POLITICA- Pagina 4

Avs al presidio di corso Verona: “Vergogna frutto di scelte precise”

“All’Ufficio Immigrazione di Torino continuiamo ad assistere ad una situazione intollerabile per le persone straniere che, in attesa di ottenere un appuntamento per il rinnovo del permesso di soggiorno, sono costrette a mettersi in fila per ore, nell’ultimo periodo addirittura di notte, affrontando il freddo e perdendo intere giornate di lavoro e, per i minori, di scuola” – dichiarano Marco Grimaldi, vicecapogruppo alla Camera di AVS e le consigliere regionali Ravinale, Cera e Marro, presenti al presidio convocato questa mattina da CGIL, CISL e UIL di fronte all’Ufficio Immigrazione di corso Verona a Torino.
“È una realtà figlia della carenza di risorse e di volontà politica da parte nel Ministero dell’Interno, che continua a porre ostacoli alle persone straniere per ciò che riguarda la loro permanenza in Italia e l’accesso ai diritti.
Il rinnovo dei permessi di soggiorno, la richiesta d’asilo, i ricongiungimenti familiari sono diritti, il cui esercizio  deve essere garantito in modo dignitoso e tempestivo e non diventare una corsa a ostacoli che pone le persone in condizioni di ulteriore debolezza e ricattabilità.
Un sistema più efficiente è necessario ed è possibile: serve maggiore personale, per consentire orari più ampi di accesso e maggiore rapidità nel disbrigo delle pratiche, ma soprattutto l’adozione di  misure organizzative diverse, a partire dalla possibilità di fissare l’appuntamento con strumenti informatici, come già avviene per passaporti e carte di identità, per evitare queste attese estenuanti e degradanti. L’Ufficio di corso Verona è inadeguato e inagibile e la situazione va risolta anche trovando al più presto una collocazione più idonea dell’Ufficio stesso, ma il problema sarà risolto solo quando i permessi potranno essere richiesti e rilasciati nei tempi previsti dalla legge, non solo quando le code verranno spostate al caldo.”

Giachino: “Torino deve difendere con forza l’industria”

Torino per rilanciare la crescita della sua economia e del lavoro deve difendere con forza l’industria che c’è oltre a puntare su aerospazio e digitale. Per avere nuove relazioni occorre migliorare le infrastrutture dall’aeroporto alla TAV.

Caro Direttore,
oggi al Lingotto si tiene un importante convegno dei commercialisti sul rilancio di Torino (anche se a parlare ci saranno solo quelli che hanno avuto responsabilità negli ultimi dieci quindici anni).
Il medico che sbaglia la diagnosi non riesce a curare il paziente così il politico che sbaglia la diagnosi sull’andamento economico della propria Città non riuscirà a rilanciarla.  Nonostante tutto ciò che è stato detto in questi trent’anni e nonostante ciò’ che è’ stato fatto, Torino e il Piemonte continuano a crescere meno della media nazionale e questa è la causa dell’aumento delle persone in difficoltà nella nostra Città e delle difficoltà del commercio. Certo che Torino attrae studenti universitari ,  perché qui il costo della vita è inferiore a Milano e perché noi abbiamo un Politecnico molto apprezzato. Ma molti dopo la laurea  se ne vanno, purtroppo, all’estero a cercare lavoro perché i posti di lavoro generati dalle aziende leader nel nostro territorio non bastano a coprire la domanda di lavoro dei neolaureati. Se abbiamo chiara questa analisi e’ evidente che mentre pensiamo a nuove iniziative produttive e ad aumentare le relazioni come dicono i commercialisti di Asvisio, noi dobbiamo difendere con le unghie e i denti i settori produttivi che ancora insistono a Torino e generano migliaia di posti di lavoro, a partire dal settore auto e dall’indotto auto., ora che anche Trump vuole difendere il motore endotermico che ha fatto la fortuna di Torino e del Piemonte.
Ecco perché ai cattolici che chiedono alla Schlein di non avere attenzione solo per i diritti degli lgbt suggerirei di chiedere con forza alla leader del PD che in Europa ha votato , sbagliando, la delibera sull’auto elettrica di correggerla subito se si vuole dare una prospettiva a centinaia di migliaia di lavoratori di ogni ordine e grado.  Per sviluppare relazioni, come suggeriscono i commercialisti, occorre però avere collegamenti trasportistici veloci e molto connessi oltre come sostengo da tempo. Da Lione a Parigi ci sono 60 collegamenti veloci al giorno. Pensa quando ci sarà la TAV. Occorre però avere anche Centri che attraggono imprenditori e innovatori, come , ad esempio ,le Fiere Internazionali . Torino si è rilanciata alla fine degli anni Cinquanta grazie al settore auto e grazie alle autostrade ma anche  attraverso il suo Salone dell’automobile e Salone della Tecnica che attirava tutti gli imprenditori interessati a vedere le nuove produzioni di macchine utensili. Ecco perché occorre pensare di portare per primi a Torino un Salone della Intelligenza Artificiale applicata alla industria , alla logistica etc.etc. Ecco perché per rilanciare Torino occorre che il nostro Aeroporto abbia collegamenti con le Citta più moderne e più avanzate del mondo così come abbiamo bisogno di accelerare i lavori della TAV che quando sarà ultimata collegherà nel modo migliore Torino alle Città più importanti d’Europa.
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Mino GIACHINO 
Responsabile piemontese trasporti e logistica di FDI

