POLITICA- Pagina 521

Mai stato socialista ma preferisco Craxi ai politici di oggi

La Storia di Bettino Craxi è la storia del Partito Socialista Italiano. È anche storia della Sinistra italiana ed in particolare del tentativo da parte riformista di prendersi l’egemonia della sinistra stessa. Egemonia direi soprattutto culturale

 

Lo strumento, il riequilibrio elettorale e dei rapporti di forza tra Psi e Pci. Uno dei passaggi fondamentali fu il 41° Congresso nazionale del Psi che si tenne a Torino alla fine del marzo 1978.

Nel 1976 Bettino divenne segretario di un partito ai minimi storici. Schiacciato da 39% della DC e dal 34% del PCI. Schiacciato anche dalla proposta del compromesso storico e dall’ incontro tra due grandi della politica italiana: Aldo Moro ed Enrico Berlinguer. A Torino Bettino Craxi riprende quota dimostrando, almeno a parole, di non essere secondo a nessuno. Al Palasport ci sono tutti. Persino il professore Norberto Bobbio, icona del laicismo del pensiero politico. Ed Enrico Berlinguer, con il governo di unità nazionale perde quota ed appeal dopo anni di irresistibile ascesa. Psi e PCI di fatto non sono andati mai d’ accordo sia sulle questioni nazionali, sia internazionali. Apprezzamenti dei dirigenti comunisti ci furono dopo i fatti di Sigonella. Bettino Craxi Presidente del consiglio fece circondare dai Carabinieri i Marines americani che bloccarono un aereo italiano in territorio italiano. Atto che , secondo molti esponenti socialisti, fu preludio a Tangentopoli. I mandanti furono i servizi segreti e gli esecutori materiali i magistrati milanesi. Probabili congetture, fatte da un politico come Craxi che si era
allargato troppo. Aveva un caratteraccio e non si faceva intimorire. Fu l’ unico che non si piegò al vento inquisitore e ne pagò le conseguenze fino in fondo. Dopo la morte di Berlinguer era passata molta acqua sotto i ponti del riformismo. Ora il Pds voleva aderire alla Internazionale socialista europea. Doveva essere d’ accordo il Partito socialista italiano. Arrivò l’ok di Bettino Craxi. Chiedeva in cambio a Occhetto e D’Alema un appoggio al suo discorso in Parlamento dopo tangentopoli. Ma non arrivò nessun appoggio e Craxi rimase isolato.

Tutto sommato isolato anche nel suo partito. I magistrati milanesi vincevano su tutti fronti. Anni in cui il Ministro socialista Formica parlò di una corte socialista fatta di nani e ballerine. Non penso che si riferisse al suo entourage. La Ganga, Martelli, De Michelis politici di prim’ordine. Nel sindacato Giorgio Benvenuto e Ottaviano del Turco. Probabilmente si riferiva ad una certa permeabilità del partito verso persone che erano lì solo per fare affari. Tanto in un modo o nell’altro il Psi era al governo sia nazionale che locale. Sia DC che PCI ne avevano bisogno. Il tutto non lo assolve dai suoi errori. Giudicarlo solo per i suoi errori e limiti è però ingeneroso e sbagliato. A Torino i socialisti riprendevano in mano il loro destino. Non cosa di poco conto. Sarà la Storia nel dargli o meno ragione, ma  loro erano fuori tempo massimo. Sinteticamente:  il Psi craxiano non
sfondò elettoralmente. Si arrivò fino al 14% ma non era  sufficiente per essere l’alternativa alla DC. Nel 1989 Achille Occhetto alla Bolognina anticipò tutti  e propose di cambiare il nome al PCI. Nel mentre era caduto il muro di Berlino ed il comunismo nelle sue varie forme crollava sotto il peso della storia e del fallimento della forma di governo dei paesi dell’Est. E su
ciò aveva ragione il riformista Craxi: democrazia e comunismo erano e sono un ossimoro. So perfettamente che mi sto attirando critiche da molti dei vecchi amici di 40 anni fa. Ma è una verità incontrovertibile,  almeno per il sottoscritto. Mi si obbietta che i comunisti italiani sono sempre stati un’ altra cosa. Verissimo, come è vero che hanno difeso in molti momenti questa nostra fragile democrazia. Dalla Resistenza in avanti sono stati dalla parte giusta.

