franco tosi- Pagina 14

206 Risultati trovati.

“DISTINGUERE BENE TRA PREGHIERE DI INTERCESSIONE E MESSE DI GUARIGIONE”

Maurizio Scandurra approfondisce il documento della Conferenza Episcopale Piemontese su un tema così delicato

Riportiamo per intero questo ampio studio, rilasciato in forma di intervista, dal giornalista Maurizio Scandurra sulle pagine di Aostacronaca.it. Studio riassumibile, fondamentalmente, in una sola domanda: pregare domandando, pregare intercedendo per il bene di terzo, proprio come insegna a fare lo stesso Gesù Cristo nei Vangeli, a chi può dar fastidio?

***

La preghiera che implora il riacquisto della salute è un’esperienza presente in ogni epoca della Chiesa, e naturalmente nel mondo attuale. Ciò che però costituisce un fenomeno per certi versi nuovo è il moltiplicarsi di riunioni di preghiera, alle volte congiunte a celebrazioni liturgiche, con lo scopo di ottenere da Dio la guarigione“.

Esordisce testualmente così il nuovo documento intitolato Disposizioni disciplinari circa le cosiddette ‘messe di guarigione’, approvato all’unanimità dai Vescovi del Piemonte e Valle D’Aosta riuniti in assemblea a Susa (To) il 18 settembre scorso, contenente alcune indicazioni sul tema pronte a entrare in vigore il prossimo 1° ottobre.Tale provvedimento, che sta già facendo discutere prelati e fedeli, è stato ratificato da Monsignor Cesare Nosiglia, Presidente della C.E.P. (Conferenza Episcopale Piemontese) nonché Arcivescovo di Torino. E da Monsignor Franco Lovignana, Segretario del medesimo Ente e altresì Vescovo di Aosta. Un testo destinato a suscitare non poco interesse, sul quale tra i primi interviene Maurizio Scandurra, stimato giornalista e saggista. Ma, soprattutto, cattolico e imprenditore da sempre vicino a Santa Romana Chiesa. Ecco che cosa ha dettagliatamente e appassionatamente raccontato ai nostri microfoni.

Buongiorno, Maurizio, ci illustra questo decreto?

Quando le massime Autorità Ecclesiastiche nazionali e locali adottano misure in qualche modo cautelative, v’è sempre da chiedersi il perché. Ho massima stima e fiducia nell’operato di Loro Eccellenze Nosiglia e Lovignana. In un’epoca storica frastornata e frastagliata da fenomeni del cambiamento in atto quali l’espressione di un disagio per lo più populista o simil tale, che investe indistintamente società e uomo contemporaneo a 360°, logico presupporre che esso possa trovare naturale estensione e sfogo anche in ambito religioso.

Ci spieghi meglio, per favore.

Negli ultimi anni, nella Diocesi piemontese sono fiorite qua e là, un po’ come funghi, alcune realtà di preghiera – spesso e per lo più autonome, senza il timone di un sacerdote a esse preposte, e neanche ufficialmente riconosciute dalle Diocesi competenti – che hanno destato non poche perplessità e altrettanto viva preoccupazione. Al contrario di pochissime altre, invece, in perfetto accordo con Chiesa e Diritto Canonico, guidate da preti esemplari e timorati di Dio, e che per nulla meritano una simile, fuorviante penalizzazione.

Può farci un esempio?

Celeberrimo il caso di Domenico Fiume: 38 anni, alias Padre Gabriele, stando a quando si può liberamente e pubblicamente leggere sul web e dai giornali, vescovo ortodosso metropolita scomunicato dalla Diocesi di Asti. Un uomo divenuto mediaticamente noto nell’ottobre del 2017, anche grazie all’interessamento di importanti tv nazionali, per le frequenti ‘messe’ celebrate nel Santuario Santa Maria Rosa Mistica a Ferrere, Bricco Calosso, ridente località delle colline astigiane. All’interno delle sue affollatissime ‘celebrazioni’, della durata anche di due o più ore, anche molte presunte ‘preghiere di guarigione’, amore e misericordia, a detta di chi vi ha partecipato.

La Curia locale, al tempo, come si comportò?

L’allora Vescovo di Asti, Monsignor Francesco Ravinale, con grande afflizione ma altrettanta e dovuta fermezza, gli ha convalidato la scomunica latae sententiae. Persino la Curia Arcivescovile di Torino, nel 2001, invitava a non seguire Domenico Fiume che, come riportano sempre le cronache dell’epoca, si presentava dotato di carismi speciali. Lo stesso fecero qualche anno dopo persino quattro Vescovi del Friuli-Venezia-Giulia.

Quindi, potrebbe essere questa una delle cause all’origine di un tale provvedimento sulle cosiddette ‘messe di guarigione’?

Premesso che non sta affatto al sottoscritto esprimere giudizi o pareri di sorta e in merito su niente e nessuno, i fatti di cui alla precedente risposta di certo non sono passati inosservati agli occhi attenti e vigili dei Vescovi piemontesi. Ma quel che più conta è il discernimento, frutto del ricorso all’invocazione dello Spirito Santo, cui è necessario rivolgersi nella vita sempre, ma anche e soprattutto in ambito giuridico-ecclesiastico, specie quando ci si trova di fronte a scenari del genere su cui val bene la pena di riflettere in misura oggettiva. E mi spiego.

In che senso?

Le cronache, ahinoi, abbondano di pseudo-dentisti, giornalisti senza titolo che esercitano abusivamente la professione. Lo stesso dicasi per avvocati, ingegneri, medici, insegnanti universitari e quant’altro. Per non parlare anche dei commercialisti: celebri i casi di numerosi VIP e non, ‘allegramente’ barbati da consulenti senz’arte né parte, che semplicemente improvvisavano un mestiere millantando titoli e autorità invece mai conseguite e possedute. Per dirla con l’indimenticato Antonio Lubrano, padre della cosiddetta ‘tv di servizio’, “la domanda sorge spontanea”. O, se si preferisce, come invita sempre il caro Gigi Marzullo, “Fatevi una domanda e datevi una risposta”.

E qual è, dunque, il quesito da porsi, secondo Lei?

Possibile che per l’eventuale mala gestio di pochi, a farne le spese in Italia sia sempre la fascia più debole indifesa: ovvero, la devozione popolare, la fede autentica e perfettamente afferente e aderente alle norme del Diritto Canonico e alle Sacre Scritture?

Che risposta dà invece, Lei, Scandurra?

Leggendo integralmente, e con certosina attenzione, il documento emanato dai Vescovi piemontesi, si ha subito l’impressione di un testo sanzionatorio: e, per certi versi, fortemente limitativo su quelle che Detti Ecclesiastici definiscono ‘messe di guarigione’.

Veniamo al dunque.

Tant’è che, al primo punto dello stesso, si ribadisce il ruolo primo dell’Autorità Vescovile alla Quale, dal 1 ottobre in poi, i sacerdoti di Piemonte e Valle D’Aosta devono riferirsi per richiedere un permesso esplicito – nonché, scritto – per poter programmare celebrazioni liturgiche, con lo scopo di invocare da Dio la guarigione.

