“L’odio e la violenza non fanno parte della politica. Siamo davvero indignati per le ennesime scritte vergognose apparse contro Matteo Salvini. Chi pensa di intimorirci e spaventarci ha sbagliato tutto. Siamo per il confronto, il dibattito, anche acceso, ma chi semina odio e non ha altri armi se non auspicare la morte deve essere isolato e punito con pene severe. Questa non è opposizione politica ma semplicemente istigazione alla violenza che va stigmatizzata e combattuta da tutti, nessuno escluso”.
I capigruppo di Camera e Senato della Lega Riccardo Molinari e Massimiliano Romeo.
Non sappiamo ancora quale sarà l’esito delle primarie del prossimo 3 marzo. Ma un dato politico e’già acquisito, a prescindere dal voto nei gazebo.
E cioè, il Pd si avvia a diventare inesorabilmente il nuovo Pds. Come ovvio, in forma 2.0, come si suol dire, ma la sostanza resta quella al di là delle chiacchiere di Zingaretti e compagni sulla natura inclusiva, aperta e democratica del partito. Parole al vento – che ovviamente devono essere pronunciate per un rito protocollare e burocratico – che non nascondono la vera, unica ed esclusiva “mission” del futuro Pds: ovvero, un partito che deve riscoprire il pensiero, la cultura e la tradizione della sinistra italiana. Cioè, appunto, un Pds adeguato alla stagione che stiamo vivendo. E sin qui e’ tutto chiaro anche se, con ipocrisia e varie furbizie, si continua a sostenere il contrario per ragioni di consenso e di tattica politica edelettorale.
Ora, se il Pd diventera’ nell’arco di pochissimo tempo il nuovo Pds, sul fronte dell’ex centro destra il
partito di Forza Italia è destinato, altrettanto rapidamente, a diventare un semplice gregario della
corazzata leghista. Un partito che, anche se comprensibilmente lo negherà sino alla fine, si
trasformerà oggettivamente in un luogo politico residuale e marginale, utile per ottenere qualche
seggio alla memoria e nulla più. È noto a tutti, infatti, che per motivi politici, progettuali ed
anagrafici, il destino di Forza Italia e’ segnato. Sia per la sua struttura politica ed organizzativa
concreta e sia per il suo profilo culturale.
Se, dunque, il Pd cambia la sua ragione sociale e Forza Italia diventa un banale gregario del
futuro polo sovranista e di centro destra, e’ sempre più urgente avanzare la proposta di un
soggetto di centro. Riformista, democratico, plurale e di governo. Una formazione politica che
quasi si impone e che non può essere confusa con le preannunciate ammucchiate di Calenda o
con i vari “fronti repubblicani” di cui si blatera in questi ultimi mesi.
No, serve un centro – che poi, com’è altrettanto ovvio, coltiverà sino in fondo la “cultura delle
alleanze” respingendo la ridicola e stramba vocazione maggioritaria di veltroniana e renziana
memoria – che sappia rideclinare concretamente una cultura e una politica di centro. Un progetto e
una sfida politica che si sostanzia in alcuni punti fermi: e cioè, cultura di governo; autorevolezza
della classe dirigente; rifiuto della radicalizzazione dello scontro politico; riconoscimento e
valorizzazione del pluralismo politico, sociale e culturale; rispetto delle istituzioni; radicamento
sociale e territoriale e, in ultimo, capacità di comporre gli interessi in un progetto politico di governo
senza derive autoritarie e antidemocratiche.
È persin ovvio che un progetto politico del genere richiede la presenza politica e culturale dei
cattolici democratici e popolari. Non un partito confessionale o, peggio ancora, clericale o
identitario. No, la politica di centro e la cultura di centro non possono e non debbono essere
appannaggio esclusivo di una sola tradizione culturale. L’esperienza della Dc e’ ormai alle nostre
spalle e non è più riproponibile. Ma, al di là della formula organizzativa, quello che conta e che
oggi serve e’ la riproposizione di una “politica di centro” che sappia affrontare e risolvere in chiave
democratica e riformista i problemi che attraversano la nostra società e che non possono avere
risposte sempre e solo demagogiche, improvvisate, superficiali e approssimative. È arrivato il
momento che la politica – in attesa che anche il vento leghista, dopo quello renziano e grillino,
smetta di soffiare in modo così impetuoso e violento – ritorni protagonista facendo ricorso anche
alla autorevolezza della sua classe dirigente. Ed è proprio su questo versante che la cultura e la
tradizione cattolico democratica e popolare possono dare un contributo decisivo e di qualità. Non
in chiave identitaria ma aperta, plurale ed inclusiva.
In sintesi, e’ il cosiddetto “lodo Panebianco”. Ovvero, il recente invito dalle colonne del “Corriere
della Sera” del politologo bolognese che auspica la formazione di un “partito di centro” dopo la
sbornia demagogica e populista degli ultimi anni. Una formazione che prendera’ quota dopo il voto
per il rinnovo del Parlamento Europeo e che non potrà essere relegata ad un fatto meramente
politologico o deciso a tavolino. Un soggetto plurale, inclusivo e non identitario come giustamente
ha scritto recentemente l’autorevole editorialista del Corriere. Ma un soggetto che si rende
necessario per la qualità della nostra democrazia e per la salute delle nostre istituzioni
democratiche. Una prospettiva politica che cancella anche le riserve, o le invenzioni, inerenti un
fantomatico “partito dei cattolici” o ancora più goffo “partito dei vescovi”. Perche’ un partito di
centro e una cultura di centro non possono fare a meno della tradizione e del filone cattolico
democratico e popolare ma non si esaurisce in quel filone e in quella tradizione.
