La foto di Vincenzo Solano
Magnifica Torino / Il monumento a Carlo Alberto nell’omonima piazza torinese
“Chiudi gli occhi. Lascia entrare il ritmo in te”
Music Tales, la rubrica musicale. Racconti, curiosità ed eventi
“Chiudi gli occhi
Lascia entrare il ritmo in te
non provare a contrastarlo
non c’è niente che tu possa fare
rilassa la tua mente
sdraiati e muoviti con me
Devi sentire quel calore
così possiamo cavalcare il boogie
condividere quel ritmo d’amore”
Rock with You è un singolo scritto da Rod Temperton ed interpretato dal cantante statunitense Michael Jackson, il secondo estratto dal suo quinto album in studio Off the Wall e pubblicato il 3 novembre 1979.
La canzone fu una delle ultime in stile “disco dance” della popstar. Conquistò la posizione numero uno in diverse classifiche ed è uno dei suoi brani più amati dal pubblico.
Il 27 febbraio 2006 Rock with You venne ripubblicato in formato DualDisc ed incluso anche
nel videoalbum Visionary: The Video Singles.
Il videoclip del brano ritrae Jackson in una stanza nera con un sfondo di luci colorate. Il video è stato trasmesso per la prima volta da MTV e compare spesso negli speciali anni Ottanta.
Un brano che fa ballare, anche il testo invita semplicemente a “rockeggiare” insieme fino all’alba, e che è stato riproposto da Brandy, ma, oggi, per augurarvi una settimana frizzante, ve ne propongo una versione che mi ha fatto scoprire un’ amica, più che amica, e di cui non ero affatto a conoscenz ma che mi ha colpita, e per la voce del buon Teddy Swims, e per la sua immagine…come dire….singolare.
Mi piace, eccovela:cotta e mangiata!
“Cantate e danzate insieme e siate felici, ma fate in modo che ognuno di voi sia anche solo, come sono sole le corde di un liuto, sebbene vibrino alla stessa musica.”
Chiara De Carlo
https://www.youtube.com/watch?v=hTU6ib45t1U
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Chiara vi segnala i prossimi eventi …mancare sarebbe un sacrilegio!
Giulia Maria tra i due Cederna
IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni / Ci sono ottimi motivi per esaltare, come è stato fatto, l’opera di Giulia Maria Crespi come fondatrice del FAI, che è un’ importante istituzione a tutela dell’ambiente. Il FAI si è identificato con la Crespi che è rimasta Presidente onoraria a vita. La sua è stata una vita spesa per nobili e grandi ideali. Questo resta il bilancio finale di una lunga esistenza che è arrivata vicina al secolo.
Fu anche una delle protagoniste di “Italia nostra“, associazione assai importante nella storia della cultura italiana. Antonio Cederna sul “Mondo“ di Pannunzio fu l’anticipatore coraggioso di quelle battaglie a tutela del patrimonio paesaggistico, artistico ed ambientale. Giulia Maria credo si sia ispirata a Cederna.
La vita di Giulia Maria, si potrebbe dire, è stata giocata tra i due Cederna. Per un certo periodo ha prevalso Camilla rispetto ad Antonio, poi l’eredità di Antonio ha preso il sopravvento. Io sono stato associato sia di “Italia nostra“, sia del FAI e debbo dire che mi sono sempre sentito un pesce fuor d’acqua perché ho sempre colto la prevalenza di uno snobismo fastidioso che non mi e’ mai piaciuto. E infatti non mi sono più associato a conventicole formate da persone che si ritengono a priori detentori di tutte le verità dell’universo e vogliono far pesare la loro presunta superiorità.
La Crespi andrebbe anche ricordata come editore del “Corriere della Sera“. Nel 1968 chiamò a dirigere il giornale l’allora “socialdemocratico saragattiano “Giovanni Spadolini con una scelta avveduta. Ma quando davanti al “Corriere “ cominciarono le contestazioni e le violenze sessantottine con la partecipazione anche dell’editore -guerrigliero Gian Giacomo Feltrinelli, amico della Crespi, l’editore cercò di liberarsi di Spadolini che per altro non era certo un uomo molto coraggioso . Gli venne inflitto un licenziamento in parte “concordato“ ( il rapporto venne interrotto con un anno di anticipo rispetto al contratto )nel 1972 che consentì al direttore del “Corriere “ di intraprendere una sfolgorante carriera politica nel PRI che lo porterà alla Presidenza del Consiglio e del Senato .
