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Elezioni e nuovo percorso anche per i cattolici

di Giorgio Merlo

Il voto del 4 marzo prima e la tornata amministrativa di domenica scorsa poi hanno confermato alcune costanti che nel breve tempo difficilmente saranno messe in discussione. Al di là dei  macro dati politici sufficientemente noti a tutti – la secca diminuzione di consensi del movimento 5 stelle nell’arco di pochi mesi; dalla crescita esponenziale della Lega di Salvini alla irreversibile caduta politica ed elettorale di Forza Italia; dalla crisi profonda del Pd alla sostanziale irrilevanza di Liberi e Uguali – non possiamo non ricordare che, per fermarsi al campo riformista e democratico, alcuni elementi si sono ormai consolidati. Innanzitutto e’ tramontata definitivamente la cosiddetta “vocazione maggioritaria” del Partito democratico. Un partito che, dopo la secca e storica sconfitta subita al 4 marzo, e’ destinato a perdere ancora una mole consistente di comuni che governava sino a ieri al prossimo ballottaggio. Una costante che e’ iniziata nel 2015 e che prosegue in modo regolare, a conferma del fallimento della strategia renziana e di tutta quella classe dirigente che in questi anni e’ salita sul carro vincitore per poi, adesso, misteriosamente ma comprensibilmente, straparlare addirittura di “derenzizzazione” del Partito democratico. Fallita anche l’esperienza di Liberi e Uguali che ormai è una realtà politica ed elettorale già consegnata alla storia recente. Resiste il “civismo”, almeno a livello amministrativo, anche se stenta a trovare una specifica proiezione sul palcoscenico nazionale. Salvo pochissime esperienze. Ora, a fronte di un quadro politico sufficientemente chiaro, e’ persin ovvio ricordare che se il campo riformista, democratico e progressista – cioè l’ex centro sinistra – vuole nuovamente ridiventare competitivo con il movimento 5 stelle e soprattutto con l’ex centro destra a trazione salviniana, deve obbligatoriamente procedere ad una profonda scomposizione/ricomposizione al suo interno. Sarebbe perfettamente inutile riproporre sigle e cartelli elettorali – a cominciare dal Partito democratico, Leu e le varie frattaglie che si sono presentate alla consultazione del 4 marzo scorso – che, di fatto, non sono più competitivi. Ed è proprio su questo versante che è quantomai essenziale e decisivo rimettere in campo quelle culture politiche che, nella rispettive autonomie politica ed organizzativa, possono portare un contributo importante per definire un progetto autenticamente riformista e democratico. A cominciare, appunto, da quel “cattolicesimo politico” che non può sempre essere evocato da commentatori, opinionisti e politologi e mai praticato nella concreta e contesa dialettica politica italiana. E questo ancora al di là della vivacità e della mobilitazione politica, culturale e sociale che sta caratterizzando settori sempre più consistenti dell’area cattolica italiana. Nessuno, ad oggi, conosce l’epilogo concreto che avrà questo sussulto politico e culturale che sale dal mondo cattolico, seppur frastagliato e variegato. Un fatto, però, e’ indubbio: e cioè, il patrimonio culturale, valoriale, sociale ed etico del cattolicesimo politico adesso deve ritrovare una rinnovata ed attiva presenza nella cittadella politica italiana. Lo chiedono in molti; lo chiedono i tanti esponenti, militanti, simpatizzanti, gruppi organizzati ed elettori che si sentono semplicemente non rappresentati dagli attuali attori politici. E quando emerge questa esigenza e, soprattutto, questa domanda di rappresentanza politica ed istituzionale, e’ indispensabile dare una risposta adeguata e pertinente. E questo ancora al di là dei ripetuti ed appassionati appelli e riflessioni del Presidente della Cei, cardinale Gualtiero Bassetti. Perché il segreto di questa rinnovata presenza politica risiede proprio in quel patrimonio, oggi quanto mai necessario di fronte ad una profonda ed irresponsabile radicalizzazione della lotta politica italiana. Un partito laico di ispirazione cristiana? Un soggetto politico popolare di ispirazione sturziana? Un movimento politico laico e aperto a tutti, come ovvio, ma con una forte impronta di matrice cattolica? Ad oggi non sappiamo, appunto, quale sarà l’approdo politico ed organizzativo. Una cosa sola e’ certa, e lo conferma il trend elettorale. Per il cattolicesimo politico italiano si è aperta una nuova fase politica. Che non è più solo quella di commentare o contemplare i fatti politici ma, al contrario, di marcare una qualificata presenza pubblica. Laica, ma fatta di contenuti, di valori e di stile e comportamenti. L’assenza, il ritorno nel privato o il ritiro nel prepolitico, come si diceva un tempo, non è più una strada da praticare e da percorrere.

