Sei minori sottoposti a obbligo di permanenza in casa per il ferimento di agenti e l’assalto a La Stampa

Le violenze contro le forze dell’ordine non sono state dimenticate e alcuni tra i responsabili di reati e danneggiamenti negli ultimi mesi a Torino sono stati individuati. Si tratta di ragazzi tra i 16 e i 17 anni, accusati di lesioni e resistenza aggravata a pubblico ufficiale. Questa mattina quindi sei minorenni sono stati sottoposti alla misura cautelare dell’obbligo di permanenza in casa, sostanzialmente i domiciliari per i minori, disposta dal gip del Tribunale per i minorenni su richiesta della Procura della Repubblica.

Le indagini della Digos erano partite a fine ottobre, dopo gli scontri avvenuti al liceo Einstein a Torino. In Qui studenti del Kollettivo Einstein avevano impedito a Gioventù Nazionale, movimento di estrema destra, di distribuire volantini. La polizia aveva fermato uno dei minorenni, poiché gli agenti erano stati aggrediti con spintoni e calci. Altri giovani avevano tentato di ostacolare il trasferimento del fermato in questura, ferendo due agenti Digos e un agente del Reparto Mobile intervenuto per calmare la situazione.

Uno dei sei ragazzi, e’ oggetto di provvedimento cautelare anche per i fatti del 14 novembre, quando un gruppo di manifestanti aveva fatto irruzione nella sede della Città metropolitana di Torino, in corso Inghilterra. Nove poliziotti rimasero feriti e, già nei giorni successivi, era stato arrestato un diciottenne in flagranza differita. La Digos inoltre ha effettuato perquisizioni anche nelle case  di altri indagati, nell’ambito delle indagini sull’irruzione nell’edificio de La Stampa del 28 novembre in via Lugaro e sull’occupazione dei binari di Porta Nuova e Porta Susa, durante manifestazioni in favore della Flotilla del 22 e del 24 settembre scorsi.

Mele al forno: sapori e ricordi d’infanzia

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Le mele cotte evocano ricordi e profumi d’infanzia, un comfort food della stagione invernale. Non necessitano di elaborate cotture, sono buone cosi’, nella loro semplicita’, un alimento prezioso per il nostro organismo per le loro spiccate proprieta’ benefiche. Di facile digestione rappresentano un dessert ideale per tutti, sia per un fine pasto che per una dolce merenda.

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Ingredienti
 
4 grosse mele
La scorza di un limone
Una noce di burro
Poco vino bianco secco
2 chiodi di garofano
2 cucchiai di zucchero di canna
Un pizzico di zenzero in polvere
Un pizzico di cannella
Poca acqua
 

Lavare e asciugare bene le mele, sistemarle in una pirofila da forno, versare un dito di acqua e il vino bianco, aggiungere la scorza del limone, i chiodi di garofano e cospargere le mele con la cannella, lo zenzero, lo zucchero di canna e un poco burro. Cuocere a 200 gradi per circa 30 minuti o sino a quando il liquido  e’ diventato uno sciroppo caramellato.

Paperita Patty

Travolto da un’auto a Venaria: 73enne in codice rosso al San Giovanni Bosco

Stava attraversando la strada, ma è rimasto travolto da un’auto: l’uomo, 73enne, è grave al San Giovanni Bosco. È successo a Venaria nella prima mattinata di oggi, in via Gabriele D’Annunzio all’angolo con via IV Novembre.

Secondo una prima ricostruzione dei fatti, l’anziano stava camminando sulle strisce pedonali quando un’auto, una Nissan Micra guidata da una 45enne di Venaria, l’ha investito. La conducente si è subito fermata e ha chiamato il 118, giunto con un’ambulanza di Azienda Zero. Il personale sanitario ha trasportato l’uomo in codice rosso all’ospedale San Giovanni Bosco a causa di un grave trauma cranico: la prognosi resta riservata. Sul posto è intervenuta anche la polizia locale per i rilievi e per ricostruire la dinamica dell’incidente.

