Rubriche- Pagina 20

Mariolino e la guida dell’uomo col cappello

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Da qualche anno possiedo una barca. E’ la Lampreda, cedutami a poco prezzo dal vecchio Lino Sgambarolli, costretto a buttar l’ancora sulla terraferma a causa dei reumatismi e della sciatica che l’hanno piegato in due.

La “sua” Lampreda era la terza di una serie. Diventata mia, riverniciata di bianco e d’azzurro, si è guadagnata il titolo di quarta. Lino mi aveva lasciato piena libertà. “Il nome deve essere quello che più ti piace. Non c’è l’obbligo di tener lo stesso e lo puoi cambiare, tanto lei – che la si chiami per nome o no –  volterà la prua dove decidi tu, manovrando il timone o il colpo di remi. Ma se ti garba chiamarla come l’ho chiamata io, fai una cosa: ribattezzala “quarta”, così la storia va avanti”. Mi raccontò che prima di lei c’erano state altre due Lamprede. La prima, messa in acqua, sul finire degli anni trenta s’inabissò nell’agosto del 1944 davanti alla Punta di Crabbia, dov’era ormeggiata. Un aereo tedesco, volando sul lago in appoggio a un rastrellamento contro i partigiani del Mottarone, tanto per sfogare la sua rabbia impotente visto che i partigiani se ne stavano nascosti nei boschi, la  colpì a morte con una raffica di mitraglia , sventrandole entrambe le fiancate. La seconda barca era stata bagnata nel maggio del 1947, dopo quasi tre anni durante i quali Lino fu costretto ad una lontananza forzata dal lago, minatore prima e scalpellino poi in terra di Francia, dalle parti di Lione. I magri guadagni lasciavano ben poco alla speranza di metter qualcosa da parte ma quei quattro franchi in croce e qualche lira racimolata vendendo un boschetto di castagni dalle parti di Brolo gli bastarono per l’acquisto di una modesta ma robusta lancia da lago. Per trent’anni Lino e la sua barca hanno attraversato in lungo e in largo il Cusio, pescando in ogni dove, con ogni tempo e in tutte le stagioni dell’anno. Fatto salvi, ovviamente, i periodi di ferma. Dalle rive lo salutavano, nei mercati si vendevano i suoi pesci ( almeno finché l’ammoniaca, il cromo e gli altri veleni non trasformarono, a poco a poco, l’acqua in aceto), nelle osterie capitava di ascoltare le sue storie al modico prezzo di un quartino di barbera del Monferrato. A metà degli anni ’80, una massiccia immissione di carbonato di calcio,  riportò l’acqua ad un valore accettabile di acidità. Quella grande pastigliona di bicarbonato fece digerire il lago, tanto che i pesci – dopo tanto boccheggiare – tornarono a respirare e Lino si rimise a pescarli con la sua Lampreda ( la seconda, appunto). Giunta alle soglie del pensionamento forzoso, dopo più di trent’anni di onesta navigazione, figli e nipoti gli fecero una grande sorpresa, regalandogli un gioiello di barca, uscita fresca, fresca  dai cantieri navali di Solcio, sul lago Maggiore. La forma aguzza, slanciata; il fasciame di legno liscio e brillante, gli scalmi d’acciaio inossidabile, lucidi come i pomelli della stufa dell’osteria dove andava a far bisboccia. Un bijoux che si è goduto per poco. Lino è stato un gran vogatore che solo negli ultimi anni si è arreso al motore. Io non ho la sua tempra e seppur non disdegnando d’infilare i remi negli scalmi e darci dentro a bracciate regolari, uso frequentemente il motore. Al calare della sera, tiro in secca la barca nei pressi dell’ex Canottieri, dalle parti dell’Ospedale della Madonna del Popolo. A volte la ricovero da Mariolino, alla Bagnera di Orta. Una soluzione abbastanza comoda, dato che possiede uno sgabbiotto, chiuso con catena e lucchetto, dove si possono ritirare remi e motore. A far la guardia c’è Lupo, il cane di Mariolino: un bastardino bianco e nero che tira fuori i denti e ringhia proprio come un lupo quando s’avvicina un estraneo. “ Il tuo motore è come in banca, lì dentro”, rassicura Mariolino. Non ne dubito affatto. Lupo  esegue l’incarico come un mastino. E se il suo padrone gli dice di star di sentinella ( proprio così..”di sentinella” ) si può scommettere che lui ci mette una grinta sufficiente a scoraggiare i malintenzionati. Mariolino è fortunato ad avere, come “migliore amico dell’uomo” quel cagnetto. Sono sempre insieme, anche quando Mariolino guida la sua vecchia NSU Prinz. Lupo guarda fuori dal finestrino laterale, ringhia alle auto, abbaia alle luci colorate del semaforo, scodinzola quando si passa davanti all’osteria dove la signora Maria spesso gli “allunga” un cartoccio d’avanzi. Il problema è che  Mariolino, con la sua guida da “uomo col cappello”,  fa venire i brividi gelati lungo la schiena. Avete presente quella categoria di automobilisti che, con il loro stile di guida, fanno dannare l’anima? Se si ha la sventura di incontrarne uno così, magari su una strada stretta e tutta curve, o – peggio – essere costretti a stargli dietro mentre arranca sui tornanti, non ci sarà alcun bisogno di usare la tenaglia per strapparvi dalla gola il peggior campionario di accidenti, riversandoglielo addosso. Perché quando si mette al volante un “uomo col cappello” sono guai seri. Non superano mai i trenta all’ora, viaggiano a centro strada, frenano in continuazione, pigiano continuamente il clacson. Impermeabili a tutto: impettiti, con gli avambracci tesi e le mani intente a strangolare il volante. In più, come un distintivo, l’immancabile copricapo ben calcato sulla nuca. In casi come questi il vero malcapitato sei tu, povero diavolo, costretto a guidare a passo d’uomo, alternando il piede da un pedale all’altro: acceleratore ,freno, frizione. Cambio. Freno, acceleratore. Attento a non tamponarlo,  roso dall’indecisione sull’eventuale sorpasso. Manovra, quest’ultima, caldamente sconsigliata: l’uomo col cappello può decidere di svoltare da un momento all’altro, senza preavviso e, dunque, senza mettere la freccia. L’assoluta certezza che lo anima è proporzionale all’incapacità che manifesta impugnando il volante. Dunque, mai sottovalutare chi guida con il cappello. Non conviene contraddirlo. Non mettetegli fretta, armatevi di pazienza e fatevene una ragione. Ecco, Mariolino è uno di questi. L’ esatto contrario del mito futurista della velocità. Più lento della lentezza ma senza alternativa: prendere o lasciare. Si vede proprio che chi nasce uomo d’acqua fa fatica a muoversi con quattro ruote sulla terraferma.

