante,uno dei pochi elementi che potevano fare dell’attuale Torino una “piccola Parigi”.Non ha resistito all’abbrutimento e all’impoverimento selvaggio della Città. Io ci andavo per i regali importanti e lui mi diceva sottovoce che non sbagliavo a mandare dei doni dal suo negozio, perché Romiti, quando riceveva regali Cartier, dava subito ordine al suo autista di metterli sulla sua auto per portarli a casa. Lapenna si è anche dedicato alle sorti di via Roma, non ne  avrebbe sicuramente approvato la stupida e inutile pedonalizzazione del primo tratto da  piazza Castello a piazza San Carlo,una scelta assurda.  Era un uomo intelligente che sapeva anche opporsi a certe pensate assessorili .Era amico del grande presidente dell’Ascom De Maria ,fiorista ligure che si era fatto da se’ e che è mancato troppo presto. Lo stile di Lapenna faceva il paio con quello del grande,stupendo, davvero unico negozio di pelletteria in via Lagrange angolo via Gramsci: Laurence. Anche questo chiuso. Le jeanserie ormai prevalgono su tutto,Lapenna era sempre ineccepibile in giacca e cravatta,elegante nella parola,equilibrato nei giudizi,onesto nel consiliare. Una Torino scomparsa .

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Lettere Scrivere a quaglieni@gmail.com
Egregio professore, Ho letto il suo articolo sugli esami di maturità. Lei è stato molto severo con la scuola di oggi,ma è giusto attribuire tanta responsabilità ai professori?
                                                                                                                

                                                                              Anna Comodi

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Io ho attribuito responsabilità equamente ripartite tra vertici ministeriali,provveditori agli studi,professori e oggi aggiungerei anche i genitori che non ho chiamato in causa e che, parteggiando sempre per i figli,impediscono ai docenti di lavorare.Quei genitori si pentiranno del loro permissivismo giustificazionista quando la loro stessa autorità verrà messa in discussione dai loro figli.  La buona scuola è quella che riesce ad insegnare bene. Oggi troppi psicologismi,troppe socializzazioni e troppe inutili analisi sociologiche hanno fatto perdere di vista il valore della scuola e la sua finalità primaria che è quella di istruire, prepararando i giovani ad affrontare il futuro.L’educazione affettiva spetterebbe alla famiglia e non alla scuola,ma oggi i confini sono molto confusi. Io sono cresciuto in una scuola severa e non mi rammarico di essere cresciuto nella disciplina pre68. Parlo di scuola e non di esami perché gli esami dovrebbero essere il punto di arrivo di una buona scuola. Ma già nel ’69 il ministro Sullo cominciò dagli esami,rendendoli subito più facili. Voglio invece mettere in luce che c’è una nuova generazione di insegnanti che mi danno fiducia. La difficoltà di ottenere una cattedra li ha temprati. E il facilismo ha dovuto cedere il posto alla inevitabile selezione.Spero che gli ultimi pensionamenti, sia pure tardivi, tolgano di mezzo di ultimi figli e nipoti del’68,quelli entrati nei ruoli attraverso leggine ottenute a colpi di sciopero. In ogni caso, la buona scuola è questione di buoni docenti. Un altro elemento negativo sono gli organi collegiali delle scuole che dovrebbero essere eliminati o ridotti drasticamente nelle competenze.Aggiungo anche che i presidi,oggi chiamati dirigenti, dovrebbero riottenere poteri che sono stati loro tolti. Ovviamente in linea di principio, perché se guardiamo ai tanti dirigenti scolastici politicizzati e provenienti dal sindacato,dovremmo opporci ad un’estensione dei loro poteri. Fanno già troppi danni così. Molti presidi sono stati e sono nefasti. Vogliono galleggiare e cavalcano la demagogia, prima nemica  di una scuola seria e davvero rinnovata.

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Oggi al cinema

LE TRAME DEI FILM

NELLE SALE DI TORINO

A cura di Elio Rabbione

 

A casa nostra – Drammatico. Regia di Lucas Belvaux, con André Dussolier e Émilie Dequenne. In una piccola città del Nord della Francia, la storia di Pauline, una infermiera a domicilio, divorziata, con due figli e vecchio padre a carico. Un partito di estrema destra la vorrebbe capolista alle municipali, lei, convinta per l’occasione di poter fare del bene alla sua gente, accetta. Tema attualissimo, racconto, nelle corde del regista, per scoperchiare i falsi metodi di rispettabilità e buone maniere che stanno da una certa parte politica: all’uscita francese ne febbraio scorso, grandi rimostranze nella destra; da noi “la Repubblica” gli ha riconosciuto uno sguardo “preciso e clinico” senza tuttavia nascondere il difetto “di essere troppo dimostrativo, troppo didascalico”. Durata 95 minuti. (Classico)

 

All’ombra delle donne – Commedia drammatica. Regia di Philippe Garrel, con Clotilde Courau, Antoinette Moya, Stanilas Merhar e Jean Pommier. Non se la passano troppo bene Pierre e Manon e per sopravvivere nella vita quotidiana girano dei documentari con pochi mezzi e svolgono piccoli lavori. Pierre una giovane regista, Elisabeth, che diverrà la sua amante; ma l’uomo non vuole abbandonare Manon e preferisce mantenere entrambi i rapporti. Un giorno Elisabeth scopre che anche Manon ha un amante. Durata 73 minuti. (Classico V.O.)

 

Aspettando il re – Commedia drammatica. Regia di Tom Tykwer, con Tom Hanks e Tom Skerritt. Periodo non felice per Alan Clay (ha appena divorziato dalla moglie, è senza casa e non ha il becco di un quattrino per pagare la retta della scuola della figlia, rischia persino il lavoro se non porterà a casa in grosso contratto) è inviato dalla sua società di informatica in Arabia Saudita per ottenere l’appalto dei servizi telematici nella città che si sta costruendo nel deserto. La burocrazia temporaggia e il sovrano imprenditore si fa attendere. Alan avrà così tutto il tempo per fare un bilancio della propria esistenza. Durata 98 minuti. (Massaua, Greenwich sala 2, Uci)

 

Baywatch – Commedia. Regia di Seth Gordon, con Zac Efron e Dwayne Johnson. Al cinema i vecchi quanto gloriosi telefilm con il divo David Hasselhoff e la procace Pamela Anderson (dal ’93 al 2001 sui teleschermi di casa nostra), tra sole e spiagge, muscoli e bikini ridotti, avventure e indagini in cui cui si misurano Mitch, capitano dei lidi di Santa Monica, e le giovani reclute alle sue dipendenze. Durata 116 minuti. (The Space, Uci)

 

