Rubriche- Pagina 92

Anche Colombini, però…

IL COMMENTO  di Pier Franco Quaglieni  Dopo il maldestro tentativo di giustificare le foibe da parte di un vero e proprio carneade come tal Eric Gobetti ( con il grande Piero non c’entra nulla), adesso  ci prova un’altra carneade, anch’essa torinese, tal Chiara Colombini con l’in tento di smontare i libri di Giampaolo  Pansa dedicati ai misfatti  cruenti dei partigiani comunisti  dopo il 25 aprile 1945 . Grande regista delle due operazioni e’ Laterza, la tipografia barese che  Benedetto Croce trasformò, pubblicandovi i suoi libri, in una prestigiosa casa editrice, oggi caduta  così in basso da essere divenuta l’editrice di fiducia  dell’Anpi che sta facendo una politica che è molto simile a quella del partito comunista di Togliatti, anzi di Pietro Secchia , il più violento ed ottuso capo comunista 

L’Anpi vuole tornare a  ridurre la Resistenza alla vulgata di  Roberto Battaglia che era una agiografia e non una storia. Era un grosso volume che nominava di passaggio  una sola volta Martini Mauri , il capo della Resistenza autonoma che comandava oltre cinquemila patrioti  e ignorava totalmente  le inevitabili ombre della guerra partigiana. Essere dalla parte giusta non poteva giustificare ogni azione , anche se   ferocemente delittuosa. Battaglia, figlio dell’era in cui la mitologia e l’interesse ideologico  dovevano prevalere su tutto, poteva anche essere comprensibile, ma il suo libro appare da tempo  un pezzo di un‘archeologia resistenziale improponibile. Gli storici successivi tacquero sui misfatti commessi dai partigiani comunisti   in nome del più vieto e interessato conformismo. Solo un partigiano che era stato fascista, Davide Lajolo, dopo una cena insieme, incominciò a narrarmi certi episodi  di cui  –  mi disse – non si doveva scrivere perché altrimenti si faceva il gioco dei fascisti. Erano gli anni in cui non si doveva neppure parlare di guerra civile , espressione diventata lecita dopo che un uomo di sinistra  come  Claudio Pavone inizio‘ a parlarne, suscitando delle aspre  critiche  dalla sua parte politica. Solo Bobbio ebbe l’onestà di dire che la Resistenza fu anche guerra civile. Poi venne un giornalista coraggioso che si era laureato con Alessandro Galante Garrone con una tesi sulla Resistenza e che era un giornalista di sinistra, Giampaolo Pansa e incominciò a parlare di sangue dei vinti , documentando quelle drammatiche vicende  successive alla Liberazione del 25 aprile in modo rigoroso e inoppugnabile. L’unica replica – ridicola – venne da  Angelo  d’Orsi che non seppe  far altro che obiettare che il libro di Pansa  non era storico perché privo di note.   Non seppe smentire nulla di quanto scritto da Pansa che non ebbe neppure smentite o querele dai parenti dei personaggi sotto accusa per reati infamanti. Neppure l’altro santone Giovanni  de Luna seppe replicare ai fatti raccontati da Pansa che non voleva sostituirsi agli storici , ma voleva far conoscere fatti che gli storici avevano nascosto per decenni, come avevano fatto con le foibe. Un’omertà vergognosa. Pansa venne insultato e sbeffeggiato dai soliti faziosi che cercarono anche di impedirgli di presentare i suoi libri. Pansa era un uomo onesto e scelse di scrivere certi libri come atto di doverosa onestà intellettuale, non priva di profonda eticità  civile. Il libro della Colombini vorrebbe contestualizzare i fatti narrati da Pansa, in effetti il suo obiettivo vero e’ quello di giustificarli  o minimizzarli . Ha un titolo provocatorio “Anche i partigiani però“. L’ho letto , ma mi rifiuto di recensirlo. E’ un lavoro con un  intento  meramente propagandistico  ed è  un’aggressione  proditoria a Pansa ad un anno dalla sua morte. Se Colombini avesse scritto con Pansa in vita sarebbe stato diverso, ma forse non ne aveva il coraggio. Contestualizzare non significa giustificare , questo è un principio storico su cui non si può transigere . Persino l’infame episodio di Piazzale Loreto con la plebaglia che piscia e caga sui cadaveri di Mussolini e della Petacci viene visto in una luce diversa. Per me sono cose inconcepibili proprio perché l’antifascismo  e’ una scelta che rispetta quei valori umani che i fascisti avevano calpestato. Piazzale Loreto e’ ingiustificabile sotto ogni punto di vista. Parri parlò di “bassa macelleria sudamericana“. Ripeto un’altra volta la battuta di Flaiano: i fascisti sono di due tipi: i fascisti e gli antifascisti. Il libro, come quello di Gobetti, mi ha fatto tornare  alla mente Flaiano. Che tristezza che nel 2021 non si riesca a parlare con serenità e distacco storico del nostro passato, ma stia venendo fuori una generazione di faziosi che ci ripropone idee che ritenevamo archiviate per sempre  dopo il crollo del muro di Berlino.
scrivere a quaglieni@gmail.com

L’isola del libro

Rubrica settimanale a cura di laura Goria

Cristina Comencini “L’altra donna”   -Einaudi-   euro  18,00

Questo è il diario di una relazione -ma non solo- ed è un altro romanzo in cui la scrittrice, sceneggiatrice, regista e drammaturga Cristina Comencini mette a fuoco le relazioni umane.

Si parla di coppie appena formate, ma anche di quelle ormai esaurite ed implose, di figli smarriti, ma soprattutto degli ingredienti misteriosi che legano due persone innamorate.

Elena è giovane, bella, ha 36 anni, è in carriera ed è la compagna di un suo professore universitario molto più grande di lei, Pietro.

