Apprendo dai giornali che la candidatura di Torino-Milano-Cortina alle Olimpiadi Invernali del 2026 non verrà presentata, essendo venuto meno il sostegno del Governo, come dichiarato poco fa dal Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Giancarlo Giorgetti. Il Sindaco Appendino, conformemente a quanto deliberato a Luglio dalla maggioranza Cinque Stelle, avrebbe ribadito l’indisponibilità di Torino a partecipare alla corsa olimpica insieme a Milano e Cortina.
Da fonti giornalistiche sembrerebbe poi che il Coni domani presenterà la candidatura di Milano e Cortina con l’esclusione di Torino. Se così fosse sarebbe un vero disastro per la credibilità del Sindaco Appendino e della Città.Una occasione persa, di cui il Sindaco Appendino dovrà rendere conto ai Torinesi.
È finita come temevamo: la candidatura italiana per le Olimpiadi 2026 è morta. Un fallimento del Governo che non è stato in grado di fare gioco di squadra con i territori interessati, neppure con quelli governati da forze politiche amiche dell’esecutivo. Un fallimento dell’amministrazione comunale che non è riuscita a ritagliare per Torino un ruolo da protagonista, valorizzando l’esperienza e le competenze del 2006. Sono sempre stato convinto che Torino avesse le carte in regola per tornare ad ospitare i Giochi invernali e
che un’Olimpiade alpina spalmata su tre località distanti 500 km non avesse senso: l’esito fallimentare è anche frutto di quella astrusa formula a tre. Perdiamo un’importante occasione di rilancio che avrebbe restituito passione e visibilità alla nostra città.
Nino BOETI
Presidente Consiglio Regionale del Piemonte
Gioco lecito, Tronzano (FI): “Tutelare i lavoratori”


Per un nuovo riformismo
Che il destino politico ed elettorale del Partito democratico sia segnato ormai lo condividono quasi tutti. Tranne, forse, gli ultimi reduci che partecipano con devozione e commozione alle kermesse delle feste della ex Unità. Un destino che è il frutto di molte componenti e che, forse, non vale neanche più la pena di soffermarsi con eccessiva insistenza. Ora, il vero nodo politico non è il destino politico ed elettorale di quel partito. Del resto, per chi come noi non ha mai avuto una concezione sacrale o dogmatica o assolutista del partito ma lo ha sempre e solo considerato un mezzo per centrare degli obiettivi politici e sociali, che il Pd cambi, si sciolga, si divida – come auspicano Orfini e ormai moltissimi altri esponenti nei Dem – o decreti semplicemente la sua confluenza in un nuovo contenitore, non importa granché. Quello che, al contrario, resta al centro dell’agenda politica e’ come ricostruire un campo riformista, democratico e di governo alternativo al sovranismo leghista e al populismo in salsa grillina. Senza evocare gli scenari divertenti e fantasiosi di Eugenio Scalfari che disegna un futuro politico con un Pd al 30% dei consensi e un altro partito, cosiddetto “liberal democratico” e sempre creato dal Pd, attorno al 20%, sul tappeto resta il tema di come dare gambe politiche ed ossatura organizzativa a questo campo riformista. E, forse, ha centrato il problema una recente riflessione di Marco Follini quando evidenziava la necessità di una riscoperta attiva e moderna delle singole identità politiche per poi ricostruire insieme una coalizione plurale, inclusiva e autenticamente riformista. Del resto, tramontati i “partiti plurali” ed esauritasi definitivamente la stagione della “vocazione maggioritaria” del Partito
democratico, l’unica ricetta credibile per evitare di essere travolti in modo irreversibile dalle forze sovraniste e populiste resta quella di creare una sintesi politica frutto del contributo di tutte quelle culture politiche che sono state forse troppo frettolosamente archiviate e sacrificate sull’altare della rottamazione renziana e della ineluttabilità del “pensiero unico”. Una stagione, quella renziana, e avallata opportunisticamente da tutte le più svariate tribù interne, che tra le molte altre cose ha ridotto i vari filoni ideali che contribuirono a fondare il Pd ad un semplice orpello ornamentale da celebrare nei convegni e poco piu’. Salvo, poi, prendere atto che tramontata la vocazione maggioritaria e distrutto la “cultura della coalizione” il campo riformista e’ apparso disarmato, impaurito e soprattutto incapace di dar vita ad una credibile e seria alternativa
politica, culturale e programmatica. E il compito di coloro che oggi non si rassegnano al pensiero unico, al dominio del capo di turno e alla cancellazione della distinzione tra destra e sinistra, tra riformisti e conservatori, tra populisti e popolari, hanno il dovere di rideclinare le culture politiche – a partire dalla tradizione popolare e cattolico sociale e democratica – per contribuire, insieme, a dar vita ad una alleanza politica che sappia di nuovo porsi come guida per un governo democratico e riformista del nostro paese.