Spadolini aveva denunciato i pericoli insiti nell’estremismo di sinistra senza mezzi termini , forse unico direttore di giornale in Italia. Quelle posizioni non piacevano ai salotti frequentati dalla Crespi che stravedevano per Mario Capanna ed i suoi amici. La Crespi scelse come nuovo direttore Piero Ottone che proveniva dal “Secolo XIX “dove aveva mantenuto un atteggiamento equilibrato . Giunto al “Corriere”, Ottone si lasciò guidare dal comitato di redazione formato da faziosi e intolleranti giornalistini , come li definiva Giovanni Giovannini. Egli spostò a sinistra il giornale , comprimendo la libertà di espressione di giornalisti come Indro Montanelli, colpevole di aver scritto un ritratto corrosivo di Camilla Cederna. Montanelli, licenziato in tronco da Ottone, con altri importanti giornalisti usciti dal “Corriere” diede vita al “Giornale “ nel 1974. In quello stesso anno la Crespi cessò di occuparsi del giornale che venne venduto ad Angelo Rizzoli, quello che, accusato di essere piduista, avrebbe mandato allo sbando il quotidiano di via Solferino. Montanelli definì la Crespi una “dispotica guatemalteca“.
Sembra – ma non ci sono certezze – che la Crespi, a sua volta, abbia brindato alla notizia del ferimento di Montanelli da parte delle Br.
Dalla “gran lombarda” che fu la prima donna editore di un grande giornale, sia pure non per meriti personali, e fu la fondatrice di grandi realtà come il FAI, una testimonianza vivace ed importante anche se molto discussa. In tempi recenti la Crespi aveva anche simpatizzato per la giovane ambientalista Greta.
L’isola del libro
Rubrica settimanale a cura di Laura Goria
Carmen Korn “Aria di novità” -Fazi Editore- euro 20,00
E’ il terzo ed ultimo romanzo della saga della scrittrice tedesca 68enne Carmen Korn (dopo “Figlie di una nuova era” e “E’ tempo di ricominciare” pubblicati da Fazi) che ci racconta il seguito delle vite di 4 personaggi femminili di Amburgo, sullo sfondo delle vicende storiche che in questa puntata della saga vanno dal 1970 al 2000.
La Germania è ancora divisa e Berlino è tranciata in due dal muro che cadrà nel 1989, aprendo una nuova era; ma ci sono anche il terrorismo, echi della guerra del Vietnam e gli scandali della Casa Bianca visti nell’ottica europea.
In un alternarsi di flash su eventi storici e sequenze delle vite dei molti personaggi, la Korn costruisce un romanzo in cui le vite dei personaggi sono andate avanti, alcune invece sono finite con la morte.
Gli anni sono passati per Hanny che è al terzo matrimonio e festeggia i suoi 100 anni all’alba del nuovo millennio, circondata da parenti e amici. Ma che fine hanno fatto le sue amiche?
Lina, ex insegnate e libraia gay che viveva con l’amata compagna Louise che non vuole invecchiare, né tantomeno arrendersi alla malattia.
Käthe, vicina di casa durante l’infanzia, prigioniera in un campo di concentramento a causa della sua propensione al comunismo, tornata alla fine della guerra dopo varie traversie, che si ritrova con una figlia adottiva simpatizzante del gruppo Baader Meinhof.
Ida, ragazza viziata di buona famiglia alla quale la vita ha riservato qualche sorpresa. Due matrimoni e la bellissima figlia Florentine: super modella sempre in giro per il mondo, con un adorante compagno dotato di sovrumana pazienza che accudisce i figli, ma anche l’incognita della paternità di uno di loro.
E intorno alle 4 amiche una girandola di personaggi affascinanti come l’amico pianista Alex che si è scoperto omosessuale e vive con l’amore della sua vita, il più giovane Klaus, che però non ha disdegnato le donne…anzi.
Poi ci sono le nuove generazioni che vivono in pagine bellissime del romanzo. Come Katja, fotografa impegnata nelle zone di guerra più calde del pianeta; e Ruth giornalista e militante che sconta anni di carcere per la vicinanza con un terrorista…..
Aspettatevi sviluppi e vite incredibili, tutto raccontato con l’innegabile bravura della Korn, abilissima nell’intessere una trama fitta di destini individuali.