Lui ha alle spalle un matrimonio dapprima felice con Maria, benedetto dall’arrivo di 3 figli, poi franato e con ferite rancorose in parte ancora slabbrate.

La vicenda è raccontata da Elena in prima persona che è incuriosita dal passato di Pietro, dalla sua ex moglie Maria, e dalle dinamiche del loro matrimonio.

Al centro c’è il concetto dell’altro da se, dell’altra donna sulla quale si fantastica col sotteso desiderio di conoscerla, stabilire un legame amichevole o anche complice, sebbene permeato da qualche sentimento negativo, senza essere necessariamente rivali.

Elena e Pietro insieme stanno bene: lei in parte ha trovato un surrogato del padre, col quale c’era stato un segreto non apertamente svelato, che però aveva inficiato il loro rapporto.

Pietro, che non vuole invecchiare, ritrova l’entusiasmo della gioventù con questa donna ancora fresca, con la quale vive in armonia tra un viaggio e l’altro per lavoro.

Le cose si complicano quando Maria, con l’inganno, riesce a contattare Elena. Le due si scrivono, si confidano e raccontano le 2 facce del rapporto con l’uomo che condividono, anche se in tempi e con modalità diverse. Poi arriva anche il  figlio più piccolo della coppia, Francesco, giovane dislessico dalla memoria prodigiosa, di una manciata di anni meno di Elena e ci saranno nuovi sviluppi piuttosto interessanti.

 

Andrea De Carlo  “Il teatro dei sogni”    -La Nave di  Teseo-    euro 20,00

La scoperta di un teatro, che sembra molto antico, nel produttivo nord Italia è l’escamotage con cui Andrea De Carlo affonda i denti nel malcostume, a più livelli, del nostro paese.

Con tono brillante, tecnica narrativa scorrevole dal sapore cinematografico, ironia e scene scoppiettanti, imbastisce un affresco corale che ricorda molto le magagne italiane… e ce n’è per tutti.

E’ una critica corrosiva che smaschera la pochezza dei politici nostrani che campano di slogan altisonanti ma privi di contenuti.

Mette in discussione l’assurdità trash di certi programmi -di basso livello, ma grande share- impostati sulla bieca rincorsa di squallidi gossip; l’immagine fasulla di certi personaggi televisivi; l’indifferenza della politica per la cultura e il bello; lo strapotere dei social e di un mondo imbastito sulla vuota immagine.

Tutto ha inizio con la rampante giornalista televisiva Veronica Del Muciaro che per caso scopre il ritrovamento di un teatro (apparentemente greco e antichissimo), portato alla luce dal marchese Guiscardo Guidarini dopo 3 anni di scavi nella sua vasta proprietà cinquecentesca.

Siamo nell’immaginario paese di Cosmarate, nel nord industriale, in provincia di Suverso e subito si scatena la contesa tra i politici, sindaci e assessori dei due paesi.

Ad attingere con arroganza e a piene mani  nella vicenda c’è la tv per cui lavora come inviata d’assalto la fanciulla (bistrattata dalla titolare del programma che più odiosa non si potrebbe) con continui collegamenti da studio che coinvolgono opinionisti boriosi e di scarsa qualità (anche qui la satira verso la pochezza di certi programmi balza agli occhi).

Poi ad aggiungere pepe alla vicenda ci si mettono le ambizioni personali dei vari personaggi, la lotta tra due partiti che tanto ricordano lo scenario della squallida politica nostrana.

Su tutto primeggia la bravura di De Carlo che sfoga con intelligenza il suo essere insofferente nei confronti del dilagante malcostume dei tempi nostri. E i vari personaggi sono lanciati all’inseguimento di un illusorio teatro dei sogni, fino alla beffa finale.

 

 

Bernardino Branca  “Villa Clara”    -Mimesis edizioni-     euro 10,00

E’ una deliziosa passeggiata nel passato questo libro scritto dallo studioso di ampi interessi Bernardino Branca che racconta la storia di una grande villa affacciata sul Lago Maggiore. Lo fa attraverso le vicende dei suoi proprietari e dei vari ospiti transitati nelle stanze e nel parco. In gran parte è il racconto di un mondo che non c’è più, ancorato alla bellezza, alle tradizioni, all’educazione e a un elegante modo di attraversare la vita.

E’ una saga familiare in cui l’autore rinverdisce i ricordi della sua infanzia e adolescenza all’ombra di personaggi affascinanti.

Rimette insieme i fili delle sue vacanze nella villa di Baveno, Villa Clara (oggi Villa Maria), costruita nel 1870 dall’ingegnere ferroviario in India, Sir Charles Henfrey, che la dedicò all’amata moglie di 28 anni più giovane di lui.

Negli anni la sontuosa dimora ha ospitato personaggi illustri, tra i quali anche la Regina Vittoria che qui trovava pace, silenzio e una vita contemplativa lontano dagli impegni della corte britannica.

La villa in mattoni rossi e stile English New Gotich viene descritta in ogni dettaglio, così come vengono tracciati i caratteri e i destini dei nonni, a partire dal bonario snobismo del nonno Dino che aveva una seconda vita e un segreto imbarazzante per l’epoca.

La stoica nonna Teresa, nata a Porto Alegre, in Brasile, figlia del console italiano, che in risposta alle stranezze del marito oppone il saggio principio del Carpe Diem.

C’è il padre Steno dalla straripante voracità intellettuale e i nervi fragilissimi che portava il figlio di soli 5 anni in giro per musei. Poi gli zii con le loro passioni e gli amori, e l’avvicendarsi delle Fraulein che tanto hanno inciso sulla crescita dello scrittore. Questo e molto altro condensato in poco meno  di 100 pagine corredate da immagini dal sapore antico.