Civiltà perduta – Avventura. Regia di James Gray, con Charlie Hunnam, Robert Pattinson e Sienna Miller. L’autore mai troppo lodato di film intimisti o immersi in un ambiente noir ottimamente descritto come “I padroni della notte” e “Two lovers” si affida oggi ad un diverso genere cinematografico, quello dell’avventura, ma anche qui quell’”avventura” che mina allo stesso tempo il corpo e la mente. La storia di Percival Fawcett, ufficiale di carriera britannico, che all’inizio del Novecento ha l’incarico dalla Società Geografica Reale di recarsi al confine tra Brasile e Bolivia per effettuale importanti rilievi cartografici. La società, la famiglia, le difficoltà, la malattia, l’ossessione della ricerca di una città perduta, tutto contribuisce a rendere un ritratto e un film forse d’altri tempi ma comunque autentico, avvincente, degno della storia di un regista che amiamo. Durata 141 minuti. (Ambrosio, Eliseo Grande, The Space, Uci)

 

Fortunata – Drammatico. Regia di Sergio Castellito, con Jasmine Trinca, Stefano Accorsi e Alessandro Borghi. Presentato aCannes nella rassegna “Un certain regard”, il film porta la firma alla sceneggiatura di Margaret Mazzantini ed è la storia di una donna estremamente vitale, la Fortunata del titolo, che sta per separarsi da un marito in odore di stalking e di brutalità ben maggiori, che sogna di aprire un piccolo negozio di parrucchiera tutto suo, che alleva con ogni premura una figlia e che sogna un migliore avvenire nell’amore per un giovane psicologo. Ogni cosa ambientata e vissuta nella cornice di una pasoliniana Tor Pignattara. Ogni cosa filmata tra un ricordo del precedente, autenticissimo “Non ti muovere” ed un altro, pieno d’affetto, per “Mamma Roma”. (Eliseo Blu)

 

Io danzerò – Commedia drammatica. Regia di Stéphanie Di Giusto, con Soko e Gaspard Ulliel e Lily-Rose Depp. La vicenda di Loïe Fuller, nella Parigi dei primi del Novecento, protagonista di quelle danze che, sempre composte e ricomposte ai limiti di un perfezionismo pronto a raggiungere quei risultati che mettevano in serio pericolo la salute della donna, il pubblico seguiva con estrema passione, rimanendone come ipnotizzato. Fu simbolo di un’epoca e di una generazione e la sua vita non soltanto artistica venne fortemente cambiata dall’incontro con Isadora Duncan. Durata 108 minuti. (Ambrosio sala 2, Due Giardini sala Ombrerosse)

 

Lady Macbeth – Drammatico. Regia di William Oldroyd, con Florence Pugh, Christopher Fairbank e Cosmo Jarvis. Una delle opere più belle e convincenti viste all’ultimo Torino Film Festival, che fortunatamente la distribuzione di Teodora ha portato nelle sale. Ricavandone la vicenda dal romanzo “Lady Macbeth nel distretto di Mtsensk” scritto dal russo Nikolaj Leskov e portato poi nel mondo lirico da Shostakovich, qui trasportata da quei panorami alle brughiere dell’Inghilterra del 1865, la diciassettenne Katherine è costretta dalla volontà del padre a un matrimonio senza amore con un uomo più anziano di lei, che non la desidera e apertamente la trascura. Soffocata dalle rigide norme sociali dell’epoca, all’allontanamento del marito per questioni di lavoro, inizierà una relazione clandestina con un giovane stalliere alle dipendenze del marito, ma l’ossessione amorosa la spingerà in una spirale di violenza dalle conseguenze sconvolgenti, nell’eliminazione di chiunque voglia cancellare quella passione. L’autore è un giovane, trentasettenne, drammaturgo che ambienta la sua storia nel chiuso opprimente nelle stanze del grande palazzo, con pochissime concessioni all’esterno, scavando appieno ed egregiamente nei tanti caratteri, in specialmente in quello della sua protagonista, anti-eroina perfettamente lucida e sanguinaria. Durata 89 minuti. (Nazionale sala 1)

 

Metro Manila – Drammatico. Regia di Sean Ellis, con Jake Macapagal e John Arcilla. Un uomo lascia le risaie poste al nord del paese con tutta la famiglie per recarsi a Manila, dove trova un lavoro. Diventa agente di sicurezza dei blindati che trasportano importanti somme di denaro e valori ma la sua nuova attività gli riserverà parecchi problemi. Durata 114 minuti. (Centrale V.O.)

 

La mummia – Avventuroso. Regia di Alex Kurtzman, con Tom Cruise, Russell Crowe, Sofia Boutella e Annabelle Wallis. Nell’antichità, una principessa egizia in odore di divenire faraone fino al giorno in cui il padre ebbe generato il figlio maschio: grande ecatombe e vendetta della suddetta ma anche vendetta dei dignitari di corte che la seppelliscono viva e la trasportano in una sontuosa tomba al centro del lontano territorio persiano. Nei tempi nostri, la sempre suddetta principessa Ahmanet si risveglia tra gli sconquassi delle guerre orientali e porta distruzione sino a Londra, tra pugnali e pietre preziose e riti che coinvolgono l’appassito e rintontito ex eroe Tom Cruise che per stare a galla dello star system è costretto ancora una volta a ingarbugliarsi nelle sue solite mission impossible, in una lotta tra bene e male che cerca di nobilitarne il personaggio di soldato fanfarone e truffaldino. Il bello (si fa per dire) della storia affidata per il 99% alle dinamiche dei computer e per il restante all’espressività degli attori è di prendere la decisione sul finale di tener aperta la porta di un sequel che se ancora interesserà il pubblico potrà riempire un’altra volta le tasche di divo e divette. Durata 107 minuti. (Massaua, Ideal, Lux sala 1, Reposi, The Space, Uni)

 

La notte che mio padre ammazzò mio padre – Drammatico. Regia di Inés Paris, con Eduard Fernandez e Belen Rueda. Campione d’incassi in Spagna. Una cena tra amici, una tavolata attorno alla padrona di casa, un’attrice quarantenne, che ha invitato tra gli altri un famoso attore argentino nella speranza di spingerlo a partecipare ad un importante film. Ma nel corso della serata un omicidio verrà ad agitare ferocemente la serata. Durata 94 minuti. (Centrale V.O., F.lli Marx sala Harpo)

 

Nerve – Azione. Regia di Henry Joost e Ariel Schulman, con Juliette Lewis, Emma Roberts e Dave Franco. Il titolo del film si ricollega ad un gioco, uno di quei giochi clandestini che spopolano su Internet, cui quasi per scommessa s’affida la giovane e problematica Vee. Imprese che mettono alla prova il tuo coraggio e cascate di dollari in caso di vittoria. All’inizia tutto sembra indicare la vittoria finale ma man mano che la sfida prosegue non tutto ha l’odore del successo. Durata 96 minuti. (Greenwich sala 3, Reposi, The Space, Uci)

