POLITICA- Pagina 551

Popolari, adesso basta con i “partiti plurali”

Di Giorgio Merlo

Il tramonto dei partiti plurali – nello specifico il tramonto del modello originario e del profilo politico del Partito democratico – ci pone di rivedere lo stesso modello di partecipazione politica nel nostro paese. Se la prima repubblica era caratterizzata dai cosiddetti “partiti identitari”, cioè da soggetti politici, popolari e di massa con una definita cultura politica, e’ pur vero che da tempo ormai assistiamo ad un confronto politico dove le categorie culturali del passato sono state definitivamente archiviate. E i “partiti plurali”, almeno nella loro intenzione originaria, dovevano essere funzionali a ridefinire la dialettica democratica superando le vecchie impostazioni. Ora, dopo la sconfitta storica del Partito democratico, dopo il fallimento politico ed elettorale del partito di Grasso – cioè della sinistra nel nostro paese – e il conseguente affermarsi dei 5 stelle e della Lega, noi abbiamo la conferma che si è chiusa una fase politica e se ne è aperta una nuova, ancora inedita e difficile da decifrare. Tranne su un punto: e cioè, se quasi il 33% degli italiani votano un partito che si definisce “oltre la sinistra e oltre la destra”, e se il partito plurale per eccellenza, Il Pd, subisce una debacle di dimensione epocale, forse è arrivato anche il momento per riscoprire, seppur aggiornandole, le culture politiche del passato. Intendo quelle culture politiche costituzionali che hanno contribuito alla costruzione e al consolidamento della nostra democrazia. E questo non per un richiamo del passato o, peggio ancora, per una tentazione nostalgica. Ma per la semplice ragione che solo attraverso la riscoperta delle nostre radici culturali sarà possibile ridare dignità e qualità alla stessa politica. Uscendo dagli slogan, dalla pura demagogia e dal becero qualunquismo in cui siamo precipitati. A cominciare, appunto, dalla riscoperta della cultura “popolare di ispirazione cristiana”. Tocca ai cattolici democratici, ai cattolici popolari e ai cattolici sociali contemporanei il compito di non contribuire, seppur inconsapevolmente, ad archiviare un pezzo significativo della storia democratica del nostro paese. E questo non attraverso la riproposizione di un ennesimo partitino ma, al contrario, dando vita ad un movimento culturale che abbia come “ragione sociale” la riattualizzazione di un “pensiero” andato smarrito in questi anni di qualunquismo politico, di spietata personalizzazione della politica e di cancellazione radicale di tutto ciò che si richiamava al passato. Certo, poi verrà, e quasi sicuramente, il tempo della presenza politica organizzata. Del resto, le mode politiche nel nostro paese non durano a lungo. La stella renziana, per fermarsi al solo Pd, sembrava inarrestabile e destinata a durare per almeno 20 anni. Dominava incontrastato il partito di riferimento e il paese. Nell’arco di un biennio questo dominio si è trasformato in un disastro elettorale prima e in una sconfitta storica e politica poi. Al punto che oggi in quel partito si parla già apertamente di “derenzizzazione”. E, come sempre capita in politica quando domina il contingente e il solo potere, i più scatenati in questa rimozione politica e personale sono proprio coloro che per 2/3 anni si spellavano le mani con un tifo da stadio in ogni pubblica occasione in cui appariva e parlava il “capo”. Ecco perché, forse, si tratta adesso di voltare pagina. Almeno da parte di coloro che non si sono mai rassegnati ad una semplice politica spettacolo e al partito del “capo” e, soprattutto, da parte di quelle persone che continuano a pensare che non esiste la politica senza un “pensiero”. Cioè senza una cultura politica di riferimento. Il tutto anche in un contesto dominato dal qualunquismo e dalla più squallida demagogia . Tocca, quindi, ai cattolici popolari e ai cattolici democratici adesso battere un colpo. E sono convinto che nelle prossime settimane partirà un segnale forse, coraggioso e determinato in questa direzione.