 

Ma cambiando nome hanno seppur indirettamente ammesso che i socialisti italiani tutti i torti non li avevano. In ultimo: molti sanno che non c’ era un bel rapporto tra Bettino Craxi ed Enrico Berlinguer. Pesavano questioni anche di diversi caratteri. Probabilmente quando Berlinguer ( inascoltato) poneva la questione morale pensava anche ai socialisti. Ciò non ha impedito un confronto tra i due uomini sul futuro del paese. I cosiddetti miglioristi capitanati da Giorgio Napolitano tentarono di essere ponte tra socialisti (dunque Craxi) ed i comunisti riformatori. Poi arrivò tangentopoli e tutto saltò passando dalla prima alla seconda repubblica. Anche qui un accusa a Craxi, quella di aver sponsorizzato Berlusconi. Accusa troppo ideologica per essere vera. Anzi, il figlio Bobo respinge tale  accusa proprio partendo dal carattere del padre molto arrabbiato per l’ esilio ad Hammamet. Io che non sono mai stato socialista preferisco Bettino Craxi a molti attuali ed evanescenti politici. Non è solo una nostalgia della prima repubblica. E una constatazione dei fatti di allora e di oggi.

 

Patrizio Tosetto

Gig economy e occupazione: gli emendamenti di Luv

Votati i due odg unitari, accolti gli emendamenti di Grimaldi 

“Rimangono distanti le posizioni sulle origini della crisi, dei conflitti in essere e dell’emergenza climatica, ma siamo contenti di aver trasformato e votato l’ordine del giorno sull’emergenza occupazionale e salariale, in cui sono stati introdotti molti punti da noi richiesti” – così il Capogruppo di Liberi Uguali Verdi in Regione  Marco Grimaldi commenta l’approvazione in Aula, all’unanimità, dell’ordine del giorno sullo stato di emergenza occupazionale e salariale in Piemonte.

“Siamo riusciti” – prosegue Grimaldi – “ad affermare che la crisi non è solo occupazionale, ma anche salariale, denunciando i fenomeni dei working poor e della precarietà, e a introdurre l’impegno ad applicare il protocollo d’intesa firmato dalla Giunta regionale del Piemonte e dalle sigle sindacali per affermare la giusta retribuzione e lo stralcio del costo del lavoro dai ribassi delle offerte negli appalti pubblici e nelle concessioni di lavori, forniture e servizi; non solo: l’odg ha accolto l’impegno a proseguire politiche regionali di riconversione ecologica dell’economia e a promuovere presso il Governo la piena realizzazione delle direttive contenute nell’accordo di Parigi”.

Subito dopo l’Aula ha approvato l’odg sulla tutela dei fattorini delle piattaforme digitali, anche in questo caso accogliendo gli emendamenti di Grimaldi.

“Abbiamo precisato che la normativa regionale vieta il cottimo per questi lavoratori, fra le cause principali dei tragici incidenti che spesso li colpiscono” – dichiara Grimaldi – “ora si tratta davvero di applicare e vigilare su questa legge”.

“Infine” – conclude Grimaldi – “saremo presenti il 31 gennaio 2020 in Piazza Castello al confronto, che chiedevamo da mesi, fra la Regione e il Gruppo FCA-PSA. Auspichiamo la presenza della proprietà: dovunque abiti, abbia la sede legale o fiscale, crediamo che possa permettersi una trasferta a Torino, in quella città che chiamava ‘casa’”.

Venti di guerra e pochezza politica

Cosi è venuto fuori che Casaleggio decideva vita, morte e miracoli dei 5 stelle. Sai che novità?

Solo i babbioni potevano credere la democrazia in un partito si esercitasse con il voto online. E le baggianate continuano: sinistra e destra sono concetti superati.