 

Parigi può attendere – Commedia drammatica. Regia di Eleanor Coppola, con Diane Lane, Arnaud Viard e Alec Baldwin. L’americana Anne accetta un passaggio in macchina da Cannes a Parigi da parte di un socio in affari del marito, troppo preso dal suo lavoro: con il suo nuovo accompagnatore la donna trascorrerà giornate da ricordare, scoprirà ancora una volta (finalmente) luoghi da sogno, non rinuncerà alle tentazioni della buona cucina. Opera prima della ottantenne moglie di Francis Ford Coppola, alle spalle un esclusivo passato di documentarista. Durata 102 minuti. (Nazionale sala 2, Uci)

 

Parliamo delle mie donne – Commedia drammatica. Regia di Claude Lelouch, con Johnny Hallyday e Sandrine Bonnaire. Il regista francese (com’è lontano il ’66 quando apparve sulla ribalta internazionale del successo con “Un uomo, una donna”) viaggia da decenni con le sue stelle comete della vita e dell’amore, dell’amicizia, dei piccoli e grandi tradimenti, con gli amori che si ritrovano, della famiglia, tra immagini sontuose e sceneggiature che gironzolano qua e là disseminando sentenze. Prendere o lasciare: ma “Les una et les autres” – “Bolero” da noi” – non si dimentica. Lelouch continua la sua filosofia di vita in questo secolo ormai più che avviato, questa volta radunando, grazie all’amico medico Frédéric, attorno alla tavola del fotoreporter Jacques Kaminsky – un rispolverato Hallyday -, eclissatosi tra i bellissimi panorami delle Alpi, le quattro figlie avuto parecchio distrattamente da altrettante diverse unioni. Il film è del 2014, arriva oggi qui da noi, un’occasione anche per chi ha (persino) dimenticato il nome di Lelouch o chi non lo ha mai scoperto. Durata 124 minuti. (Due Giardini sala Nirvana, F.lli Marx sala Chico e Harpo, Massimo 1)

 

Pirati dei Caraibi: La vendetta di Salazar – Avventura. Ragia di Joachim Ronning e Espen Sandberg, con Johnny Depp, Javier Bardem, Orlando Bloom e Geoffrey Rush. Cambio di regia e quinto episodio per Jack Sparrow e le sue avventure attraverso i mari, questa volta alle prese con la ricerca di un tridente magico che ha il potere, per chi ne viene in possesso, di assicurargli il comando dell’oceano e di fare piazza puliti di precedenti incantesimi. Se la dovrà vedere contro una squadraccia di letali marinai fantasma fuggiti dal Triangolo del Diavolo e guidati dall’orripilante Capitano Salazar e dovrà chiedere l’aiuto di un’affascinante astronoma e e di un ardimentoso quanto giovane marinaio. Durata 129 minuti. (Massaua, Ideal, Reposi, The Space, Uci)

 

Quando un padre – Commedia drammatica. Regia di Mark Williams, con Gerald Butler e Willem Dafoe. Con la malattia del figlio che irrompe improvvisa nella sua esistenza, un uomo dovrà fare i conti con se stesso e con quell’attività che gli ha fatto mettere troppe volte in secondo piano la famiglia. Durata 108 minuti. (Uci)

 

Quello che so di lei – Commedia drammatica. Regia di Martin Provost, con Catherine Deneuve e Catherine Frot. L’incontro tra due donne: Béatrice è scomparsa da circa trent’anni e alle spalle s’è lasciata una storia con un uomo sposata, Claire è la figlia di quell’uomo. Durata 117 minuti. (Ambrosio sala 3, Due Giardini sala Ombrerosse)

 

Sognare è vivere – Drammatico. Regia di Natalie Portman, con Gilad Kahana, Amir Tessler e Natalie Portman. Difettosa opera prima di un’attrice già premio Oscar. L’infanzia dello scrittore israeliano Amos Oz, la fuga della sua famiglia tra gli anni Trenta e Quaranta, gli orrori della guerra in Europa, il filo di speranza che legava il padre alla Storia, la figura della madre che inventava storie per il piccolo Amos, la povertà affettiva e intellettuale, la malattia, la fine prematura: il tutto raccontato con un difficile inizio, con un avventurarsi nella vicenda che non è certo migliore, costruita con sprazzi di narrazione, con scene monche o movimentate con incertezza, con piccole presunzioni che non riescono a costruire concretamente il pensiero dell’autrice, ambizioni di chi pensa di aver già raggiunto la padronanza di un linguaggio cinematografico. Il tutto rimane enormemente lontano da noi e non ne restiamo coinvolti neppure per un attimo. Durata 95 minuti. (Ambrosio sala 3)

 

The Habit of beauty – Drammatico. Regia di Mirko Pincelli, con Francesca Neri, Vincenzo Amato e Noel Clarke. Elena ed Ernesto hanno perso in un incidente d’auto il loro unico figlio dodicenne, hanno visto il loro matrimonio andare a pezzi, compromesso per lo meno. Dopo anni sono entrambi a Londra, lei è una gallerista di successo, lui un fotografo capace di rinunciare a tutto e disposto a ricominciare daccapo. Ma chiede aiuto a Ian, un ragazzo conosciuto in carcere e da poco tornato libero, per preparare quella mostra che nella mente di Ernesto dovrà essere l’ultima. Durata 89 minuti. (Greenwich sala 1)

 

Transformers – L’ultimo cavaliere – Fantasy. Regia di Michael Bay, con Mark Wahrlberg, Stanley Tucci e Anthony Hopkins. L’origine degli alieni e della loro presenza nel nostro mondo sta ben ancorata nel tempo di Re Artù, dei Cavalieri della Tavola Rotonda e di Mago Merlino che ha nascosto nella propria tomba un segreto di cui l’uomo di oggi dovrà venire a conoscenza se vorrà salvare il mondo da creature non poco pericolose. Poi, oggi, ci sono i transformers, coloro pronti a mutarsi in mostruose automobili o in robot altrettanto terrificanti, una colonia di alieni in cui si nascondono buoni e cattivi che l’uomo dovrà comunque conoscere sino in fondo. Durata 150 minuti. (Massaua, Ideal, Lux sala 2, Reposi, The Space anche in 3D, Uci anche in 3D e in V.O.)