I “giocatori di poker” alimentano la vocazione al suicidio del Pd

STORIE DI CITTA’ di Patrizio Tosetto
La vocazione al suicidio del Pd si è fatta sistema. Unica giustificazione: l’ indeterminatezza regna sovrana. Continuano i giocatori di poker che nelle loro dichiarazioni dicono di avere carte vincenti che non hanno. Del resto poco ci si poteva aspettare da chi ha vinto le elezioni sulla base di menzogne. Con promesse elettorali irrealizzabili. Demagogia assoluta che non rende meno gravi gli errori del Pd renziano. Rimane la garbata pazienza del nostro Presidente della Repubblica che invitando alla calma cerca nel tempo la possibilità di dare al paese un governo. Necessità sollecitata anche dall’ Europa.  Staremo a vedere, ma il malato più grave continua ad essere chi ha perso le elezioni. La gravità della malattia impone scelte radicali di rottura con il passato. Mi sembrava che la proposta di Chiamparino su nome di Salizzoni andasse in questa direzione. Ma ecco le contestazioni. Il Senatore Mauro Laus non ci sta e contesta il metodo di scelta. Strano, é tra i pochi appagato della sua elezione a Senatore. Da oltre 20 anni il suo principale obiettivo in politica. 20 anni e lui sa aspettare cogliendo il momento propizio.  A chi gli chiedeva: quando a Roma? Rispondeva: a tempo debito. Grande lavoratore. Pensate che immigrato e laureato il suo primo lavoro nella coop Rear assunto come portalettere e uomo tutto fare. Base elettorale lucana, proprio uno che si é fatto tutto da solo. Con i suoi vezzi. Vestiti confezionati da artigiani sarti della sua regione, la Basilicata. E persino uscito indenne da un apposita commissione regionale che doveva appurare se il suo ruolo di presidente della coop Rear fosse incompatibile con il ruolo di consigliere Regionale. Superata questa prova si dimette da presidente ma i bene informati fanno notare che al suo posto sono stati eletti amici e “parenti” . All’ufficio del lavoro si ricordano di lui e della coop, era il più gettonato per cause di lavoro. Ma lui va avanti. 3 volte eletto in consiglio regionale diventa presidente dell’Assemblea. Lascia parte dei suoi sodali lucani e diventa fassiniano doc. Il resto è storia recente. E il Chiampa è infastidito, anzi proprio arrabbiato. Ma qui c’è, almeno per il sottoscritto, la prima vera sorpresa. Telefono e messaggio chiedendo a politici pd nostrani: che succede ? Pensando che le risposte fossero a favore di fatto del Chiampa. Errore. Grande rispetto per la risorsa politica del governatore uscente ma non é più tempo di scelte fatte in solitaria. Insomma Mauro Laus ha ragione. Bene, facciano loro che sono del Pd. Ma quando un’ azienda é sull’orlo del fallimento chiede il concordato preventivo e  il commissario scelto ha ampi poteri. Superata l’ emergenza si può tornare ad una dinamica normale. Penso che non ci sia in tutta la storia repubblicana un caso come quello del Pd che nel giro di 4 anni passi dal 40 % delle Europee al 18 delle politiche. La proposta di Salizzoni era una proposta ottima. Vediamo perché. Innanzitutto perché non è del Pd e non è mai stato del Pd. Secondo, è un luminare, come dimostrato da ciò che ha fatto come chirurgo. Ha rifiutato per tutta un vita offerte a 100 mila dollari ad operazione. Ha rifiutato per essere coerente con i suoi ideali di eguaglianza sociale. Onestà intellettuale e morale. Mi sembrano qualità non da poco. Un azzardo? Fosse anche é ciò d cui ha bisogno un partito che si autodefinisce di sinistra, seppur con venature di centrismo.  E nell’ azzardo ci sono rotture con il passato. Basta con le nomenclatura. Basta con la casta. Un sospetto. Laus è diventato amico politico di Gariglio che ha mal ha digerito la defenestrazione da segretario regionale? Se fosse vero muoia Sansone con tutti i filistei. Un altro sospetto. Molti sostengono che Renzi é pronto e con i fedelissimi farà un altro partito di centro. Del resto fanno notare i cattivi: i democristiani e gli ex democristiani non sanno stare lontano dal Potere.  Il dissolvimento è dietro l’ angolo. Poco importa perdere le elezioni regionali. E dunque poco importa proporre candidati credibili. Oramai a pochi importano le sorti del Pd.
(foto: il Torinese)