Come si è sempre detto e scritto,  contenti loro contenti tutti. Chi è meno contento è il PD. Stanno discutendo persino se a Torino sia possibile una alleanza con i 5 stelle. Non hanno smaltito la sbornia di Capodanno? Probabilmente sì, visto che, allo stato attuale, è l’unica spiegazione razionale di una discussione surreale ma tragicamente reale. Si pensava ad una notizia falsa messa in giro dal centro destra per ulteriormente accreditarsi come futuri vincitori. No, è proprio vero. Addirittura c’ è chi, tra i dirigenti del PD propone una sorta di primarie sui contenuti. Politichese che maschera la domanda: ci si allea con i 5stelle? Non si capisce perché il PD si prenda questo mal di pancia. Chi ne approfitta sono i giovani di Forza Italia. Il giorno della Befana tanto carbone per Chiaretta che probabilmente è a sciare. La birichina ha anche Lei diritto di riposare. Tanto, comunque, le cose vanno avanti o non vanno avanti da sole. E poi, diciamocela tutta, che cosa dovrebbero fare di diverso leghisti e berlusconiani se non approfittarsi di questa ghiotta occasione. Chi continua nel masticare amaro sono quelli di Fratelli d’Italia. Da un lato la Meloni assurge alle cronache internazionali. Tra le 20 donne più influenti italiane. Lo sostiene addirittura l’autorevole Times. Dall’ altra la ferita prodotta dal caso Roberto Rosso, che  sarà lunga da rimarginare. Sceglie una linea difensiva: meglio passare da  ingenuo che da delinquente.  Comunque i sodali di Guido Crosetto non mollano, l’ assessorato è nostro e guai a chi ce lo vuole portare via.

Insomma, maretta anche in casa del centrodestra. Poi nel complicare ulteriormente lo scenario arrivano i venti di guerra.
In Libia arrivano i turchi e Trump, pur di essere rieletto è pronto a fare la guerra al mondo intero. Dopo aver scaricato il popolo curdo colpevole di aver sconfitto l’Isis uccide il generale iraniano colpevole anche lui d aver aiutato i curdi contro l’Isis. Colpisce una cosa, la prima intervista diun politico italiano subito dopo l’ omicidio è stata di Massimo D’Alema. Con il suo stile puntuale e dettagliato, dimostrazione pratica che sa di che cosa parla. Chi non sa di cosa sta succedendo è Giggino che con i suoi improbabili ed attillati vestiti che più che un ministro mi ricorda lo storico comico del cinema muto italiano Ridolini. E dopo giorni di silenzio le esternazioni di Giuseppe Conte che ammette di non contare nulla. E peccato che, viceversa , la sapienza di Massimo D’Alema non abbia diretti risvolti pratici . E’ solo pura testimonianza. Rimane il nostro Gentiloni che vuole dare una scossa all’Europa, altra assente in questa tragica vicenda. Ursula von der Leyen tace aspettando la velina della Merkel. L’ Europa non è messa bene, l’Italia non è messa bene come il Piemonte e nel Piemonte il suo capoluogo. Dalle piccole cose di casa nostra alle grandi questioni come la pace. Siamo di fronte ad una crisi che non si risolve. Siamo di fronte ad una crisi che si sta trascinando da più di un decennio aggravandosi sempre più, una crisi epocale. Ma siamo di fronte  anche ad una classe dirigente inetta ed incapace. A tutti i livelli, partendo dall’ Europa per arrivare nella nostra regione e nella nostra città.

 

Patrizio Tosetto

Fdi: “Torino diventi zona logistica semplificata”

I  benefici delle Zone economiche speciali (Zes) sono stati estesi alle Zone Logistiche Semplificate

MONTARULI-MARRONE (FDI): “CON NOSTRA PROPOSTA MENO BUROCRAZIA E CREDITI D’IMPOSTA AL 25% DEGLI INVESTIMENTI. COSI’ RIPARTE IL LAVORO”

