POLITICA- Pagina 3

La “Busiarda”

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PAROLE ROSSE di Roberto Placido

In tempi nemmeno tanto lontani, il quotidiano La Stampa, a Torino, veniva chiamato, in dialetto piemontese  la  “ Busiarda”, la bugiarda. Organo ufficiale della Fiat e di tutti i suoi interessi. Si racconta che, quando avveniva un incidente mortale negli stabilimenti della famiglia Agnelli,  per il quotidiano il decesso avveniva sempre sull’ambulanza o all’arrivo in ospedale. A parte questi aneddoti è indubbio che per oltre un secolo è stato il riferimento di Torino e del Piemonte fino a diventare un quotidiano nazionale con prestigiosi direttori e bravi giornalisti. Poi, in tempi più recenti, il lento declino, come tutta la carta stampata, aiutato dal disimpegno degli Elkann con la vendita di tutto il loro “impero” italiano e torinese in particolare. Dopo le aziende metalmeccaniche ora tocca ai giornali del gruppo GEDI e quindi i quotidiani locali, la Repubblica ed infine La Stampa. Per questo motivo nel Consiglio comunale di Torino il capogruppo del Movimento 5 stelle, Andrea Russi e poi il gruppo del PD,  ha presentato un’interpellanza, come di consuetudine, al Sindaco ed all’assessore competente, sulla vendita del quotidiano.

La cosa incredibile è avvenuta, non tanto nella risposta che il Vice Sindaco Michela Favaro ha dato in aula:  ” non sappiamo nulla” ma nella comunicazione scritta inviata all’interpellante. Mi spiace per la simpatica Michela Favaro, ma non si può rispondere, su un problema squisitamente politico,  che tocca la vita democratica della città di Torino, “sentiti gli uffici”…… non sappiamo nulla. Non si può scrivere una cosa simile e meno che mai metterci sotto la firma.  E poi mandano a rispondere il Vice Sindaco che, certo, ha la delega, ma  la questione, per l’importanza che ha,  riguarda tutta l’amministrazione e quindi il Sindaco Stefano Lo Russo. Sindaco che solo pochi giorni fa era seduto, con il Presidente della Regione Piemonte Alberto Cirio , a fianco di John Elkann alla finale delle ATP. Continua la sudditanza, la subalternità e la  riverenza che le amministrazioni ed i Sindaci di Torino, con pochissime eccezioni, Diego Novelli, Sindaco del PCI, Partito Comunista Italiano,  dal 1975 al 1984. Ma se poteva essere comprensibile quando c’erano gli Agnelli, Gianni ed Umberto, ed una potenza industriale straordinaria,  non è, oltre che inaccettabile, comprensibile oggi che hanno venduto tutto e abbandonato la città. In via ufficiale avrebbe dovuto porre la questione e chiedere chiarimenti, informazioni.

La vendita de La Stampa al gruppo NEM (Nordest Multimedia), tra l’altro vicino politicamente al centro destra,  mette ancora di più ai margini Torino. Quotidiano che proprio in questi giorni, di incertezza e debolezza, ha subito un attacco da una frangia di manifestanti Pro Palestina. Attacco e devastazione della redazione, inaccettabile e ingiustificabile. Un  corteo che devasta il centro cittadino, l’assalto alla sede CGIL di Roma ed altri episodi simili fanno pensare che ci sia un piano che tende a creare tensioni e disordini a scopo politico. Mi auguro di essere smentito e di non doverci ritornare per episodi più gravi. Comunque, la questione de  La Stampa segue un fatto ancora più grave. La firma della città di Torino di un patto di riservatezza sul progetto di trasformazione di Mirafiori da stabilimento industriale in altro.  Si parla da tempo di progetti già definiti. L’area di Mirafiori, proprio per evitare il declino e difendere l’occupazione, una ventina di anni fa’, dalla Regione, ricevette quaranta milioni di euro per creare TNE, Torino Nuova Economia. Progetto che, gestito da esponenti FIAT, non produsse nulla e che nel mese di novembre 2025 è stata messa in liquidazione.  Una città, una Regione, una qualsiasi istituzione pubblica può investire risorse e dare contributi ma non non può e non deve firmare un patto di riservatezza con un privato. Una cosa mai vista. La Fiat smobilita ed invece di chiedergli conto, bloccare e vincolare le aree, gli si permette eventuali speculazioni. Cose mai viste! Le risposte che la città si aspetta e di cui ha bisogno sono altre. Come contrastare l’inesorabile declino. La mancanza di case, di lavoro, un senso di insicurezza in alcuni quartieri è evidente,  l’insufficienza dei trasporti.