VI.G

“Vertigo Gala True Colors” fino al 6 gennaio

Nel cuore dell’inverno, quando il ritmo delle giornate si fa più lento e il paesaggio sembra chiedere ascolto e silenzio, lo Chapiteau Nice si manifesta come una presenza luminosa ed accogliente a Mondovì, nel verde del Parco Europa. Non si tratta soltanto di una tenda, ma di una vera e propria soglia simbolica, uno spazio circolare che invita a interrompere la quotidianità per lasciarsi rapire da una dimensione altra e più profonda.
Per alcuni giorni, con un tutto esaurito partito il 26 dicembre per proseguire fino al 6 gennaio, il Vertigo Gala – True Colors nasce da una necessità di incontro e di apertura che rendono Mondovì e il Monregalese un crocevia temporaneo di visioni, attraversate dalla creatività e dalla sensibilità di giovani artisti internazionali, in un dialogo fecondo con il territorio.
“Vertigo Gala- True Colors” rappresenta un viaggio poetico nel cuore delle identità umane, una luminosa dichiarazione di diversità e autenticità che trasforma il circo contemporaneo in una tavolozza vibrante di emozioni. La metafora centrale dello spettacolo è  il colore, non ornamento,  ma materia viva e filo narrativo che attraversa la scena, evocando inclusione,  libertà e ricchezza di sfumature che rendono ciascun essere umano davvero unico.
In scena, tecnica e ricerca espressiva si intrecciano in una scrittura raffinata e sensibile, dove il virtuosismo non è  mai fine a se stesso, ma diventa linguaggio, relazione e racconto.

A guidare lo spettatore in questo attraversamento è l’artista e regista dello spettacolo Vladimir Ježic, di origine croata. Attraverso una sorprendente manipolazione di bandiere, Ježic riesce a costruire un racconto fluido e imprevedibile, collegando i diversi quadri in un’unica onda cromatica. Le bandiere non separano né delimitano, diventano diversi corpi in movimento, segni poetici che uniscono, mettono in relazione e trasformano.
Attorno a lui si muovono gli artisti della Fondazione Cirko Vertigo, ciascuno portatore del proprio colore interiore, del proprio linguaggio e della propria storia.
Agostina Beltran Vilche dell’Uruguay è  sospesa tra capillare e acrodanza; Felipe Gonzalo Flores Toledo del Cile disegna traiettorie dinamiche attraverso la giocolieria, Glenda Marisol Paz Maldonado del Guatemala abita la verticalità dei tessuti aerei, l’italiana Irene Sora gioca con equilibrio tra acrobatica e giocolieri, l’italiana Sara Frediani attraversa lo spazio con l’eleganza del trapezio e delle cinghie aeree, l’italiano Diego Lama incarna la purezza del movimento sulla corda aerea. Il messicano Angel David Villa Nunez in Messico esplora la complessità fluida della multicorda. Alejandro Bryam Cristancho Romero, colombiano, restituisce la poesia leggera della bici aerea e degli ombrelli.
Rebecca del Farra, italiana, avvolge lo sguardo nella rotazione ipnotica del cerchio aereo. Il risultato è quello di un affresco collettivo di grande forza visiva ed emotiva,  in cui il linguaggio del circo contemporaneo diventa strumento di ascolto, di condivisione e di riflessione, capace di unire pubblici diversi, mantenendo uno sguardo profondamente quotidiano.

Mara Martellotta

Dolci della tradizione: i baci di dama

Tostate in forno le mandorle e le nocciole. Pelatele, riducetele a granella fine e mescolatele con lo zucchero e la vaniglia fino a ottenere una farina granulosa. Incorporate delicatamente il burro ammorbidito a temperatura ambiente, maneggiando l’impasto il meno possibile, solo il necessario per amalgamare gli ingredienti.

Leggi la ricetta su piemonteitalia.eu: https://www.piemonteitalia.eu/it/enogastronomia/ricette/baci-di-dama

La bottiglia senza “buscion”

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La primavera stava per lasciare, senza grandi rimpianti, il passo all’estate. Grandi nuvole nere s’addensavano sulla vetta delle montagne. L’aria si fece elettrica, segno che il temporale stava per scatenarsi. Audenzio Remolazzi , intento a falciare il fieno nel prato, guardò il cielo che si faceva sempre più scuro e s’affretto a raccogliere quant’aveva tagliato per evitare che la pioggia imminente facesse marcire il maggengo.