Olga Tokarczuk “Guida il tuo carro sulle ossa dei morti” -Bompiani- euro 18,00
Dopo il Premio Nobel per la letteratura vinto con “I vagabondi”, viene ora ripubblicato questo romanzo che la scrittrice aveva dato alle stampe nel 2009. E’ il racconto in prima persona di un’anziana signora della Slesia (Polonia del sud, al confine con la Repubblica Ceca), ex ingegnere di ponti, insegnante di inglese che vive in un paesino isolato su un altipiano tempestato da venti e abbondanti nevicate.
Si chiama Janina Duszejko ed è amante degli animali, compassionevole verso il prossimo, con il pallino dell’astrologia e degli oroscopi (in grado di prevedere le morti). Le sue giornate nell’isolamento della natura scorrono tra le traduzioni delle poesie di William Blake insieme a un suo ex alunno e la sorveglianza e i lavori di manutenzione nelle case dei dintorni che i proprietari abitano solo d’estate.
Uno scossone al suo tranquillo ritmo quotidiano viene datoa dal ritrovamento del cadavere di un suo vicino, strozzatosi con l’osso di una cerva che aveva cacciato di frodo. Ed è solo l’inizio di una serie di oscure morti di uomini collegati alla caccia e all’uccisione delle adorate cagnoline di Janina.
Lei è più che convinta che a vendicarsi della malvagità dei cacciatori (che odia con tutta se stessa) siano stati gli animali, volpi e cervi, a vendicarsi. La rivincita delle vittime contro i loro carnefici in un romanzo tra il noir e il filosofico in cui le sorprese non mancheranno.
Louise Penny “Il regno delle ombre” -Einaudi – euro 15,00
La scrittrice canadese Louise Penny torna con un’altra avventura ambientata nel paese fittizio di Three Pines, e rimette in campo il suo pacato, saggio ed equilibrato detective Armand Gamache, in una storia nella quale l’indagine sulle relazioni umane e i sentimenti vengono prima della violenza omicida.
Three Pines è già di per se il grande protagonista dei suoi 14 libri con Gamache. Un villaggio a pochi chilometri da Montreal, inventato in ogni minimo dettaglio: ideale per il turismo e le famiglie, con negozietti vari, natura incontaminata, asticella del termometro ampiamente sotto lo zero e nevicate memorabili.
Chi ama questa scrittrice sa già che le sue trame iniziano lente e quasi rassicuranti, poi si scatena il thriller ed entra a gamba tesa il capo della Sûreté du Québec, Gamache.
Questa volta il commissario è stato sospeso dal suo incarico a causa di una precedente indagine un po’ controversa, e viene inspiegabilmente nominato esecutore testamentario di un’anziana signora a lui sconosciuta.
La defunta è una certa Bertha Baumgartner, si faceva chiamare Baronessa, era un po’ eccentrica, eccezionale nelle pulizie delle case altrui e “..C’era nobiltà nel suo attaccamento al dovere”.
Questa atipica colf, insieme a Gamache ha coinvolto nella gestione del suo lascito anche la libraia-psicologa Myrna e il giovane impresario-manovale Benedict.
Inutile dire che neanche loro conoscevano Bertha e si ritrovano a gestire una situazione complicata. La Baronessa ha tre eredi Anthony, Caroline e Hugo, ed ha scritto un testamento bislacco, lasciando una casa pericolante, il titolo al suo primogenito, e 5 milioni a ciascun figlio. Una fantomatica fortuna di cui i tre avevano sentito parlare fin da quando erano piccoli.
Poi la storia si complica ulteriormente, ci scappa il morto ed ecco scattare l’indagine, e Gamache si ritrova a dover risolvere parallelamente anche l’emergenza di una partita di droga che sta seminando morte nelle strade di Montreal….
La scuola dei cento e delle lodi
IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni / La scuola (oltre che il turismo) è la grande dimenticata di questo governo e in genere anche di buona parte dell’informazione. La scarsa attenzione verso la scuola è un dato costante da tempo immemorabile e anche il facilismo come soluzione dei problemi della scuola resta una costante dal 1968 in poi.
La curatorship dell’Hub di Torino dei Global Shapers
Rubrica a cura di ScattoTorino
Luigi Riccardo, Olga Osuchowska, Fabio Cassanelli rispettivamente Curator, Vice-Curator e Outgoing Curator dell’Hub torinese ci raccontano chi sono i Global Shapers e quali azioni intraprendono. La piattaforma alla quale appartengono, promossa dal celebre World Economic Forum, ha un respiro internazionale ed è composta da quasi 10.000 giovani attivisti tra i 18 e i 30 anni che operano in 148 paesi per un totale di 428 Hubs. Dotati di skill altamente specifiche i tre curator, così come tutti i membri dell’Hub, mettono la loro professionalità e il loro potenziale al servizio del territorio in cui operano. A tal fine ogni sede intraprende progetti ad impatto sociale per migliorare le comunità di appartenenza e in Italia i Global Shapers sono presenti a Torino, Milano, Genova, Firenze, Venezia, Trento, Roma, Palermo e Bari.