La sindrome di Stoccolma
È quel comportamento che colpisce chi durante i maltrattamenti subiti prova un sentimento positivo nei confronti del proprio aggressore fino ad innamorarsene ed a sottomettersi volontariamente. Questo è quanto è successo e sta succedendo ad un numero , ancora elevato, di elettori italiani del Partito Democratico verso l’ex Segretario politico dello stesso partito. Dopo il 40,81% delle elezioni europee del 2014, che è la genesi e la madre di tutti i comportamenti successivi , inizia un rapido e continuo declino . Una serie di sconfitte brucianti e pesantissime in tutte le elezioni regionali e comunali che si susseguono nel 2015 e poi nel 2016 e nel successivo 2017. Cadono roccaforti storiche della sinistra amministrate , a parte l’interruzione durante il fascismo, dagli inizi del ‘900. In questa debacle rovinosa discorso a parte merita il Referendum
costituzionale del 2016 . Fu fatto diventare , andando oltre al già importantissimo valore del voto ed il tentativo sgangherato di modificare la Costituzione italiana ed in parte lo stesso sistema politico del nostro paese, una sorta di ordalia , quasi un giudizio divino. Molti ricordano il famoso “se perdo mi ritiro dalla politica” , quasi uno slogan dell’allora Presidente del Consiglio dei Ministri , della sua Sottosegretario e di
altri importanti esponenti di quel gabinetto. .Naturalmente furono ritiri temporanei , cioè finti. Negli altri paesi europei i leader politici , dopo una netta sconfitta , senza averlo dichiarato prima si dimettono ed in alcuni casi si ritirano dalla politica. Uno esempio su tutti l’inglese David Cameron dopo l’esito del Referendum sulla “Brexit”. Ed ultimo , ma non il meno importante , il risultato delle politiche del 2018 con il conseguente formarsi del governo gialloverde. In Italia invece il principale responsabile di tutto questo si ripresenta in pubblico in giro per l’Italia come se nulla fosse . Un comportamento che meriterebbe di essere analizzato dagli specialisti, come mi disse un paio di anni fa un amico noto psichiatra , e cioè di chi pensa che la realtà sia il proprio pensiero e che il proprio pensiero sia la realtà .La cosa che stupisce di più è il comportamento dei suoi sostenitori, dei veri e propri tifosi che più che un partito pensano che sia un fans club. Così invece di chiedergli conto delle pesanti sconfitte e come se fossero stati colpiti, non si capisce in che modo, da una collettiva “sindrome di Stoccolma” accorrono entusiasti alle sue performances ammaliati dal richiamo del “capo”.