Caso FinPiemonte, Ghigo: “Chiamparino tragga le sue conclusioni”

di Enzo Ghigo

Quando ero presidente della Regione, nel malaugurato caso di arresto di una persona da me nominata ai vertici di una importante società regionale, avrei tratto le mie conclusioni politiche. Mi sarei assunto la responsabilità di avere scelto una persona rivelatasi sbagliata: in politica anche le intuizioni errate costituiscono grave peccato. Che succederà ora, dopo l’arresto dell’ex presidente di FinPiemonte, scelto dalla Giunta di centrosinistra? Non oso immaginare cosa sarebbe accaduto se in questo guaio fosse incappato un governo regionale di centrodestra. Qui si parla dell’ammanco di milioni di euro di denaro pubblico, voglio ricordare che per molto meno – un paio di boxer verdi – il presidente Cota come Martin perse la cappa, con dosi abbondanti di gogna mediatica. Mi auguro che le attuali forze di opposizione in Regione ora facciano sentire la propria voce.

PD. BOETI: “BENVENUTO A SALIZZONI”

Il Partito Democratico ad un anno dalle elezioni regionali, a fronte di un centrodestra che ha già individuato un suo candidato, correva il rischio di rimanere aggrappato alla speranza di una ricandidatura di Sergio Chiamparino, ipotesi che peraltro l’interessato ha sempre smentito. Finalmente si comincia a discutere. E se il primo ad aver dato la propria disponibilità è un chirurgo di fama internazionale, una persona apprezzata e amata dai cittadini, un uomo di sinistra per il quale la politica ha sempre rappresentato un modo di stare nella società, allora dove sta il problema? Certo: bisogna ripartire dai programmi, dobbiamo capire quale coalizione costruire ma sappiano tutti bene che nel tempo della personalizzazione della politica quello che farà la differenza sarà il nome del candidato con il quale ci presenteremo ai cittadini piemontesi. E il Pd dovrebbe apprezzare il fatto che Mauro Salizzoni, come primo segno concreto della propria disponibilità, abbia scelto di candidarsi alle elezioni comunali di Ivrea. Una dimostrazione di serietà ed umiltà. Alla luce di quanto accaduto il 4 marzo, davvero il Pd pensa di potercela fare da solo alle prossime elezioni regionali? La scelta di persone che, come Mauro Salizzoni, decidono di avvicinarsi al Pd, non dovrebbe essere considerata come un’occasione per aprire una nuova fase, ristabilire un rapporto con mondi e settori della società, ritrovare sintonia con il pensare e il sentire dei piemontesi? Cosa serve per fare il Presidente della Regione? Credo serva l’onestà, la condivisione di valori ed orizzonti, la capacità organizzativa, il saper fare squadra, un livello culturale adeguato pur senza dover essere un premio Nobel, e, soprattutto la capacità di comprendere la società e le sue trasformazioni. Credo che Mauro Salizzoni corrisponda a questo profilo e così certamente altre donne e altri uomini che possono legittimamente aspirare a guidare il centrosinistra nella competizione elettorale. Diamo il benvenuto a Mauro Salizzoni. Sono certo che scoprirà che il Pd è migliore di quanto talvolta appare.