 

 

Shawn  Levy  “Il Castello  di Sunset  Boulevard”   -EDT-  euro 24,00

Questo libro è dedicato al mito intramontabile del Chateau Marmont sul Sunset Boulevard di Hollywood, ispirato al modello dei castelli francesi nella Loira. Costruito negli anni Venti, prosperato nei Quaranta e Cinquanta, scivolato quasi in rovina nel ventennio successivo, poi diventato famoso e iconico negli anni Ottanta con la morte di John Beluschi, stroncato da un’overdose in uno dei bungalow.

Attraverso la storia di questo storico hotel leggerete anche, se non soprattutto, la storia della mecca del cinema: successi e cadute di divi e dive, i loro eccessi e stravizi, gli amori, i litigi, le feste ad alto tasso alcolico e di droghe, gli sfarzi e le miserie umane legate all’altalena della gloria e del declino.

355 pagine arricchite da  illustrazioni, scritte con maestria da Shawn Levy, importante critico  cinematografico che ha una talentuosa passione per le biografie, che spesso superano persino la fantasia dei romanzi.

Mentre nella via più cinematografica del mondo vari hotel e locali passavano dall’essere alla moda all’oblio, il Marmont ha saputo veleggiare anche tra le tempeste dei tempi in divenire continuo; annoverando aneddoti vari e succulenti relativi ad attori, registi, musicisti e artisti in genere che qui trovavano prezzi accessibili, privacy assoluta e un porto sicuro in cui vivere stravizi e glorie, debacle e cadute devastanti.

Molti i nomi dei personaggi consegnati al mito; dalla pantera di Hollywood Jean Harlow,  ad Howard Hughes, da Clark Gable a Glen Ford, David Niven ed Errol Flynn, Humprey Bogart, Billy Wilder, Katherine Hepburn e via così di star in star.

Levy ricostruisce retroscena affascinanti di glorie passate, dalla vita anche tragica, come Montgomery Clift,  James Deen e Roman Polanski; oppure leggende con Greta Garbo e Grace Kelly, Quentin Tarantino e tantissimi altri, tra i quali potrete scoprire anche gossip e dettagli di vita inediti.

Insomma un affascinantissimo viaggio nella grande Hollywood dagli albori ad oggi, e le varie gestioni dei proprietari che si sono avvicendati nella perigliosa conduzione dell’Hotel per eccellenza e dalla storia assolutamente unica.

“Basta gridare ‘al lupo, al lupo!'”

QUA LA ZAMPA  Un Tavolo di confronto con il Garante dei Diritti degli Animali della Regione Piemonte per fermare le continue richieste di abbattimenti dei lupi

Il “Tavolo Animali & Ambiente”, costituito dalle associazioni animaliste e ambientaliste ENPA, LAC, LAV, LEGAMBIENTE Piemonte, LIDA, LIPU, OIPA, PRO NATURA e SOS Gaia, ha richiesto ed ottenuto un Tavolo di Confronto Permanente con il Garante dei Diritti degli Animali della Regione Piemonte, il Dott. Enrico Moriconi.
Nei primi due incontri, tenutisi online, è stata messa a punto la campagna “BASTA GRIDARE AL LUPO AL LUPO” per salvare il lupo dal rischio di abbattimenti.

Nel secolo scorso i lupi italiani sono arrivati sull’orlo dell’estinzione ma fortunatamente, negli anni ‘70, è stato loro riconosciuto lo status di “specie particolarmente protetta”. Questo ha consentito un parziale e naturale ripopolamento delle montagne, ma la specie non è ancora del tutto fuori pericolo.
La presenza del lupo è sinonimo di un ecosistema sano ma si sono verificati, e si verificano tuttora, conflitti con l’allevamento zootecnico allo stato brado, tanto che recentemente sono purtroppo emerse di nuovo posizioni in favore dell’abbattimento di tale animale.

Ricordiamo che sono stati investiti fondi pubblici europei per il progetto “Life Wolfalps EU”, che ha come obiettivo la convivenza tra il lupo e le attività economiche dell’uomo in montagna. La Regione Piemonte dovrebbe promuovere le attività di prevenzione alla predazione, garantire in tempi brevi i rimborsi per gli animali predati e l’assistenza veterinaria.

Una società civile deve trovare una adeguata convivenza a tutela del lupo e dei pastori.

Pertanto, il “Tavolo Animali & Ambiente” chiede al Ministro della Transizione Economica, Roberto Cingolani, al Presidente della Regione Piemonte, Alberto Cirio, ed al suo Vice, Fabio Carosso, ciascuno per la parte di propria competenza :
– il pieno supporto al progetto “Life Wolfalps EU”, in particolare alle strategie per assicurare una convivenza stabile tra il lupo e le attività economiche tradizionali;
– il sostegno ad un piano nazionale di conservazione e gestione del lupo che non preveda abbattimenti;
– l’organizzazione di incontri con le comunità locali di cittadini, in collaborazione con le Provincie piemontesi, la Città metropolitana di Torino ed i Sindaci, per promuovere una cultura scientifica e corretta della convivenza con gli animali selvatici, anche nelle scuole, con la partecipazione di rappresentanti delle associazioni per la tutela degli animali e dell’ambiente.

La campagna “BASTA GRIDARE AL LUPO AL LUPO” è già iniziata con il lancio della omonima petizione, sia cartacea che online. È prevista poi una conferenza stampa sull’argomento, con la partecipazione di vari esperti, nonché presidi davanti alla sede della Regione Piemonte, tavoli di informazione e di raccolta firme e distribuzione di volantini informativi in tutta la Regione.