Rete Bianca per un progetto civico piemontese
“Una 2 giorni a Susa il prossimo 6/7 ottobre per riaggregare il cattolicesimo politico e per rilanciare il progetto ‘civico’ in Piemonte in vista delle prossime elezioni regionali. È questa l’iniziativa politica promossa da Rete Bianca Piemonte che porterà a Susa politici, intellettuali, imprenditori ed esponenti dell’associazionismo cattolico nazionale. L’obiettivo – sostengono i promotori dell’iniziativa Merlo, Leo e Carmagnola – e’ quello di recuperare all’impegno politico il mondo cattolico democratico, popolare e sociale profondamente sfiduciato rispetto alle tradizionali forze politiche e, soprattutto, di rilanciare quel civismo che resta una carta decisiva per ridare qualità e fiducia alla politica. A partire, appunto, dalle prossime elezioni regionali piemontesi dove Rete Bianca parteciperà con altre esperienze civiche che in questi anni si sono già caratterizzate sul terreno amministrativo e politico. E il convegno di Susa e’ il momento decisivo per illustrare questo progetto politico, culturale e civico che parte dall’area cattolica ma che, come ovvio, non si ferma al mondo cattolico di riferimento ma si estende a tutti coloro che dopo il voto del 4 marzo si sono definitivamente allontanati da quei partiti – a cominciare dal Pd, Forza Italia e Udc – usciti seccamente sconfitti dalle urne e non più riproponibili come cardini di una alternativa politica all’attuale maggioranza di governo”.
Via i simboli logorati
Il voto del 4 marzo, piaccia o non piaccia, ha modificato in profondità la geografia politica del nostro paese. A partire, appunto, dal protagonismo dei nuovi soggetti risultati vittoriosi nella politica italiana
Ora, per non far di tutta l’erba un fascio, credo sia abbastanza oggettivo, nonché realistico, che qualunque alternativa alla maggioranza di governo giallo/verde o qualsiasi alternativa riformista e di centro sinistra alla potenziale maggioranza di centro destra non possono certamente passare attraverso la riproposizione del simbolo del Pd quale partito cardine della coalizione dell’ex centro sinistra. Quel simbolo, seppur nel pieno rispetto dei reduci che partecipano con ammirazione e devozione alle feste della ex Unità, non è più un elemento aggregante. E non lo dicono solo tutti i sondaggi, ma è appena sufficiente ascoltare la cosiddetta pubblica opinione nella sua multiforme e variegata composizione per rendersene conto. È un simbolo che ormai appartiene al passato.
Un simbolo logorato e stantio che certifica il fallimento di un progetto politico. O meglio, il suo
superamento nell’attuale contesto politico italiano. Fuorché qualche simpaticone, come l’attuale
segretario di quel partito, pensi che la Lega di Salvini e il partito di Casaleggio e Grillo si sciolgano
come neve al sole nell’arco di pochi mesi per l’inconsistenza dell’azione di governo. Come tutti
sanno, tutto ciò semplicemente non accadrà. Ma, al contempo, esiste ancora un elettorato – non si sa quanto vasto, ma comunque esiste – riconducibile al cosiddetto “popolo di centro sinistra” che chiede una nuova e piu’ efficace rappresentanza politica. Certo, un popolo che difficilmente si riconoscerebbe sotto il simbolo del Pd renziano, tra l’altro in perenne conflitto tra le varie bande interne, ma che forse è disponibile a spendersi per una alternativa realmente e autenticamente democratica, riformista e di governo. Purché si tratti di un esperimento politico ed organizzativo che non scimmiotti le nefandezze del passato recente e meno recente del Pdr, il partito di Renzi.
Ecco perché il recente appello di Massimo Cacciari di dar vita ad una nuova lista per le europee e,
di conseguenza, ad un nuovo contenitore che sia in grado realmente di ripartire con una nuova
classe dirigente, un nuovo linguaggio e un nuovo progetto politico non è affatto da scartare. Anzi,
forse resta l’ultima occasione per un popolo oggi radicalmente sbandato e disorientato – anche tra
gli stessi reduci delle feste della ex Unità – che chiede, a ragione, di riappassionarsi per una
speranza e una prospettiva politica che non siano solo funzionali al consolidamento di un potere
nelle mani dei soliti noti.