Quindi, Lei non è d’accordo?

Est modus in rebus. Pur avendo un pensiero libero e argomentato, com’è pieno diritto di ciascuno nel rispetto di ognuno, ossequio comunque l’autorità dei miei Vescovi. Ma ascolto anche il buon senso e le riflessioni critiche costruttive che lo Spirito Santo, attraverso il discernimento sopracitato, suggerisce al mio cuore e alla mia mente: come fedele, uomo e professionista. Come cristiano. In un momento storico in cui una certa parte del Clero mondiale appare non propriamente agli occhi delle masse – con mio immenso, vivo dispiacere – quale testimone credibile dell’esempio biblico di Cristo, per via delle improbe condotte personali di determinati sacerdoti che divengono preda dei media, adottare forme restrittive che rischiano di colpire invece ingiustamente prelati e ministri del culto di indubbia fede, carisma e altrettanto spiccata onestà potrebbe rischiare di ottenere l’effetto contrario.

Quale, Scandurra?

Di far perdere, come nella migliore delle diaspore, anche quei pochi fedeli che ancora credono giustamente che la Messa, così come l’intera vita di Gesù Cristo, sia un sacrificio d’Amore: che può, quando ciò rientra nell’imperscrutabile Volontà di Dio, anche guarire, proprio come narrano i Vangeli. Nel cuore di ogni celebrazione eucaristica è implicita una potenza di guarigione concretizzata dal Signore per opera dello Spirito Santo. E le preghiere di domanda e intercessione non sono altro che il riconoscimento vivo della inconsistente nullità di una comunità umana senza l’adesione e l’abbandono totale al Dio della Vita nella Santissima Trinità rispettosamente invocata e implorata.

Sia più preciso, per favore. Ci aiuti a capire.

Con piacere. Le vocazioni sono termine pressoché scomparso dal dizionario quotidiano, perché faticano a germogliare. E quelle poche di cui il Signore Gesù ci fa dono non bastano a garantire in moltissimi paesi del Piemonte neanche una Santa Messa pomeridiana feriale alle popolazioni, per lo più anziane, che vi abitano. A ciò si aggiunga che l’età media del Clero italiano riafferma il valore medio statistico nazionale in termini di ‘crisi da sovrainvecchiamento’: si accetti questo termine tout court coniato d’emblée, sic et simpliciter. Gli anni passano per tutti.

Che ci siano sempre meno preti, è un fatto oggettivo.

Se non fosse per via di qualche nuovo sacerdote di provenienza extraeuropea, oppure nato nei Paesi dell’Est, dell’America Latina e quivi ordinato, non sapremmo proprio come fare. E neanche basta a coprire nonché garantire l’esercizio del regolare culto settimanale feriale e festivo il fatto che ai sacerdoti rimasti vengano affidate più parrocchie e chiese anche distanti tra loro. Questo vuol dire che, in molte province del Piemonte, per poter assistere a una Santa Messa tutti i giorni, un fedele deve farsi almeno 70/80 chilometri in auto perché i collegamenti via treno o bus nelle località minori scarseggiano. Peregrinando così da un paese limitrofo all’altro, quando basta. E la Celebrazione Eucaristica rischierebbe, quindi, di trasformarsi in un fatto elitario per pochi eletti dotati di auto o accompagnatore, tradendo di fatto la sua naturale vocazione ecumenica.

D’accordo, ma torniamo alle ‘messe di guarigione’: che cos’è che contesta? E poi, ancora: come questa sua riflessione si lega al tema della nostra intervista?

Forse qualcuno dimentica che il Vangelo è una intera proclamazione di guarigione dalla prima all’ultima frase, dall’inizio alla fine: fatto che equipara in maniera oggettivamente incontestabile, quale minimo comune denominatore, tutti e quattro i frutti dell’opera narrativo-biografica a firma Matteo, Marco, Luca e Giovanni. Proprio Gesù medesimo ha detto delle cose assolutamente straordinarie sulle preghiere di guarigione: le Sue promesse su questi due aspetti sono grandiose, uniche e così forti, che a un esame non sufficientemente attento e profondo, potrebbero persino apparire esagerate.

Può darci un riferimento ai Testi Sacri, per favore?

Esse sono riassumibili in alcune, grandi macro aree: pregare con fede, pregare con costanza, chiedere al Padre nel Suo nome, come Gesù stesso insegna. Cito a suffragio e riprova di ciò proprio le parole di Nostro Signore: “Tutto quello che chiederete con fede nella preghiera, lo otterrete” (Mt. XXI, 22). E ancora: “Ebbene io vi dico: chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto” (Lc. XI,9). La costanza è espressione di fede. Quando siamo costanti nel pregare, quasi sempre è perché Dio ci può esaudire, ma solo se quanto chiediamo è confacente alla Sua Volontà. La costanza è espressione di speranza, sia ben chiaro, e in questo è sinonimo perfetto di preghiera affidata e fiduciosa. Ma il punto più importante è un altro…

Quale, Scandurra?

Esso sta nel fatto che Gesù insiste nel far sì che impariamo a chiedere al Padre nel suo nome. Gesù stesso incalza e torna spesso su questo tema più volte, durante l’intero arco della sua vita terrena. “Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre mio, nel mio nome ve lo conceda” (Gv. XV,16). E di nuovo: “In verità vi dico: se chiederete qualche cosa al Padre mio nel mio nome egli ve la darà. Finora non avete chiesto nulla nel mio nome. Chiedete ed otterrete, perché la vostra gioia sia piena” (Gv. XVI, 23-24). Il cuore, il fulcro del discorso, però, è quello che viene adesso.

Curiosi di ascoltarlo.

“In verità vi dico: anche chi crede in me compirà le opere che io compio e ne farà di più grandi, perché io vado al Padre. Qualunque cosa chiederete nel nome mio la farò, perché il Padre sia glorificato nel Figlio. Se mi chiederete qualcosa nel mio nome io la farò” (Gv, XIV, 12-17). In tre parole, quali sono le istruzioni che Cristo ha impartito agli apostoli e loro successori? Disposizioni ancora oggi valide anche per la Chiesa da Lui istituita? Eccole: diffondere il Vangelo dandone testimonianza con la fede e le opere sulle orme di Gesù, cacciare i demoni, guarire gli ammalati. Vogliamo forse discuterne? È parola di Dio, mica mia. Quelle che, con terminologia inappropriata, vengono genericamente chiamate ‘messe di guarigione’, servono invece soltanto a implorare fiduciosamente la Misericordia Divina a ristoro delle nostre umane miserie.

Lei, invece, come le definirebbe?

Personalmente, preferisco parlare di ‘Celebrazioni Eucaristiche’ – questo è il solo, corretto nome della Santa Messa propriamente, liturgicamente detta -, seguite da un tempo di adorazione eucaristica con preghiere di intercessione per malati, poveri e sofferenti.

Per favore, approfondisca.