“Per sconfiggere la crisi Torino diventi una Zona Logistica Semplificata”, a presentare la proposta dal Consiglio Regionale del Piemonte sono stati ieri mattina la parlamentare di Fratelli d’Italia Augusta Montaruli, il capogruppo di Fdi Maurizio Marrone e l’Assessore al Lavoro Elena Chiorino. Grazie ad un ordine del giorno del capogruppo Marrone, infatti, l’aula impegnerà la giunta di centrodestra a chiedere al governo di rendere Torino una Zona Logistica Semplificata. “I fondi promessi dal governo per Torino Area di Crisi Complessa non sono stati stanziati e non ci sono – ha dichiarato Montaruli -. Per questo chiediamo che l’intera nostra area metropolitana, polo logistico verso il resto d’Europa e collegamento strategico con il porto di Genova, diventi una Zona Logistica Semplificata. Grazie ad un emendamento di Fratelli d’Italia alla manovra finanziaria in Parlamento – ha spiegato Montaruli – i benefici delle Zone economiche speciali (Zes) sono stati estesi alle Zone Logistiche Semplificate (Zls). Un’occasione per non dover aspettare i fondi “fantasma” promessi da Conte, ma dare subito agevolazioni e meno burocrazia all’imprenditoria del nostro territorio”. “Finalmente con la nostra proposta – ha proseguito Marrone – le imprese intenzionate ad investire nello sviluppo e nell’occupazione nell’area metropolitana di Torino potranno accedere direttamente a semplificazioni burocratiche, ma soprattutto a crediti di imposta al 25% degli investimenti, fino ad un massimo di 50 milioni di euro per ogni singolo progetto. Ci sarà anche un paletto anti delocalizzazione, con un vincolo di almeno sette anni futuri di produzione sul territorio pena la revoca del beneficio”.

Gallo (Pd): “Lavoro, sviluppo e protezione sociale”

“Il Pd, negli anni scorsi, ha cercato di affrontare la crisi e anche adesso vuole avanzare proposte concrete”

“SI’ ALLO STATO DI CALAMITA’. MA UNA DICHIARAZIONE NON RISOLVE I PROBLEMI DELLA NOSTRA ECONOMIA”

“Oggi verrà approvato un documento che dichiarerà la calamità occupazionale in Piemonte e il voto del Gruppo del Partito Democratico sarà favorevole, tuttavia una dichiarazione non risolve i gravi problemi della nostra economia e men che meno le misure annunciate oggi dall’ Assessore. Chiederemo fondi al Governo, ma mi aspettavo dal Presidente Cirio e dall’Assessore Chiorino indicazioni per la loro destinazione, invece non ci hanno detto nulla. Qual è il Piano Competitività tanto annunciato? Quali sono le linee guida individuate dalla Giunta per il mondo delle imprese e per proteggere le famiglie?” ha dichiarato il Consigliere regionale Raffaele Gallo.

“Il problema occupazionale è drammatico – ha proseguito Gallo – e ci troviamo in una crisi globale che ha forti impatti sull’export, uno dei settori sui quali si fonda l’economia piemontese. I venti di guerra toccheranno un driver fondamentale per lo sviluppo, quello dell’energia. La frenata economica di Germania e Cina avrà conseguenze anche per il nostro Paese. Ci troviamo di fronte a sfide come quella della robotica e dell’intelligenza artificiale che comporteranno cambiamenti importanti. Dobbiamo affrontare tutto questo con un piano complessivo che comprenda politica industriale, ma anche un welfare che fornisca risposte a chi perde il lavoro e ai piccoli imprenditori in crisi. Una politica economica seria è fatta di sfide e di investimenti, ma anche di soluzioni e sostegni che non lascino indietro nessuno”.

“Il Pd, negli anni scorsi, ha cercato di affrontare la crisi e anche adesso vuole avanzare proposte concrete. Si devono proseguire gli investimenti pubblici nei campi di ricerca e innovazione, rendendo il Piemonte attrattivo per le grandi imprese e si deve potenziare l’internazionalizzazione. Aiutiamo le imprese a capire quale può essere la corretta traiettoria di sviluppo non il loro status quo. A livello nazionale, negli anni scorsi, il Governo guidato dal centrosinistra ha realizzato il Piano Industria 4.0, facendo scelte coraggiose e innovative. Il Piemonte deve muoversi in questo solco in modo complementare e non sostitutivo e deve aprire il cantiere della protezione sociale con nuovi strumenti. Il Pd su questo non si tirerà indietro” ha concluso Gallo.