Magliano e Bartoli: “Sostegno e assistenza post-partum per le donne che scelgono il parto in anonimato”

Oggi in IV Commissione audizione dell’Associazione Nazionale Famiglie Adottive e Affidatarie sul tema del parto in anonimato. Silvio Magliano e Sergio Bartoli, Lista Civica Cirio Presidente Piemonte Moderato e Liberale: “Nessuna contrapposizione tra culle per la vita e parto in anonimato, importante una comunicazione, particolarmente nelle scuole, sui temi della natalità”

Questa mattina in IV Commissione – Sanità e Assistenza, audizione dell’Anfaa – Associazione Nazionale Famiglie Adottive e Affidatarie, sul tema del parto in anonimato, possibilità offerta a tutte le donne di non riconoscere, direttamente in ospedale dopo il parto, il proprio figlio, affidandolo al personale sanitario perché sia attivato il percorso per la dichiarazione di adottabilità.

“Per rendere ancora più strutturato e funzionale il servizio – propongono Silvio Magliano, Presidente del Gruppo Lista Civica Cirio Presidente Piemonte Moderato e Liberale, e il Consigliere Sergio Bartoli -, riteniamo sia necessario potenziare i sevizi di sostegno e assistenza, prima di tutto in ambito psicologico e sotto il profilo sociale, per le donne che fanno la scelta del parto in anonimato, offrendo alle persone che lo desiderano una presa in carico, sempre in anonimato, per il periodo successivo al parto, oltre a quella sanitaria. Condividiamo la necessità di una campagna informativa capillare che coinvolga anche le scuole, per prevenire l’abbandono e tutelare il diritto alla vita”.

Sul tema delle culle per la vita, Bartoli e Magliano non vedono contrapposizioni con il parto in anonimato: “Si tratta di due opportunità complementari che si rivolgono a donne che si trovano in situazioni differenti e sono entrambe mirate a garantire il benessere del neonato; per garantire tempestività e professionalità nella presa in carico, le culle della vita devono essere collocate in strutture sanitarie, come è previsto nell’Ordine del Giorno approvato dal Consiglio regionale”.

MPS, Ruffino: “Ok se tutti rispettano regole di mercato”

Ci sono le regole europee e le regole di mercato e queste devono valere per tutti, anche MontePaschi, Mediobanca e Generali. Tutelare il risparmio degli italiani è un dovere per il governo e un diritto per i risparmiatori. A condizione che tutti, governo e risparmiatori, non dimentichino l’impegno del nostro esecutivo e di altri 26 governi per completare l’Unione bancaria europea. La tutela del risparmio, non solo quello degli italiani, ha altre istituzioni che vigilano e probabilmente lo fanno senza un retropensiero di opportunità politica. Quanto alla presenza dello Stato, sono d’accordo con chi sostiene la necessità di uscire dal capitale di Mps. Per la ragione che tutelare il risparmio non giustifica nessuna ingessatura del mercato. Così l’on. Daniela Ruffino (Azione)