Le Sacre Scritture su questo sono chiare: attraverso lo Spirito Santo, disceso sugli Apostoli nel giorno di Pentecoste, Gesù ha conferito loro molti dei suoi stessi carismi. E poiché, come narra il Vangelo di Matteo, più beati di tutti sono proprio quegli ultimi che diverranno i primi, ciò che unicamente mi preme resti di questa lunga chiacchierata è che bisogna fare un doveroso e fermo distinguo.

Quale, gentilmente?

Un conto sono i cosiddetti ‘santoni’ o presunti tali che in molte parti d’Italia potenzialmente si rifanno a titoli, insegne e investiture religiose mai ricevute o autorizzate da chi di dovere, che meritano tutta la ferma asprezza e l’allontanamento possibile, proprio perché rei di confondere le idee e di annacquare cuore e mente alle moltitudini di fedeli già gravati da mali spesso difficilmente curabili e disgrazie irreversibili anche di tipo economico e professionale, ma che con fare supplice e animo puro tutto sperano affidandosi totalmente comunque a un intervento salvifico della Divina Misericordia mossa a pietà.

Che cosa ne pensa, invece, di alcuni gruppi di preghiera cattolici inclini a forti manifestazioni di fede?

Un altro aspetto è cercare di evitare e prevenire schemi e comportamenti estetizzanti ed esteriorizzanti, eccessivi e potenzialmente fuorvianti, fondati per lo più sull’impatto scenico che essi hanno verso chi vi partecipa, come alcune specifiche ritualità ancora purtroppo in voga presso diverse comunità cosiddette del ‘Rinnovamento dello Spirito’. Preghiera è anche raccoglimento nel silenzio e nel nascondimento.

Fortuna che ovunque non è così.

Certamente. Ben altro conto è invece proibire ai sacerdoti in regola (mi si passi il termine), alla fine della Santa Messa, di poter fare una semplice, devota processione eucaristica così carica di rispetto, a seguito di un tempo di adorazione in perfetto accordo con le norme liturgiche del Diritto Canonico, con il Santissimo Sacramento debitamente esposto in un appropriato e rispettoso ostensorio, passando tra la gente in ginocchio: gente che, con gli occhi spesso densi di sincera emozione e in atteggiamento composto, genuino e riverente di totale abbandono alla potenza di Cristo, unica fonte d’amore e vero Medico della Storia, domanda in preghiera nel cuore, con uno sguardo fiducioso al passaggio di Gesù Eucaristia, con contegno, guarigione e liberazione dai mali fisici, psichici, economici, familiari, morali e sociali che la affliggono. E’ negli ultimi e negli impossibili che Dio continua a rivelare la Sua potenza, secolo dopo secolo.

Che cosa si aspetta, infine, caro Scandurra?

La dematerializzazione imperante in atto nella società che disfalda e altrettanto disgrega a fundamentis le secolari e millenarie tradizioni in valore assoluto sulle quali si arrocca la storia della fede di un popolo, tali sono e altrettanto restino, così come la banda che suona a festa nelle patronali di paese, e il suono immutabile e armonioso delle campane. Le chiese sono piene di statue di Santi con tanto di ostensorio e Santissimo Sacramento scolpiti insieme. Vorrà pur dire qualcosa, no? Santi che sono vissuti in epoche in cui la tenuta di uno Stato e la fermezza e la forza del Credo Cristiano si sono conservati e mantenuti indenni agli attacchi del Maligno più per la commozione intensa strappata al Cuore Misericordioso di Dio: che ha concesso grazie straordinarie e impensabili più per via di un atto di sincera devozione da parte di un laico o un religioso, che non per mezzo di lunghi discorsi e riti cerimoniosi frutto di trafile e fitti formulari, più assimilabili a un atto di forma che non a un gesto di fede autentica.

La sua speranza, qual è?

Evitare che venga indistintamente impedito a tutti i buoni e onesti sacerdoti piemontesi e valdostani di rivolgere un’invocazione accorata ed equilibrata all’esposizione del Santissimo Sacramento. Lasciando libero il cuore di costoro, ispirato dalla grazia dello Spirito Santo, di formulare sul momento una fiduciosa preghiera di domanda e intercessione a nome e per il bene della collettività che rappresentano, con tutte le intenzioni singole e comunitarie: fatto che non può essere in alcun modo ritenuto – e neanche lontanamente equiparato – a una forma di ‘abuso o indebita creatività’, in deroga al Rito della Messa di cui al Messale Romano attualmente vigente.

Certo che no, appare evidente…

Il Vangelo è pieno di lebbrosi, vedove, poveri, malati, samaritani e ultimi di ogni tipo che, senza tanta giurisprudenza ecclesiastica e ridondanti introduzioni formali, soltanto chiedendo prima di tutto con il cuore ricolmo di fede al loro incontrare Gesù sul loro cammino (incontro oggi simboleggiato con la processione eucaristica del Santissimo Sacramento che è Gesù Cristo vivo, presente in mezzo a noi), e poi eventualmente in un secondo momento anche con la voce, e altrettanto così appellandosi alla Misericordia di Dio, ottenevano grazie immense e inestimabili proprio per mezzo di Suo Figlio Gesù.

Per quale motivo?

Rispondo ancora una volta, da ultimo, con le parole di Nostro Signore: la loro fede li ha salvati. L’intervento della grazia presuppone un cuore puro e tutto incline alla fede. Alla fiducia in Gesù. Del resto, anche San Paolo era solito dire: “Tutto posso in Colui che mi dà forza”. Confido pertanto nella buona fede e nel buonsenso dei Vertici della Conferenza Episcopale Piemontese, perché non facciano di tutta un’erba un fascio, ma applichino caso per caso il discernimento che deriva dallo Spirito Santo, evitando contenimenti inutili in tal senso a sacerdoti meritevoli e corretti, testimoni autentici e credibili di Nostro Signore Gesù Cristo in questi difficili tempi moderni.

Disponibile a un confronto con la Conferenza Episcopale Piemontese?

Certo che sì, sono per l’unità e il dialogo che edifica e rafforza. Ben lieto, se il piacere è reciproco e condiviso, di partecipare a un incontro interpersonale con gli ugualmente stimati Monsignor Arcivescovo Cesare Nosiglia e Monsignor Vescovo Franco Lovignana su questo quanto mai più che attuale e primario tema, per il bene della Chiesa.

 

Quanti appuntamenti al Circolo dei lettori

/

Grandi ospiti, incontri, una serata-tributo e due festival: ecco il ricco carnet settembrino del Circolo dei Lettori di Torino, sempre più punto di riferimento culturale della città. Al rientro dalle vacanze parte in quarta con tanti appuntamenti non solo nelle sale del Circolo (Via Bogino 9) ma anche in altri luoghi cult di Torino e nella sede di Novara. Tra i tanti ospiti del mese la giornalista Eliana Lotta autrice del best seller internazionale “La dieta Smartfood”, Marco Belpoliti con il 3° volume delle “Opere complete di Primo Levi” (Einaudi) da lui curato, l’economista Carlo Cottarelli, lo psichiatra Vittorio Lingiardi e lo scrittore Enrico Brizzi.

