A proposito di Enrico Berlinguer. Sicuramente uno dei più bravi e capaci politici del novecento
italiano. Uno dei più bravi politici italiani in un contesto di bravi politici italiani. Enrico Berlinguer
ora tirato per la giacchetta per giustificare l’attuale insipienza. Ovviamente con la domanda:
come mai siamo caduti così in basso? Qualità dell’attuale classe politica decisamente
scarsa ed ignorante. Non tutta la classe politica, ma nella sua stragrande maggioranza,
decisamente sì. Viceversa, per l’appunto, l’ intera classe politica di allora faceva del sapere un
argomento irrinunciabile del proprio agire politico.
In particolare, in quegli anni si faceva la gavetta studiando, studiando, studiando. Altro contesto,
indubbiamente. Una classe politica che sceglieva i propri successori. Almeno nel Partito
Comunista. La famosa formazione dei quadri. Non era solo orientamento ideologico o
indottrinamento, ma anche, se non soprattutto formazione e studio.
Enrico Berlinguer fece pure la galera in Sardegna perché sobillatore, e nel mentre studiava e si
laureava. Con la solita ironia Giancarlo Pajetta raccontava che, sia in galera come al confino agli
antifascisti come ai comunisti non gli rimaneva altro di studiare e leggere tutto quello che era
possibile leggere.
Berlinguer vedeva il giovane Massimo D’Alema un suo possibile successore. Sapere fa rima con
intelligenza. Enrico Berlinguer che ha avuto le palle di dire ai sovietici a Mosca: è esaurita la spinta
propulsiva della rivoluzione d’Ottobre. Letta in un altro modo, cari compagni del Pcus non la fate
più da padrone, ed io mi sento più sicuro sotto l’ombrello della Nato.
Altro che strappo, era proprio una rottura, che comunque Berlinguer non riuscì a portare a
termine, e non solo per la sua prematura morte.
Qualcosa nel suo intimo doveva essere successo dopo il 3 ottobre del 1973 sulla strada
per l’aeroporto di Sofia. I comunisti bulgari lo volevano morto ed i mandanti erano i russi. Non
ci sono dubbi. Il primo ad esserne convinto era proprio lui. Volle immediatamente rientrare.
In Bulgaria non si sentiva sicuro. Lo stato (borghese) italiano mandò un aereo salvandolo dai
comunisti. Pazzesco, no? La conseguenza è che si sentiva più al sicuro da questa parte del
mondo che non da quell’altra. Ci mise una decina di anni a compiere lo strappo finale. Il 50 % della Lunga marcia verso
la democrazia era un fatto compiuto. Portava a compimento la via italiana al socialismo di
togliattiana memoria. Altro grande comunista e grande antisovietico. Ma non si poteva e
soprattutto non si doveva dire. Il popolo non doveva sapere. Grande contraddizione, indubbiamente.
Nilde Jotti con i suoi garbatissimi modi raccontò di questo episodio. Palmiro Togliatti era reduce
da un incontro con i sovietici a Mosca. Avevano animatamente discusso delle conseguenze
internazionali dell’invasione dell’Ungheria. Pubblicamente Togliatti l’ aveva appoggiata.
Viceversa nelle riunioni riservate decisamente condannata. A Botteghe Oscure qualcuno aveva
osato criticare il Migliore (Togliatti). Dovevi essere più esplicito e radicale nelle critiche.
Dopo un po’ Togliatti, spazientito replicò: è già tanto che ci hanno fatto ripartire.
Lapidario, non ammetteva repliche.
Dunque, qualcosa di simile accadde a Berlinguer. Mi sono sempre chiesto con quale animo i
segretari del Pci rientravano in ITALIA dai loro compagni. In Fondo la verità è pur sempre la verità.
Ed in fondo, pur per nobili motivi la occultarono. Addirittura, oggi, Emanuele Macaluso
precisa: nel raccontarmi i fatti in Bulgaria mi chiese di non dire niente alla famiglia. Un dramma
nel dramma. La componente filosovietica era sempre presente nel PCI.
Quella ufficiale di Armando Cossutta e quella strisciante dei compagni che tenevano ancora
le foto di Stalin appese ai muri della Sezione. Stalin (erroneamente) era considerato il capo
della Rivoluzione d’ Ottobre. Oramai è noto ai più che dopo la morte Lenin divulgò il suo
testamento in cui non voleva Stalin Segretario del partito.
I comunisti, direi quasi tutti i comunisti furono divisi tra verità ed opportunità politica. Il più
delle volte in buona fede, ma sta di fatto che verità ed opportunita’ prendevano strade opposte.
Non arrivo a dire che comunismo e democrazia sono un ossimoro. I comunisti furono una
componente fondamentale e maggioritaria nella Resistenza contribuendo alla formazione della
Repubblica Italiana e democratica. Nessuna retorica se si sottolinea che morirono per tutto
questo. Non a caso in Italia ci fu il più forte partito comunista occidentale. Forte elettoralmente
ed organizzativamente. L’ Italia ha (probabilmente) più comuni di tutto il mondo. Orbene in ogni
comune c’era una sezione del PCI. Ha governato, generalmente bene, almeno 2 terzi della
popolazione. Questo lo si deve anche ad uno straordinario e per certi versi mitico uomo politico
come Enrico Berlinguer.