Meglio Bernardini de Pace che Boldrini

IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni

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La violenza contro le donne va condannata nella maniera più ferma e senza giustificazionismi  di sorta. Le donne restano il sesso debole, secondo un’antica espressione che pensavamo superata in nome di una parità sia pure faticosamente raggiunta. Oggi tuttavia nel rapporto uomo-donna, esse non sono solo la parte debole. A volte sono la parte forte anche nel momento di un divorzio. Lo sostiene una paladina delle donne come l’avvocato Anna Maria Bernardini de Pace che della battaglia contro la   violenza sulle donne è un presidio attivo e giuridicamente straordinario e insuperabile. Ieri mattina ho partecipato come socio all’assemblea dell’associazione “Marco Pannella“, un altro grande presidio di libertà in una società dove ogni forma di violenza e di odio, in primis quello antisemita, minacciano la libertà di pensare e di vivere. L’aggressione al giornale “La Stampa“ rivela un impazzimento collettivo molto preoccupante. Nel mio intervento di ieri ho affermato che la legge contro la violenza alle donne nel punto relativo al consenso “libero e attuale”  dell’atto sessuale va chiarito e precisato giuridicamente. Così come è formulato adesso, è fonte di condanne aprioristiche ingiuste.  Non si può andare a letto con il telefonino o con un contratto da aggiornare magari in itinere. Si tratta di un qualcosa di grottesco e persino ridicolo. Ricorda un’espressione odiosa di tempi lontani: le marchette, il gettone che le prostitute ricevevano ad attestare le loro prestazioni: il sesso contabilizzato che ne distrugge il valore vitale. E’ strano che se ne siano accorti solo  i leghisti, anche se la presenza di una giurista come Giulia Bongiorno fa la differenza. L’onere della prova di innocenza è giuridicamente inconsistente perché il principio giuridico è esattamente all’opposto. L’onere della prova spetta alla parte che fa valere un diritto in giudizio e non viceversa. Immemori delle improvvise  denunce, vecchie di anni, che hanno riempito le pagine dei giornali dedicate a registi, attori ed attrici, coloro che hanno perseguito una legge con un  voto unanime non hanno considerato che l’unanimita’ su un tema così delicato sacrifica la complessità dei problemi, semplificando in modo draconiano la realtà. Ho detto con una battuta un po’ semplicistica , ma vera,  che a dettar legge è l’on. Boldrini, eroina di un manicheismo spesso settario e sempre ideologico. A me piacerebbe leggere un testo proposto dall’avvocato Bernardini de Pace che ha accumulato un’esperienza unica nel corso di una lunga  carriera in rapporto costante con le donne. Inoltre la violenza nei rapporti non credo sia limitata solo al rapporto eterosessuale, come dimostrano le cronache. La verità è che l’amore è anche passione e seduzione e gelosia, tre sentimenti che nessun leguleio potrà facilmente regolamentare con certezza assoluta. Il problema si può tentare di risolverlo con l’educazione, ma non con quella degli improvvisati cultori di discipline che non conoscono: sociologi, psicologi, tuttologi, apprendisti stregoni. L’Eros resta un aspetto vitale carico di misteri, di piaceri e di sofferenze che ciascun essere umano deve affrontare o rinunciare a vivere. Sotto le coperte non valgono leggi , dicevano i vecchi liberali, contro i moralisti bacchettoni. Ho un’età tale da  poterne parlarne con il distacco che viene dalla pace dei sensi e dall’esperienza di vita. Certe Erinni non possono stravolgere la vita umana. Ripeto, tuteliamo le donne con leggi severe, ma esse debbono essere chiare e giuste. Direi umane. Io sono convinto che Marco Pannella avrebbe condiviso questo discorso, anche se non è mia intenzione “usarne“ il nome che resta legato ad un contesto storico diverso da un oggi in cui prevale la deriva irrazionalistica degli estremisti. Ma certo Marco Pannella è stato anche un maestro libertario di vita.