“Wallace Experience. A special Indie night” è il titolo della serata che il Circolo dedica allo scrittore David Wallace suicidatosi 10 anni fa. L’appuntamento è mercoledì 12 settembre dalle ore 18 in poi, con Davide Ferraris, Sara Lanfranco e Francesca Marson che ci guideranno nei meandri della vita e della mente geniale di questo scrittore, per molti un autentico genio contemporaneo. Un’ occasione da non perdere per saperne di più e capire a fondo la depressione e i tormenti dell’autore di “Infinte Jest” e –tra gli altri- “Questa è l’acqua” e “Interviste a uomini schifosi”.

 

Due i festival di questo mese

Dal 26 al 30 settembre “Torino Spiritualità”che quest’anno è dedicato ai “Preferisco di no” pronunciati da chi non vuole soccombere all’opacità dei tempi. Lezioni, dialoghi, letture e spettacoli, laboratori e camminate spirituali per affermare che l’essere umano può anche scegliere al di là del conformismo. La XIV edizione al via il 26 settembre con due ospiti eccezionali. Nella Chiesa di San Filippo Neri, alle 18,30, Asha Phillips -autrice del long-seller “I no che aiutano a crescere”- tiene una lezione su “Il no che unisce”; mentre alle 21 al Teatro Carignano il fondatore di Emergency, Gino Strada, invita a non rassegnarsi alle guerre e alle diseguaglianze con l’intervento dal titolo “Verso una nuova resistenza”. Il programma è davvero vastissimo e affronta più temi, tra i quali: “I no della religione” in cui la negazione si intreccia con la spiritualità; un ciclo di incontri intorno al Diavolo e le sue imprevedibili forme; un altro dedicato alle storie di vite non allineate di artisti, eretici, dissidenti vari e martiri, un altro ancora ai ribelli nei libri. Moltissimi gli ospiti: tra i grandi nomi di richiamo, François Jullien, il parroco di Aleppo Ibrahim Alsabagh, Enzo Bianchi, Vito Mancuso, Alessandro Bergonzoni, Massimo Recalcati, Andrea Riccardi fondatore della comunità di Sant’Egidio, il monaco benedettino Michael Davide Semeraro, la teologa Stella Morra, giornalisti e scrittori.

“Scarabocchi. Il mio primo festival” dal 20 al 23 settembre, nella seconda sede del Circolo dei Lettori, a Novara: 4 intensi giorni di laboratori per grandi e piccini, lezioni ed esperienze per sondare i tanti significati reconditi dello scarabocchio, gesto semplice e spontaneo che esprime molto più di quel che sembra a prima vista. Tra gli ospiti che aiutano a decifrare i nostri scarabocchi il pittore e disegnatore Tullio Pericoli, il matematico Piergiorgio Odifreddi, la Psicologa Anna Olivero Ferraris e l’illustratore Guido Scarabottolo. Inizia a settembre, ma dura fino a maggio, il fiore all’occhiello tra le tante iniziative del Circolo dei Lettori di Torino, “Giorni selvaggi” . Dopo lo strepitoso successo dell’anno scorso si riconferma con la 2°edizione grazie alla quale all’ombra della Mole convergeranno scrittori che rappresentano il meglio della letteratura mondiale. Il primo appuntamento lunedì 10 settembre alle ore 18 è con la scrittrice Premio Pulitzer Jhumpa Lahiri, nata a Londra da genitori bengalesi, cresciuta negli Stati Uniti, ma con lunghi soggiorni anche a Roma. Oggi insegna a Princeton e a Torino parlerà del suo ultimo libro, il primo da lei scritto in italiano “Dove mi trovo”, Guanda editore (che ha pubblicato anche i precedenti 7 libri dell’autrice). Al centro della narrazione la solitudine di una donna sullo sfondo dei tanti luoghi della sua esistenza….strade, negozi, ufficio, bar e la piscina dove «…i pensieri si fondono, filano senza ostacoli…».

Nel palinsesto degli incontri:

-Il 15 settembre lo sceneggiatore e scrittore americano Chris Offutt, dopo l’esordio fulminante della raccolta “Nelle terre di nessuno” (minimum Fax), torna a raccontare il suo Kentucky in “Country Dark”, nel solco della grande tradizione del racconto targato USA.

-8 ottobre sarà la volta di Zadie Smith, quarantaduenne scrittrice saggista britannica che dopo 5 romanzi ambientati a Londra, ora in “Feel free. Idee, visioni e ricordi” (Edizioni Sur) raccoglie 26 articoli e saggi scritti tra 2010-17 che spaziano tra analisi politica, critica culturale, autobiografia e riflessioni.

-25 ottobre in occasione dell’uscita del suo“L’uomo bianco” (Feltrinelli) il giornalista Ezio Mauro porta a Torino un reportage inedito che racconta la radicalizzazione delle paure sconfinanti nel razzismo nel nostro paese.

-16 novembre plana al Circolo lo scrittore inglese Jonathan Coe la cui cifra stilistica è la brillante satira con cui ha descritto il contesto storico-politico del suo paese negli ultimi 30 anni. Nell’ultimo tragicomico romanzo“Middle England” (Feltrinelli) ritroviamo alcuni personaggi de “La banda dei brocchi” e “Circolo chiuso”.

-17 novembre da non perdere è l’appuntamento con la scrittrice canadese rivelazione degli ultimi anni Miriam Toews. Dopo autentiche perle narrative come “In fuga con la zia” o “I miei piccoli dispiaceri”, a Torino presenterà il suo ultimo “Donne che parlano” (Marcos y Marcos), drammatica storia vera di una violenza inaudita e testimonianza della forza femminile.

– e per finire in bellezza ma in date ancora da destinare le scrittrici nostrane Serena Vitale e la sua traduzione del racconto “La mite” di Fëdor Dostoevskij (Adelphi) e Rosella Postorino con “Le assaggiatrici” (Feltrinelli) sulle donne che dovevano assaggiare per prime il cibo destinato Hiltler, scongiurando così i tentativi di avvelenamento.

Laura Goria

 

 

Come dolcificare il cibo e la vita

Come direbbe il Prof. Franco Berrino (epidemiologo ed esperto di correlazione tra cibo e tumori) “Facciamolo scomparire questo zucchero”

Lo zucchero o saccarosio è usato per far sembrare i cibi più buoni, in quanto la loro qualitá è scarsa. Quando mangiamo troppo zucchero, la fame di zucchero continua a salire; sembra un gioco di parole, ma il pancréas, dovendo produrre molto insulina per smaltirlo, viene sollecitato in modo anomalo, portando successivamente il corpo in ipoglicemia; questo fa sì che il nostro organismo si senta debole e stanco, creando irritabilitá, tensioni addominali e alterazioni della flora batterica. Lo zucchero bianco per renderlo bianco è trattato con calce, anidride carbonica, acido solforoso e, poi, viene cotto e più volte raffreddato, cristallizzato e decolorato con carbone animale; in ultimo vengono utilizzati coloranti per renderlo bianco e brillante. Lo zucchero liquido, chiamato anche sciroppo di glucosio, è un gran veleno, ancor più di quello semolato o granulare; essendo sciolto è piú facile da ingerire e va in circolo nel sangue molto più rapidamente, innalzando la glicemia. Lo si trova spesso in bevande gassate, biscotti, fette biscottate, pane, pasta, marmellate, dolci, succhi di frutta ecc…