Governo: Sicilia batte Piemonte 5 a 2

Sicilia batte Piemonte 5 a 2.Sono 45 le nuove nomine del governo. Vuol dire che la Sicilia è più virtuosa della nostra regione. Pazienza, ce ne faremo una ragione. Del resto non abbiamo alternative se non quelle d’ essere impotenti spettatori.Ammettiamolo: saputo che i 2 sono pentastellati, un brivido alla schiena.Ci aspettavamo esigui numeri, ma pensavamo che fossero dei leghisti. Sbagliavamo perché applicavamo categorie politiche vecchie, sintetizzabili in questi concetti: la Lega piemontese ha decisamente portato in dote a quella nazionale una buona percentuale di voti. A Torino i pentastellati hanno perso mentre, ad esempio, Alessandro Benvenuto ha stravinto. Risultato: Laura Castelli sottosegretario e gli altri leghisti fuori dal governo. Ci sono sempre le commissioni . La maggioranza gialloverde vuole decidere su tutto e su tutti. Concedendo qualcosa alla Meloni e all’inossidabile Berlusca.Comunque poca cosa. E la nostra regione ne va di mezzo contando poco o nulla. Ingrato destino per noi Piemontesi che all’unità d Italia “abbiamo dato il nostro contributo”. Ed il nostro sovranismo piemontese è mortificato dall’ affermazione della Sicilia. Non abbiamo capito – anche se lo avevamo supposto – un ulteriore ridimensionamento del peso politico specifico dei rappresentanti piemontesi. Come si è arrivati a questo punto? Alchimie sempre più ristrette in stanze sempre più blindate del potere romano. Nel merito, chi sono i sottosegretari piemontesi? Ecco, bella domanda.E la ripeto per darmi un tono: ma chi sono i sottosegretari piemontesi? Se fossero ai più conosciuti per ciò che hanno fatto sarebbe plausibile dare una risposta fondata. Su Crippa non ci aiuta la distanza da Torino ad Omegna. Esperto di problemi ambientali, bisogna probabilmente aspettare cosa farà il ministro dell’Ambiente. Siamo maggiormente preparati su Laura Castelli. Classe 1986, deve proprio essere brava e preparata se Giggino (Di Maio) l’ha scelta ancorché così giovane.  Era molto arrabbiata sostenendo che la lobby del mattone non l’aveva voluta. Ora delle due l’una . O si sbagliava prima, o una quadra l’hanno trovata tra i cosiddetti poteri forti ed i gialloverdi. Laura é sempre stata precoce .Già a scuola si faceva sentire. Un po’ zoppicante in ragioneria… che per un istituto di ragioneria non è da poco. Ma magari passando il tempo si è raffinata perfezionandosi. Ad oggi è passata alla storia per aver risposto alla Gruber di non avere un’ opinione sull’euro. Tanto bene, appunto, non cominciamo. Ovviamente si scherza quando si nota che il Lombardo – Veneto si è messo d’accordo con i Borboni. Ma qualcosa, cari torinesi, cari piemontesi abbiamo sbagliato. Non può essere solo colpa d’ altri.  Non può solo essere colpa di un destino cinico e baro di saragattiana memoria. È anche colpa delle scelte sbagliate fatte da una locale classe politica dirigente troppo nei confronti della  decadenza della Fiat. Non abbiamo più i servizi segreti inglesi fondamentali nella vittoria dei Mille in Sicilia. Ed ai nostri figli ” non possiamo dare da mangiare ” un glorioso passato remoto come prossimo. L’ unica possibilità che abbiamo è chiedere ai politici di turno, al di là del credo politico, di fare quadrato per gli interessi della nostra regione. Anche per questo continuiamo ad essere pessimisti.
Patrizio Tosetto

