Pansa l’anticonformista. Era lui il gigante del giornalismo

Martedì 11 febbraio alle ore 17,30, a Palazzo Cisterna (via Maria Vittoria 12), il Centro “Pannunzio” organizza un RICORDO DI GIAMPAOLO PANSA, recentemente scomparso. Ricorderanno il giornalista che scrisse su “La Stampa”, “Il Giorno”, “Il Corriere della Sera”, “La Repubblica”,” L’Espresso”, “Panorama” e l’autore coraggioso di numerosi libri di grande successo sulla storia italiana,  Marco Castelnuovo, Gianni Oliva, Pier Franco Quaglieni. A Pansa fu conferito nel 2006 il Premio “Pannunzio”. Coordina Elisabetta Cocito.
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di Pier Franco Quaglieni
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Giampaolo Pansa e’ stato uno dei più grandi giornalisti contemporanei. Simili a lui io ricordo solo Indro  Montanelli e Oriana Fallaci anche perché Pansa, oltre ad essere un giornalista che sapeva scrivere come pochissimi altri, ebbe sempre un’indipendenza di giudizio che gli fa molto onore e che risulta essere un’eccezione nel giornalismo d’oggi

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A scoprire, prima di tutti, in lui l’inviato speciale  di razza fu Giulio Debenedetti, il grande direttore, irascibile ed intrattabile, de “La Stampa” che regnò incontrastato per vent’anni e non esitò a bistrattare Enzo Bettiza e a cestinare con crudeltà  articoli scritti  anche da firme  importanti.
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Dopo esperienze alla “Stampa “ di Ronchey (che mi parlò sempre con entusiasmo di Pansa) al  “ Giorno” e al “Corriere” di Ottone (una brutta  parentesi  per il giornale di via Solferino)  Pansa rispose all’appello di Scalfari e fu da subito una firma di punta  di “ Repubblica”. Ma non appartenne mai al club radical- chic di quel giornale perché veniva da un mondo totalmente estraneo ad esso.
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Pansa era un piemontese di Casale Monferrato, figlio di gente modesta, laureatosi a Torino in storia con Sandro Galante Garrone che mi parlò spesso dell’ex allievo e che non avrebbe approvato alcuni libri di Pansa. Il gruppo di quelli che “La sera andavano  in via Veneto “non annoverò mai Pansa, come non ebbe mai trai suoi frequentatori Giorgio  Bocca. Ma anche  Bocca, nel suo faziosissimo giellismo, ebbe molto poco da spartire con Pansa che, ad un certo punto, si rese conto – dimostrando un’assoluta onestà intellettuale -come certi rituali di una sinistra obsoleta, fatti di intolleranza e di bigottismo ideologico, non erano più proponibili. E capì anche che una  certa vulgata antifascista  che ignorava il dramma della guerra civile che insanguinò l’Italia dal 1943 al 1945, non era più sostenibile perché il fluire degli anni imponeva  ragionamenti storici e non esaltazioni acritiche ed edulcorate.
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Il presidente Napolitano parlò di eccessi durante la Resistenza che andavano denunciati. Quello che accadde nel “ Triangolo della morte “ e non solo,  non poteva più essere nascosto e Napolitano e persino lo stesso Fassino ebbero il coraggio di trarne  alcune conseguenze. Pansa con “Il sangue dei vinti”  diede voce ai fascisti e ai non comunisti ammazzati in modo truculento   prima e dopo il 25 aprile’45 , quando invece  si sarebbero dovute deporre le armi. Claudio Pavone aveva parlato di guerra civile e Pansa ha dimostrato che quella guerra civile era continuata in modo terribile anche dopo. Già Mario Pannunzio aveva denunciato nel suo “Risorgimento liberale”, subito dopo la fine della guerra, i delitti orrendi commessi dai comunisti. Gli bruciarono la redazione del suo giornale “Risorgimento liberale” , un giornale che era nato nella clandestinità durante la Resistenza.
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Forse Pansa non seppe contestualizzare quei fatti, spiegandoli – senza giustificarli, come vorrebbero alcuni faziosi – anche con i misfatti di fascisti e nazisti commessi durante la RSI. Il sangue chiama sempre sangue e quella legge terribile valse anche per quel periodo della storia italiana. Ma Pansa non ebbe mai l’ ambizione di essere  uno storico,  si considerò solo un giornalista, limitandosi a raccontare dei fatti che non vennero mai smentiti. In sintesi, Pansa ha raccolto materiali per la storia che fino ad allora erano rimasti nascosti. Per questo suo lavoro venne fatto oggetto di una campagna di odio senza eguali in cui si distinse anche Giorgio Bocca.
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Tentarono di impedirgli di parlare con la violenza, ma  i milioni di libri venduti  fecero giustizia dei facinorosi che, invece di confutare le sue tesi, tentarono di impedirgli di presentare i suoi libri. Pansa ha avuto dei grandi meriti ed ha consentito agli Italiani di conoscere una parte della loro storia rimasta occultata per decine anni. Questo è  un dato incontrovertibile. Poi forse esagerò, scrivendo anche su giornali che erano inadeguati  allo stile di Pansa e  io cessai di seguirlo. Ma il nostro dialogo iniziato una sera al “Cambio”  quando uscì  “Il sangue dei vinti”, non subì interruzioni attraverso la lettura dei suoi libri. Pansa e Bocca ebbero ambedue il Premio “Pannunzio” ma non ho  dubbi sul fatto che il gigante del giornalismo italiano sia stato lui e non Bocca.
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Il coraggio dell’incoerenza è infatti molto  spesso una grande, rarissima virtù civile. Ieri ho avuto una lunga e toccante conversazione telefonica  con Adele Grisenti , la moglie di Pansa che condivise con lui trent’anni di vita. Mi ha raccontato la generosità umana di Pansa che non  ebbe mai  rancore verso i suoi nemici . Era un uomo superiore che sapeva appassionarsi alla verità, di cui fu un testimone straordinario . Ricordarlo a Torino l’11 febbraio in anteprima nazionale e’ un motivo di grande orgoglio. Solo il Centro “Pannunzio “ poteva promuovere  un incontro del genere: una sfida a tutti i conformisti  che ripetono, come paradossali  litanie laiche,  le solite, logore  vulgate, senza capire l’importanza della ricerca storica che deve sempre prevalere sulla propaganda politica.
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Mentre Stella e il suo collega  hanno delegittimato la politica con la scusa di denunciare la casta , facendo oggettivamente il gioco dei grillini, Pansa ha sempre avuto una concezione alta della politica che criticava con asprezza ed ironia nel suo “Bestiario”, una concezione che gli veniva anche dall’essere stato allievo di Sandro Galante Garrone , il “mite giacobino”,  non sempre mite, che  si ispirava anche a Salvemini,  a Calamandrei, a Rosselli, al liberale Ruffini  Pansa, pur nella sua coraggiosa incoerenza, era rimasto il giovane allievo di Sandro.
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