 

Nino Boeti

Vice Presidente Consiglio Regionale del Piemonte

ASILO NIDO GENDER, FI-GIOVANI: “NOTIZIA ALLARMANTE”

Sabato 7 Aprile alle ore 12 davanti all’ingresso del Campus Einaudi, Corso Regina Margherita 60, il movimento giovanile di Forza Italia ha organizzato un ritrovo di protesta contro il progetto dell’asilo nido gender all’interno dell’Università degli Studi di Torino.

“Da quanto abbiamo appreso all’interno dell’Università degli Studi di Torino sta per nascere un primo progetto di scuola dell’infanzia senza bambina e bambino, dove non si useranno più i grembiuli azzurri o rosa e dove la così detta “educazione alle differenze” sarà la regola educativa – esordisce Tommaso Varaldo, coordinatore del movimento giovanile di Forza Italia a Torino – E’ una notizia allarmante e chiediamo al Sindaco e all’Assessore competente maggiore chiarezza su questo progetto. Questa struttura accoglierà i bambini di età compresa tra i tre mesi e i tre anni, una fascia di età all’interno della quale le figure di riferimento per i bambini sono gli insegnanti e i genitori. L’indirizzo educativo è prezioso e molto delicato” “Siamo pronti a sostenere proposte a sostegno della famiglia e della natalità, progetti che possano dar vita a nuove strutture per accogliere i tantissimi bambini che ad oggi non hanno accesso alle strutture per mancanza di posti e assurde graduatorie, iniziative volte ad avviare percorsi capaci di sanare le problematiche mondo del lavoro-maternità. Ma non siamo disponibili – conclude Varaldo – a mettere in alcun modo in discussione la famiglia, le figure dalla mamma e del papà, le naturali ed oggettive differenze tra le bambine e i bambini”

 

Magliano: “inaugurazione del ponte di corso Matteotti decisione non opportuna”

Una scelta che significa mancato rispetto del lutto, che prescinde dalle decisioni della Capigruppo e che di fatto scavalca il Presidente del Consiglio Comunale

 

Condivido senza mezzi termini le parole del Presidente della Circoscrizione I, Massimo Guerrini. La Sindaca ignora le giuste e sensate scelte della Capigruppo (e di fatto fa suo un evento che, come tutte le inaugurazioni, dovrebbe essere appannaggio del Consiglio Comunale). Avremmo ritenuto più opportuno e delicato attendere, nel rispetto del lutto e dei familiari della ragazza che ha perso la vita. Ma evidentemente altri ragionamenti hanno avuto la meglio. Ci troviamo di fronte all’ennesima caduta di stile di una Sindaca per la quale, ancora una volta, la visibilità sembra essere una priorità più urgente rispetto al bene della città.  Esprimo inoltre il mio imbarazzo per il Presidente del Consiglio Comunale, che – non mi sfugge – si è visto scavalcato dal Gabinetto della sua stessa Sindaca.

Silvio Magliano – Capogruppo Moderati, Consiglio Comunale 

DELIBERA IREN, MORANO: “PERCHE’ NON SONO STATE FATTE VERIFICHE CON CONSOB?” 

Era ora di mettere mano al tema delle dismissioni, non soltanto per rispetto della Legge Madia, ma perché una politica di dismissioni intelligenti, insieme a una revisione della spesa, è una delle colonne portanti di una necessaria operazione di liberazione della città da un debito che ne condiziona il futuro e ne limita le opportunità. Quindi in linea di principio, sono a favore della delibera che approda in Aula oggi. Quello che mi lascia perplesso – a dir poco – è la bozza dei Patti Parasociali. Per alcune semplici ragioni:

1)     Ragioni di metodo: la particolare configurazione dei patti rende necessario disporre di una congrua base di pareri tecnici, dell’Avvocatura, e certamente della Consob, con riguardo alle