Marco Travaglini

Una gustosissima torta salata di zucca

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D’autunno e inverno una ricetta con la zucca e’ d’obbligo.

Innumerevoli sono le preparazioni che si possono realizzare con la zucca, regina indiscussa della stagione autunnale e invernale, gustose zuppe, cremosi risotti, dolci delicati e deliziose “torte salate”. Perfette da preparare in anticipo le torte racchiudono, in un fragrante guscio di pasta sfoglia,  un vellutato e appetitoso ripieno, ideale per uno sfizioso antipasto.

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Ingredienti

 

1 disco di pasta sfoglia pronta

800gr. di zucca fresca

250gr. di ricotta vaccina

50gr.di parmigiano grattugiato

2 cucchiai di gorgonzola cremosa

1 piccolo porro

Un pizzico di noce moscata

Poco latte

Sale e pepe q.b.

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Pelare e lavare la zucca, tagliarla a pezzetti e cuocerla a vapore. Lasciarla scolare per perdere l’acqua in eccesso poi, passarla al passaverdura. In una padella con una noce di burro, stufare la parte bianca di un piccolo porro,  aggiungere il passato di zucca, mescolare e lasciar insaporire per alcuni minuti. Srotolare la pasta sfoglia, sistemarla in una tortiera da forno e bucherellare il fondo. In una terrina mescolare la ricotta con il parmigiano, due cucchiai di gorgonzola, la noce moscata, il sale e il pepe, aggiungere il passato di zucca e versare nella tortiera. Ripiegare i bordi di pasta e  spennellarli con un poco di latte, infornare a 200 gradi e cuocere per 30 minuti circa.