Tra sé e sé disse : “Ah, quando il monte mette il cappello, conviene lasciare la falce e metter mano al rastrello”. E diede voce anche a Bartolo che stava riposandosi appoggiato con la schiena  al tronco di un melo. “Oh.. Sacrebleu”, fece quest’ultimo, stirandosi. “Ho dormito come un sasso Colpa della frittata con le cipolle che è come una droga; mi piace ma mi crea un peso sullo stomaco che chiama l’obbligo di un riposino”. Guardò il cielo e borbottò: “Secondo me, Audenzio, è un temporale varesotto, poca acqua e gran casotto”. Tanto rumore per nulla, dunque? Nel dubbio, per non saper leggere e scrivere, s’impegnarono entrambi a rastrellare il fieno per poi raccoglierlo nel covone che andava coperto con una cerata. Ma più che dal cielo e dal temporale, il rumore più forte veniva dalla strada che saliva verso la Contrada delle Ciliegie. Stava passando una moto Guzzi, guidata dal proprietario, tal Arturo Brilli. Pareva un aeroplano intento a rullare sulla pista prima del decollo.” Guardalo là, l’Arturo. Sta passando con la sua moto taroccata che fa un gran fracasso e poca strada. Guarda che scia di fumo che lascia! Per me gli manca  qualche rotella in testa. Va sempre in giro colorato come l’Arlecchino di carnevale, cantando a squarciagola le canzoni d’osteria. Ah, no c’è più religione. Son diventati tutti matti”.

 

Audenzio Remolazzi, in pensione dopo quasi quarant’anni passati in fabbrica, era fatto all’antica. Scuoteva la testona per mostrare tutto il disappunto per le abitudini di quel “ragazzaccio” che non aveva nessuna voglia di lavorare e, giunto ormai alla soglia dei quarant’anni, non riusciva a smettere di essere quel che era: un pelabròcch, un buono a nulla. Da una settimana i suoi vecchi genitori erano partiti per il mare della Liguria con il viaggio organizzato da Don Goffredo per i pensionati della parrocchia e lui che faceva? Se la spassava, avanti e indietro, a zonzo. “E’ proprio vero il proverbio: via il gatto, ballano i topi. Eh,sì. E quel topo lì, in assenza dei suoi che lo frenano un po’, si scatena a ballare giorno e notte”. Remolazzi, appena mi ha visto uscire dal bosco con in mio bastone da passeggio, ha subito attaccato bottone anche con me. “Ma l’ha visto l’Arturo, quella canaglia? Pensi che ieri sera dava del tu al prevosto come se fossero vecchi amici. Io glielo avevo detto a don Goffredo, di non dargli troppa confidenza. Eh sì, che glielo avevo detto; la troppa confidenza fa perdere la riverenza. Ma lui, uomo di chiesa sempre in giro a cercar di salvare anime, niente. Mi ha risposto di aver pazienza, di aver fiducia che il “ragazzo, crescendo, capirà come comportarsi”…Ha capito? Deve ancora crescere, quel furfante del Brilli.

 

Roba da matti”. A dire il vero era difficile dar torto a Remolazzi ma che si poteva fare? Se non erano riusciti i suoi genitori a “raddrizzarlo” fin da piccolo, figurarsi ora che aveva passato i quaranta e aveva la testa più matta che mai. Tra l’altro, aveva il vizio di bere. Era uno di quelli che – per far in fretta a tracannare – stanno sempre con la bottiglia “senza buscion”, senza tappo. Pensate che una volta si era preso una sbornia tale che scambiò la barca a remi di suo padre per un motoscafo e gridò a tutti che gli avevano rubato il motore. Si recò persino al commissariato dei Carabinieri per sporger denuncia, picchiando pugni sul tavolo e urlando come una bestia, tanto che al povero maresciallo Valenti e al suo fido aiutante, il  brigadiere Alfio Romanelli, non restò altra soluzione che sbatterlo in gattabuia per qualche ora, finché gli si diradassero i fumi dell’alcool. Visto che nei circoli, nei bar e nelle osterie del paese e dei dintorni si guardavano bene dal dargli da bere perché esagerava e dava in escandescenze, il Brilli, tenendo fede – ironia della sorte – al suo stesso cognome, pigliava il treno o il battello e andava a “tracannare” in altri lidi, cambiando destinazione di volta in volta.