Voucher scuola, AVS: “Bene i fondi ma problema di equità, tempi e trasparenza”

Accogliamo positivamente lo stanziamento di ulteriori risorse che hanno permesso di ampliare la copertura del Voucher scuola. Era un passo necessario e lo diciamo da tempo.
Allo stesso tempo, però, molte famiglie ci stanno scrivendo con la stessa domanda, semplice ma inevitabile:
“Com’è possibile che si finanzino integralmente le rette delle paritarie mentre migliaia di studenti delle scuole statali e dei CFP restano esclusi dai contributi per libri, materiale didattico e trasporti?”
Una domanda che nasce dai numeri: per il Voucher A, destinato alle rette delle scuole paritarie, sono state finanziate il 100% delle domande ammesse fino a un ISEE di 26.000 euro, con un importo medio superiore ai 1.500 euro. Per il Voucher B, rivolto agli studenti delle scuole statali e dei CFP per l’acquisto di libri di testo, materiali didattici e trasporto, anche dopo l’iniezione di nuove risorse la copertura si è fermata a un livello molto più basso: sono stati finanziati solo gli studenti con ISEE fino a 8.258 euro. Il risultato è che migliaia di famiglie con ISEE basso, pur pienamente entro la soglia di bando di 26.000 euro, continuano a restare escluse dagli aiuti per le spese scolastiche essenziali.
È anche per evitare questa evidente sproporzione che avevamo presentato l’Ordine del Giorno 368, chiedendo tre interventi chiari: più risorse sul Voucher B, un tetto ISEE più basso per il Voucher A e una graduatoria unica basata sul reddito. Tre misure semplici, che vanno tutte nella stessa direzione: prima si aiutano le famiglie che hanno davvero difficoltà.
Perché chi oggi resta escluso dal Voucher B ha spesso redditi molto basso, 1.000, 1.600 euro al mese, e figli che frequentano la scuola pubblica. Sono famiglie che devono affrontare la spesa dei libri ad agosto, degli abbonamenti ai mezzi a settembre, del materiale didattico a inizio anno: spese che non possono essere rimandate.
A questo si aggiunge un tema decisivo: i tempi di pubblicazione del bando e delle graduatorie. Il bando è stato aperto dal 27 maggio al 27 giugno, ma fino a un mese prima dell’apertura non era stata ancora comunicata alcuna data ufficiale, lasciando le famiglie nell’incertezza. La prima graduatoria è uscita il 12 agosto, quando le scuole avevano già definito l’adozione dei libri e le famiglie si trovavano costrette ad anticipare la spesa per libri e materiali didattici. Il secondo aggiornamento è arrivato il 20 ottobre, quando gran parte della spesa principale era ormai già sostenuta. Solo il 27 novembre è stata raggiunta la copertura totale delle domande ammesse, a quasi fine primo quadrimestre.
Va sottolineato che i voucher non prevedono rimborsi: le famiglie non possono recuperare le spese già effettuate, e i voucher sono vincolati esclusivamente a libri di testo, materiali didattici e trasporti acquistabili dopo l’emissione del voucher stesso. Di conseguenza, la funzione del contributo si riduce drasticamente quando arriva in ritardo rispetto ai tempi reali della vita scolastica.
Infine, c’è un problema di comunicazione: parlare genericamente di “tutte le domande finanziate” senza distinguere tra Voucher A e Voucher B crea confusione e rischia di alimentare false aspettative.
Accogliamo dunque con favore ogni passo avanti, ma continuiamo a chiedere ciò che è doveroso: equità nella ripartizione, tempi compatibili con le esigenze delle famiglie e informazione chiara, completa e trasparente.
Perché strumenti come il Voucher scuola sono davvero efficaci solo quando le politiche pubbliche rispettano i tempi della vita reale, evitando lo scollamento tra decisioni politiche e bisogni concreti delle famiglie.
Alice Ravinale
Valentina Cera
Giulia Marro

Ruffino (Azione): “A Moncalieri serve continuità: sì a Lorenzo Mauro”

“In questi anni Moncalieri è cresciuta, diventando più attrattiva, moderna e sicura. Azione è abituata a lavorare con pragmatismo e per questo motivo, di fronte a risultati evidenti tradotti in opere completate, valorizzazione del centro storico, interventi su cultura, innovazione e servizi, riteniamo opportuno ottenere continuità. È importante, dunque, raccogliere l’eredità dell’amministrazione Montagna attraverso la candidatura di Lorenzo Mauro, proprio perché, di fronte alla sfida per la politica territoriale, abbiamo lo stesso linguaggio e la stessa visione per una città che deve poggiarsi su basi solide e verificabili”.
Così Daniela Ruffino, deputata e segretaria di Azione Piemonte, a sostegno della candidatura di Lorenzo Mauro a sindaco per Moncalieri.
“Da questo approccio, quindi, nasce la decisione di Azione di aderire alla coalizione che si presenterà al voto a Moncalieri. Una scelta che compiamo con senso di responsabilità, dopo aver riscontrato una piena convergenza sui temi che per noi rappresentano gli assi portanti dell’azione pubblica. È fondamentale sapere programmare e non rincorrere le emergenze: ovvero, rigenerare i propri spazi, controllare il consumo di suolo, integrare con coerenza urbanistica, ambiente e mobilità. La coalizione risponde appieno a questa impostazione per noi fondamentale” – osserva la segretaria di Azione Piemonte.
Secondo Ruffino “c’è concordanza anche su tre assi che riteniamo strategici: il sostegno alle imprese, con la valorizzazione delle filiere e il lavoro di sinergia con formazione e ricerca; la coesione sociale, rendendo protagoniste scuola, sanità, cultura e politiche abitative in grado di dialogare con il tessuto urbano; la qualità della governance, intesa come una responsabilità amministrativa basata sulla trasparenza in primis, e sul dialogo con i cittadini. Siamo convinti che Moncalieri possa diventare un polo innovativo e un centro solido, migliorando la qualità della vita dei cittadini”.