Per aderire alla petizione online: www.change.org/p/basta-gridare-al-lupo-al-lupo

Per il “Tavolo Animali & Ambiente”
Marco Francone
Resp. LAV Piemonte

Torino tra architettura e pittura: Alessandro Antonelli

Torino tra architettura e pittura

1 Guarino Guarini (1624-1683)
2 Filippo Juvarra (1678-1736)
3 Alessandro Antonelli (1798-1888)
4 Pietro Fenoglio (1865-1927)
5 Giacomo Balla (1871-1958)
6 Felice Casorati (1883-1963)
7 I Sei di Torino
8 Alighiero Boetti (1940-1994)
9 Giuseppe Penone (1947-)
10 Mario Merz (1925-2003)

3) Alessandro Antonelli

“Il destino è quel che è, non c’è scampo ormai per me!” questo gridava nel sonno lo scapigliato protagonista del celebre “Frankenstein Junior”, film del 1974 diretto da Mel Brooks, e credo che questa battuta possa riassumere il mio attuale stato d’animo, non tanto dissimile –immagino- da quello delle altre persone. La situazione pandemica si è nuovamente aggravata, dobbiamo resistere e affrontare le difficoltà che si prospetteranno, ancora una volta, e ancora una volta ci tocca sperare “che andrà tutto bene”. Per questo articolo non mi sento di inventare panegirici di fantomatiche gite scolastiche perché anche le persone ottimiste come lo sono io, ogni tanto, hanno bisogno di “accasciarsi” e farsi trasportare dove li porta il vento. O il nuovo DCPM. E poi di vedrà.
In questo pezzo dunque vi chiedo di immaginare quello che già conoscete, ossia lo “skyline” del “nostro” capoluogo piemontese, reso assai riconoscibile da una punta che svetta “tra le montagne,” una costruzione che fino al 1953 è stata la più alta d’Europa, un edificio dalla storia leggermente travagliata e attorno al quale circolano “strane” storie e curiose verità.
Si tratta della Mole Antonelliana, uno dei simboli indiscussi di Torino,
situata nel centro storico della città, in via Montebello, ora sede del Museo Nazionale del Cinema, esposizione unica nel suo genere e conosciuta in tutta Italia. L’edificio è legato al nome del suo ideatore, Alessandro Antonelli (1798-1888), uno dei protagonisti della scena artistica italiana del XIX secolo.

Prima di addentrarmi nell’argomento del giorno gradirei accennare due parole sul Museo Nazionale del Cinema, luogo che amo particolarmente e che ho visitato più volte, soprattutto negli anni dell’Accademia, durante i quali ho approfondito le tematiche della scenografia cinematografica. Al di là degli studi, ho sempre apprezzato “andare al cinema” e vedere come la pellicola rielabori emozioni e sensazioni su cui poi è bello ritrovarsi a riflettere. La nascita del Museo si deve a Maria Adriana Prolo, che nel 1941 immagina un luogo dedicato alla raccolta dei documenti dell’industria cinematografica torinese. Attualmente l’esposizione vanta quasi 1.800.000 opere tra film, documenti d’archivio, fotografie, apparecchi e oggetti d’arte, manifesti, memorabilia del cinema, volumi e registrazioni sonore. Ma è meglio che mi fermi qui, prima di andare fuori tema.
Torniamo dunque a noi.Nella prima metà dell’Ottocento l’architettura, ancora essenzialmente legata al gusto neoclassico, inizia a risentire dell’influsso del “Gothic revival”, come testimoniano gli edifici in stile archiacuto costruiti in questi anni. La ripresa del Gotico favorisce il recupero di diversi elementi architettonici tipici di periodi passati; la riscoperta artistica rende la seconda metà del XIX secolo particolarmente eclettica dal punto di vista urbanistico, grazie proprio alla contaminazione e alla coesistenza tra i vari stili del passato. Tale particolare e polistilistica produzione architettonica non caratterizza solamente i padiglioni delle grandi esposizioni internazionali, ma anche l’edilizia civile, e nei centri urbani inizia a prevalere il criterio di applicare alle diverse tipologie funzionali altrettanti stili, per cui le banche vengono realizzate in stile classico, le abitazioni in stile rinascimentale, le stazioni termali in stile orientaleggiante e gli edifici religiosi in stile medievale.

Alessandro Antonelli è attivo soprattutto in Piemonte, le sue architetture tendono a staccarsi dal dilagante eclettismo e si distinguono per profonda originalità. Si può affermare che la sua opera rifletta quel contrasto, rimasto irrisolto per tutto l’Ottocento, tra il conservatorismo accademico e il progressismo di stampo scientifico.
I progetti maggiormente legati al nome dell’architetto innovatore sono due: la Mole di Torino e la Cupola di San Gaudenzio a Novara, in entrambi i progetti egli sperimenta la tecnica costruttiva con tiranti in ferro nella tessitura laterizia.
Il suo carattere e le sue idee innovative lo portano purtroppo a scontrarsi con clienti e committenti, le incomprensioni fanno sì che molte delle sue opere vengano realizzate parzialmente o comunque con importanti modifiche.
L’architetto nasce a Ghemme, in provincia di Novara, in una famiglia assai numerosa: egli è il quinto di undici figli; il padre notaio e la madre casalinga.
Alessandro frequenta il liceo artistico a Milano, in seguito si iscrive all’Accademia di Brera per poi spostarsi in quella di Torino; una volta conseguita la laurea in Architettura e Ingegneria, per i quattro anni successivi lavora presso gli uffici tecnici demaniali del capoluogo piemontese.
Nel 1828 vince il prestigioso “ Prix de Rome”, in seguito a un concorso indetto dall’Accademia Albertina, tale onorificenza lo porta a recarsi a Roma per una formazione di cinque anni; in questo periodo egli si dedica soprattutto allo studio della geometria descrittiva, sotto la guida del Professore Carlo Sereni, si confronta con le innumerevoli opere presenti in città e inizia a frequentare diversi scultori emergenti. Conosce Berthel Thorwaldsen, con cui stringe un rapporto di solida amicizia e a cui chiederà di collaborare in uno dei suoi primi progetti, la cattedrale di Novara, per l’altare maggiore della chiesa.