Che cos’è il World Economic Forum?
Fabio Cassanelli: “È un’organizzazione senza scopo di lucro nata in Svizzera nel 1971 ad opera dell’economista Klaus Schwab. La sede è a Cologny, vicino a Ginevra, e il suo fondatore immaginava un luogo in cui i capi d’azienda, i leader politici, gli intellettuali e i giornalisti di settore potessero discutere dei principali problemi dell’umanità e trovare accordi attraverso il dialogo. Conosciuto anche come Forum di Davos, il WEF si tiene ogni inverno nella cittadina svizzera e affronta tematiche legate, ad esempio, alla salute e all’ambiente. In passato il meeting è stato anche l’occasione per affrontare crisi e negoziare soluzioni. Qui nel 1989 è avvenuto l’incontro tra i ministri nordcoreani e sudcoreani e nel 1992 Frederik de Kler e Nelson Mandela hanno trattato la questione sudafricana”.
Olga Osuchowska: “Desidero sottolineare che il World Economic Forum è una piattaforma libera da limitazioni che, pur organizzando prestigiosi incontri internazionali, può non sostenere le stesse ideologie dei suoi ospiti. Ricordo poi che nel gennaio di quest’anno a Davos si sono incontrati Donald Trump e Greta Thunberg per parlare di salvaguardia ambientale”.
Luigi Riccardo: “In quasi 50 anni di attività il WEF si è configurato come una comunità che ne contiene altre, come ad esempio Young Global Leaders e Global Shapers”.
Ci presentate la Global Shapers Community?
Luigi Riccardo: “Il motto è The power of youth in action ovvero il potere della gioventù in azione. Il network nasce nel 2011, sempre su iniziativa di Klaus Schwab, è diffuso a livello internazionale ed è composto di giovani che vogliono attivarsi per avere un impatto positivo nel mondo. Il nostro pensiero è a livello globale, ma ogni comunità locale mette in campo azioni legate al territorio in cui opera. I partecipanti hanno tra i 18 e i 27 anni, ma si può rimanere nella community fino ai 30 anni. Attualmente ci sono quasi 3.200 alunni nel mondo, cioè ex Global Shapers che continuano a seguire l’attività dell’organizzazione”.
Olga Osuchowska: “Il network è no profit ed è sostenuto dal World Economic Forum. Le nostre attività si suddividono in tre macro filoni: Inclusione sociale (Equity & Inclusion), Sostenibilità (Climate & Environment), Educazione e lavoro (Education & Employment)”.
Fabio Cassanelli: “Ai vertici della struttura ci sono i curator che vengono eletti democraticamente e il loro mandato dura un anno. Ogni persona può essere curator solo due volte nel corso della sua vita. Luigi sarebbe dovuto andare in Canada per un meeting tra tutti i curator, ma a causa del Covid-19 non è partito e per connettersi con gli altri membri ha utilizzato Zoom; i collegamenti per seguire le diverse sessioni curate dal team centrale, che ha sede a Ginevra, sono durati 5 giorni con orario 10.00-22.00. In questo modo c’è stata l’opportunità di interagire in piccoli gruppi per conoscersi meglio. Inoltre nella community dei Global Shapers ci sono eventi ufficiali e regionali e Torino era stata designata come città in cui ospitare il retreat italiano. Il lockdown ha bloccato tutto, ma proveremo ad organizzare l’evento nel mese di ottobre”.
Parliamo dell’hub torinese?
Olga Osuchowska: “Nato nel 2012, l’Hub di Torino dei Global Shapers è stato da subito sostenuto dal quotidiano La Stampa. Nella prima fase di vita l’Hub si è concentrato su temi come l’imprenditorialità, poi sull’inclusione sociale. Attualmente a Torino ci sono 32 giovani, più diversi candidati”.
Luigi Riccardo: “Tra i membri abbiamo anche degli stranieri e degli studenti fuori sede. L’Hub di Torino è un gruppo eterogeneo composto da ingegneri, ricercatori, economisti, architetti, giovani imprenditori, artisti ed altri. Sono persone che non hanno apparentemente nulla in comune, se non la passione e la volontà di costruire il futuro agendo attivamente per migliorare la propria città e le possibilità che essa offre alle persone”.