Merlo: Acea cessione ramo d’azione, debolezza politica pinerolese indebolisce territorio

“Senza mettere affatto in discussione il ruolo e le iniziative intraprese dai vari Sindaci ed
amministratori locali, è indubbio che sul complicato e complesso tema della ‘cessione del ramo
d’azienda’ e del futuro dell’Acea è mancata del tutto una vera e propria regia politica del territorio.
Ognuno, come ovvio e legittimo, aveva ricette diverse sul come affrontare e risolvere un problema
che lasciava pochi margini di azione. Ma la profonda divisione tra gli amministratori locali e i
Sindaci, e quindi dei vari territori che rappresentano, ha certificato la sostanziale impossibilità di
arrivare ad un risultato convincente e capace di incidere sull’esito finale dell’intricata vicenda.
Ora, si tratta di una partita che ha evidenziato due elementi di fondo.
Innanzitutto la mancanza radicale di un coordinamento politico territoriale frutto e conseguenza
dell’ormai assenza dei partiti come strumenti capaci di rappresentare e di farsi carico delle istanze
importanti che emergono dal territorio. E, al contempo, la sostanziale assenza di esponenti
amministrativi che vengono riconosciuti come ‘riferimento’ politico per tutto il territorio.
In secondo luogo, e giunti a questo punto, le uniche due garanzie che non possono essere
sacrificate sull’altare dell’assenza di una qualsivoglia guida politica, sono la certezza che per il
cittadino utente non ci sia alcun danno e che, dall’altro, i singoli Comuni non vengano indeboliti o
mortificati.
Tutto il resto è secondario. Purtroppo, però, non possiamo non registrare che a volte l’assenza di
un riconosciuto e autorevole coordinamento politico del territorio finisce per danneggiare
irreversibilmente la credibilità e la forza di un intero comprensorio. Nello specifico, il territorio
pinerolese”.

Giorgio Merlo, già parlamentare e amministratore locale.