 

Paperita Patty

Croccante di nocciole e mandorle, la ricetta della Cuoca Insolita

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Rubrica a cura de La Cuoca Insolita 

Chi non ha sentito, almeno una volta, quel profumo di nocciole e mandorle tostate passando vicino a uno di quei chioschetti colorati del Luna Park? Di questi tempi certamente non è possibile ritrovarlo andando in giro e anche la Befana quest’anno dovrà darsi parecchio da fare per trovare i suoi dolcetti. La cosa positiva è che questo croccante di frutta secca si può fare molto facilmente anche in casa, con pochissimo lavoro! È incredibile il profumo che si diffonderà piacevolmente durante la preparazione. Da far tornare bambini (e in questo periodo, tutto sommato, non è poi così male). Perfetto anche per la calza della Befana, i piccoli lo adoreranno, anche come merenda da portare a scuola. Dolcissimo ma senza zucchero: vediamo come è possibile e quali sono i vantaggi.

Tempi: Preparazione (10 min); Cottura (20 min)

Attrezzatura necessaria: Teglia da forno, carta da forno, contenitore da 25 cm diam., robot da cucina tritatutto.

ingredienti croccanteCroccante, gli ingredienti per 4 persone:

  • Fiocchi integrali d’avena biologici (o riso soffiato per versione senza glutine) – 50 g
  • Malto di riso (o sciroppo di riso per versione senza glutine) – 60 g
  • Mandorle spelate – 35 g
  • Nocciole – 35 g

Difficoltà (da 1 a 3): 1

Costo totale: 2,35 €

Perché vi consiglio questa ricetta?

  • Valori nutrizionali: rispetto alle barrette di frutta secca e cereali che si trovano in commercio, con la ricetta della Cuoca Insolita si ha il 20% in meno di calorie e il 30% in meno di grassi.
  • La frutta secca fornisce il giusto apporto di proteine vegetali, fibre, vitamine e acidi grassi Omega 3. È un ottimo alleato del sistema immunitario.
  • Le mandorle in particolare fanno molto bene alla crescita delle ossa: sapete che circa 10 g di mandorle hanno la stessa quantità di calcio di mezzo bicchiere di latte?
  • Usando il malto di riso (o lo sciroppo di riso nella versione senza glutine), al posto dello zucchero, si ha il 50% di zuccheri semplici in meno. Buona cosa per ridurre i picchi di glicemia che poi scatenano una fame da lupi dopo un paio d’ore dal pasto (bambini compresi).
  • I fiocchi d’avena assicurano una buona quantità di fibre. In caso di problemi con il glutine, sostituirlo con il riso soffiato.

Come preparare il croccante di mandorle e nocciole

FASE 1: PREPARAZIONE DELLA MISCELA

Tritate molto grossolanamente le mandorle e le nocciole insieme, usando un robot da cucina a lama. Se non avete un robot potete anche usare tagliere e coltello, ma ci vorrà più tempo. Versatele nel contenitore insieme ai fiocchi d’avena e al malto di riso. Mescolate tutto con un cucchiaio. Il risultato è una miscela molto appiccicosa: tutto ok, è così che dev’essere!

FASE 2: LA COTTURA

Accendete il forno a 160-170° C e aspettate che sia caldo. Intanto stendete sulla teglia da forno la carta da forno. Ponete al centro l’impasto colloso e cercate di stenderlo con l’aiuto di un cucchiaio o di un mattarello sopra alla carta da forno. Lo strato deve essere sottile (circa 7-8 mm, non di più). Create già prima della cottura le tracce delle barrette che vorrete ottenere, in modo che i pezzi tagliati successivamente abbiano una forma un po’ regolare.

Cuocete il croccante per 20 minuti circa e poi estraete dal forno. A fine cottura l’impasto sarà ancora un po’ molle (diventerà croccante e non appiccicoso solo dopo essersi raffreddato completamente).

Come conservarlo

Il croccante può restare fuori frigo per anche una settimana, in un contenitore chiuso. Se per caso dopo qualche giorno notate che ha perso un po’ di croccantezza, vi basterà rimetterlo in forno per 5 minuti a 170° C. Una volta raffreddato tornerà perfetto!

croccante alle noccioleChi è La Cuoca Insolita

La Cuoca Insolita (Elsa Panini) è nata e vive a Torino. E’ biologa, esperta in Igiene e Sicurezza Alimentare per la ristorazione, in cucina da sempre per passione. Qualche anno fa ha scoperto di avere il diabete insulino-dipendente e ha dovuto cambiare il suo modo di mangiare. Sentendo il desiderio di aiutare chi, come lei, vuole modificare qualche abitudine a tavola, ha creato un blog e organizza corsi di cucina. Il punto fermo è sempre questo: regalare la gioia di mangiare con gusto, anche quando si cerca qualcosa di più sano, si vuole perdere peso, tenere a bada glicemia e colesterolo alto o in caso di intolleranze o allergie alimentari.