Arrivò alle soglie del potere statuale dopo le elezioni del 1976. Il governo delle astensioni e delle
larghe intese.
Esperienza che durò poco. Nel 1979 si rivotò. Tutti i ministri furono democristiani ed i comunisti
non entrarono nella stanza dei bottoni. Sempre Enrico Berlinguer ci tentò in tutti i modi di dare
un futuro governativo al PCI. Assolutamente non per brama di potere. Per realizzare quella
via italiana al socialismo realizzando le riforme di struttura, come si diceva allora. In altre
parole una via rivoluzionaria pacifica al socialismo. Non più la presa del Palazzo d’Inverno con
i fucili dati al popolo, ma con il voto del popolo. Come hanno fatto i Laburisti in Inghilterra o i
socialdemocratici in Germania. Il Pci arrivo anche al 33% superando per la prima ed unica volta la
Dc per le elezioni europee, proprio quando Enrico Berlinguer morì nel 1984. Una via democratica
al socialismo presupponeva un Pci ” un po’ meno comunista ed un po’ più socialdemocratico.
Fantastico? Forse, quasi sicuramente nell’intima convinzione che la Storia non si fa con i se
ed i ma. C’ era un problema di credibilità del comunismo in quanto tale che (direi) neanche Enrico
Berlinguer avrebbe potuto risolvere. Anni dopo ci fu la prova provata di queste asserzioni.
La caduta del Muro di Berlino e la volontà Occhettiana di voler fare la cosa.
Poca cosa fu Rifondazione Comunista, sciogliendosi come neve al sole.
Sono passati trent’anni da quel tentativo di rinnovare la sinistra italiana. Anche questo
un nobile tentativo non riuscito. La grandezza di Enrico Berlinguer sta anche nell’averci tentato.
I limiti (forse) non erano in lui ma nella situazione oggettiva e per l’appunto nel totale fallimento
del sistema sovietico. Fallimento che forse affondava nella stessa rivoluzione d’ ottobre.
Rimangono sicuramente i valori di quella cultura politica come eguaglianza e ridistribuzione delle
ricchezze del pianeta. Enrico Berlinguer fu un politico che rappresentò ed incarnò quei nobili
valori. Questa, comunque, è un’altra storia.
Patrizio Tosetto
FRECCIATE
“Pasticci e ancora pasticci. La Giunta Cirio a poco più di un anno dal suo insediamento continua a distinguersi per i tanti errori di governo. Oggi è la volta della questione dei voucher scuola che, in pochissime ore, sono stati promessi a 45mila persone e subito revocati” dichiara il Presidente del Gruppo Pd in Consiglio regionale, Raffaele Gallo.
Lo afferma, in una nota, la deputata di Forza Italia, Daniela Ruffino. “Per contrastare l’immigrazione clandestina – continua – servono rispetto delle regole da parte di chi arriva sul nostro territorio e controlli serrati affinché ciò avvenga.
Oggi sarei quasi tentato dal difendere Salvini (o chiunque altro al suo posto) perché l’attacco del presidente del Consiglio Conte nei suoi confronti è inaudito e senza precedenti per un capo del Governo nella storia repubblicana. Accusare Salvini di lavorare contro l’interesse nazionale, perché crea sfiducia e giungere a parlare di obblighi morali significa delegittimare totalmente un leader dell‘opposizione. La morale non c’entra, in politica valgono i ragionamenti politici e non altro. Il capo del Governo ha degli obblighi istituzionali dai quali non si può derogare, pena l’accusa di voler creare un clima che è l’anticamera di una possibile dittatura, camuffata da democrazia ,aggravata dalle regole costrittive del Covid. L’accusa di essere antinazionale è infatti l’accusa che Mussolini riservò ai suoi oppositori, in primis a Gobetti. Forse un giurista come Conte non lo sa perché pochi giuristi hanno una forma mentis storiografica e quindi sono poco attenti alla storia. Non ho mai letto che nessun presidente del Consiglio italiano abbia mai usato quell’argomento polemico, sebbene molti comunisti furono dichiaratamente antinazionali. Sarei tentato di difendere Salvini, ma non lo faccio e mi limito a dire che le polemiche di Conte non mi piacciono. Non lo difendo perché anche lui ama le spacconate, da qualche tempo arricchite da citazioni colte che qualcuno gli suggerisce. Essere esagerati in questi tempi difficili non è consentito a nessuno. Il dire che tra un anno ritornerà da premier a Milano Marittima è una delle tante battute fuori posto che non rivelano qualità politiche che vadano oltre il parlare alla pancia degli Italiani.Essere statisti è cosa impensabile per Salvini, ma le accuse di Conte evocano il regime e non rivelano per nulla le qualità di Conte come statista. Il liberale Isaiah Berlin sosteneva la necessità di relativizzare le proprie convinzioni perché il modo con cui le si sostiene fa la differenza tra il barbaro e il civilizzato. Siamo oggi in Italia davvero molto distanti da quello spirito laico e liberale che è l’antidoto agli estremismi verbali e all’intolleranza.