Torino, Lega: Lo Russo stracci patto collaborazione con Askatasuna

 “Lo Russo esca subito dall’ambiguità: stracci il patto di collaborazione con Askatasuna, come la Lega chiede sin dall’inizio di questa scellerata decisione, e chieda lo sgombero immediato dell’immobile, che è di sua proprietà e che continua a essere la base operativa della maggior parte delle azioni violente che ormai a Torino si ripetono durante tutte le manifestazioni.” Dichiarano i deputati della Lega torinesi Elena Maccanti e Alessandro Benvenuto che aggiungono: “L’assalto a La stampa è stato il gravissimo epilogo di mesi di violenze contro le forze dell’ordine, contro un commissariato, passando per i blocchi ferroviari a Porta Susa e Porta Nuova, fino ad arrivare alle devastazioni dei negozi del centro. La città è sotto scacco da parte di antagonisti e centri sociali che da anni godono di una sorta di impunità culturale e politica grazie a chi continua a strizzare loro l’occhio, legittimandoli e normalizzandoli. Servono decisioni nette, a tutela della stampa, dei cittadini, delle forze dell’ordine che ogni giorno difendono il nostro territorio”.

UDC: “Occorre una forte risposta politica alla violenza”

 “La linea dell’amministrazione su Askatasuna è sbagliata”

L’attacco alla sede de La Stampa e’ gravissimo e non può restare senza risposta politica anche perché, la sottovalutazione delle violenze delle ultime manifestazioni, è all’origine degli atti di ieri. I giornali sono un pilastro della democrazia. Bisogna dire basta a tali atti di violenza e richiamare tutte le forze politiche e sociali alle loro responsabilità. L’Udc esprime piena solidarietà a tutti i giornalisti della testata e condanna fermamente chi usa la violenza come strumento di lotta politica. Il confronto libero, il dibattito tra posizioni anche opposte , il rispetto delle opinioni diverse e dell’uomo sono le basi della democrazia e della convivenza civile. Dire basta con forza alla violenza o alla giustificazione della violenza è l’unico modo per ritornare alla convivenza pacifica . Forte critica alle farneticanti affermazioni della Albanese .

Paolo Greco Lucchina, Commissario Regionale UDC
Mino Giachino , commissario cittadino UDC Torino

Ma dove il Centro può dettare l’agenda?

LO SCENARIO POLITICO di Giorgio Merlo

Come tutti ben sappiamo, e da sempre, in politica conta chi detta l’agenda politica. E
programmatica. Al di là e al di fuori della stessa forza numerica ed elettorale. Basti pensare ad
alcune correnti, come ad esempio alla sinistra sociale di Carlo Donat-Cattin nella Dc dove,
malgrado la sua percentuale largamente minoritaria all’interno del partito, riusciva a condizionare
la costruzione del progetto complessivo del partito. O all’esperienza del Ppi di Franco Marini e
altri dirigenti Popolari dell’epoca che parteciparono attivamente all’elaborazione del progetto della
coalizione di centro sinistra al di là, appunto, della forza numerica del partito. E gli esempi si
potrebbero, come ovvio, moltiplicare. Perchè nella politica, come quasi sempre capita anche se
viviamo in un contesto post ideologico e a volte, purtroppo, anche post politico, il “potere delle
idee”, come lo chiamava sarcasticamente Sandro Fontana, continua ad essere non una variabile
indipendente ai fini della credibilità e della levatura della classe dirigente. Politica
amministrativa. A livello locale come a livello nazionale.