 

Tutto quello che vuoi – Commedia. Regia di Francesco Bruni, con Giuliano Montaldo, Donatella Finocchiaro e Andrea Carpenzano. Tratto liberamente dal romanzo “Poco più di niente” di Cosimo Calamini, è la storia del giovane Alessandro, romano di Trastevere, che vive le proprie giornate tra il bar, lo spaccio e l’amante che è la madre di un suo amico. Sarà l’incontro con un “non più giovane” poeta dimenticato a fargli riassaporare socialmente e culturalmente il gusto per la vita, in un bel rapporto che si va a poco a poco costruendo, senza lasciarsi alle spalle tutta la rabbia e quella speranza che i due si portano inevitabilmente appresso. Durata 106 minuti. (Eliseo Rosso, Greenwich sala 3)

 

Una doppia verità – Thriller. Regia di Courtney Hunt, con Keanu Reeves, Jim Belushi e Renée Zellweger. L’avvocato Ramsey ha deciso di difendere il giovane Mike dall’accusa di aver ucciso il padre. Ma il verdetto sembra già scritto, il ragazzo è stato trovato accanto al cadavere con un coltello in mano e ora si trincera dietro un silenzio assoluto. Nuove prove, interrogatori, assolute certezze, la reticenza di una vedova, depistaggi, ambigui personaggi, depistaggi, le regole di quelle storie ambientate in un’aula di tribunale più che rispettate: ma forse quello che appare è ben lontano dalla verità. Diretto dall’autrice dell’indimenticabile “Frozen River” girato otto anni fa. Durata 93 minuti. (Lux sala 3, The Space, Uci)

 

Virgin Mountain – Commedia drammatica. Regia di Dabur Kari, con Gunnar Jonsson e Siguriòn Hjartansson. Fùsi è un quarantenne che deve ancora trovare il coraggio di entrare nel mondo degli adulti. Conduce una vita monotona, dominata dalla routine. Nel momento in cui una donna con la sua bambina di otto anni entrano inaspettatamente nella sua vita, Fùsi è costretto ad affrontare un grande cambiamento. Durata 94 minuti. (Due Giardini sala Ombrerosse)

 

Wonder Woman – Fantasy. Regia di Patty Jenkins, con Chris Pine e Gal Gadot. La principessa amazzone Diana passa dalle spiagge dell’isola di Themyscira al conflitto della Prima Guerra mondiale che sta distruggendo l’Europa. Tratto dal fumetto di William Marston. Durata 141 minuti. (Massaua, Ideal, Lux sala 1, Reposi, The Space, Uci)

 

LIMONE: INTITOLATA STRADA AL COLONELLO ROSSOTTO

LA CERIMONIA SI È SVOLTA  ALLA PRESENZA DI AUTORITÀ CIVILI E MILITARI. ALL’EROE DI GUERRA DEDICATI ANCHE GLI ANNESSI GIARDINI

Si è svolta domenica 18 giugno a Limone Piemonte l’intitolazione di una via del paese al Colonnello Domenico Rossotto.

Alla cerimonia hanno partecipato, accanto al sindaco di Limone Piemonte Angelo Fruttero, il presidente della Sezione di Vigevano e Lomellina dell’Istituto del Nastro Azzurro fra combattenti decorati al valor militare Brigadiere Capo dei Carabinieri Calogero Modica e il presidente del Gruppo Alpini di Limone Fedele Gertosio, insieme a numerose autorità civili e militari.

La strada scelta per rendere onore al pluridecorato cittadino limonese d’adozione deceduto nel 1991 è quella che si snoda nel tratto compreso tra il Residence Limone e la stazione ferroviaria. All’eroe di guerra sono stati intitolati anche gli annessi giardini, dove è stata installata una stele commemorativa in acciaio creata dall’artistaNino Baudino, che riproduce il profilo della cima Fascia e del monte Jurin con taglio al plasma dello skyline del paese.

Nel corteo hanno sfilato un picchetto armato del 1° Reggimento di Artiglieria Alpina di Fossano, alcune rappresentanze delle Federazioni provinciali dell’Istituto Nastro Azzurro, una delegazione degli Artiglieri della Regione Piemonte e Valle d’Aosta guidata dal Presidente Generale Luigi Ghezzi, diverse Sezioni e Gruppi Alpini, l’Assessore di Vigevano Valeria Fabris con il gonfalone della città e svariate Associazioni d’Arma e Combattentistiche e di Volontariato.

Il nome di Rossotto compare frequentemente nelle cronache di guerra, ricordato non solo per i suoi atti eroici per i quali è stato insignito di quattro medaglie d’argento al Valor Militare e della Croce dell’Ordine Militare d’Italia, ma soprattutto per l’alto senso del dovere nei confronti della Patria e per la sua grande umanità.

“Siamo orgogliosi di dedicare una strada del nostro paese al Colonnello Rossotto, un personaggio di grande levatura morale e intellettuale che era molto legato a Limone, dove ha trascorso molti anni della sua vita – ha commentato il sindaco Fruttero -. Questo vuol essere uno stimolo per la comunità a ricordare le gesta eroiche del nostro concittadino, che rappresenta senza dubbio un esempio di rettitudine per i giovani”.

“Il Colonnello Rossotto, come documentano gli atti e le persone che hanno avuto l’onore di conoscerlo sia personalmente che come comandante, è stato un uomo e un militare di qualità eccezionali, esempio palese e continuo, ricco di umanità, altruismo e protezione verso i suoi artiglieri alpini, che amava e rispettava e dai quali era a sua volta amato e rispettato tanto da essere chiamato confidenzialmente ‘Papà Rossotto’ – ha sottolineato il Brigadiere Modica -. È nostro dovere ricordare l’operato di questo grande uomo, che ha speso tutta la vita per insegnarci con il suo esempio l’Amor di Patria, il rispetto delle istituzioni e l’importanza delle tradizioni, per non dimenticare chi si è immolato per conquistare la libertà di cui godiamo”.

“Ringraziamo il Comune di Limone per aver accolto la richiesto dell’Istituto Nastro Azzurro e tutte le autorità che sono intervenute in questo speciale momento di commemorazione – ha aggiunto Gertosio-. Un grazie speciale va anche all’artista Nino Baudino, che con la sua opera sancisce un rapporto decennale con il gruppo alpini di Limone”.

La manifestazione è stata organizzata con il patrocinio del Comune di Limone Piemonte in collaborazione con l’Associazione Nastro Azzurro fra combattenti decorati al valor militare, la Sezione ANA di Cuneo e il Gruppo Alpini di Limone.

IL COLONNELLO DOMENICO ROSSOTTO

Domenico Rossotto è stato Comandante del Gruppo Conegliano del 3° Reggimento Artiglieria da montagna della Divisione Julia dal 1937 al 1943, prima durante la campagna di Grecia e poi sul fronte russo-franco, guidando i superstiti della colonna Rossotto e portando in salvo il gruppo nella ritirata del Don.