A chi cercava di moderarlo, come è capitato talvolta anche a me, rispondeva che “Quando c’è la sete, la gamba tira il piede”. Un modo per dire che, pur di soddisfare il proprio bisogno, non contava la distanza. Il maresciallo Valenti era stato testimone di un altro episodio. Un sabato sera, di turno con una pattuglia per i consueti controlli sul rettilineo che porta dal paese a quello confinante, più o meno all’altezza della seicentesca chiesa della Madonna del Carmine, incrociò il motocarro di Giovanni Guelfi con a fianco Arturo. La cosa strana era che quel motocarro era privo del vetro anteriore e in quelle condizioni non avrebbe potuto circolare. Il mezzo del Guelfi, a causa del gelo di quell’inverno che tutti ricordavano tar i più rigidi degli ultimi anni, aveva subito dei danni e il più serio tra questi era l’aver sottovalutato la crepa che, in meno di un amen, aveva provocato la rottura in mille pezzi del vetro.  Pur essendo ormai sul finire della primavera, non aveva ancora provveduto a sostituito. Andava in giro così, faccia al vento, evitando di circolare nei giorni di pioggia. Quella sera, appena videro l’Alfetta dell’Arma sul ciglio della strada, imprecarono alla sfortuna. Guelfi voleva fare una inversione a “u“ e tornare indietro.

Fu Arturo adavere, tuttavia, una brillante idea: far finta che il vetro fosse al suo posto, integro. E come? Con il più semplice degli accorgimenti: facendo finta di pulirlo con un fazzoletto. Così passarono, con noncuranza, davanti agli attoniti carabinieri. Mentre Giovanni guidava, fischiettando il ritmo di una polka, Arturo s’impegnò a “pulire” l’inesistente vetro con un grande fazzoletto bianco. Il maresciallo Valenti, a bocca aperta, se li vide passare davanti al naso con il fazzoletto svolazzante e i capelli scompigliati dal vento. Il dubbio che l’avessero fatto apposta, con quel candido fazzoletto che – agitato in aria – sembrava v
oler far “marameo” ai tutori dell’ordine, non abbandonò mai il maresciallo. Ma volete mettere l’alzata d’ingegno, il tocco d’artista, la prova di disperato e incosciente “coraggio”? Così la raccontò, scuotendo la testa, Audenzio Remolazzi. Nel frattempo, con l’aiuto di Bartolo, avevano raccolto e messo al sicuro il fieno. Appena in tempo per evitare il peggio, considerato che non si trattò di un “temporale varesotto” ma di un acquazzone in piena regola
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Marco Travaglini

Piemonte, prodotti agroalimentari di qualità alla conquista dell’Europa

«6,7 milioni per la promozione Ue dei prodotti piemontesi Dop, Igp, Doc e Docg. Apre il nuovo bando con una dotazione record da 700mila euro in più del 2024»

Ammonta a 6,7 milioni di euro, con un incremento di quasi 700mila euro rispetto al 2024, la dotazione stanziata dalla Regione Piemonte per la promozione dei prodotti agroalimentari di qualità. Le risorse sono state messe a disposizione dall’assessore regionale al Commercio, Agricoltura e Cibo, Turismo, Sport e Post-olimpico, Caccia e Pesca, Parchi, Paolo Bongioanni, e saranno destinate alle attività promozionali in Italia e nell’Unione Europea.

I fondi, assegnati tramite bando, serviranno a sostenere i consorzi di tutela e le associazioni di produttori impegnati nella valorizzazione delle eccellenze piemontesi: 13 Dop, 9 Igp, 41 vini Doc, 19 Docg e 4 bevande spiritose, oltre ai prodotti del biologico, del Sistema Qualità Nazionale Zootecnica e dell’agricoltura integrata.