La sinistra sociale non è mai stata con Prodi

LO SCENARIO POLITICO   di Giorgio Merlo

Nell’arcipelago cattolico del nostro paese, storicamente, c’è una pluralità di voci, di tradizioni, di
sensibilità e anche di culture. Lo spiegava molto bene Rosy Bindi nei giorni scorsi durante la
presentazione del mio ultimo libro “Cattolici al centro”. Diceva l’ex ministro della Sanità che è
sucientemente noto che il cattolicesimo democratico non può essere confuso con il
cattolicesimo sociale e, men che meno, con il cattolicesimo popolare. Una osservazione
quantomai calzante e precisa che giustica anche, ma non solo, l’ormai profondo e radicato
pluralismo politico ed elettorale dei cattolici stessi. Da questa banale ed oggettiva considerazione
si deduce anche l’atteggiamento ridicolo, per non dire grottesco, di chi pensa – come è emerso
qua e là dal convegno di una corrente del Pd che si è svolta a Milano sabato scorso – che i
cattolici impegnati in politica si riconoscono prevalentemente, se non del tutto, nella sinistra. E,
nello specico, in una corrente che si riconosce nel Partito democratico a guida Schlein.
Ma, al di là delle vicende correntizie che riguardano il Pd e la collocazione tattica dei suoi dirigenti
cattolici o sedicenti tali, c’è un elemento quasi storico che merita anche di essere ricordato
all’interno di questo profondo e radicato pluralismo politico e culturale che caratterizza l’area
cattolica italiana. E cioè, l’esperienza della ‘sinistra sociale’ di ispirazione cristiana si è sempre
distinta – e profondamente – rispetto alla sinistra cattolica di matrice prodiana. Cioè di quella
sinistra cattolica tecnocratica, modernizzante e profondamente radicata nei gangli del potere
economico del paese. Una sinistra, quella di marca prodiana, che non ha mai avuto grandi punti
di contatto – anzi, un vero e proprio contrasto – con quella ‘sinistra sociale’ prima all’interno della
Dc nella prima repubblica e poi nelle formazioni politiche che si sono succedute dopo la ne della
Dc. Basti pensare ai contrasti irriducibili tra la ‘sinistra sociale’ di Carlo Donat-Cattin con il gruppo
dell’Arel che vedeva la presenza di gure importanti e signicative come quelle di Prodi, appunto,
di Umberto Agnelli e di molti altri dirigenti politici ed economici dell’epoca o a quella guidata da
Franco Marini nella cosiddetta seconda repubblica. Al riguardo, è appena il caso di ricordare lo
scontro frontale che avvenne nel 1999 quando proprio l’Asinello di Prodi si candidò alle elezioni
europee in aperta competizione con il Ppi guidato da Franco Marini e che decretò, come ovvio e
scontato, l’inizio della crisi dell’esperienza del Ppi. Si trattò di una operazione mirata, al di là delle
chiacchiere e delle conseguenti ipocrisie, a demolire il consenso del Partito Popolare Italiano. Ma,
al di là di questa concreta vicenda elettorale, non si può non ricordare che la lunga e feconda
esperienza della ‘sinistra sociale’ di matrice cattolica si è sempre trovata distinta e distante dalla
sinistra cattolica e progressista riconducibile alle modalità concrete del far politica di Prodi e dei
suoi riferimenti politici, economici e sociali.
Una dierenza, questa, che non è riconducibile, come ovvio e scontato, ai caratteri o alle
incomprensioni personali dei rispettivi leader. C’era, com’è altrettanto ovvio, una diversità
culturale, politica, sociale, programmatica e forse anche di natura etica tra le due esperienze. Che,
del resto, hanno costellato il cammino concreto della vicenda travagliata ma, comunque sia,
entusiasmante dei cattolici nella vita pubblica del nostro paese. Una diversità che, forse, è
presente anche oggi se è vero, com’è vero, che persiste un forte pluralismo politico e culturale, e
quindi anche elettorale, nella galassia cattolica del nostro paese. Perchè il passato, soprattutto
quando parliamo di leader e statisti come Carlo Donat-Cattin e Franco Marini, non può e non
deve essere frettolosamente e qualunquisticamente archiviato o aggirato. E le dierenze che
c’erano ieri semplicemente restano anche oggi. Soprattutto quando si parla di cultura politica, di
scelte e progetti politici e dei rispettivi valori di riferimento.

Montaruli (FDI): su Askatasuna Lo Russo ascolti almeno la Procura

“Il procuratore generale Lucia Musti ha ribadito oggi la pericolosità del centro sociale Askatasuna non solo per Torino ma per l’Italia. Il comune di Torino si fermi. Se non vuole ascoltare noi, ascolti la procura generale e impedisca di dare una legittimità ad un’organizzazione pericolosa che ha e avrà le sue radici nello stabile di corso Regina se vi sarà la possibilità per loro di continuare a viverlo beneficiando di esso grazie alla sanatoria di Lo Russo.
Lo stabile va sgombrato. Il Comune chieda di liberarlo: questo e’ l’unico modo per isolare i violenti impedendo loro di continuare a fare proselitismo e violenza. Non si può presentare come dialogante con le istituzioni ciò che, oggi come ieri, è fucina di pericolose azioni di piazza e non solo”. Così il vice capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera, Augusta Montaruli.

Lutto in Forza Italia per la scomparsa di Cherio

UN OTTIMO PROFESSIONISTA, CI MANCHERA’ LA SCHIETTEZZA

“La scomparsa di Alessandro Cherio ci rattrista enormemente. Era un ottimo professionista che si è saputo distinguere nella vita professionale e come molte persone vincenti nel 1994 aderì agli ideali di Forza Italia rappresentandoci in Consiglio comunale. Ci mancherà la sua schiettezza, la sua concretezza ma soprattutto le sue battute sul Toro, la sua grande passione. Ci stringiamo alla famiglia in questo momento di dolore”. Ad affermarlo il senatore Roberto Rosso e Marco Fontana rispettivamente segretari provinciale e cittadino di Forza Italia a Torino e i vicesegretari cittadini Beatrice Rinaudo, Romina Lauretta, Giacinto Marra e Filippo Vallone.