Nel 1833 Antonelli fa ritorno in Piemonte. Tra il 1836 e il 1857 egli è professore di architettura, prospettiva e ornato presso l’Accademia Albertina di Torino; nel 1843 sposa Francesca Scaccabarozzi da cui ha due figli, Costanzo che diventerà ingegnere e una giovane fanciulla che morirà prematuramente a soli 19 anni.
Antonelli elabora uno stile funzionale dell’architettura, che lo porta a prestare particolare attenzione al piano di sistemazione urbanistica del centro di Torino, in particolare del quartiere Vanchiglia, dove costruisce la “sua” opera più celebre, la “Mole Antonelliana”, la Casa Scaccabarozzi (meglio nota come “Fetta di Polenta”) e la Casa Antonelli. Contribuisce anche allo sviluppo della città di Novara, con la costruzione della cupola della basilica di San Gaudenzio, della vicina Casa Bossi e con la stesura del progetto di ricostruzione della cattedrale di Santa Maria Assunta.
Nel 1844 inizia l’edificazione della Cupola di San Gaudenzio, a Novara, destinata a completare la basilica eretta da Pellegrino Tibaldi; alla fine dei lavori l’edificio risulta un’arditissima opera, dotata di una base molto ristretta, di appena 26 metri di diametro, ma alta ben 125 metri, ai limiti della resistenza delle strutture. Particolarmente degna di attenzione è anche la parte esterna della cupola, rivestita da cinque ordini di pilastri, colonne, cornici, su cui si imposta la cupolina, a sua volta sormontata da quattro ordini di sostegni, a formare il pinnacolo.
Dopo aver completato il Duomo di Novara, (1861), Antonelli si dedica alla progettazione della Mole torinese. Il cantiere viene aperto nel 1863 e i lavori si protraggono oltre la morte dell’architetto, fino al 1888; inizialmente il progetto è rivolto a erigere una sinagoga, tempio della Comunità Israelita Torinese, ma l’idea non piace e la struttura viene adibita a museo. Il progetto approvato dalla comunità ebraica prevedeva un edificio dell’altezza di 47 metri, ma durante la costruzione Antonelli applica delle modifiche e porta l’altezza a 113 metri. La comunità ebraica non apprezza i cambiamenti progettuali e, anche per non meno importanti motivi economici, decide di chiudere il cantiere.

La Mole è una delle costruzioni più ardite dell’Ottocento, è formata da un massiccio piedistallo a base quadrata, sui cui si innalza una volta a padiglioni a sesto acuto sormontata da una sottile guglia, che raggiunge i 167 metri dal suolo.
Tale edificio evidenzia i presupposti culturali a cui l’architetto fa riferimento per le sue opere: da una parte il linguaggio neoclassico, come dimostrano il fitto reticolato di cornici, colonne e pilastri, presenti anche nella cupola novarese, dall’altra i motivi neogotici e romanici, evidenti soprattutto nel verticalismo della costruzione.
Sono molte le curiosità e le leggende legate a questa costruzione. Secondo la tradizione esoterica la Mole è in realtà un enorme “canalizzatore” di energia positiva, essa assorbe dall’alta guglia energia dal cielo e la distribuisce sul territorio attraverso la base piramidale.
Se l’aspetto esteriore della struttura-simbolo di Torino è assai nota, forse non tutti sanno che l’attuale sede del Museo del Cinema appare in diversi film, tra cui “Porco Rosso” di Hayao Miyazaki dove la Mole compare nella sigla di chiusura del lungometraggio;  “Dopo mezzanotte” di Davide Ferrario girato in gran parte all’interno dell’edificio; “Le amiche” di Michelangelo Antonioni, dove, nei titoli di testa si vede la sua guglia spezzata.
Alcuni studiosi hanno voluto sottolineare che la maestria costruttiva di Antonelli è il punto di arrivo di una tecnica antichissima, che parte addirittura dalle cupole romane, più che il punto di partenza di una tecnica e di una scienza nuove ( Gregotti-Rossi, 1957); tuttavia è opportuno sottolineare che l’architetto inserisce anche aspetti innovativi, evidenti specialmente nel costante interesse per il dato urbano.

In generale l’opera di Antonelli pare riflettere quel contrasto, che rimane irrisolto per tutto l’Ottocento, tra il conservatorismo accademico e il progressismo di stampo scientifico.
Negli anni Sessanta dell’Ottocento Antonelli, in qualità di rappresentante dell’Accademia Albertina, viene nominato membro della commissione incaricata di valutare i progetti della facciata della cattedrale di Santa Maria del Fiore, rimasta incompleta dai tempi del Rinascimento; l’architetto decide tuttavia di abbandonare la commissione e di partecipare al concorso come progettista, le sue idee però non piacciono e vengono scartate.
Egli è anche uomo politico, è consigliere regionale e provinciale, ed è, per un periodo brevissimo di appena due mesi, deputato del Regno di Sardegna.
Antonelli si spegne a Torino, nel 1888, a più di novant’anni. Dopo i funerali di rito cattolico, la sua salma è stata sepolta nella tomba di famiglia, posta all’entrata del cimitero del comune di Maggiora.
Non so chi siano i miei lettori, ma non posso terminare questo pezzo senza avvisare i potenziali studenti che si potrebbero inavvertitamente imbattere nella suddetta lettura: pare che la meraviglia architettonica torinese di Antonelli in realtà porti leggermente sfortuna agli universitari e agli scolari in genere, niente di allarmante, solo qualche possibile ritardo nel percorso di studio. Tuttavia, dato il periodo già abbastanza complicato di per sé, perché aggiungere ulteriori preoccupazioni?