Un progetto politico che ormai non può più tardare. Al di là del Pd/Pds, di Forza Italia, della Lega
salviniana e dei vari gruppuscoli che albergano nella variegata e composita area cattolica italiana.
Tagliare i costi del Tav, come vuole fare Salvini e come la mozione congiunta Lega 5stelle lascia intendere, può essere un affare per Torino”, dichiara Roberto Rosso, capogruppo in comune per Fratelli d’Italia. “Anche perché Salvini – spiega Rosso – ha aggiunto che un miliardo risparmiato verrà usato per la seconda linea metro del nostro capoluogo. Invece che starnazzare in modo strumentale, la politica torinese si aggrappi a queste parole e ottenga promesse concrete in questo senso. I parlamentari piemontesi dovrebbero presentare una mozione specifica per l’utilizzo di questo miliardo per la linea 2 e vediamo se la Lega non la vota”.
“Pieno appoggio ai precari senza però ledere i legittimi diritti di chi è risultato vincitore di concorso. La stabilizzazione degli oltre 80 medici precari in servizio sulle ambulanze del 118 sarebbe dovuta essere condivisa con l’Ordine dei medici e le Organizzazioni dei lavoratori di categoria. Ho appreso da fonti sindacali che non c’è stato alcun confronto e che l’assessore alla Sanità, Antonio Saitta, ha preferito tatticismi politici”. Così Fabrizio Comba, coordinatore regionale di Fratelli d’Italia, sulla stabilizzazione, lo scorso dicembre in Consiglio regionale, del personale medico in servizio al 118.
La norma della Regione dispone che i medici precari del 118 con contratti a tempo determinato, rapporti di lavoro flessibile e un’anzianità lavorativa di almeno tre anni, possano accedere alle procedure di assegnazione di incarichi in convenzione a tempo indeterminato anche senza aver superato il corso di Medicina generale, come sarebbe richiesto, ma solo quello di Emergenza territoriale.
“Quella di Saitta è stata una scelta azzardata – ha proseguito Comba – e il provvedimento è stato impugnato dal Governo. La prova che sul lavoro delle persone e sulla salute dei cittadini non è ammissibile giocare e fare tattica. Sono temi sui quali ci si deve confrontare seriamente”.
La nuova legge sui giovani
Il Piemonte ha una nuova legge sulle politiche giovanili, che riscrive le norme in materia superando una legge del ’95 con un testo moderno e innovativo, che favorisce l’aggregazione e l’associazionismo tra i giovani, promuove l’educazione alla legalità, alla non violenza, alle tematiche di genere e di non discriminazione, parla di cittadinanza attiva e partecipazione ai processi decisionali della vita democratica
Al centro del provvedimento, approvato a maggioranza dal Consiglio regionale, lo sviluppo di politiche coordinate con i Comuni e il mondo dell’associazionismo, la creazione di nuovi canali e di un sistema coordinato di informazione per agevolare la messa in rete delle conoscenze, la valorizzazione delle iniziative, anche attraverso l’istituzione di un Forum regionale giovani con un ruolo propositivo nella programmazione delle politiche. “Abbiamo pensato di ridare centralità alle politiche per i giovani con uno strumento che ne incentiva la partecipazione – ha detto l’assessora Monica Cerutti -. Il testo approvato oggi rivede gli organismi di consultazione, assegna un ruolo più attivo ai Comuni nella programmazione, introduce nuove figure come lo “youth worker”, che aiuta i giovani a sviluppare il capitale umano e sociale e a cambiare eventuali comportamenti a rischio, incentiva la mobilità e la cittadinanza europea”. Tra le novità più significative c’è l’istituzione del Forum, che sostituirà la Consulta giovani quale organismo stabile di confronto e discussione con Regione ed enti locali e sarà composto da venticinque amministratori locali e venticinque esponenti dell’associazionismo; il registro regionale delle associazioni giovanili al quale ci si dovrà iscrivere per poter ottenere gli incentivi previsti dalla legge; il portale Piemonte Giovani, che diventa il canale di comunicazione ufficiale in materia di politiche giovanili. Per Marco Grimaldi (Leu), relatore di maggioranza “la nuova legge riconosce i giovani come ricchezza del territorio e della comunità, sviluppa il dialogo e l’integrazione interculturale e dà centralità agli spazi di aggregazione come luoghi di inclusione e partecipazione”. E gli spazi di aggregazione sono stati oggetto dell’unico emendamento al testo di legge presentato in Aula e approvato, a firma dei consiglieri del M5s: “Ospiteranno nuove attività e iniziative rivolte alla prevenzione del disagio, un aspetto per noi particolarmente importante – ha detto Francesca Frediani, relatrice di minoranza – Le nostre proposte sono state in buona parte recepite in Commissione, abbiamo anche cercato di proporre un’educazione alla cittadinanza che non fosse solo europea, perché vorremmo che i nostri giovani si sentissero cittadini del mondo”. La legge sarà finanziata con 350 mila euro annui nel triennio 2019-2021, risorse che il consigliere Gian Luca Vignale (Mns) giudica “inadeguate a fronte del potenziamento delle politiche in materia”.