2)     Ragioni di merito:

a)     Il Patto prevede che in caso di mancato rinnovo del Patto Parasociale che vincola i sessantacinque soci Iren (firmato nel maggio 2016), FSU e FCT nominino undici amministratori su tredici di Iren, quando oggi FSU ha diritto a nominare direttamente solo cinque consiglieri. La previsione di durata del Patto Parasociale tra FCT Holding ed FSU è fissata in tre anni a decorrere dalla data di sottoscrizione del Patto prorogabile di altri due. La stipulazione di un altro patto parasociale, con scadenza successiva a quello in vigore,potrebbe configurare una violazione dell’Art. 123 del T.U.F. che stabilisce un limite di durata di tre anni per i patti parasociali relativi a società quotate in borsa?

b)     A partire dalla data di efficacia della scissione, la partecipazione di Torino e Genova partecipazione non sarà più convogliata in un unico veicolo, ma farà capo a due soggetti distinti che decidono di mettersi d’accordo e che insieme sono in grado di nominare la maggioranza del Consiglio di Amministrazione e del Collegio Sindacale. Non si tratta quindi di acquisto del controllo congiunto da parte di FCT ed FSU rilevante ai fini delle norme Opa?

c)      E gli altri attuali soci sarebbero forse d’accordo su questa operazione?

In questi casi ci si presenta preparati, con tutti i pareri, i precedenti e le verifiche. Il Sindaco ha deciso di non presentarsi tout court. E io non posso votare a favore di una delibera che, condivisibile per principio, rischia di essere ritirata o annullata per gravi difetti tecnici.

  Alberto Morano

  Lista Civica Morano

Ravetti nuovo capogruppo Pd a Palazzo Lascaris

 

Nella riunione del Gruppo del Partito Democratico del Consiglio regionale del Piemonte, svoltasi in data odierna, è stato eletto all’unanimità Presidente del Gruppo il Consigliere regionale Domenico Ravetti.

Il Gruppo ha, altresì, individuato le candidature del Consigliere regionale Nino Boeti alla Presidenza del Consiglio regionale e della Consigliera regionale Angela Motta alla Vicepresidenza del Consiglio regionale e, nei prossimi giorni, le proporrà ai gruppi consiliari di Maggioranza. Il Presidente dimissionario del Gruppo Pd in Consiglio regionale Davide Gariglio, neoletto deputato, ha voluto“ringraziare i colleghi per l’impegno profuso in questi anni e per il lavoro che abbiamo portato avanti insieme, in un clima di condivisione di intenti e obiettivi e di dialogo costruttivo e ha formulato i migliori auguri per il lavoro di fine legislatura”.“Il nostro impegno – ha affermato il neoeletto Presidente del Gruppo Pd Domenico Ravetti – sarà incentrato sulle priorità di fine legislatura, sul rapporto con le diverse forze politiche della coalizione di centrosinistra e soprattutto con i cittadini piemontesi. Ringrazio Davide Gariglio per il lavoro svolto in questi anni alla guida del gruppo in Consiglio regionale”.

Fondazione Libro, Magliano: “chiedo certezze sul futuro dei dipendenti”

Solidarietà a questi professionisti, che ora si trovano senza stipendio e che, nonostante tutto, stanno lavorando senza risparmiarsi per preparare la prossima edizione. Pretendo chiarezza sul loro futuro lavorativo. Esprimo inoltre la mia totale fiducia nel liquidatore.

Esprimo la mia più totale e incondizionata solidarietà ai dipendenti della Fondazione per il Libro. Persone che, nonostante si trovino ora senza stipendio, stanno lavorando con il massimo impegno per la buona riuscita dell’evento. Da trent’anni, edizione dopo edizione, l’evento si è sempre tenuto ed è stato un successo. A queste persone va riconosciuta la loro parte di merito. Esprimo inoltre la mia altrettanto totale fiducia nel liquidatore, persona dal profilo e dalle capacità di qualità assoluta e riconosciuta. Ora vorrei avere certezze sul futuro professionale di queste persone, sulla cui dedizione e professionalità nessuno può davvero avere dubbi. E vorrei averle in fretta. È necessario anche avere al più presto certezze sul nuovo strumento. Tutte le parti in causa si diano una mossa.