Nel 1985 il Comune di Conegliano (TV) gli ha conferito la cittadinanza onoraria, mentre nel 1992 alla sua memoria è stata intitolata la sede del Gruppo Alpini di Limone Piemonte, dove risiedeva negli ultimi anni di vita.

È autore del libro “Ricordi di guerra”, dove racconta il suo passato militare. Inoltre, viene citato nel libro di Giulio Bedeschi “Centomila gavette di ghiaccio” con lo pseudonimo di Colonnello Verdotti.

 

Benedetto Croce a Viù e in Piemonte

Sabato 24 giugno 2017 alle ore 16 nel Centro polifunzionale di piazza Cibrario 2 a Viù (Torino), si terrà l’importante Convegno sul tema: “Benedetto Croce a Viù e in Piemonte”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nel centenario della villeggiatura a Viù di Benedetto Croce, il Centro Pannunzio di Torino e la Società Storica delle Valli di Lanzo organizzano un convegno per ricordare il grande filosofo napoletano e quegli anni – 1916, 1917, 1918. Sono lunghe stagioni, di più mesi, nelle quali Croce, in operosa solitudine, elabora non poche delle sue pagine maggiori.

Il convegno è sotto il patrocinio del Consiglio Regionale del Piemonte, ed è realizzato in collaborazione con il Comune di Viù e la Pro Loco di Viù.

Moderati da Umberto Levra (Università di Torino e Istituto per la Storia del Risorgimento Italiano), intervengono:

Pier Franco Quaglieni (Centro Pannunzio), Benedetto Croce: un nuovo italiano, figlio del Risorgimento.

Ripercorrendone la vita, nel campo intellettuale Croce si delinea capace di mantenere l’autonomia critica, senza isolarsi nell’arcadia dei poeti, come dimostrano la sua posizione contro la guerra nel 1915, la sua opposizione al fascismo, il suo operare come senatore e per due volte ministro. Uno dei pochi italiani della sua epoca che ebbe rapporti con uomini di cultura e scienziati a livello internazionale.

Bruna Bertòlo (giornalista e scrittrice), I soggiorni estivi di Benedetto Croce in Piemonte.

Il forte legame fra Croce e il Piemonte, favorito dalla moglie Adele Rossi, torinese, emerge anche dai suoi frequenti soggiorni a Viù, Bardonecchia, Meana, Pollone, e naturalmente Torino. Attraverso testimonianze dell’epoca, lettere e ricordi, si evidenzia quanto Croce amasse “quel Piemonte”, culla del Risorgimento.

Clara Allasia (Università di Torino), «Ma ti scrivo ciò per chiacchierare»: gli ultimi difficili anni del carteggio Croce-Cian, fra Viù e Procaria.

Dagli scambi epistolari fra Benedetto Croce, villeggiante a Viù, e Vittorio Cian, stabilitosi a Procaria di Ceres, si snodano polemiche sull’interventismo, annotazioni di vita quotidiana, sincere preoccupazioni per la salute del corrispondente. Ma a Viù Croce riceve anche le lettere della più illustre e sfortunata vittima di Cian, lo «sciagurato caporettista» Umberto Cosmo, determinato a fronteggiare «il cittadino Cian» con dignità e indipendenza.

Bruno Guglielmotto-Ravet (Società Storica delle Valli di Lanzo), «Qui, dove sono in villeggiatura»: Viù ai tempi di Benedetto Croce.

Gli anni in cui Croce sceglie Viù per la villeggiatura coincidono con quelli della Prima guerra mondiale. Egli partecipa anche alla vita della comunità, ne condivide i riflessi del conflitto, la carenza di generi alimentari e, infine, le preoccupazioni per l’influenza spagnola. Ed è a Viù che il 4 novembre 1918 coglie, lieto, la notizia della vittoria.

 

Linea di confine. Spigolature di vita e storie torinesi

di Pier Franco Quaglieni

Il Tar del Lazio lascia in carica Pagella Twitter, il cinguettio che diventa urlo, la riflessione di una giovane studiosa   I due Gianni, lo storico controcorrente Oliva e l’avvocato e politico d’altri tempi  Oberto  L’elogio della cravatta  tra eleganza e rispetto istituzionale 

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Il Tar non ha toccato Enrica Pagella
La sentenza del Tar del Lazio che annulla le nomine di cinque direttori di Musei italiani su 20,
fa sicuramente discutere, come fecero discutere le nomine del ministro Franceschini in base ad un concorso che è stato considerato dal Tar non conforme alle norme vigenti.  La sentenza riguarda solo alcuni direttori perché solo due concorrenti scartati si sono rivolti al Tar, potremmo dire hanno avuto il coraggio di presentare un ricorso. Sicuramente aveva ragione Vittorio Sgarbi ad esprimere perplessità su questo concorso molto “privatizzato”, svoltosi a porte chiuse o addirittura in parte via Skipe. A costo di apparire un bastian contrario, continuo a pensare che i concorsi debbano essere pubblici e trasparenti. La sentenza del Tar pone infatti in evidenza dei criteri valutativi non accettabili a termini di legge.  Enrica Pagella, già presidente della Fondazione Torino Musei, che dal 2003 era direttore di Palazzo Madama e Borgo medievale, non è stata toccata dalla sentenza. Nel caso di Torino non era stata seguita la “linea straniera” e non erano stati umiliati i dirigenti di carriera, ma venne applicato il criterio “tradizionale”.E i buoni risultati si sono visti. Ovviamente nessuno discute di per sé le scelte di Franceschini, ma la forma-mi insegnava Mario Allara- nel diritto, è sostanza.

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Twitter come pietre?