Spiega l’assessore Bongioanni: «Dall’ultima edizione del bando, lo scorso anno, sono intervenuti cambiamenti epocali nella promozione del nostro agroalimentare d’eccellenza e per la crescita della sua redditività. Abbiamo lanciato il brand “Piemonte Is – Eccellenza Piemonte” di cui potranno fregiarsi i prodotti agroalimentari di qualità certificata, e che accompagna tutte le azioni di promozione nazionale e internazionale dove è presente la Regione. La cucina italiana ha appena ottenuto il riconoscimento Unesco di Patrimonio mondiale dell’Umanità, e quella piemontese, con i suoi prodotti certificati a livello internazionale che da soli costituiscono un quarto del totale italiano, deve conquistare il posto che le spetta. Dazi e mutamenti economici, d’altra parte, ci incoraggiano a esplorare e approcciare con fiducia mercati sempre nuovi. Per la prima volta abbiamo lanciato una grande campagna nazionale di spot televisivi che racconta i nostri straordinari cibi e il loro grande potenziale turistico».

«Per questo – prosegue Bongioanni – ho voluto aumentare di quasi 700mila euro la dotazione del bando 2025 portandola a 6,7 milioni di euro. Grazie ad essa il Piemonte potrà essere presente in modo ancora più incisivo ai grandi eventi promozionali in Italia e nell’Unione Europea come Vinitaly, Fruit Logistica a Berlino e molti altri. Il Piemonte, come non mi stanco di ripetere, deve recuperare un gap di riconoscibilità che lo renda immediatamente percepibile e gli dia finalmente il posto che merita sui mercati e presso i pubblici italiani e internazionali».

Il bando resterà aperto fino al 12 marzo 2026. I contributi previsti vanno da 50mila a 500mila euro e coprono fino al 70% delle spese ammissibili. L’intervento è rivolto ai consorzi di tutela e alle associazioni di produttori piemontesi per la realizzazione, in Italia e nei Paesi dell’Unione Europea, di iniziative di informazione e promozione dei prodotti vitivinicoli e agroalimentari di qualità.

Tra le attività finanziabili rientrano la partecipazione a fiere e manifestazioni di rilievo — come Fruit Logistica di Berlino e Fruit Attraction di Madrid per la frutta di qualità, Wine Paris, Vinitaly di Verona e Prowein di Düsseldorf per il settore vitivinicolo, il Salone del Gusto di Torino, oltre a fiere nazionali come quelle del Tartufo di Alba e del Bue grasso di Carrù — nonché l’organizzazione di presentazioni e degustazioni, campagne pubblicitarie, spot radiofonici, televisivi e web, la realizzazione di siti internet, iniziative promozionali mirate ed educational rivolti alla stampa specializzata.