Ora, e per venire all’oggi, c’è un aspetto che non possiamo non evidenziare. E cioè, dov’è
possibile per chi crede nel progetto di un Centro riformista e di governo, plurale e autenticamente
democratico e soprattutto per chi vuole praticare una credibile “politica di centro”, riuscire a
dettare l’agenda politica? Pur non essendoci più quel ”potere delle idee” che ha caratterizzato
larga parte delle classi dirigenti dei partiti della prima repubblica. Tuttavia, al netto del
cambiamento profondo della geografia politica italiana, è indubbio che si tratta di un’impresa
quasi impossibile nel campo dell’attuale sinistra italiana. Per ragioni obiettive se non addirittura
oggettive, come è ovvio per chiunque non sia accecato dall’ipocrisia o dalla propaganda. E
questo perchè gli azionisti di maggioranza di quel campo sono semplicemente riconducibili alle
diverse espressioni della sinistra italiana: da quella radicale a quella massimalista, da quella
populista a quella estremista, da quella ideologica a quella classista e pan sindacale. Per il resto,
come si suol dire, c’è posto solo in tribuna per osservare la partita.

Nel campo avverso del centro destra, l’indubbia ed altrettanto oggettiva leadership politica,
carismatica e di governo di Giorgia Meloni è talmente forte e palese che gli altri contributi politici
e culturali sono certamente importanti ma drasticamente ininfluenti ai fini della concreta possibilità
di condizionare il progetto politico complessivo della coalizione alternativa alla sinistra. Chi
sostiene il contrario sa di dire una cosa non vera e neanche oggettiva.

Forse, e sempre restando sull’importanza di dettare l’agenda politica per quanto riguarda il
progetto di un Centro riformista e di governo, forse è arrivato il momento di rileggere e riscoprire
l’iniziativa di quel “Patto per l’Italia” elaborato nel lontano 1994 da Franco Marini, Mino
Martinazzoli, Mario Segni e molti altri leader politici dell’epoca che ebbero il coraggio e
l’intelligenza di costruire un autentico “polo di centro” che poi fu decisivo nelle elezioni
successive. Un “Patto” culturalmente plurale, politicamente riformista e socialmente avanzato che
oggi dovrebbe avere anche il compito di mettere in discussione quel bipolarismo selvaggio e
quella radicalizzazione del conflitto politico che sono all’origine della crisi della politica
contemporanea e, forse, anche di un sempre più inquietante astensionismo elettorale.

Ecco perchè il progetto di Carlo Calenda se adeguatamente costruito e radicato nei territori
potrebbe essere una ghiotta occasione per far sì che il Centro riformista e di governo ritorni a
dettare l’agenda politica.

Papa Leone va in moschea, ma non a Santa Sofia

IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni

Una piccola, ma significativa novità nel viaggio a Istanbul di Papa Leone: ha visitato la moschea blu, il massimo monumento religioso ottomano, ma non è entrato in Santa Sofia, attigua alla moschea, a sua volta diventata moschea dopo la caduta dell’impero bizantino. I suoi predecessori erano entrati anche in Santa Sofia. Papa Leone non ha pregato nella moschea blu, ma l’ha visitata, guidato dal gran mufti’. Non è andato a Santa Sofia, tornata mosche nel 2020 per volontà del dittatore turco, dopo che era stata trasformata laicamente in museo. L’integralismo musulmano della Turchia ha azzerato la Turchia laica imposta dalla grandiosa rivoluzione di Ataturk, creatore di un paese moderno sulle ceneri dell’impero ottomano dopo la sconfitta della I Guerra mondiale.
Papa Leone e’ sicuramente un dottor sottile rispetto a Papa Francesco che,  pur gesuita, puntava prevalentemente a stabilire un “volemose bene” con tutti. Papa Leone dopo Istanbul ha ricordato il Concilio di Nicea che fece chiarezza sui temi della fede. Un Concilio dimenticato perché l’unico concilio oggi ricordato è solo e soltanto il Vaticano II.
Questo è l’aspetto più importante del viaggio pontificio che riscopre un concilio fondamentale nella storia della Chiesa cattolica.  Il non essere entrato in Santa Sofia che fu chiesa bizantina e oggi e’ tornata moschea per volontà di un dittatore, e’ un altro titolo di merito del Papa che non ama l’ipocrisia. Un agostiniano non poteva che comportarsi così. Può sembrare un Papa un po’ spaesato e persino un po’ spento, ma si tratta di un’apparenza legata al fatto che è uomo di studio e di cultura ed ha ancora qualche difficoltà nell’uso della lingua italiana.

(Foto La Voce e il Tempo)