Scriveva il torinese Carlo Levi che <<le parole sono pietre>>. Una vecchia frase degli anni immediatamente successivi alla fine della II guerra mondiale ed in effetti, allora, nel clima infuocato del dopoguerra italiano, le parole erano non solo pietre.Il “triangolo della morte” lo sta a testimoniare. Anche l’apolitico padre di Nicola Matteucci venne ammazzato per il solo fatto di essere un possidente. Un’analoga sorte era toccata al padre del filosofo torinese Vittorio Mathieu, ammazzato con la moglie da partigiani garibaldini nell’agosto 1944. Un incontro questa settimana con una giovane e colta docente torinese mi ha reso consapevole che la virulenza dei linguaggi sui social ,in particolare su Twitter, fa pensare a vere e proprie pietre scagliate attraverso la rete. L’obbligo della sintesi trasforma il pensiero in azione,riducendo al minimo il pensiero che si snatura in slogan. Viene a mancare il confronto delle idee e la politica si manifesta in modo primordiale ed insieme modernissimo. Io avevo sempre pensato che la tolleranza, senza se e senza ma, per tutte le idee dovesse sempre essere la stella polare di un laico. Solo di fronte alle azioni, in particolare a certe azioni, non ci poteva essere tolleranza. Idee e azioni avevano due diversi metri valutativi. Facevo un’eccezione per l’infame manifesto degli oltre 800 intellettuali che armarono la mano agli assassini del commissario Calabresi. La giovane docente mi ha ricordato che già durante la Grande Guerra molti intellettuali si lanciarono nell’uso di un linguaggio violento in cui la parola diventava un proiettile da scagliare contro il nemico. E mi ha anche fatto rilevare che il mio discorso finiva di privare la parola di parte del suo effettivo valore. Lo stringato e pacato manifesto degli intellettuali antifascisti di Croce del 1925 non fu solo un documento scritto, ma animò l’impegno di molti. Osservazione ineccepibile. In effetti oggi il cinguettio di Twitter è solo apparentemente un cinguettio. Spesso diventa un urlo feroce, un incitamento all’odio e alla violenza.

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Il  nuovo coraggioso libro di Oliva
 Gianni Oliva è noto al vasto pubblico dei lettori per i suoi libri coraggiosi sulle foibe, sull’esodo giuliano- dalmata, sui Savoia, su Umberto II, sull’Esercito. Tutti temi che uno studioso di sinistra  non dovrebbe considerare degni di attenzione se non per  scrivere critiche spesso astiose o riservare silenzi  conditi di disprezzo. Oliva è uno dei pochi storici seri che la storiografia italiana abbia oggi.  L’ultimo libro dal  titolo “Combattere. Dagli arditi ai marò, storia dei corpi speciali” non passerà inosservato. Prevedo già alcune critiche aprioristiche e faziose che quasi sicuramente verranno espresse ,anche se il modo per liquidare chi dissente da noi è oggi la condanna del silenzio, della non recensione, del non invito in TV. Penso che sarà difficile mettere il silenziatore sullo scomodo libro di Oliva che ripercorre in modo lineare una storia che meritava di essere raccontata senza apriorismi faziosi. Gli arditi ,i marò, i paracadutisti ,la “Folgore” apparivano come i simboli dell’Italia fascista e guerrafondaia, incompatibile con l’art. 11 della Costituzione  in cui la guerra viene ripudiata.  I paracadutisti appiedati che resistono fino alla morte nel deserto africano di El Alamein  erano appannaggio dei nostalgici. Oliva ripercorre la loro storia, ricordando l’eroismo di quei soldati caduti a cui solo il Presidente Ciampi ebbe il coraggio di rendere omaggio. Ma dal libro viene fuori anche la storia della X Mas del principe Borghese, dei marinai che violarono il porto di Alessandria . L’autore parla di Luigi Durand de La Penne, di Teseo Tesei e di Elios Toschi, ma prima ancora di  Luigi Rizzo e della Beffa di  Buccari  nella I Guerra Mondiale e persino di Italo Balbo e di Giuseppe Bottai ,arditi nella Grande Guerra ,poi fascisti di primissimo piano. E’ un libro che non si può sintetizzare e che merita di essere letto. Fa onore ad Oliva l’averlo scritto ,diventa un dovere di un lettore che vuole informarsi sulla storia italiana leggerlo. Sicuramente è un libro che darà uno scossone alle vulgate.

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Gianni Oberto e il comune amore per Gozzano

Bello il nuovo tascabile di Palazzo Lascaris dedicato a Gianni Oberto Tarena, Presidente del Consiglio regionale e della Giunta regionale del Piemonte nel corso della I legislatura costituente, dopo essere stato Presidente della Provincia di Torino. La definizione di “disinteressato galantuomo” che costituisce il titolo di un paragrafo del libretto ,appare davvero calzante. Piemontese, avvocato, pubblicista, politico, uomo di grande cultura umanistica e giuridica, Oberto è stato un protagonista rimasto un po’ in ombra. Ingiustamente in ombra. Il Consiglio regionale gli dedicò un centro culturale che lavora in simbiosi con la biblioteca della Regione. Cattolico convinto, era anche un uomo aperto, potremmo dire un cattolico liberale, molto amico di Vado Fusi che me lo fece conoscere poco tempo prima di morire. Lo ricordo come un uomo molto cortese, riservato, direi “vecchio Piemonte “. Amava il suo Canavese profondamente, Ivrea faceva parte del suo DNA. Ricordo un altro incontro con lui insieme a Silvio Geuna che era stato rinchiuso nel carcere eporediese dopo la condanna all’ergastolo nel processo dell’aprile 1944 nel quale venne condannato a morte il generale Perotti. Più che di politica o di Resistenza, parlammo di Guido Gozzano e del “Meleto” di Agliè. Mi citò qualche verso a memoria. Io gli risposi con altri versi. Il nostro rapporto nacque nel nome di Gozzano. Raro, quasi eccezionale esempio di politico, specie democristiano. Per altri versi, già nel 1967 il Presidente della Repubblica Saragat ho la aveva insignito della medaglia d’oro dei benemeriti della scuola,della cultura e dell’arte.

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LETTERE –  scrivere a quaglieni@gmail.com

Lei scrisse tempo fa un elogio della cravatta .Come giudica i politici senza cravatta ed in jeans ,anche in cerimonie pubbliche ? A me sembra una mancanza di rispetto.

Gabriella Uberto

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La cravatta per me è un segno di eleganza, ma anche di rispetto. Le cravatte mi piacciono e ne ho una vasta collezione. Quando faccio un evento importante ne indosso una nuova che mi ricordi quell’evento. Da Marinella a Napoli sono di casa da molti anni. Ci andavano già mio nonno e mio padre. Longanesi , che scrisse che non portare la cravatta era un segno di indipendenza dai vincoli borghesi, è quasi sempre ritratto con la cravatta. Anche Togliatti portava la cravatta e anche il doppiopetto. Magari sono convenzioni, ma in Occidente sono convenzioni consolidate. Sergio Marchionne che si presenta al Quirinale con il solito maglioncino, è fuori posto come lo è Massimiliano Fuksas – progettista del grattacielo della Regione Piemonte- con la maglietta nera in ogni occasione. Ci sono anche politici in maniche di camicia. Diede il cattivo esempio Craxi quando al Palacongressi di Bari parlò, dopo essersi tolto la giacca per il caldo soffocante. Io mi sentirei di chiedere almeno a chi rappresenta le Istituzioni di sottoporsi al sacrificio di indossare giacca e cravatta. Enzo Ghigo, presidente della Regione per un decennio, era sempre inappuntabile come Aldo Viglione .Il via la cravatta e dentro i jeans, come è stato scritto, è un modo errato di voler assomigliare ai cittadini. I cittadini pretendono ben altro da chi eleggono .Se fossero bravi e onesti amministratori, il loro abbigliamento potrebbe passare in secondo piano ma ,quando un Sindaco o un Assessore indossano la fascia tricolore, devono avere l’abbigliamento adatto. Senza eccezioni.