Fabio Cassanelli: “L’Hub torinese è composto da esperti che lavorano in grandi aziende e multinazionali con sede in città, liberi professionisti e startupper che hanno trasformato le loro passioni in professioni, ricercatori e attivisti impegnati a promuovere la sostenibilità ambientale e sociale e altri giovani industriosi che incarnano lo spirito della cittadinanza globale. I progetti di volontariato che portiamo avanti sono organizzati in stretta collaborazione con partner del territorio, stakeholders locali e altri hub della comunità dei Global Shapers. Gli interventi dell’Hub nell’ambito di progetti più grandi di solito prendono la forma di conferenze, presentazioni, workshop, panel, pubblicazioni e campagne sui social media”.
Quali iniziative promuove Global Shapers Torino?
Fabio Cassanelli: “Nel 2019 abbiamo organizzato un incontro per creare maggiore consapevolezza nei giovani sulle sfide che attendono l’Unione Europea nei prossimi anni, tenendo conto che le scelte che verranno effettuate a livello europeo impatteranno in modo significativo sulla vita di ognuno di noi. L’Hub di Torino partecipa anche al progetto Powercoders che si occupa della formazione dei migranti e dei richiedenti asilo in modo da fornire loro le skill informatiche utili per trovare più facilmente lavoro ed integrarsi nella società”.
Cos’è Heroes Never Sleep?
Luigi Riccardo: “Il claim del progetto è Ordinary peolpe extraordinary impact ed ha tre obiettivi: dare voce agli eroi locali che si impegnano ogni giorno per portare un impatto positivo nelle loro comunità di riferimento attraverso innovative iniziative locali, ispirare con esempi concreti le giovani generazioni ad abbracciare stili di vita sostenibili per diventare promotori di comportamenti virtuosi, creare consapevolezza intorno ai 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda 2030”.
Fabio Cassanelli: “Heroes Never Sleep è un’iniziativa Global Shapers Italia supportata dal Gruppo Lavazza che ha sottoscritto l’Agenda 2030 delle Nazioni Unite ed ha elaborato le proprie strategie aziendali basandole sui 17 Sustainable Development Goals”.
Olga Osuchowska: “Un eroe torinese è Abdullahi Ahmed, ex rifugiato somalo che è arrivato a Lampedusa nel 2008 per poi approdare a Settimo Torinese, dove è diventato cittadino onorario nel 2014 e cittadino italiano nel 2016. Grazie al suo forte senso civico, nel 2018 Abdullahi ha fondato GenerAzione Ponte insieme ad altri cittadini rifugiati, seconde generazioni e italiani accomunati dal desiderio di realizzare azioni concrete capaci di essere un ponte, appunto, tra generazioni e culture differenti. Abdullahi è un esempio di umanità e di speranza per una società futura capace di abbattere il muro dell’indifferenza e della paura”.
Un altro progetto vi vede impegnati con il FAI Giovani di Torino. Di cosa si tratta?
Fabio Cassanelli: “Con il Gruppo FAI Giovani di Torino abbiamo promosso la seconda edizione del corso FAI ponte tra culture, indirizzato prevalentemente a cittadini di origine straniera e a tutte le persone interessate alle materie e che operano a vario titolo con associazioni di stranieri”.
Luigi Riccardo: “Il progetto intende coinvolgere i cittadini di origine straniera che vivono a Torino nella fruizione del patrimonio artistico e culturale della città e favorire la creazione di un gruppo di volontari che possano operare con la Delegazione FAI di Torino in occasione delle iniziative culturali promosse”.
Olga Osuchowska: “Il corso si è tenuto tra gennaio e marzo, ma per via del Covid-19 è stata rimandata l’ultima lezione presso il Castello di Masino. Si è articolato in sei lezioni in classe, delle quali quattro presso la sede della Delegazione FAI di Via Giolitti 19 a Torino, e due in altra sede”.
Torino per voi è?
Olga Osuchowska: “Pochi giorni fa abbiamo lanciato un sondaggio che chiedeva ai membri della community cosa significhi per loro Torino e molti hanno detto casa, altri sobrietà, altri ancora capitale della cultura. Io ho risposto realtà perché ho vissuto a Milano, ma la vita mi ha portata qui da tre anni e secondo me Torino è il luogo in cui fare concretamente le cose. Unisce i sogni con la realtà, proprio come il nostro Hub”.