IMPRESE, MONTARULI-MARRONE (FDI): TORINO FANALINO DI CODA PER PRODUTTIVITÀ INDUSTRIALE

“Un tempo in Italia Torino era sinonimo di industria, oggi invece è un colpo al cuore vedere la nostra città fanalino di coda nella graduatoria ISTAT per produttività industriale, con un patetico 2,1% rispetto al 7,2% di Milano” accusano Augusta Montaruli, deputata FDI, e Maurizio Marrone, dirigente nazionale FDI, che attaccano “decenni di amministrazione di centrosinistra arrendevole e priva di strategia trovano piena continuità in questi primi anni di giunta grillina: medesimi occhi chiusi e slogan propagandistici davanti a delocalizzazioni produttive, disoccupazione selvaggia e arretramento sociale. Intanto Torino pesa nemmeno un terzo della vicina e concorrente Milano, tanto da diventarne, anche dal punto di vista industriale, un satellite senza futuro. Ma noi non ci arrendiamo e daremo battaglia in Parlamento per restituire competitività e sviluppo al nostro territorio: i torinesi meritano un futuro degno della loro storia”. 

Corgnati (Pd): “una legge moderna sulla caccia”

Il Consiglio regionale, nella seduta del 12 giugno ha approvato il disegno di legge “Tutela della fauna e gestione faunistico-venatoria in Piemonte”.“La legge sulla caccia – afferma il Consigliere regionale del Partito Democratico Giovanni Corgnati, relatore di maggioranza – è un provvedimento nuovo, moderno, in sintonia con i cambiamenti nazionali ed europei e il più possibile rispondente alle esigenze e alle sollecitazioni degli organismi associativi che si occupano della materia.Questo testo va a riempire un vuoto normativo verificatosi a seguito dell’abrogazione della legge n. 70/1996, mai sostituita”. “Il provvedimento – prosegue il Consigliere Pd – è stato, durante il suo percorso in Commissione, oggetto di un’ampia consultazione e condivisione con molti soggetti, tra i quali le associazioni animaliste e venatorie, gli enti no profit e gli Enti locali e, durante l’esame in Aula, è stato modificato e corretto. Tra gli emendamenti accolti, si segnala quello che introduce il divieto di cacciare le domeniche del mese di settembre, frutto di un’ampia concertazione con forze politiche di maggioranza e opposizione”. “La legge – ha proseguito il Consigliere Corgnati – introduce alcune novità principali: l’aumento della superficie minima per ogni ambito di caccia con una prospettiva di fusione dei diversi enti (ambiti e comprensori alpini); la modifica dei componenti dei comitati di gestione al fine di garantire una rappresentanza a tutte le parti (agricoltori, cacciatori, ambientalisti, enti pubblici); l’introduzione del limite di due mandati per la carica di presidente di Ambito territoriale della caccia e di comprensorio alpino; l’introduzione di una prova di tiro obbligatoria per la caccia di selezione con il rilascio di un attestato di validità semestrale; l’ampliamento delle tipologie delle zone per l’addestramento dei cani ausiliari e l’introduzione della possibilità di addestramento per i rapaci da caccia; la possibilità di commercializzare la fauna selvatica abbattuta; il divieto di introdurre starna e fagiano sopra i 1.000 metri, a tutela della tipica fauna alpina”.

“Altre novità – ha concluso Giovanni Corgnati – riguardano le attività correlate alla fauna selvatica. Tra queste si possono evidenziare: il riconoscimento dei Centri di recupero degli animali selvatici che già operano sul territorio, la possibilità di controllo da parte degli ATC e CA che abbiano al loro interno guardie particolari giurate e la previsione di misure straordinarie di controllo della fauna selvatica, per interesse pubblico, tutela dell’esercizio dell’attività agricola e altre attività economiche”.