***

 

Dunque gli zuccheri artificiali andrebbero eliminati dalle nostre diete. È composto di glucosio e fruttosio, che ostacola un buon funzionamento dell’insulina. Tutto questo provoca gravi danni nei bambini soprattutto, esponendoli a malattie come obesità e diabete. La mia professione mi porta a pensare che ad oggi ci sia poca educazione alimentare, soprattutto nelle scuole; bisognerebbe spiegare ai bambini il benessere di un alimento sano, questo per aiutarli a crescere in salute. Esistono alternative allo zucchero bianco; i dolcificanti naturali sono molto più buoni e non hanno effetti collaterali, chiaramente non bisogna esagerare. Vediamo insieme gli alimenti naturali, che potrebbero sostituire gli zuccheri artificiali: Il miele per esempio, contiene meno calorie dello zucchero, ed è un ottimo antibiotico naturale, disintossicante del fegato, antianemico e ricostituente.

***

Lo zucchero di canna integrale, sempre meno calorico dello zucchero bianco, ricco di minerali, a completa maturazione viene raccolto e portato direttamente sulle nostre tavole. Attenzione, ricordate che lo zucchero di canna grezzo non va confuso con quello integrale, in quanto quello grezzo subisce un processo di raffinazione, imbrunito con l’aggiunta di melassa e caramello, ottenedo cosí un colorito giallo/beige, al contrario di quello integrale che mostra un colore molto piú scuro ed i suoi cristalli hanno una granulometria disomogenea. Il vero zucchero di canna integrale è molto scuro ed umido. Lo zucchero da barbabietola, integrale, non esiste ed è privo di qualità nutrizionali. Il fruttosio o levulosio è un monosaccaride, i cosiddetti zuccheri semplici, uno dei carboidtrati, come quelli che troviamo nella frutta, nel miele e in alcune verdure; il suo indice glicemico è decisamente piú basso rispetto a quello del saccarosio. Ha un alto potere dolcificante rispetto allo zucchero tradizionale, meno rischioso per i diabetici, ma comunque non consigliabile. Lo sciroppo d’agave, ricavato dalla Linfa dell’ agave blu messicana, dolcifica molto piú dello zucchero bianco ed è indicato per i diabetici, per il suo basso indice glicemico; inoltre contiene una buona fonte di sali minerali e oligoelementi. Il dolce sciroppo di malto d’orzo è un dolcificante naturale, contiene zuccheri a rilascio lento ed una buona percentuale d’acqua, quindi si deve maggiorare la dose per dolcificare. Alimento poco calorico, contiene maltosio, vitamine e minerali. Il maltolo è una sostanza antitumorale, combatte la cistite, proteggere i polmoni come tutti i malti di cereali; il migliore quello di riso. Il malto aiuta anche a tenere a bada il sistema nervoso; utilizzato molto dagli sportivi, proprio per il suo rilascio lento di zuccheri, mantiene costante l’énergia nel corpo. “Lo zucchero addolcisce la vita” (cit.), ma quello giusto

 

Ilaria Chionetti Pininfarina

ilanaturopatia@gmail.com

Riassunto l’operaio licenziato perché malato di Parkinson

Il tribunale del lavoro di Ivrea, ha stabilito che il licenziamento dell’operaio malato di Parkinson è illegittimo. E’ stato così accolto il ricorso presentato da Franco Minutiello, lavoratore di 60 anni di Castellamonte, contro la Teknoservice di Piossasco azienda del Canavese che gestisce la raccolta dei rifiuti. Ammalatosi l’operaio e non potendo trovargli un’altra mansione, la Teknoservice lo aveva licenziato il 16 marzo 2017, per “giustificato motivo”.

“Cromie” saluta l’estate al Giardino delle rose

Si è svolta giovedì 21 giugno nel Giardino delle rose del Castello di Moncalieri la grande festa del Solstizio d’estate organizzata dall’Associazione culturale Cromie con il Patrocinio del Comune di Moncalieri. Un lungo pomeriggio per celebrare l’arrivo dell’estate all’insegna della cultura,relax e tanta buona musica con ingresso gratuito. La giornata ha avuto inizio alle 16,30 con un concerto – spettacolo di grande appeal dal titolo “ L’amore è una cosa meravigliosa … Musiche nei film “, protagonista il soprano Susy Picchio , accompagnata al pianoforte da Massimiliano Brizio e reduce dal successo dell’ultima stagione del Teatro Alfieri. A seguire l’esibizione del Duo Inverso, formato da Massimo Riva alla chitarra e dall’apprezzato figlio d’arte Walter Matacena al violino. Il repertorio spaziava da Mauro Giuliani ad Antonio Vivaldi, da Gabriel Faurè sino a Piazzolla , passando per brani Traditional Irish e Kletzmer. A sorpresa nel giardino, trasformatosi in un’accogliente area performances, le incursioni urbane delle danzatrici del Balletto di Moncalieri diretto da Barbara Casto. E’ stata poi la volta del celebre maestro Ugo Viola, fondatore del Moncalieri Jazz Festival e grande fisarmonicista, che ha interpretato vari brani, fra cui quelli del grande maestro argentino Astor Piazzolla. Parallelamente nel pomeriggio è stato aperto anche uno spazio dedicato alle degustazioni di varie tipologie del nettare di Bacco, realizzate in collaborazione con l’Onav – Organizzazione Nazionale Assaggiatori Vino e condotte da Piera Genta, nota sommelier e giornalista. Alle 19,30 si sono chiusi i cancelli per dare spazio all’ Aperibuffet ( massimo 50 posti ) con una lunga tavolata allestita a tema sotto le arcate del giardino. “Convivialità e buona musica sono le benvenute nel Giardino delle rose, e si saldano alla perfezione con la già ricca proposta culturale che negli spazi del Castello Reale trova la sua collocazione ideale “ sottolinea Laura Pompeo, Assessore alla Cultura.  Tra gli sponsor SMAT Torino e l’Osteria Enoteca di Franco Rabezzana, che attualmente si avvale della maestria dello chef Eynard ( ex Flipot ) .

Helen Alterio

TIRO DINAMICO: IL GSPM TORINO È 7° AI CAMPIONATI ITALIANI ASPMI

 

Si è chiusa con un settimo posto in classifica generale l’avventura del Gruppo Sportivo Polizia Municipale di Torino alla dodicesima edizione del campionato italiano ASPMI di tiro dinamico, tenutosi nel Comune di Arcola (La Spezia) e organizzato dalla Società di Mutuo Soccorso Polizia Municipale di Genova per celebrare il suo 130° anniversario d’attività. Alla kermesse in landa ligure ha partecipato una rappresentanza di 6 atleti del sodalizio gialloblù, i quali hanno ottenuto alcuni piazzamenti degni di menzione: su tutti, va segnalata la performance di Loredana Tesoro, medaglia d’argento individuale nella categoria “Ladies”, seguita dall’ottimo sesto posto di Franco Grandi fra i “Senior”. Andrea Molinaro si è classificato al 23° posto nella graduatoria


generale, mentre hanno onorato al meglio l’impegno gli altri tre tiratori sabaudi in gara, che rispondono ai nomi di Gabriele Lamberto, Fabrizio Balbo e Pietro Cancelliere.