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Il detective di Eco si aggira tra i volumi della grande biblioteca

“Non ho solo deciso di raccontare del Medioevo, ho deciso di raccontare nel Medioevo, e per bocca di un cronista dell’epoca”. Così Umberto Eco nelle “Postille” al suo Nome della rosa, romanzo cardine del Novecento, bestseller vincitore dello Strega nel 1981 e tradotto in 47 lingue, 50 milioni di copie vendute sino ad oggi, nell’86 un’indimenticabile trasposizione cinematografica ad opera di Jean-Jacques Annaud, interprete Sean Connery.

Un giallo al primo, frettoloso sguardo, un accavallarsi di assassinii, indizi, prove trafugate, labirinti fisici e mentali, castighi, sconfitte e tragedia finale dove s’intrecciano i mondi della storia e della filosofia e della teologia, attraverso il ricordo del vecchio Adso che in gioventù, sotto la guida del frate Guglielmo da Baskerville, antico inquisitore, testardo filosofo, uomo di scienze – nello svolgersi della vicenda, perché non allineare quell’acume alle figure di Guglielmo di Ockham e più vicino a noi di un Sherlock Holmes accompagnato nell’indagine da un impreparato quanto sconcertato Watson? -, assistette ai fatti narrati. La struttura del romanzo di Eco, con le sue sette giornate suddivise ognuna in otto capitoli corrispondenti alle ore liturgiche del convento, con i suoi cinquantasei capitoli introdotti e denunciati già da una linea-guida delle azioni che poi seguiranno, è trasportata nella versione di Stefano Massini (l’autore mai troppo lodato della Lehman Trilogy), diretta da Leo Muscato e vista in finale di stagione – ma una lunga tournée l’attende la prossima attraverso i teatri italiani – al Carignano nella produzione dello Stabile di Torino – Teatro Nazionale, dello Stabile del Veneto – Teatro Nazionale e dello Stabile genovese, dentro uno spazio non lontano dal sogno, essendo stati sostituiti necessariamente i linguaggi più minuziosi e aperti della letteratura e del cinema.

Aiutato in questo il suggestivo spettacolo che ne è nato dalla partitura musicale di Daniele D’Angelo e soprattutto dalla visualità e dalla visionarietà dei video inventati da Fabio Massimo Iaquone e Luca Attilii che respirano gli esterni con cieli bui e tempestosi (quasi a voler riprendere un mancato incipit dell’autore), tra mostri e corvi, e si sovrappongono in maniera certosina e spessissimo inquietante (gli iniziali marchingegni che fluttuano nell’universo, le parole sconosciute impresse sulle pareti, le fiamme della distruzione) alla scenografia firmata da Margherita Palli (i costumi sono di Silvia Aymonino, un lavoro finissimo tra i sai dei francescani e dei certosini e i mantelli dei messi papali), dove troneggiano in primo luogo le scale ed i vari piani della biblioteca e ancora i banchi da lavoro, gli scaffali, i luoghi delle morti e dei supplizi, le piccole celle seminascoste. E nel luogo circoscritto della mente (e del teatro), attraverso i tanti labirinti che si vanno formando, pungolati dalle parole dettate dalla memoria del vecchio frate, che ha il volto del sempre presente Luigi Diberti, costruiamo lo spazio ad un nuovo percorso, anche se risulta davvero difficile cancellare certe immagini e certi ambienti, riandare a ben definiti passaggi, respingere l’identificazione di un volto e di una voce (come fai a fare un ritaglia e un elimina con il viso di Connery o con la voce di Pino Locchi?): visto che in non pochi momenti manca al Guglielmo/detective di Luca Lazzareschi la autorevolezza, la grande dignità, il lento e profondo raisonneur del protagonista e buttarla in chiacchiera o in battuta che strappa la risata non lo aiuta granché (il che può fare il paio con la brutta e insignificante scena della discussione tra gli uomini di Chiesa, disposti a ringhiarsi gli uni di fronte agli altri come ad una partita a carte tra gente alticcia), seguendolo nell’opacità l’Adso di Giovanni Anzaldo.

Ben al di là di una perfetta ma pure poco sanguigna trascrizione si va man mano che lo spettacolo presenta le sue carte finali, con l’intervento di Bernardo Gui (un tonante Eugenio Allegri, mostro dell’Inquisizione, già prima un dolce Ubertino da Casale) e l’apparizione conclusiva del cieco Jorge da Burgos (grandioso Renato Carpentieri): si sente come diventi “magnifica” e attuale e concreta la lotta del Bene e del Male, in quale misura si butti in faccia a tutti come la paura sia il fondamento della fede, come Aristotele e la sua Poetica, il peso del riso come termine e strumento di conoscenza, le selve oscure e le epoche buie (“meglio essere morti piuttosto che vivere in questi giorni bui”), ogni cosa e tassello si rimettano al loro giusto posto, nella consunzione dei corpi e delle cose. Piace il lavoro che Muscato ha fatto sulle figure minori, sui fraticelli presi negli ingranaggi dell’assassino. Giulio Baraldi, Marco Gobetti, Mauro Parrinello e Franco Ravera hanno i loro giusti momenti in primo piano ed è soprattutto il Salvatore di Alfonso Postiglione a catturare lo sguardo, con la sua fanciullaggine costruita su quel miscuglio babelico di latino, volgare, francese, tedesco e inglese. Uno spettacolo che forse rimane leggermente al di sotto delle (mie, personalissime) aspettative, ma cui tuttavia va riconosciuta un considerevole sforzo produttivo, una grandeur non facilmente riscontrabile sui nostri palcoscenici e un onesto, appassionato omaggio al medievalista Umberto Eco.

 

Elio Rabbione

 Foto di scena Alfredo Tabocchini

I VIGILI SABAUDI SI LAUREANO CAMPIONI ITALIANI ASPMI NEL TIRO A SEGNO

Primo titolo nazionale del 2017 per la compagine gialloblù, che con i suoi tiratori ha la meglio su Milano e Rimini. Dominio assoluto nella carabina

Dopo un avvio di stagione caratterizzato dal secondo posto agli italiani di corsa campestre e dalla terza piazza ai nazionali di nuoto, il Gruppo Sportivo Polizia Municipale di Torino ha conquistato il primo alloro stagionale, trionfando in occasione dell’edizione numero 49 dei campionati ASPMI di tiro a segno, svoltasi a Ravenna sotto la supervisione del responsabile tecnico tricolore Armando Imondi.