CONTICELLI (PD): ORA CIRIE’ ASPETTA UN COLLEGAMENTO VELOCE CON TORINO

«La stazione di Ciriè deve essere la porta di ingresso delle Valli di Lanzo e il retroporto dell’aeroporto Sandro Pertini di Caselle: in questo modo si potrà ridare dignità ad una linea storica, fondamentale per il rilancio dell’intero territorio». Questo il pensiero della presidente della commissione regionale Trasporti, Nadia Conticelli (Pd), durante la conferenza stampa di oggi, lunedì 11 giugno, nella sala consiliare del Comune di Ciriè alla presenza dell’assessore regionale ai Trasporti, Francesco Balocco, del presidente di Gtt, Walter Ceresa, del presidente di Infra.To, Giovanni Currado, oltre che degli amministratori locali. «La soppressione del passaggio a livello di via Torino, grazie allo stanziamento di 5 milioni di euro da parte della Regione – evidenzia Conticelli – andrà a modificare notevolmente la viabilità attorno alla stazione, oltre che all’ingresso in città per chi arriva da sud. Un’opera fondamentale, soprattutto in prospettiva: tra poco più di due anni saranno terminati i lavori per l’innesto della SfmA nel Passante e bisognerà avere quindi il coraggio di guardare avanti, trasformando Ciriè in una stazione-porta del nuovo sistema ferroviario metropolitano. I treni dovranno arrivare qui e non fermarsi all’aeroporto, con una frequenza di un treno ogni quindici minuti nelle ore di punta: soltanto in questo modo il trasporto pubblico potrà essere appetibile non soltanto dai pendolari, ma anche dai turisti che vorranno raggiungere le Valli di Lanzo». La presidente della commissione regionale Trasporti rinnova la proposta già avanzata lo scorso anno proprio sul tratto montano tra Germagnano e Ceres. «Da parte della Regione, così come di Gtt e dei Comuni attraversati dai binari – conclude Conticelli – ci deve essere la volontà di sperimentare una mobilità diversa verso le Valli nel periodo estivo. Pensiamo, ad esempio, ad un esercizio tarato sui momenti di aggregazione che tra giugno e settembre caratterizzano i nostri paesi: ci impegneremo affinché la sperimentazione possa partire già questa estate».

Il ginnasta, nuovo ministro della Pubblica Istruzione

IL COMMENTO  di Pier Franco Quaglieni

Ci fu un tempo in cui i ministri della Pubblica Istruzione erano Francesco De Sanctis, Benedetto Croce, Giovanni Gentile. In età repubblicana i ministri della P.I. degni di questo nome sono stati pochissimi. Al centro ,a destra e a sinistra i nomi scelti non sono stati all’altezza ,infatti la scuola langue, i bulli prevalgono, i professori vengono presi a schiaffi, la cultura appare desertificata. Non è il caso di fare nomi perché più o meno si equivalgono. Il progetto della” Buona scuola” è fallito miseramente e l’ultima ministra Fedeli è stata davvero ineffabile, per usare un termine gentile. Ma il nuovo ministro giallo- verde appare incredibile : laureato in scienze motorie o, come si diceva un tempo, in educazione fisica. Neppure ai tempi di Starace che voleva che tutti andassero in bicicletta e facessero ginnastica sarebbe stato pensabile un ginnasta. In quell’epoca ci fu uno dei ministri della P.I. migliori ,quel Bruno Bottai che fu uomo coltissimo. Ma il nuovo ministro è anche provveditore agli studi di Milano in carica .Un fatto che potrebbe sorprendere , mentre in effetti il ministero all’epoca di Moratti ha consentito l’accesso alla carriera dirigenziale nei provveditorati senza la prescritta laurea in Legge, come prevedeva la carriera dirigenziale anche periferica del Ministero della P.I. Il provveditore deve avere una preparazione giuridica, lo capirebbe chiunque, ma da quel momento non fu già così. Un laureato in Fisica con un passato in gruppi extraparlamentari e poi nel PCI poté diventare provveditore di Cuneo. Ma non è certo l’unico caso. Ma il problema è più grave se un laureato in Ginnastica diventa ministro. Sia chiaro, per me vale il primato della politica, ma in questo caso manca la cultura e manca anche la politica. Non vorrei che facesse rimpiangere l’assistente sociale Fedeli. Tra l’altro, si era pronunciato, a suo tempo, a favore della “buona scuola” renziana in interviste e interventi vari. 

Opposizione di merito o ideologica?