Per la cronaca, la tenzone è stata vinta dalla rappresentativa composta da Unione Valdera e Polizia Municipale di Cremona, tallonata da Rimini e dalla compagine mista formata da atleti di Bologna e di Firenze.

Soddisfatta la responsabile di settore del GSPM Torino, Loredana Tesoro, che ha voluto ringraziare «la vicepresidente della Società di Mutuo Soccorso della Polizia Municipale di Genova, Laura Ferraro, e tutti i suoi collaboratori per la buona organizzazione e la disponibilità dimostrata nei confronti di tutti i partecipanti. Un “grazie” particolare, inoltre, va a Igor Daglio e Federico De Simoni, responsabili della squadra di tiro genovese».

Espressioni multiformi

FINO AL 9 GIUGNO

Una trentina i pezzi esposti, eseguiti in genere con le tecniche più classiche e varie che vanno dall’olio all’acrilico alla grafica al pastello o all’acquerello. Per spingersi, in alcuni casi, a sperimentazioni avventurose, dove segno e colore intervengono con minore incisività per assecondare il bisogno di esprimere – attraverso linguaggi innovativi – idee e concetti più che forme e immagini di rigida scolarità. “Espressioni multiformi” è, dunque, il titolo perfetto per la piacevole collettiva di fine anno scolastico del Laboratorio di Disegno e Pittura “La Scuoletta” (il termine è affettuoso e non certo riduttivo), condotto da oltre vent’anni dal pittore, di forte tempra artistica e consolidate capacità didattiche, Franco Raga. La mostra-saggio è ospitata, fino al prossimo 9 giugno, presso l’Associazione Artistico Culturale “TeArt” al civico 14 di via Giotto a Torino. Dieci le firme presenti in parete, con una maggioranza decisamente “bulgara” di allieve (ben nove) rispetto all’unico allievo e allo stesso Maestro, presente con due opere di recente produzione. “Alla nostra ‘Scuoletta’ partecipano amiche e amici – racconta lo stesso Raga – uniti da una comune passione per l’arte e legati in un sodalizio piacevolmente collaborativo, dove ciascuno si colloca secondo le proprie linee personali e per approfondire le proprie attitudini espressive, insieme alle tecniche più adatte ad esprimerle”. Un clima di piacevole intimità e collaborazione, espresso con segno nitido e certosina ricerca del particolare, che troviamo ben espresso nell’olio su tavola titolato proprio “La Scuoletta” a firma di Maria Vittoria Crosazzo. Interessante anche il percorso artistico e mentale che può leggersi nelle due opere realizzate da Valentina Miola (laurea in Lettere moderne ad indirizzo artistico) che passa dalla rigorosa natura morta di “Arance”, realizzata nel 2016 con la rinascimentale tecnica delle perfette velature cromatiche, agli odierni “Manifesti Western” in cui si respira la forte attrazione per un linguaggio pop che potrebbe riservare interessanti future evoluzioni. Più ancorati al richiamo di un figurativo che ben evidenzia i valori di segno e colore- sapientemente trasmessi dal Maestro, ma qualche volta elusi da guizzi improvvisi e fuori riga che non stonano e caratterizzano anzi personalità di spiccata piacevolezza – sono invece i disegni di Rosalinda Guida, così come i delicati pastelli e gli acquerelli (banco di prova difficoltoso ma convincente) realizzati da Carla Guidi o le singolari seducenti figure femminili di Maria Gangemi, accanto alla vivace inedita quotidianità di Romana Morra. Di solida e composita intensità è ancora la poetica immagine di padre e figlia, stretti in un caloroso abbraccio fra rocce e mare di Sardegna, presentata da Anna Maria Raga, pittrice dal pennello ben piantato a terra, a differenza di Valentina Giarlotto che nel suo “Dillo alla luna” ci fa volare in mondi fantastici dai colori prorompenti e dirompenti che danno corpo e materia a spaesate presenze in cui s’annulla appieno il rito della realtà. Che invece torna a ripresentarsi con marcate accentuazioni di colore nell’opera di Matteo Marinacci, per assumere connotazioni di metafisiche spazialità (attente a certa pittura realista d’Oltreoceano) negli inquietanti dipinti di Loredana Vergini. A chiudere la rassegna sono infine due quadri del Maestro Franco Raga. Quadri recenti e assolutamente “nuovi”. Tecniche miste dove il segno-colore marcatamente espressionista di un tempo cede il passo – quello principale – a collages in cui prevalgono concettuali “trasferimenti di immagine”, con testi manoscritti come quell’“Ars est celare artem” (da Orazio: “L’arte consiste nel nascondere l’arte”), che in “Sedimenti del tempo” svela la ricerca dell’artista tesa a dissimulare piuttosto che a ostentare, in una narrazione che diventa personalissima e visionaria espressione di onirici “luoghi” dell’anima sfuggenti alla concretezza del reale. E anche questo é un bell’insegnamento impartito da Raga ai suoi allievi.

Gianni Milani

***

“Espressioni multiformi”

Associazione Culturale “TeArt”, via Giotto 14, Torino; tel. 011/6966422

Fino al 9 giugno -Orari: mart. – sab. 17/19

***

Foto

– Franco Raga: “Sedimenti del tempo”, tecnica mista, 2018
– Maria Vittoria Crosazzo: “La Scuoletta”, olio su tavola, 2018
– Valentina Miola: “Arance”, olio su tela, 2016
– Franco Raga al lavoro

 

Una Costituzione da riscoprire

Lunedì 7 maggio, presso l’auditorium della Biblioteca Nazionale Universitaria di Torino (in piazza Carlo Alberto) il Centro Studi “Giorgio Catti” promuoverà il convegno “Una Costituzione da riscoprire”. L’iniziativa, sostenuta dal Comitato Resistenza e Costituzione del Consiglio regionale del Piemonte, si terrà nell’arco della mattinata, dalle 9.00 alle 12.00. Nell’intento di favorire la conoscenza della Carta Costituzionale nel 70° anniversario della sua promulgazione, il convegno si articolerà con gli interventi della professoressa Anna Maria Poggi, costituzionalista dell’Università di Torino, che illustrerà i contenuti della Carta Costituzionale,  e del prof. Walter Egidio Crivellin, docente di Storia delle Dottrine Politiche e presidente del Centro Studi Catti che tratterà il tema “Dalla Resistenza alla Costituzione” evidenziando l’apporto dei cattolici nei due momenti storici inscindibilmente legati. Nell’introduzione ai lavori, che sarà svolta dal Generale C.A. Franco Cravarezza, Vicepresidente del Centro Studi Giorgio Catti, verrà proiettata un’intervista a Maria Romana De Gasperi, Presidente Onoraria del Centro, che riporterà il messaggio europeista del grande statista rivolto ai giovani.  Al convegno porterà un saluto il Presidente del Consiglio regionale del Piemonte. Il Centro Studi Giorgio Catti, costituitosi nel 1966 a Torino da un qualificato gruppo di protagonisti della Resistenza di ispirazione cristiana in Piemonte, si è posto per il 70° anniversario della Costituzione  l’obiettivo di valorizzare gli ideali e i valori di coloro che, con motivazioni diverse (tra le quali quelle di ispirazione cristiana),  concorsero a scrivere il documento più importante dell’Italia repubblicana,  dopo aver contribuito a restituire al paese dignità , libertà e democrazia.