La competizione, spalmata sull’arco di tre giornate, ha visto i tiratori sabaudi contendere il trofeo ai loro abilissimi omologhi di Milano e Rimini, superati grazie alla prestazione delle squadre di pistola 10 metri (Franco Grandi e Andrea Scialò), carabina 10 metri e carabina a terra (Cristina Bignami, Giovanni Lorenzo e Gabriele Lamberto). A livello individuale, inoltre, gli atleti piemontesi hanno fatto registrare score strepitosiCristina Bignami si è classificata prima nella carabina a terra (categoria A) e terza nella carabina 10 metri (categoria A), Franco Grandi ha vinto la gara di pistola libera (categoria A) e ha agguantato l’argento nella pistola 10 metri (categoria B), Nunzia Fresolone ha ottenuto un doppio secondo posto nella pistola sportiva e nella pistola 10 metri (categoria B), Gabriele Lamberto si è posizionato terzo nella carabina 3 posizioni (categoria A) e secondo nella carabina 10 metri (categoria A), Giovanni Lorenzo ha dominato le categorie master della carabina 3 posizioni e della carabina 10 metri, al pari di Giovanni Scarpetti, primo nella categoria master della pistola automatica. Da segnalare anche le ottime performance di Andrea Scialò (oro nella pistola 10 metri, categoria A) e di Loredana Tesoro (bronzo nella pistola 10 metri, categoria B). La somma di questi risultati ha consentito al GSPM Torino non solo di laurearsi campione d’Italia, ma anche di gustarsi il primato in tre graduatorie a squadre (carabina 3 posizioni, carabina a terra e carabina 10 metri) e il secondo posto in altre quattro classifiche collettive (pistola 10 metri uomini, pistola 10 metri donne, pistola sportiva, pistola libera).

Durante il campionato, inoltre, a titolo sperimentale, è stata introdotta la specialità “tiro rapido”; anche in questa i tiratori torinesi si sono distinti con il secondo posto individuale di Gabriele Lamberto, il terzo posto individuale di Cristina Bignami, l’argento a squadre femminile e il bronzo a squadre maschile. Al termine della trasferta in landa romagnola, la responsabile di settore, Loredana Tesoro,  recentemente subentrata a Paolo Parecchini, si è detta estremamente soddisfatta per l’esito della competizione: «Il ringraziamento più grande va agli atleti del settore tiro del GSPM Torino, che nonostante i loro impegni personali e lavorativi, alle divergenze di vedute, all’impegno fisico e mentale richiesto dalla disciplina, hanno dato il meglio di sé senza risparmiarsi, dimostrando a tutti cos’è il vero spirito sportivo. Oltre al responsabile tecnico nazionale Armando Imondi, vorrei ringraziare il presidente del tiro a segno nazionale di Ravenna, Gianni Fusci, e tutti i suoi collaboratori per l’ottima organizzazione e la disponibilità dimostrata nei confronti dei partecipanti, sia per le attività sportive che per quelle ricreative. Particolarmente interessanti sono state le visite guidate alla Basilica di San Vitale e al Mausoleo di Galla Placidia, presso cui siamo stati accompagnati da Ivo Angelini, che ci ha gentilmente dedicato il suo tempo. Grazie infine al comandante di Ravenna, Andrea Giacomini, e alla sua vice, Alessandra Bagnara, che hanno partecipato alla cerimonia di premiazione». Il prossimo appuntamento per il GSPM Torino è in programma mercoledì da mercoledì 31 maggio a domenica 4 giugno, quando, a Pesaro, si terranno i campionati italiani ASPMI di pallavolo.

Ricerca pediatrica, concerto dei Carabinieri per Città della Speranza

Una serata all’insegna della musica per sensibilizzare il pubblico sulle gravi patologie tumorali che colpiscono i bambini. È questo l’obiettivo del concerto che il Comando delle Scuole dell’Arma dei Carabinieri organizza per venerdì 12 maggio a Torino. Alle ore 20.30, nella Chiesa del Santo Volto, si esibirà la Fanfara del 3° Reggimento Carabinieri di Milano, diretta dal M° Andrea Bagnolo. Saranno ospiti anche i cori “Voci bianche del Coropò”, della “Scuola Protette di San Giuseppe” e della Scuola Allievi Carabinieri di Torino, con la presenza straordinaria del soprano Stefania Delsanto e della flautista Rebecca Lewis. Il repertorio privilegerà brani e musiche per bambini e ragazzi, invitati a partecipare.

L’iniziativa, che fa seguito ad un analogo concerto svoltosi con successo a Roma il 27 aprile scorso, mira a dare un messaggio informativo sulle leucemie pediatriche e su quanto viene fatto dalla Fondazione Città della Speranza, onlus vicentina che dal 1994, tramite il fundraising, si pone lo scopo di migliorare le condizioni di cura e assistenza dei bambini malati e di sostenere la ricerca scientifica in ambito oncologico. Per dare risposte sempre più concrete, nel 2012 la Fondazione ha dato vita a Padova ad un suo Istituto di Ricerca Pediatrica che, con i suoi 17.500 mq, è il più grande polo europeo dedicato alla lotta contro le malattie infantili, collegato con i più importanti centri di ricerca internazionali.

L’Arma dei Carabinieri, sempre attenta a dare il suo contributo a quanti si impegnano nel sociale, oltre a promuovere i concerti di Roma e Torino, ha realizzato anche un’agenda contenente semplici consigli per diffondere il patrimonio di conoscenze e di valori civili tra i giovani. L’agenda, che sarà consegnata al pubblico, è impreziosita da disegni e messaggi dei pazienti in cura nella Clinica di Oncoematologia Pediatrica di Padova.

“Città della Speranza, nell’accogliere con particolare soddisfazione la consueta disponibilità dell’Arma nel sostenere programmi di così rilevante importanza sotto il profilo umano, morale e assistenziale, ancora una volta ringrazia i Carabinieri per la significativa e preziosa collaborazione, già data anche in passato, consentendo di portare all’attenzione di migliaia di cittadini una problematica particolarmente delicata, qual è la tutela della salute dei bambini meno fortunati che non sempre riescono a ritrovare il sorriso a causa di gravissime malattie purtroppo ancora non curabili – spiega Giovanni Franco Masello, presidente della Fondazione –. Solo la ricerca potrà consentire di arrivare a terapie più efficaci e risolutive, ma sono determinanti la più estesa conoscenza del problema e la generosità di quanti contribuiranno a risolverlo aiutando il lavoro di preziose risorse umane da tempo impegnate nello studio di nuove soluzioni terapeutiche”.