di Giorgio Merlo

Sono passati pochi giorni dall’insediamento del nuovo governo pentaleghista e già si percepisce il profilo della opposizione che sarà fatta dal Pd. In attesa, comunque sia, di conoscere le scelte concrete che saranno compiute dall’esecutivo guidato dalla coppia Salvini-Di Maio. Una opposizione che deve decidere se condurre una battaglia basata sui contenuti, sul merito e sulle scelte concrete che saranno fatte dal nuovo governo o se, al contrario, saranno ispirate solo e soltanto dalle pregiudiziali ideologiche, dettate dal rancore, dalla vendetta e forse anche dall’invidia. Certo, a giudicare dalle prime dichiarazioni del capogruppo alla camera, il simpatico Del Rio e dall’ineffabile Presidente del Pd, il turbo renziano Orfini, non abbiamo alcun dubbio sul profilo della opposizione che sarà declinata. Quando prima ancora di iniziare l’attività di governo, si minaccia già il rischio della deriva di marca fascista, della possibilità di una dittatura imminente con il rischio, credo, di ridurre anche le libertà personali, non c’è da aspettarsi granché su quello che capiterà concretamente. Ora, conosciamo – almeno crediamo di conoscere – il progetto politico leghista. Conosciamo meno quello che vogliono fare i 5 stelle perché sono un partito senza identità, senza cultura politica e privo di una seria e credibile classe dirigente. Oltre al taglio dei vitalizi e alla promessa del reddito di cittadinanza sappiamo poco. Ma se l’ approccio del Pd e di Leu, per quel che conta, e’ solo quello di urlare all’imminente ritorno del fascismo credo che il duo Salvini- Di Maio possa dormire sonni tranquilli perché il loro potere e il loro ruolo difficilmente sarà scalfito e condizionato. Di Forza Italia non parlo, perché’ non ho ancora ben capito cosa farà. Diverso, invece, e’ se prevarra’ la strada di una opposizione di merito, basata sui contenuti e su una attenta valutazione delle scelte che verranno sottoposte al Parlamento. Ma questa strada non prevede e non contempla pregiudiziali ideologiche o atteggiamenti dominati dalla pura vendetta politica. Per dare la priorità al merito cercando, al contempo, di creare una alternativa politica e culturale al centro destra e ai 5 stelle vanno banditi alla radice quel vecchio armamentario della sinistra e del renzismo, basati sulla pregiudiziale moralistica e ideologica da un lato e dal solo spirito di vendetta politica dall’altro. Un mix che, temo, oggi e’ del tutto minoritario e marginale nella pubblica opinione del nostro paese. Ecco perché dal come si praticherà concretamente l’opposizione al nuovo governo, noi capiremo anche e come si darà vita ad una alternativa politica nei prossimi anni. Sotto questo aspetto, io credo che un movimento politico e culturale come Rete Bianca, di ispirazione popolare e surziana, possa dare un contributo importante sul “come” opporsi al populismo di governo e, soprattutto, sul come condurre nel paese e nella societa’ una opposizione alle eventuali scelte sbagliate di questo nuovo esecutivo. Anche senza essere in Parlamento

RADICALI: A TORINO “100 PIAZZE PER L’EUROPA”

Boni: “A chi grida ‘prima gli Italiani’ noi rispondiamo ‘prima le persone, prima i diritti umani e civili di tutti’
​Domani, 10 giugno, a Torino, in via Garibaldi angolo via San Dalmazzo, dalle 16 alle 19, Radicali Italiani e l’Associazione radicale Adelaide Aglietta, organizzano un presidio nell’ambito dell’iniziativa nazionale “100 piazze per l’Europa
Dichiarazione di Igor Boni (Coordinatore dell’Associazione radicale Adelaide Aglietta):
“Non accettiamo che l’Italia diventi come la Russia di Putin o l’Ungheria di Orban. A chi grida ‘prima gli Italiani’ noi rispondiamo ‘prima le persone, prima i diritti umani e civili di tutti’. Manifesteremo perché a differenza di altri noi vogliamo andare avanti con l’integrazione europea e con la costruzione degli Stati Uniti d’Europa. Oggi il mondo si confronta tra chi vuole l’illusione di protezionismo e nazionalismo, muri e barriere, contro chi vuole porte e finestre aperte per integrare e governare processi che non si possono arrestare. A livello europeo combatteremo per dare forza alle proposte di condizionare l’accesso ai fondi europei al rispetto dei principi di democrazia e Stato di Diritto e di dare ai cittadini la possibilità di scegliere direttamente la guida dei vertici europei, a partire dal presidente della commissione europea. Vi aspettiamo al tavolo dove raccoglieremo anche le firme per ‘Welcoming Europe – Per un’Europa che accoglie’ per una nuova politica europea sull’immigrazionewww.welcomingeurope.it