Linea di confine. Spigolature di vita e storie torinesi

di Pier Franco Quaglieni

.

I droni invece dei fuochi artificiali – Farina, il fazioso – Il Generale Dalla Chiesa

 

***

I droni invece dei fuochi artificiali

E’ la prima volta che concordo con il Sindaco Appendino. L’idea di usare i droni in alternativa ai fuochi artificiali a San Giovanni è ottima. Non seguirà la tradizione, ma resta comunque ottima. I fuochi sono uno sperpero rumoroso che terrorizza gli animali e finisce di essere un divertimento effimero e sempre ripetitivo. I droni sono silenziosi e consentono la realizzazione di immagini sempre nuove e spesso suggestive.  La festa patronale, specie dopo la morte di Gianduia Flamini che la fece resuscitare, non può essere un qualcosa di statico e un po’ troppo popolaresco.  Io non ho mai partecipato perché non mi ha mai attratto. Con i droni forse parteciperò anch’io e i miei animali saranno tranquilli. I fuochi li terrorizzano. Quando ci si può aggiornare, credo che non ci siano dubbi: bisogna farlo, in barba a tradizioni recenti che spesso sono insignificanti.

***

Farina, il fazioso
Renato Farina, già cacciato dall’Ordine dei giornalisti per fatti gravissimi, imperversa su “Libero”, un quotidiano che sta diventando l’organo del leghismo più fazioso. Con questo titolone  Libero è uscito il 18 marzo : “Ma quale festa  per i 157 anni dell’Italia. Lutto nazionale “ e questo sottotitolo: ”L’Unità è un’invenzione è un’invenzione politica e retorica “. Fra le solite frasi dozzinali che contraddistinguono la prosa di Farina c’è :”Non esiste  di più lontano dall’unità d’Italia”. E giù falsità come la conquista regia piemontese ed altre amenità vetero leghiste mutuate dal vetero gobettian- marxismo che forse Farina non conosce neppure.  Farina non merita repliche. E’ lo specchio di un paese incolto che scrive per dei lettori altrettanto rozzi. Gli stessi che si preparano ad andare a braccetto con i Cinquestelle notoriamente molto ignoranti.
***
Il Generale Dalla Chiesa
Carlo Alberto dalla Chiesa, eroico nel combattere il terrorismo, fu eroico  anche nella morte terribile avvenuta a Palermo quand’era prefetto, mandato a morire senza poteri e senza protezioni. Una pagina luminosa dela sroria italiana la sua lotta al terrorismo, una pagina nera quella che portò al suo supremo sacrificio in Sicilia. Un suo stretto collaboratore negli anni di piombo ,il maresciallo dei carabinieri  Antonio Brunetti ,ha scritto un bellissimo libro edito da Luni dal titolo “I 31 uomini del Generale “ con prefazione  dello storico Giuseppe Parlato. Brunetti riesce ad essere storico delle vicende che ha  vissuto anche lui eroicamente. E’ medaglia d’oro di vittima del terrorismo. Si ripercorrono tutte le tappe che portarono gli uomini del Generale  a sgominare i vertici delle BR. Un libro che è una non voluta  risposta, però molto eloquente e decisiva,  alle arroganze  degli ex brigatisti che pontificano indisturbati sulla 7 , parlando da protagonisti delle loro tristi imprese criminali, senza che nessun giornalista obietti loro qualcosa.  Una vergogna!

***

LETTERE            scrivere a quaglieni@gmail.com

.

Guastavigna padre e figlio 

Essendo stato a mia volta un docente “progressista e democratico”, formatosi alla vocazione all’attenzione agli ultimi e ai difficili negli anni Settanta, trovo offensivo e strumentale il suo ricordo di mio padre, che sono certo non lo avrebbe apprezzato.  Saluti tutt’altro che cordiali          Marco Guastavigna 

.

Il prof.  Giovanni Guastavigna che ho conosciuto io, non era diverso da come l’ho descritto. Ad esempio, un professore di sinistra estrema, suo collega, come Carlo Ottino, lo detestava e ne parlava costantemente molto male. E anche questo mi rendeva simpatico il professore del Liceo Alfieri che invitai anche a parlare al Centro “Pannunzio”.Ciascuno ha i suoi ricordi e quelli di un figlio vanno sempre rispettati. Giovanni Guastavigna è morto molto anziano ed erano ormai molti anni che non gli parlavo.  Io rispetto sempre anche gli interlocutori dissenzienti e quindi ricambio a Guastavigna jr. i più cordiali saluti, gli esprimo le mie più sentite condoglianze per la morte del Padre  e gli faccio anche gli auguri per la prossima Pasqua. 

Villa Costantino Nigra

Le storie spesso iniziano là dove la Storia finisce

Castelli diroccati, ville dimenticate, piccole valli nascoste dall’ombra delle montagne, dove lo scrosciare delle acque si trasforma in un estenuante lamento confuso, sono ambientazioni perfette per fiabe e racconti fantastici, antri misteriosi in cui dame, cavalieri, fantasmi e strane creature possono vivere indisturbati, al confine tra la tradizione popolare e la voglia di fantasia. Questi luoghi a metà tra il reale e l’immaginario si trovano attorno a noi, appena oltre la frenesia delle nostre vite abitudinarie. Questa piccola raccolta di articoli vuole essere un pretesto per raccontare delle storie, un po’ di fantasia e un po’ reali, senza che venga chiarito il confine tra le due dimensioni; luoghi esistenti, fatti di mattoni, di sassi e di cemento, che, nel tentativo di resistere all’oblio, trasformano la propria fine in una storia che non si può sgretolare. (ac)

***

 

1 / Villa Costantino Nigra

.