Alessia Cagnotto

L’invidia sociale e le seconde case

IL COMMENTO  di Pier Franco Quaglieni  Viene qualche volta da pensare allo sfogo di Umberto Eco sui babbei che su Facebook sentenziano su tutto e su tutti.
Forse aveva davvero ragione il semiologo che, potendo scrivere sui giornali, si rivelava intransigente classista nel giudicare sprezzantemente i leoni e i leoncini da tastiera. Io stesso mi diletto da anni a scrivere su Fb e forse ,a volte, mi sono manifestato anch’io un babbeo, lasciandomi andare a giudizi affrettati o ad emozioni non meditate. Ho seguito casualmente su Facebook un dibattito molto  animato su diverse pagine  dai vedovi di Conte che piangono la sua dipartita politica, attaccando Draghi, quasi fosse possibile fare dei confronti tra l’oscuro avvocato pugliese e un uomo di livello internazionale come l’ex Presidente della BCE che viene considerato l’uomo che difende i ricchi (sic), ignorando le ragioni dei poveri, come se fosse la riedizione del Governo di Mario Monti. In particolare, c’è chi se la prende con chi ha le seconde case, quasi come esse fossero un furto e fosse moralmente e socialmente disdicevole trasferirsi nelle medesime, come prevede il decreto Draghi. Forse costoro dimenticano che fu proprio Conte con un suo decreto a consentire questi spostamenti, senza peraltro sollevare clamori. Si tratta di diritti costituzionali conculcati per mesi senza ragioni che Conte, il fine giurista, alla fine ritenne, bontà sua e del comunista Speranza,  di ripristinare. La proprietà privata è ancora garantita dalla Costituzione insieme alla libertà di trasferirsi liberamente. Conte consentì a chi usufruisce di una seconda casa, non necessariamente di proprietà , di trasferirsi a casa sua. Draghi, in linea di continuità con Conte e avendo come Ministro della Salute lo stesso Speranza (che avrebbe dovuto liquidare come ha fatto con Arcuri), ha mantenuto la possibilità di trasferirsi a casa propria che non appare un privilegio, ma un diritto. Io non voglio difendere a priori Draghi e può darsi che, in una maggioranza di Governo con la presenza di grillini, Pd e comunisti, abbia dovuto cedere a Speranza ed alla gravità oggettiva della situazione. In quindici giorni non si cambiano gli errori di oltre un anno. Ma incolparlo di aver replicato un tardivo provvedimento di Conte che consente a molti anziani privi di vaccino – va sottolineato –  di cercare di evitare i gravi pericoli di contagio di una grande città, andando al mare (molti anziani avevano da anni l’abitudine o persino la necessità prescritta dal medico di svernare al mare , magari perché affetti da una bronchite cronica), appare una forma di  demagogia ed esprime quella invidia sociale che, seminata a larghe mani dai grillini per anni, si manifesta come una delle conseguenze più nefaste e socialmente disgreganti  della pandemia. Mieli, da vero storico di razza, sosteneva un anno fa che la pandemia avrebbe creato condizioni sociali migliori e il suo superamento avrebbe addirittura  determinato  una scossa positiva economica, come accadde dopo le pestilenze del passato. Non è stato profeta degno di fede perché sta emergendo un odio sociale che già devasta la società italiana. Altro che i fessi che sventolavano il tricolore sui balconi e cantavano l’inno nazionale un anno fa. Qui si è arrivati a contestare con linguaggio giacobino il diritto di poter fruire di casa propria , spesso non frutto di  facili eredità, ma di  sudati risparmi. Per fortuna il devastante Governo più a sinistra della storia italiana ha finito la sua corsa. Oggi Di Maio incredibilmente si dice “liberale e moderato”, peccato che il suo partito abbia sovvertito in modo devastante alcuni valori che neppure il PCI  si sarebbe mai sognato di lambire perché molti comunisti con i loro risparmi si erano comprati una seconda casa. Il clima che i grillini hanno creato e che la pandemia ha aggravato è quello dell’invidia sociale nei confronti di quel  poco che resta della borghesia, la classe sociale più tartassata e schernita da tutti i sessantottini di 50 anni fa e da quelli  di ritorno, ma anche la classe sociale che ha fatto l’Italia e l’ha ricostruita dopo la seconda guerra mondiale. Machiavelli scriveva che la Chiesa con i suoi vizi rendeva gli italiani “captivi “. Questa parola mi è tornata alla mente leggendo certe critiche che rivelano astio, se non odio. Si era detto che bisognava combattere gli odiatori , ma quelli di classe che segnarono cent’anni fa la nascita del PCI e che la saggezza di Togliatti finì di smorzare, sembrano oggi risorti a nuova vita come  un frutto avvelenato della devastazione della pandemia e di una ubriacatura politica che riporta tristemente indietro di un secolo i quadranti della storia. Chissà cosa penserebbero di certi dibattiti su Fb i radical – chic che hanno la seconda casa , spesso una villona, a Capalbio. Sarebbe interessante conoscere la loro opinione. Loro e il loro snobismo intollerabile (e non i pensionati che godono di un alloggetto  al mare) andrebbero fustigati come una vergogna nazionale sia in tempi normali, sia in tempi di pandemia.