Gabriele Di Fronzo e Sfinge: l’ultimo viaggio di un uomo che custodisce il tempo

TORINO TRA LE RIGHE

Ci sono romanzi che non si limitano a raccontare una storia, ma aprono un varco. Per concludere questo 2025, per Torino tra le righe, voglio parlarvi di Sfinge, l’ultima opera di Gabriele Di Fronzo, torinese classe 1984, uno di quei libri che invitano il lettore a sedersi accanto al protagonista e a osservare il mondo con uno sguardo sospeso fra il passato e ciò che non è ancora accaduto. Di Fronzo, già autore di Il grande animaleLa samurai e Cosa faremo di questo amore, torna in libreria con un romanzo che profuma di sabbia antica e metropoli future. Una storia che parte da Torino, dal Museo Egizio, crocevia di memorie millenarie, e che si apre su Shanghai, città-mondo in cui tutto sembra essere costruito per sfidare – o ingannare – il tempo.
Il protagonista, Matteo Lesables, ha un mestiere che somiglia a un rito: è un courier, un custode viaggiante incaricato di scortare reperti preziosi nei loro spostamenti tra musei. Una vita trascorsa dentro aeroporti, casse climatizzate, sale espositive illuminate come templi. Sembra paradossale, ma Matteo ha passato più tempo con statue e papiri che con le persone. Quei reperti – fragili, solenni, muti – sono diventati la sua compagnia e la sua misura del mondo. Ed è proprio nel momento in cui sta per lasciare il lavoro, alla soglia dei sessant’anni, che gli affidano la missione più imponente: accompagnare a Shanghai la Sfinge del Museo Egizio di Torino. Un blocco di sabbia plasmato dal tempo, un enigma che attraversa millenni e che nel romanzo diventa quasi un personaggio.
Il viaggio di Matteo non è solo una trasferta lavorativa. È un attraversamento. Shanghai gli appare come un organismo vivente: luminoso, vertiginoso, spesso incomprensibile. Una città che non ha paura di cancellare ciò che è stato per edificare ciò che sarà. Il contrario esatto della sua amata Torino, che invece custodisce e stratifica. In questa metropoli sterminata, Matteo incontra Qi, giovane direttrice del museo ospitante. Una donna sfuggente, brillante, con una grazia fatta di chiaroscuri. Non è un amore quello che nasce – forse nemmeno un desiderio. È piuttosto un richiamo, la possibilità di rivedere se stesso da un’altra angolazione. E poi c’è un altro incontro, apparentemente minore ma decisivo: un uomo d’affari che gli parla di fiori in via d’estinzione. Sarà proprio un piccolo seme, minuscolo e tenace, a insinuarsi nella trama come una promessa inattesa.
Nelle pagine del romanzo, Di Fronzo intreccia i paesaggi del presente con quelli della memoria. Soprattutto con Sara, l’ex moglie che continua a vivere nei pensieri del protagonista come un’eco che non si decide a svanire. Matteo non sa spiegarsi perché quell’amore sia finito: lo osserva come si osservano i reperti che ha trasportato per una vita intera, cercando un senso nelle crepe, nella polvere, nel silenzio. La vera forza del romanzo sta forse qui: nel modo in cui mette in scena la solitudine come uno spazio abitabile, a volte persino necessario. Matteo attraversa Shanghai come ha attraversato la vita: con passo leggero, ma col peso degli anni che gli scivolano fra le dita come sabbia.
Sfinge è un romanzo che parla di tempo, più che d’amore, più che di viaggi. Il tempo che corrode, che conserva, che confonde. Il tempo delle statue, che sfida l’oblio, e quello degli uomini, che invece vi soccombono più facilmente. La voce di Matteo è quella di un uomo che ha passato la vita accanto alla storia degli altri e ora si ritrova a fare i conti con la propria. Eppure, nonostante la malinconia che attraversa queste pagine come un filo d’oro scuro, il finale lascia aperta una porta: perché anche quando tutto sembra all’ultimo giro, qualcosa può ancora germogliare.
Nel romanzo, Torino è presente come sottotraccia: nel museo, nei reperti, nella formazione del protagonista. Ed è proprio questa radice torinese – stabile, silenziosa, antica – a dare al libro una profondità particolare. Il viaggio verso Shanghai diventa così anche un viaggio di ritorno: non a una città, ma a ciò che resta, a ciò che vale la pena custodire. Con Sfinge, Gabriele Di Fronzo firma un romanzo colto, elegante, ma soprattutto capace di toccare quella parte dell’animo che non ha mai smesso di fare domande. Un libro che si legge come un lento avvicinarsi alla verità, una verità che non necessariamente consola, ma che illumina.
MARZIA ESTINI

Guidava l’auto ubriaco. Denunciato dalla polizia locale

Guidava l’auto con un tasso alcolemico quattro volte oltre il limite consentito. Un 46enne italiano a Torino, dopo un controllo della polizia locale, è stato denunciato per guida in stato di ebbrezza. In via Cigna gli agenti hanno fermato il veicolo perché procedeva con un passo descritto come “particolarmente lento e incerto”. Le due prove dell’alcoltest hanno confermato un tasso nella fascia superiore a 1.5 g/l. L’uomo è stato denunciato.

La pasta è saporita con fave, pecorino e salsiccia

Un’idea per un primo piatto insolito e gustoso?

Linguine fave e salsiccia.

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Ingredienti per 4 persone:

320gr. di linguine o trenette

400gr. di fave fresche o surgelate

300gr. di salsiccia o salamella

Cipolla, sale,pepe, olio

1 ciuffetto di menta.

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Sbollentare le fave (conservare un mestolino di acqua di cottura), privarle della pellicina, lasciar raffreddare e frullarne meta’ con l’acqua di cottura, il ciuffo di menta, sale, pepe. Nel frattempo soffriggere un pezzetto di cipolla con un cucchiaio di olio, aggiungere la salsiccia ridotta a pezzettini, lasciar rosolare, unire il pure’ di fave e le fave intere rimaste. Cuocere la pasta al dente e spadellarla nel sugo. Servire con pecorino grattugiato fresco.

 

Paperita Patty

(Foto: il Torinese)