Tante ricette sono pensate anche per i bambini (perché non sono buone solo le merende succulente delle pubblicità). Restando lontano dalle mode del momento e dagli estremismi, sceglie prodotti di stagione e ingredienti poco lavorati (a volte un po’ “insoliti”) che abbiano meno controindicazioni rispetto a quelli impiegati nella cucina tradizionale. Usa solo attrezzature normalmente a disposizione in tutte le case, per essere alla portata di tutti.

Qui trovate il calendario corsi di cucina ed eventi con La Cuoca Insolita.

Le vostre foto: I Macchiaioli e la pittura en plein air

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La lettrice Alessandra Macario ci invia le sue foto e ci scrive: “Fattori, Signorini, Lega, Corot sono solo alcuni degli artisti rappresentati nella mostra I Macchiaioli e la pittura en plein air tra Francia e Italia, allestita presso il Mastio della Cittadella. Un percorso stimolante che illustra la nascita e il significato di un genere pittorico innovativo, nonché i parallelismi con la tecnica en plein air francese”.

Originale (e squisita) la torta di mele senza farina

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In alternativa alla classica torta di mele vi suggerisco di provare questa particolare ed irresistibile variante. Un dolce delizioso realizzato senza farina, dalla consistenza morbida e dal sapore unico. Una coccola perfetta per palati golosi.
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Ingredienti

1,500kg. di mele Golden 
80gr.di amaretti
120gr. di savoiardi
180gr. di zucchero
40gr. di burro
1 bicchiere di vino bianco secco
3 cucchiai di rhum 
1 uovo intero e 1 tuorlo
75gr. di cacao in polvere
Zucchero a velo per decorare

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Cuocere le mele sbucciate e tagliate a dadini con il vino bianco e un cucchiaio di zucchero. Sbriciolare gli amaretti e i savoiardi. Frullare le mele, mescolando aggiungere il burro, il cacao, il rhum, lo zucchero rimasto e la polvere di amaretti e savoiardi. Incorporare le uova leggermente sbattute, mescolare bene. Imburrare uno stampo, spolverizzare con panepesto, versare il composto e infornare a 200 gradi per 90 minuti circa. Lasciar raffreddare e decorare a piacere con zucchero a velo.

Paperita Patty 

Tonno di coniglio, tradizione monferrina

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Una ricetta della cultura contadina, tipica del Monferrato.

Una ricetta antica dal sapore delicato ed aromatico riproposta oggi anche nei ristoranti piu’ raffinati. Si chiama cosi’ perche’ la carne del coniglio, dopo la cottura, sara’ conservata sotto’olio a macerare con aglio ed aromi e diventera’ tenera e saporita proprio come… il tonno.

 

Ingredienti

 

1 kg. di coniglio intero

1 carota

1 cipolla

1 costa di sedano

6 spicchi di aglio

2 chiodi di garofano

2 bacche di ginepro

1 mazzetto di salvia

4 foglie di alloro

1 rametto di rosmarino

1ciuffo di prezzemolo

Olio evo

Sale, pepe q.b.

 

Lavare bene il coniglio in acqua e aceto. Tagliare a pezzi la carota, il sedano e la cipolla, metterli in una pentola con due litri di acqua, unire tutti gli aromi (tranne la salvia e  l’aglio), il pepe, il sale, portare a bollore, aggiungere il coniglio e cuocere per circa 90 minuti. A cottura ultimata, lasciar raffreddare e spolpare la carne a pezzi non troppo piccoli. Pelare gli spicchi di aglio, lavare e asciugare la salvia. Prendere un contenitore, preferibilmente in vetro, versare dell’olio sul fondo, fare uno strato di coniglio con foglie di salvia e aglio, aggiungere altro olio e proseguire con gli strati sino ad esaurimento degli ingredienti, coprire il tutto con altro olio. Lasciare riposare in frigo per almeno 48 ore. Servire a temperatura ambiente decorando a piacere.

Paperita Patty