È una di quelle giornate acquose. C’è una pioggia sottile che impregna il paesaggio ed i vestiti, la luce che illumina le cose pare scivolarci sopra, dando uno strano e dolce effetto ottico. È lo sfondo perfetto per la storia di oggi, che si incentra sul fantasma di una nobildonna, Virginia Oldoini, Contessa di Castiglione. Si dice che, talvolta, ella appaia mentre danza senza veli alla luce della luna, in un terrazzo di una villa ormai dimenticata, costruita sulle fondamenta di un antico castello. Parto in compagnia della mia amica Martina, chiacchieriamo disturbando la radio e la voce dispotica del navigatore, ci lasciamo Torino alle spalle, dirette verso il verde della provincia, fino a raggiungere la frazione di Villa Castel Nuovo, un piccolo comune di circa 414 abitanti, che al suo interno custodisce quello che un tempo era un gioiello di lusso ricercato, la villa della famiglia Nigra. La villa fu costruita probabilmente tra gli anni 50 e 90 dell’800, non è possibile essere più precisi a causa di un incendio, scoppiato agli inizi del ‘900, che distrusse tutti i progetti contenuti all’interno dell’archivio comunale. Per lo stesso motivo anche l’identità dell’architetto rimane una questione aperta, anche se è del tutto probabile che il progetto sia stato affidato a una personalità di rilievo nell’ambito del torinese.

***

Gli unici abitanti in cui ci imbattiamo sono un paio di gatti chiacchieroni che ci accompagnano per un breve tratto di salita, ma, non appena l’inclinazione del nostro sentiero aumenta, ci abbandonano, proprio davanti ad una piccola chiesetta adiacente ad un muro massiccio. Alzando lo sguardo faccio qualche passo indietro, estraggo la mia reflex e scatto la prima fotografia: guardandola per controllare le impostazioni, penso che sia il luogo perfetto per una storia di fantasmi. Davanti a me si ergono mura imponenti, la particolare luce del giorno le rende di un colore tra il grigio di un gatto certosino e il lilla del glicine, il muschio del tempo si espande su tutta la superficie e fa da amalgama tra i muri esterni e il cancello d’entrata, interamente in ferro, reso di un cupo color ruggine dalle intemperie e dall’abbandono. Al di là dell’ingresso si trova un giardino disordinato, con erba troppo alta e alberi dai rami invadenti, tutto è in procinto di essere inghiottito dall’edera. Attorno a quello che un tempo doveva essere un elegante cortile interno, si trova un porticato di colonne massicce, dietro le quali gli accessi all’interno della struttura si presentano come portali misteriosi, complici dell’ombra che non fa intuire dove conducano. Lo spettacolo che sto guardando è un quadro di C.D. Friedrich: tutto attorno è malinconico come le foglie lucide di pioggia e decadente come le mura scrostate che sorreggono un guscio vuoto. L’esterno della villa mantiene ancora una certa eleganza e austerità, aspetti supportati dall’antico progetto che prevedeva la fusione del presente edificio con il preesistente Castello di San Martino, di cui sono ancora visibili le fondamenta. Del castello si hanno poche notizie. Tantissime furono le battaglie che dovette sopportare, tra cui, probabilmente, la rivolta dei Tuchini che coinvolse tutto l’alto Canavese e molti altri scontri durante le guerre franco-spagnole. Il Castello uscì da questo periodo estremamente danneggiato. Ciò costrinse il proprietario, Pompeo I di Castelnuovo, a trasferirsi in un’altra residenza, a Castellamonte. Da questo momento in poi non si hanno più notizie del sito, fino al momento in cui Ludovico Nigra lo acquistò, insieme ai terreni circostanti.

***

Completamente opposta a quella esterna è la situazione interna, scavata dall’ingordigia dei curiosi che nel tempo hanno approfittato dello stato di abbandono su cui grava la villa, un tempo dotata di pavimenti sfarzosi, arazzi, affreschi sulle pareti e sui soffitti, ricca di splendidi suppellettili e di mobilia ricercata, tra cui una preziosa scrivania appartenuta a Napoleone I.   Sono intrappolata in una strana atmosfera, l’unico suono che si percepisce è il vento che infastidisce gli alberi. Sembra che l’enorme edificio stia dormendo; l’aria che viene dall’interno è il suo respiro, gelido e arreso all’idea che nessuno verrà a interrompere quel riposo. Spinta da un’insolita e strana curiosità, oltrepasso quello che percepisco come lo sterno della villa, costituito da stanze sgombre e desolate, ascolto lo scrocchio dei miei passi fino a che non raggiungo il vero cuore pulsante: il terrazzo esterno. Qui vi è un balconcino in stile classico, che da una parte si affaccia a strapiombo sulla strada, dall’altra parte – a ridosso della collina- esso è costeggiato da una serie di colonne massicce, oltre le quali si insinua un altro giardino ribelle. Scatto un’altra fotografia, mentre la guardo sul monitor noto l’estrema delicatezza del viola del glicine che si appoggia al bianco sporco della balaustra: al di là, le verdi colline sbiadiscono nella foschia. In questo punto particolare della casa l’atmosfera si fa più dolce, come se la villa mettesse le mani a conca per proteggere qualcosa, l’illusione di un ultimo tentativo di preservare la bellezza della dama antica, di cui qui si avverte l’impercettibile presenza. La Contessa fu una donna bella, straordinaria, intrigante, abile in politica, amica, oltre che cugina, di Camillo Cavour che la inviò in Francia per sedurre e piegare alla causa piemontese l’imperatore Napoleone III. A Parigi Costantino Nigra conobbe la seducente Contessa e ne fu profondamente attratto. Esempio di vanità assoluta, lei stessa si definì “la donna più bella del secolo”, e nessuno osò mai contraddirla. Terrorizzata dal vedersi invecchiare sostituì gli specchi della sua abitazione con i propri autoritratti fotografici e smise di farsi vedere in pubblico. Consumata da tale narcisistica ossessione, si trasformò nello spettro della sua stessa bellezza.

***

La villa, se stai ad ascoltarla, ci racconta anche altre storie: le visite notturne di Re Vittorio Emanuele II e della sua scorta, gli incontri massonici nei sotterranei del castello, i cunicoli che si diramano nell’oscurità e raggiungono le colline più lontane. A partire dal suo primissimo proprietario, le mura della villa ospitarono solo personaggi molto discussi, fatto che aiutò a fomentare chiacchiere e leggende sul luogo. Ludovico Nigra era un cerusico di modeste condizioni, aveva aderito ai moti del 1821, motivo per cui non era molto stimato dai detentori del potere dell’epoca.Il figlio di Ludovico, Costantino, nacque all’interno delle stesse mura, l’11 giugno del 1828. Egli diventerà figura centrale del Rinascimento italiano, in qualità di segretario, prima di D’Azeglio, poi di Cavour. Anche Costantino però fu una figura controversa, prese parte a molti episodi che all’epoca destarono scalpore, uno dei più chiacchierati fu quello della distruzione di alcune lettere, scritte da Cavour e indirizzate all’amante Bianca Ronziani, il cui contenuto rimase per sempre segreto. Inoltre fu investito della carica di Gran Maestro della Massoneria del Grande Oriente d’Italia presso la Loggia Ausonia di Torino. Scatto altre fotografie degli interni, ma poi ritorno ancora sul terrazzo, in cui malia, storia e mistero vanno all’unisono. Il rumore della pioggia che aumenta mi avvisa che non c’è più nulla da perlustrare e fotografare, la penombra che si infittisce mi conferma che è ora di andare. Anche perché non bisogna approfittare troppo della gentilezza di chi ci ospita.

Alessia Cagnotto