Il nuovo governo e la crisi della politica

IL COMMENTO  di Pier Franco Quaglieni

Ho evitato di commentare fin qui la nascita faticosa, che ha raggiunto momenti di farsa, del nuovo governo giallo-verde. E’ durata mesi e c’era il rischio di scrivere giudizi che sarebbero stati smentiti dopo poche ore dai mutamenti davvero incredibili.  Non c’è da stupirsi perché lo sflilacciamento della situazione politica italiana in cui brilla l’assenza di una classe politica degna di questo nome, e gli esempli europei, Francia esclusa, dimostrano come i sistemi politici novecenteschi siano in crisi. Non mi sorprendo per un governo formato da grillini e da leghisti che riflette il voto degli italiani. Il populismo che illude il popolo di aver sempre ragione-privilegiando i diritti a scapito dei doveri- è una pianta che ormai si è radicata in Italia anche per il flusso incontrollato dell’immigrazione ed altri errori dei governi che si sono via via succeduti nell’ultimo decennio. Lo stesso Presidente della Repubblica che è stato sempre nella seconda fila democristiana, senza mai aver dimostrato capacità politiche di alto profilo, non ha brillato. Duole dirlo, ma è così, forse anche a causa di consiglieri non sempre all’altezza. Altri partiti si sono rivelati alla sbando con leader capaci, tentennanti e spesso contraddittori. Se non fossimo in condizioni storiche molto diverse, si potrebbe dire che ci troviamo di fronte ad una realtà che fa pensare alla crisi che ebbe soluzione, si fa per dire, il 28 ottobre 1922 con la marcia su Roma. Abbiamo una politica senza cultura, senza ideali e senza idee. Quasi c’è da rimpiangere l’età delle ideologie con partiti seri, magari un po’ troppo strutturati ,ma almeno in grado di funzionare. Vedremo cosa sapranno fare e cosa lasceranno fare al nuovo governo. Chi ama l’Italia spera che possa lavorare al meglio o almeno non faccia troppi danni.  Vedremo. I tempi più difficili sono incredibilmente i più interessanti soprattutto per chi li osserva non da cronista, ma da storico.

Cominciano le danze e aumenta l’Iva?

Dopo quasi tre messi di scaramucce e proclami, il Governo della nuova Repubblica è partito. Gli attori sono quasi gli stessi della prima “soluzione” che prevedeva come premier Giuseppe Conte. Sembra una partita di calcio, dove un attaccante diventa terzino alla Facchetti. Così Paolo Savona che non sarebbe dovuto esserci nel governo, ha solo cambiato ruolo, ma non le sue convinzioni. Non solo per questo, la via verso la fiducia al nuovo esecutivo sarà complessa e, in attesa di ottenerla, i due galli nel pollaio, Matteo Salvini e Luigi di Maio, parlano ancora per slogan, come se fossero in campagna elettorale. Se i vincitori sono due, i grandi sconfitti dell’ultima tornata elettorale sono altrettanti, non uno, ma bensì due: Matteo Renzi e Silvio Berlusconi. Tuttavia, Berlusconi, l’Ercolino sempre in piedi, quando si risolleva, non torna come prima e gli equilibri nel centrodestra sono cambiati. Coalizione si, ma non più a guida del leader del fondatore di Forza Italia. Se i perdenti sono due (PD e FI), una loro alleanza, una riedizione di “nuove convergenze parallele” non è fuori da ogni logica e irreale. Intanto, Giovanni Tria è andato al Dicastero più importante, quello dell’Economia e Finanze al posto di Savona. Quello che pensava lo aveva già detto e un modo per attuare la Flax Tax era, a suo giudizio, l’aumento dell’Iva. Non solo quella ordinaria che dovrebbe subire aumenti per arrivare al 25%, ma anche quella al 10% che con due aumenti passerebbe al 13%. Vale a dire, a fronte di una riduzione incerta delle aliquote Irpef passiamo a quelle certe sull’Iva con gli effetti di inflazione e peso sulle famiglie che tutti possono intuire. Il professor Tria, se da un lato criticava il libro dei sogni (contratto) Lega-M5S, dall’altro prevedeva come effettuarne le parziali coperture.  Stando a Jonathan Swift “visione è l’arte di vedere le cose che altri non vedono”. Chi vi scrive è fra quelli che non ne scorgono mentre c’è da condividere quello che diceva, l’attuale, ministro: ” la realtà delle cifre ridimensiona spesso la visione e fino ad oggi non è emerso un accordo chiaro su quali siano i paletti di bilancio che si vorranno rispettare”. Nemmeno crediamo che la compatibilità di bilancio del programma si raggiungerà con un cambiamento delle regole europee, ma se in parte venissero modificate non ci dispiacerebbe.Ancor più complesso, resta il dubbio sul reddito di cittadinanza, sulla sua definizione e sulla differenza rispetto al REI (reddito economico di inclusione) che si applica nel 2018.

Tommaso Lo Russo