I parlamentari piemontesi della Lega, il senatore Giorgio Maria Bergesio e l’onorevole Paolo Tiramani hanno presentato un’interrogazione al Presidente della Commissione Parlamentare per l’indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi per situazione del Centro di Produzione Tv di Torino.
“Il Centro di Produzione Tv di Torino è riconosciuto per la sua vocazione professionale alla realizzazione di programmi televisivi del segmento ‘kids’, nonché per la produzione di fiction di alta gamma, quali ‘Non uccidere’, ‘Romanzo Famigliare’, ‘I topi’, ecc., prodotti di riconosciuta e apprezzata qualità tecnica. Le istituzioni piemontesi svolgono in sinergia con la Film Commission Torino Piemonte attività attrattive e di stimolo alla realizzazione dell’industria cinematografica sul proprio territorio. Una presenza di lavoratori stagionali del Cinema con riconosciuta professionalità oltre a un indotto di servizi di supporto alle attività cinematografiche con un buon potenziale di sviluppo”. Nel documento si evince come ad oggi siano”non operativi e in stato di abbandono” gli studi dell’azienda italiana di proprietà pubblica Lumiq Studios Srl, con sede in Torino nel complesso di Virtual Reality & Multi Media Park, “posseduta da Comune di Torino, Città metropolitana di Torino, Regione Piemonte, e Politecnico di Torino, attualmente gestita da Rai in regime di sub-concessione – fino a tutto ottobre 2019, salvo proroghe – al fine di utilizzare gli studi televisivi ivi situati per la realizzazione di fiction e contribuendo alle spese di gestione ordinaria per circa 160 mila euro l’anno. L’azienda Rai ha concesso in appalto a studi Esterni a Roma la realizzazione della fiction ‘Il paradiso delle Signore’ con un contratto di circa 17 milioni di Euro, a seguito del mancato accordo sindacale proposto ai lavoratori del Centro di Produzione Tv di Torino”. Considerato l’obiettivo comune delle istituzioni di “trovare una mediazione e non perdere una produzione ambiziosa con ricadute economico-produttive per la Rai e per lo sviluppo del territorio piemontese”, Bergesio e Tiramani chiedono agli attuali ai vertici aziendali se “non ritengano particolarmente grave l’affidamento in appalto totale della fiction in studi Esterni a Roma”, se sia stato “valutato e proposto un diverso apporto di risorse Rai alla coproduzione al fine di impiegare gli studi Rai e Lumiq”, se “le motivazioni che hanno indotto la Rai ad attuare durante la trattativa sindacale con le Rsu di Torino lo ‘spoils system dei funzionari’ del Centro di Produzione Tv di Torino e quali azioni intenda effettuare la Rai presso il Centro di Produzione Tv di Torino “al fine di rilanciare le competenze per la realizzazione di fiction di alta gamma sul territorio piemontese”.
(foto: il Torinese)
Il “caso” Renzi alla Festa de L’Unità

L’iniziativa sarà presentata in una conferenza stampa che si terrà giovedì 13 settembre alle 12 presso la sede dell’Mcl
“La Rete Bianca per il futuro del cattolicesimo politico. Un nuovo civismo per il Piemonte”. È questo il titolo della 2 giorni che sarà organizzata a Susa il prossimo 6/7 ottobre presso la Casa San Francesco. L’iniziativa sarà presentata in una conferenza stampa che si terrà giovedì 13 settembre alle 12 presso la sede dell’Mcl, Corso Regina Margherita 192, Torino. Una iniziativa che, oltre ad illustrare il progetto politico di Rete Bianca a livello nazionale, affronterà anche come Rete Bianca parteciperà alle prossime elezioni regionali piemontesi. Intervengono Giorgio Merlo, Mauro Carmagnola, Giampiero Leo