Blocco traffico, Uncem: “Si rompono legami tra Torino e territorio”

Riceviamo e pubblichiamo

“FERMARE I DIESEL EURO 5 A TORINO E CINTURA? RIPENSARE IL MODELLO DI INTERVENTO CONTRO LE EMISSIONI”

Fermare gli euro 5 diesel, dopo gli euro 4, di fatto rompe i rapporti tra Torino e la prima cintura con i territori, con le aree interne e montane. Perché arrivare in città, con una macchina non euro 6, sarà impossibile. Un milione di veicoli da fermare non è detto che risolvano l’inquinamento, evitando gli sforamenti secondo le soglie del patto del bacino padano, ma è certo che mettano in crisi centinaia di migliaia di pendolari che anche volendo non hanno a disposizione trasporti pubblici. Così il sistema di legami tra Torino e le aree rurali e montani salta. Ed è gravissimo. Il modello di intervento contro l’inquinamento va ripensato”.

Lo affermano Lido Riba e Marco Bussone, Presidente regionale e nazionale dell’Unione dei Comuni e degli Enti montani

Politica, la piazza e i partiti

Le piazze sono ritornate protagoniste. Finalmente. Proprio quando, qua e là, veniva ricordato il
cinquantennale dell’ormai mitico “1969” con le sue contraddizioni, le sue conquiste, la sua indubbia
violenza accompagnata, però, anche da una massiccia partecipazione popolare, abbiamo preso
atto che la piazza nella politica contemporanea non è del tutto evaporata.

Anzi, prima la Lega di
Salvini, poi le manifestazioni dei ragazzi al seguito di Greta e della battaglia per un “mondo pulito e
sano” e infine con il cosiddetto movimento/partito delle “sardine”, c’è stato un indubbio risveglio
della coscienza politica di alcuni settori della società italiana.
Certo, non possiamo suonare le fanfare. La politica italiana continua, purtroppo, a districarsi tra la
pochezza della sua classe dirigente, la sostanziale assenza di un pensiero politico e culturale
organico capace di orientare e consolidare la presenza dei vari partiti e cartelli elettorali, la
proliferazione di gruppi e partiti legati esclusivamente alle fortune dei suoi capi o guru di turno, tutto
ciò conferma che la caduta di credibilita’, da un lato, e la crisi di autorevolezza della classe politica
dall’altro continuano a farla da padrone. Me se è questo che passa il convento, con questa messe
occorre pur fare i conti.
Comunque sia, per tornare al ritorno imprevisto e inaspettato delle “piazze”, forse è anche arrivato
il momento per avanzare una riflessione più specifica. E cioè, se i partiti – piaccia o non piaccia e’
così- continuano ad essere, giustamente, gli strumenti democratici per eccellenza capaci di
orientare e canalizzare la volontà popolare, non ci si può non porre la questione centrale e
decisiva. Ovvero, bene le piazze, benissimo la partecipazione popolare più o meno spontanea,
ancor meglio alzare la voce attorno a temi che sono e restano decisivi per garantire un futuro
sempre più vivibile al nostro pianeta. Ma queste proteste, questa rivendicazione di valori e principi,
questo richiamo ad una trasformazione democratica della nostra società, prima o poi non possono
non porsi il tema cruciale: e cioè, per rendere più efficaci ed incisive queste rivendicazioni servono
i partiti. Ovvero, strumenti democratici, guidati da un pensiero e da una cultura e disciplinati da una
organizzazione, che si fanno carico di tradurre nei vari livelli istituzionali quelle istanze e quelle
domande in proposte e in progetti di governo. E questo non per ingabbiare o, peggio ancora, per
mettere il cappello sopra queste libere manifestazioni. Ma, al contrario, per far sì che le piazze non
siano solo una importante e divertente fiammata destinata a spegnersi nell’arco di poco tempo.
Come, purtroppo, e’ capitato per altri movimenti e altre esperienze similari.
Ecco, il tema dei partiti, della loro presenza, del loro ruolo e della loro preziosa funzione
democratica e costituzionale forse può ricevere una spinta decisiva anche e soprattutto dal
protagonismo delle piazze. E ne può trarre giovamento la stessa qualità della nostra democrazia e,
soprattutto, la credibilità delle nostre istituzioni. Per questi motivi la piazza non va mai demonizzata
ne’, tanto meno, sottovalutata.