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Silvio Magliano – Capogruppo Moderati, Consiglio Comunale Torino.

Quante Dc? Non tutti sono titolati a parlarne

Di Giorgio Merlo

Dunque, a 25 anni dalla sua fine naturale, la Dc continua a far discutere. I più la contestano ancora duramente, molti la detestano sempre pregiudizialmente, alcuni invece cominciano a scoprirne la sua importante funzione storica e politica. Insomma, si tratta di una esperienza politica e culturale che è destinata a far discutere. E forse per molti anni ancora. Eppure, al di là delle pregiudiziali negative e dei commenti favorevoli, un dato e’ abbastanza evidente: molti pensano di sostituire il suo ruolo, la sua funzione e addirittura il suo profilo nella concreta dialettica politica italiana. Di oggi, però. Ed è proprio qui che nascono gli equivoci e i fraintendimenti. Ossia, e’ tremendamente difficile e complicato riproporre l’esperienza della Dc e candidarsi a suo erede naturale da parte di personaggi e di esponenti politici che sono e restano lontani anni luce dalla sua cultura, dai suoi insegnamenti e dai suoi leader. Eppure è ciò che realmente sta capitando. Moltissimi commentatori si stanno esercitando in questa singolare ed anacronistica operazione. I 5 stelle come la Dc perché oltre ad essere il primo partito hanno pure un consenso trasversale. Interclassista si sarebbe detto un tempo. Altri sostengono che il centro destra, ovvero il tradizionale “blocco sociale” del forzaleghismo, contiene il vero consenso democratico cristiano. Perche’ un blocco sociale e politico sostanzialmente ostile e alternativo alla sinistra pre e post comunista. Altri, infine, propendono per la tesi che sia proprio il Pd, al netto degli ultimi “ex comunisti sopravvissuti” in quel partito, che rientra di diritto tra gli eredi della Democrazia Cristiana. Ora, senza dilungarci in questa dissertazione sui presunti e virtuali eredi del partito di De Gasperi, Moro, Fanfani e Donat-Cattin, forse è arrivato anche il momento per sostenere una semplice ma definitiva considerazione: e cioè, la cultura e l’ispirazione democratico cristiana possono essere riproposti e riattualizzati solo da coloro che rientrano a pieno titolo in questa tradizione e che, nel bene e nel male, non l’hanno mai rinnegata. E ciò per svariati motivi. Ma su tutti vale una motivazione di fondo. Un partito dichiaratamente populista, demagogico e post ideologico come i 5 stelle; uno schieramento apertamente di destra come l’attuale centro destra; un partito che fino a ieri era apertamente e dichiaratamente un “partito personale” e che oggi, con Renzi in crisi, e’ apertamente confuso e sbandato come il Partito democratico, non possono essere confusi neanche lontanamente con l’esperienza, il ruolo, la funzione e soprattutto con la cultura politica della Democrazia Cristiana. E allora, per non girarci attorno, tocca a coloro che non hanno mai rinnegato quella esperienza cercare oggi, nel concreto, le modalita’ politiche, culturali ed organizzative per non archiviare definitivamente quel magistero politico. Questo non significa riproporre la Dc. Sarebbe semplicemente una sciocchezza perché la Dc e’ stato un grande partito ma anche e soprattutto un prodotto storico. Di quel momento storico. Tocca, semmai, ai cattolici democratici e ai cattolici popolari di oggi farsi carico di una iniziativa politica che sappia riattualizzare e riproporre quella cultura, quella tradizione e quel patrimonio ideale, culturale, etico e programmatico. Nella dialettica politica contemporanea, però. Un patrimonio, quindi, che va aggiornato e modernizzato. Questo, credo, e’ l’unico modo per non svilire e per non deprimere ulteriormente il ruolo storico della Dc ma, soprattutto, e’ anche la modalità concreta per recuperare una cultura politica che per troppi anni e’ stata colpevolmente ed irresponsabilmente sottovalutata e quasi rinnegata.