Aprire ai privati per i vaccini

IL COMMENTO  di Pier Franco Quaglieni Nella situazione  sanitaria difficilissima in cui ci troviamo in particolare per l’aumento dei contagi e per  i gravi ritardi nella somministrazione dei vaccini, non si può più attendere nel coinvolgimento dei privati nell’affrontare il COVID con la vaccinazione di massa, andando oltre le chiacchiere 

Le ricette  metà stataliste  e metà regionaliste sono fallite. Come per i tamponi alla fine si è dovuti ricorrere ai centri privati e alla farmacie che sono un presidio diffuso sul territorio, così per il vaccino bisogna andar oltre il burocratismo inefficiente lasciato da Arcuri e bisogna coinvolgere i privati che, di norma, sono esempi di efficienza e di rapidità. I modelli statalisti hanno fallito e qui è in gioco la salute , anzi la vita degli Italiani. La proposta della Fondazione Einaudi per un accesso ai vaccini a pagamento ha una finalità positiva indiscutibile. Snellire le procedure , sollevare il sistema sanitario nazionale, consentire al cittadino che voglia vaccinarsi di farlo sono obiettivi che diventano raggiungibili . Occorre buon senso e pragmatismo.
Tutto ciò  non intacca il diritto alla sanità pubblica e al vaccino gratuito, ma da’ un aiuto al sistema pubblico e garantisce a chi può e vuole  (non bisogna essere ricchi per accedervi ) di vaccinarsi  rapidamente, contribuendo a sconfiggere o, almeno, contenere il virus. Nel Governo Draghi non ci sono solo forze stataliste e demagogiche, ma nel governo c’è la presenza di partiti che a questi discorsi dovrebbero essere sensibili e dovrebbero far sentire la propria voce in modo fermo. Ogni ulteriore ritardo nella somministrazione dei vaccini significa più infetti e più morti . Almeno durante questa immensa tragedia lo statalismo inefficiente va sospeso. Questo è l’interesse preminente della Italia . Vaccino libero in libero Stato. Questa e’ la parola d’ordine delle persone di buon senso.
scrivere  a quaglieni@gmail.com

Dalle primule di Arcuri al tricolore del generale

IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni

Non si può non essere soddisfatti per la rimozione del commissario Domenico Arcuri, manager targato Pd, sempre vissuto di incarichi pubblici, senza mai aver dato prova di efficienza.

Arcuri appare come una vistosa espressione di quel sottobosco romano che ammorba la vita di questo Paese da sempre. Grave colpa di Conte fu scegliere questo grigio personaggio per un incarico così delicato e inedito, mettendo in secondo piano la Protezione Civile che con le emergenze ci convive da sempre e che quasi sempre ha centrato gli obiettivi, specie durante la gestione Bertolaso.  Non voglio infierire ulteriormente su Arcuri che è stato oggetto di tanti miei articoli nel corso un anno zeppo di errori , di inefficienza e persino di arroganza . Non ripeterò qui l’elenco delle sue vistose responsabilità che molti giornali hanno sempre taciuto o minimizzato e che pure apparivano sempre più evidenti anche agli occhi di semplici cittadini . Solo ieri certi giornali si sono accorti degli errori di Arcuri , da tempo ormai inviso a buona parte dell’opinione pubblica . Solo ieri il “Corriere della Sera” ha scritto quanto segue e che dovrebbe da solo portare la Magistratura ad aprire un’indagine : “Il solito consociativismo italiano che porta a distribuire le poche dosi di vaccino disponibili fra ordini professionali , amici degli amici e varie categorie non esposte, mentre milioni di anziani aspettano “. Di quel consociativismo Arcuri è stato ed è l’emblema, anche se non basta cacciarlo per rimediare . Il Presidente Draghi ha scelto il suo successore in un generale degli Alpini di grande esperienza proprio nel campo della logistica che nobilmente e sobriamente ha parlato di voler “servire la Patria”. Non si sentiva da tempo immemorabile ascoltare la parola Patria . Le primule appassite di Arcuri e il tricolore del Generale Figliuolo, potremmo dire, sintetizzando.
C’è stato subito qualche fazioso imbecille che ha palato di “militarizzazione “ del Paese . In effetti il ricorso ad un militare dimostra in modo lampante l’emergenza di oggi che un anno di incompetenze ha aggravato. Dopo un anno ci troviamo in condizioni peggiori senza poter intravvedete un’uscita. La gente e’ sempre più angosciata e di questo Draghi si è reso conto. Resta un mistero la sopravvivenza del piccolo politicante lucano al ministero della Salute .
Auguriamoci che la Penna Bianca possa fare il miracolo. Conte chiamo’i militari solo per “smaltire“ i morti di Bergamo, Draghi chiama il Generale per tutelare la vita degli Italiani che solo una vaccinazione di massa può preservare. Oggi ci sono le condizioni per tornare ad aver fiducia nello Stato, fermo restando che non si può fare di Arcuri il capro espiatorio di una gestione fallimentare della pandemia da parte del Governo Conte di cui si salva il solo viceministro Sileri, l’unico competente e, ironia della sorte, grillino: un vero ossimoro,  anch’esso espressione dei tempi pazzi che viviamo.

A Chieri uno sportello per la tutela degli animali

Approvata dal Consiglio comunale una Mozione per l’apertura di uno Sportello dedicato al benessere animale. Tempi e modalità di attuazione saranno definiti dal futuro Regolamento sul benessere animale

Istituire un apposito Sportello comunale per la tutela degli animali, come già avviene in altri Comuni, che fornisca ai cittadini informazioni (leggi vigenti, servizi veterinari, sterilizzazioni, adozioni, informazioni su canile e gattile, ecc.), coinvolgendo nella gestione le associazioni locali che si occupano di protezione e benessere animale: è quanto prevede una Mozione approvata dal Consiglio comunale di Chieri (con 2 astenuti), e firmata dai consiglieri di minoranza Rachele SACCO (Progetto per Chieri-Salviamo l’ospedale insieme) e Tommaso VARALDO (Gruppo Misto Chieri).