Giorgio Merlo

 

(Nella foto le “Sardine” di Torino)

I giovani azzurri portano carbone alla sindaca

Riceviamo e pubblichiamo

“Riprendendo un’iniziativa che ormai da anni il movimento giovanile compie simbolicamente il giorno della befana, anche i giovani di Torino hanno voluto organizzare un sit-in simbolico per consegnare del carbone al Sindaco Appendino”

Ad annunciarlo il coordinatore cittadino di Forza Italia a Torino Davide Balena e il coordinatore dei giovani azzurri Tommaso Varaldo, a margine del sit-in avvenuto questa mattina davanti al municipio del capoluogo sabaudo.
“Questo gesto è ampliamente giustificato dai numerosi fallimenti di questa amministrazione comunale, cominciando dalla perdita di grandi eventi quali le Olimpiadi ed il Salone dell’Auto, proseguendo con la pessima gestione della viabilità culminata con il surreale progetto della nuova Ztl. Si aggiungano inoltre i tagli alle scuole paritarie unitamente ai grossi problemi sulle mense scolastiche. Già solo per questi, che sono solo alcuni esempi, direi che il carbone per il Sindaco e la sua Giunta è ampiamente meritato. Saremmo meno arrabbiati se tali errori non ricadessero sulle teste dei Torinesi e probabilmente anche all’interno della maggioranza, visti i numeri sempre più esigui, qualcuno se ne sta rendendo conto. Questo 2020 sarà un anno cruciale per il centrodestra per dimostrare ai cittadini di Torino che c’è davvero la possibilità di far rinascere la nostra città ricordando questi ultimi anni come una parentesi da dimenticare”.
Conclude Varaldo: “Oggi la befana porta al Sindaco Appendino e alla sua maggioranza molto carbone. Torino piange sulle ferite della Giunta Appendino che ha provocato molti e gravi danni al tessuto economico e sociale della nostra città: su tutti il disperato tentativo di paralizzare la TAV, l’abbandono completo al degrado e allo spaccio delle periferie, del Parco del Valentino, della Cavallerizza. Questi sono solo alcuni dei fatti che sanciscono il fallimento di questa amministrazione che si sta sgretolando e che oggi rimane in piedi solo grazie ai voti di consiglieri vicini ai centri sociali e ai no tav. Cara Sindaco Appendino il 2020 potrà essere davvero l’anno del rilancio – conclude Varaldo – Ma lei deve fare un atto di vero amore per la sua città: si dimetta, liberi la nostra Torino oggi ostaggio di una classe dirigente che non è in grado di amministrarla”

+Europa Torino con i piccoli comuni contro i tagli

“Sono incomprensibili e inaccettabili i contenuti del  Decreto Fiscale di fine dicembre”

FONDO DI SOLIDARIETA’ COMUNALE, TAGLIO AI TRASFERIMENTI PER MOLTI PICCOLI COMUNI DEL 5%.  LA CONFERENZA STATO-CITTA’ AVEVA DATO L’OK: INACCETTABILE INVERSIONE DI MARCIA. CIRIO DIA UN SEGNO DI VITA E AFFRONTI LA SITUAZIONE. 

+Europa Torino si schiera al fianco dei piccoli comuni (in Piemonte oltre 800), affinché venga affrontato il nodo del taglio governativo sul fondo di solidarietà comunale, stimato intorno al 5%. La Conferenza Stato-Città dell’11 dicembre aveva dato il via libera a un sistema di perequazione che doveva prevedere aumenti, agevolando l’equità. Invece l’anno inizia con un taglio preoccupante!