Luigi Riccardo: “Per me Torino è il luogo in cui ci sono opportunità, culturali e scientifiche. È una piattaforma di connessione dove si possono trovare nuove tecnologie, sperimentare nuovi modelli di business e lavori con un possibile impatto positivo nel mondo”.
Fabio Cassanelli: “Torino è una città che offre grandi possibilità, ma bisogna combattere contro la retorica della città in declino fine a sé stessa. Con azioni concrete occorre fare qualcosa, anche perché storicamente il nostro capoluogo è stato derubato di molte eccellenze. Bisogna contrastare questa retorica con progetti che riportino innovazione ed eventi al centro dell’agenda politica cittadina”.
Un ricordo legato alla città?
Olga Osuchowska: “A maggio 2019 sono rientrata a Torino dopo un mese passato fra New York, Ginevra e il mio Paese di origine (Polonia). Sono arrivata in Porta Susa verso mezzanotte e ho deciso di tornare a casa a piedi, passeggiando sotto i portici. In quel momento ho deciso di non allontanarmi da Torino per almeno un mese. Mi mancava troppo”.
Luigi Riccardo: “Torino per me è sorpresa. Il ricordo più forte è legato alla prima volta che entrai nel Santuario della Consolata. Un’architettura interna davvero sorprendente, mozzafiato, scoperta per caso passeggiando lì vicino”.
Fabio Cassanelli: “Ricordo l’emozione di prendere la metropolitana per la prima volta durante le Olimpiadi di Torino 2006. Il motto dei Giochi Olimpici 2006 era Torino non sta mai ferma. Ora l’impressione è che si sia un po’ fermata. Sta anche a noi aiutare la città a ripartire”.
Coordinamento: Carole Allamandi
Intervista: Barbara Odetto
COMMENTARII di Augusto Grandi / Nei giorni scorsi il Corriere ha pubblicato un articolo che riportava ansie e speranze dei giovani europei. Giustamente preoccupati per il futuro: il loro, quello delle loro famiglie, quello del mondo. Tra le indicazioni emerse, una è particolarmente significativa: i giovani europei, con le misure prese per fronteggiare il virus, sono diventati meno ansiosi, meno stressati.
Il rallentamento provocato dalle chiusure di ogni tipo ha permesso di recuperare tempi, rapporti, piaceri privati come la lettura o l’ascolto individuale della musica…
… continua a leggere:
Più stressati, spaventati. Meno ambientalisti. I ragazzi italiani diversi dai coetanei europei
“Abbiamo un amore senza casa”
Music tales, la rubrica musicale
“ma noi questo lo sappiamo, abbiamo un amore senza casa;
Quando sei con lui, chiami il suo nome
come fai quando sei con me?”
Quando cerchi di trattenere una persona, la cosa più complicata è capire la differenza tra difficile, impossibile e inutile, ed il peggior modo di sentire la mancanza di qualcuno è esserci seduto accanto e sapere che non l’avrai mai.
Lady Gaga lo descrive bene in questo brano nuovo nuovo. Non sembra nemmeno lei, ha una voce cosi eclettica, cosi meravigliosa in ogni sua interpretazione da sembrare mille donne differenti, un po’ come molte donne: un volto mille personalità.
I ricordi veramente belli continuano a vivere e a splendere per sempre, pulsando dolorosamente insieme al tempo che passa.
Non resta molto da dire su questo brano, se non decantarne la bellezza e ascoltarlo lasciandosi spezzare il cuore, ammesso ci sia ancora un pezzo di cuore da rompere.
https://www.youtube.com/watch?v=WpU6cENFlMo
Chiara De Carlo
Rubrica a cura del Centro Studi Piemontesi
Marenda sinòira. Avete presente l’happy hour? I piemontesi lo praticavano dal tempo dei tempi. Sarebbe la nostra tradizionale Marenda sinòira, merenda-cena, o merenda cenatoria.
“A la ciamo marenda, ma sinòira /ch’a veul dì na marenda ‘n pòch viròira /përchè ch’a l’é come na via ‘d mes…/ … e fin-a farinela,/ ch’an buta ‘n alegrìa, an buta ‘n tema/ përchè ch’a l’é n’anvìt ëd comunion/…/… na copà ‘d vin e tanti bon bocon”
(La chiamano merenda, ma cenatoria/ che significa una merenda un po’ bizzarra/ perché è come una via di mezzo,/… ci mette in allegria, ci mette in tema/ perché è un invito di comunità/… una coppa di vino e tanti buoni bocconi).
Sono alcuni versi di un Sonetto inedito di Giovanni Tesio.