«Lo Sportello dedicato alla tutela degli animali sarebbe stato introdotto con il futuro Regolamento per il benessere animale, ma abbiamo approvato convintamente questa Mozione per sottolineare l’importanza di questa novità-commenta il Sindaco Alessandro SICCHIERO-tempi e modalità di attuazione dello Sportello saranno comunque subordinati alla stesura del Regolamento. Un lavoro alquanto impegnativo, che non riguarda solo gli animali di affezione e che tocca molteplici aspetti, anche di natura sanitaria. Abbiamo preso l’impegno di coinvolgere nell’attuale gruppo di lavoro i consiglieri di minoranza più attenti a queste tematiche, e interpelleremo le associazioni che si occupano di protezione e benessere animale. L’istituzione dello Sportello rappresenta un segnale dell’attenzione che il nostro Comune riserva ad un tema che sta a cuore a molti chieresi».

 A vent’anni dalla morte dell’ avvocato Volpini  

IL COMMENTO  di Pier Franco Quaglieni  Sono passati vent’anni dalla morte del professor avvocato Giacomo Volpini , esponente di spicco del federalismo europeista , segretario regionale del Pri (da cui uscì in aspro dissenso con Ugo La Malfa), giurista insigne , autore di saggi storici importanti, per oltre trent’anni dirigente del Centro “Pannunzio” di cui fu tra i fondatori. Io piansi quando appresi della sua morte immatura dopo un periodo di degenza ospedaliera devastante.

Ero stato a trovarlo in ospedale e mi trovai di fronte ad un uomo disperato che sentiva lo spettro della morte avvicinarsi inesorabilmente, pur essendo ancora disperatamente legato alla vita . Al tempio crematorio di Torino fui io a commemorarlo e non riuscii a trattenere una profonda commozione, parlando della sua morte crudele e della sua vita esemplare e nello stesso tempo trasgressiva. Era un siciliano di Modica che si era formato ed era vissuto a Torino ,che sentì come la sua città. Allievo del grande civilista Emilio Bachi, amico di Sandro Pertini ed antifascista di grande tempra morale, esercitò l’avvocatura e professò il diritto con grande impegno etico e civile. Credo che molti ex allievi ancora lo ricordino con affetto. Era un uomo di ampia cultura e di vasti interessi, ma era anche un amico che amava stare con gli amici, discutere, animarsi e indignarsi in difesa dei più nobili ideali . Per dirla con Emilio De Marchi, avremmo potuto definirlo” Giacomo l’idealista”. Studioso di storia, scrisse importanti libri, tra cui va citato il saggio sull’’Abbazia di Staffarda. Era anche un bon vivant : quante serate a parlare anche di frivolezze, passando dalle cose più serie ai piaceri della vita, in primis l’amore per le donne. Era il nostro modo di essere seri, non seriosi. Egli sentiva fortemente il valore dell’amicizia come pochi altri: in tutti i momenti difficili , anche quando gli amici fidati erano latitanti, Mino è stato presente. lui apparentemente spesso così distratto. Ricordo le cene alla “Locanda della Posta” di Cavour , le serate a sentire musica al piano bar di via Cesare Battisti, le domeniche a Salice d’Ulzio, ma ricordo soprattutto il suo coraggioso  impegno contro il finanziamento pubblico dei partiti nel 1974  e la realizzazione nel 1975 della grande Mostra dei disegni leonardeschi conservati alla Biblioteca Reale di Torino.Lui , Valdo Fusi e Tito Gavazzi riuscirono a sconfiggere le resistenze ministeriali e burocratiche, consentendo al Centro “Pannunzio” di realizzare l’iniziativa più importante dei suoi oltre cinquant’anni di vita. E’ triste dover constatare di non essere riuscito a trovare una sua fotografia. Sicuramente c’è nel mio archivio che mi stanno riordinando ,ma non sono riuscito a trovarla altrove ,un segno dei tempi barbari che viviamo nei quali sono ricordati solo i potenti o i loro servi. Volpini fu un uomo libero senza collare e troppi lo hanno dimenticato .Invece è giusto rendergli omaggio per la grande lezione di libertà che egli ci ha lasciato. Quando seppi della sua morte, ero sulla mia terrazza al mare .Gli dedicai una pianta che vive da vent’anni e che mi ricorda l’amico ogni volta che contemplo il mare dall’alto e immagino di averlo vicino come nei momenti lieti e in quelli tristi perché Volpini è stato uno dei più veri amici che io abbia avuto insieme a Mario Soldati e a Valdo Fusi. Lo sento vicino su quella  terrazza sul mare perché Mino ha saputo sempre volare alto anche nei momenti tragici della sua malattia e della sua morte affrontata con la  dignità  di un laico coerente fino alla fine.

La foto di Vincenzo Solano

Magnifica Torino / Una suggestiva immagine della ballerina Elisa Lacicerchia, scattata al mercato di porta palazzo. Il poeta Gabriele Casano di #respira.torino ha scritto una poesia: 

Nella cornice
specchio della piazza
l’incudine e il martello
intrecciati in metriche pitagoriche

Bagnata
dal sole dell’ultimo carnevale
nel torpore
dell’ultimo profumo del mercato
la mossa
della piroetta su un tempo sospeso

l’attimo
schiude

un papavero tenero
di petali
di tessuto porpora

Nell’incrinatura della città
dove le strade e i quartieri
sfumano
nel vociare indistinto
di una Torino
ormai desta

https://instagram.com/respira.torino?igshid=12ow8hvvq3oi5