Così commenta Marco Cavaletto, coordinatore di +Europa Torino: “Sono incomprensibili e inaccettabili i contenuti del  Decreto Fiscale di fine dicembre. La Regione Piemonte continua nel suo immobilismo, mentre i Comuni provano a ricavare i dati in queste ore dal sito del Ministero dell’Interno: basta fare un confronto per i piccoli comuni con le disponibilità dell’anno precedente per capire la gravità della situazione. Chiediamo perciò al Presidente Cirio e alla sua giunta un segno di vita e ci auspichiamo venga immediatamente affrontato questo tema con il Dipartimento Finanza Locale del Ministero dell’Interno per correggere questa situazione”.

Centro si’, ma perché non decolla?

Dunque, siamo di fronte ad una palese contraddizione

 

Da un lato alcuni autorevoli commentatori e
politologi continuano a sostenere la tesi che la crisi del sistema politico italiano e’ sostanzialmente
riconducibile all’assenza di un “partito di centro” che possa garantire la stabilità in un contesto che
ormai, di fatto, e’ sempre più proporzionale.

 

Un “partito di centro” che, sostengono sempre gli
opinionisti e i cattedratici di questo filone, si rende anche necessario perché rappresenta una
costante storico e politica del sistema democratico vigente nel nostro paese dal secondo
dopoguerra. Al contempo, però, una seconda corrente di commentatori e di opinionisti – cioè quelli
che rappresentano l’ormai nota intelligentia italiana, anche se prevalentemente salottiera e
aristocratica – sostiene all’unisono che i presunti quattro partiti che puntano oggi ad occupare
quello spazio politico, e cioè Renzi, Calenda, Carfagna e Toti, sono destinati a giocare un ruolo del
tutto marginale perché si tratta di uno spazio politico virtualmente richiesto ma elettoralmente
incapace di sfondare. Appunto, una contraddizione in se’.
Ora, senza neanche prendere in considerazione i vari partiti cattolici, o di cattolici, o dei cattolici o
di ispirazione cristiana spuntati in questi ultimi tempi – che del resto non vengono mai citati o
ripresi da nessun commentatore laico o cattolico che sia – e’ indubbio che si tratta di un nodo che
prima o poi dovrà essere politicamente sciolto. Perché se è vero che una “politica di centro” – e
non un “partito di centro”, quindi – si rende più necessaria nel nostro paese per la specificità e la
profondità che storicamente rappresenta in un sistema politico come quello italiano, forse è giunto
anche il momento di dire che questa politica non si traduce con un nuovo partito ma all’interno di
partiti già esistenti. Perché ci sarà pure un motivo se le decine di esperienze e di tentativi messi in
campo in questi lunghi 25 anni dopo la fine della Dc sono miseramente ed irreversibilmente falliti.
E questo, quindi, resta il vero nodo da sciogliere. Un nodo che chiama in causa anche e
soprattutto i cattolici democratici e i cattolici popolari. La vera sfida, dunque, seppur in un contesto
politico, sociale, e culturale fortemente trasformistico e quindi destinato a cambiare rapidamente e
rocambolescamente, resta quella di far sì che la “politica di centro” tanto decantata ricominci ad
avere una cittadinanza attiva all’interno della dialettica politica italiana. Una politica che, come tutti
sanno, significa molte cose contemporaneamente: dal senso della moderazione alla cultura di
governo; dalla capacita’ di ricomporre gli interessi contrapposti attraverso una sintesi feconda e
costruttiva al senso delle istituzioni; da una cultura riformista alla qualità della democrazia alla
volontà stessa di battere la radicalizzazione della lotta politica italiana. Altroché il “linguaggio
dell’odio” e la riproposizione del semplice – seppur sempre utile – “buon senso ed educazione”.
Un patrimonio e un giacimento culturale, politico, sociale, di governo, etico e intellettuale che non
possono più essere sacrificati sull’altare della povertà e della mediocrità del dibattito politico
contemporaneo. E il doppio, anche se opposto e alternativo, richiamo dei nostri commentatori,
opinionisti e politologi sulla necessità della “politica di centro” e, al contempo, sulla inconsistenza
“dei partiti di centro”, alla fine ci aiuta a riflettere e a ritrovare una via d’uscita da uno stallo ormai
sempre più insopportabile e nocivo per la stessa democrazia italiana e per le nostre istituzioni
democratiche.

Giorgio Merlo