La sinistra sociale della Democrazia Cristiana ha rappresentato una pagina politica di straordinaria importanza non solo per quel partito ma per l’intera politica italiana. Una esperienza che affonda le sue radici nella storia concreta e travagliata del cattolicesimo sociale italiano e che ha saputo, di volta in volta, offrire un contributo politico, culturale ed istituzionale determinante e decisivo per la soluzione di quella che comunemente viene definita come la questione sociale.
Certo, la sinistra sociale di ispirazione cristiana è stata un pensiero, una cultura politica e una concreta realtà all’interno dello storico partito della Democrazia Cristiana. Una esperienza politica profondamente radicata nel tessuto sociale e territoriale del cattolicesimo politico italiano ma anche, e soprattutto, nella società italiana. Nelle fabbriche, negli ambienti di lavoro, nell’universo sindacale e in tutti quei luoghi popolari che individuavano nella sinistra sociale una concreta risposta ai bisogni, alle istanze e alle domande che provenivano da quelle realtà. E la forza della sinistra sociale di ispirazione cristiana non è stata solo quella di rappresentare un pezzo della società italiana all’interno della Dc ma anche, e soprattutto, quella di aver saputo sprigionare una classe dirigente di straordinaria importanza capace di elaborare un progetto politico per l’intero paese. Due soli nomi a conferma di questa riflessione: Carlo Donat-Cattin e Franco Marini. Oltre ad una classe dirigente, nazionale e locale, che ha saputo concretizzare e dar voce a quel pensiero nelle diverse fasi storiche e politiche del nostro paese.
Ora, il libro di Giorgio Merlo non si ferma a tratteggiare la storia politica, culturale ed istituzionale della sinistra sociale del passato. Ma, proprio partendo dal concreto magistero dei suoi storici leader, ricava le motivazioni decisive per proseguire quella esperienza nella società italiana contemporanea. Cioè nella dialettica politica concreta. E questo perchè, come dice l’autore, le ragioni politiche e culturali del cattolicesimo sociale italiano non sono affatto esaurite e non si possono archiviare così facilmente, sacrificandole sull’altare di un maldestro ed effimero nuovismo. Certo, le condizioni politiche generali sono profondamente cambiate anche solo rispetto ad un passato recente. Ma le domande, le istanze e i bisogni dei ceti popolari restano drammaticamente sul tappeto. E la nuova, e per certi versi, drammatica ed inedita questione sociale ripropone la necessità di avere una altrettanto nuova e rinnovata sinistra sociale di ispirazione cristiana. Per la semplice ragione che proprio il profilo politico, culturale e sociale di leader e statisti come Carlo Donat-Cattin, Franco Marini, Guido Bodrato e Sandro Fontana richiedono e quasi impongono per chi continua a riconoscersi in quella storica cultura politica il dovere – morale e politico – di proseguire quella esperienza nella concreta situazione italiana. Non per nostalgia ma per coerenza politica, culturale e sociale con le nostre radici ideali.
“La lista del Presidente, quando il Presidente è politicamente autorevole, può diventare un
autentico ‘valore aggiunto’ elettorale per il risultato finale nelle consultazioni regionali. E così è
stato, del resto, in molte regioni italiane, a prescindere dal colore politico delle rispettive
maggioranze. Dal Veneto di Zaia alla Liguria di Toti, dalla Campania di De Luca alla Puglia di
Emiliano al Friuli Venezia Giulia con Fedriga a molte altre situazioni.
E così può essere, e a maggior ragione, per il Piemonte con il Presidente Cirio alle prossime
elezioni regionali.
Purchè si tratti, come ovvio, di una lista autenticamente civica, profondamente radicata nei
territori ed espressione delle autonomie locali. Cioè di quei Comuni, soprattutto dei piccoli e medi
Comuni, che in Piemonte rappresentano la vera spina dorsale del sistema delle autonomie locali.
Una lista, insomma, come è già capitato in molte altre regioni, che può essere la vera carta
decisiva anche per riaffermare con forza e convinzione una autentica ‘politica di centro” nel
governo concreto del Piemonte”.
Giorgio Merlo, Dirigente nazionale Tempi Nuovi-Popolari uniti.
L’esperienza del Covid ha fatto emergere con ancora più forza quanto la salute mentale sia condizione imprescindibile della salute fisica. La pandemia ha messo in luce un altro problema sommerso che in tante famiglie italiane era già presente, ma che non era stato correttamente percepito: quello dei Disturbi dei Comportamenti Alimentari. La stima attuale vede circa 3 milioni e mezzo di persone coinvolte da queste malattie, eppure nell’ultima manovra di bilancio varata dal governo Meloni, il fondo stanziato al contrasto di queste patologie, è stato totalmente azzerato.
Quest’azione metterà in condizioni di enorme rischio migliaia e migliaia di persone alle quali verrà, di fatto, tolto il sostegno necessario alla guarigione.
Per chi non ha mai avuto a che fare con questo genere di patologie, è importante spiegare che il percorso di cura è fortemente basato sulla continuità. Una continuità nel rapporto con gli specialisti, con le strutture di riferimento e con le pratiche adottate. L’azzeramento di questo fondo comporta perciò, la perdita totale del pilastro fondamentale dell’iter clinico.
Proprio in virtù di queste caratteristiche, è necessario rendere strutturale i finanziamenti per i DCA portando avanti, attraverso un decreto attuativo, la legge art.1 comma 687 689 del 2021; quest’ultima riconosce i Disturbi dei Comportamenti Alimentari come autonomi nei sistemi L.E.A., assicurando così una continuità di risorse economiche permanenti e allo stesso tempo imporrebbe a tutte le regioni di fornire i livelli d’assistenza essenziali senza creare un divario incolmabile tra le diverse realtà territoriali.
La scelta dell’esecutivo parla chiaro: il benessere mentale non è considerato al pari del benessere fisico. Alle malattie connesse alla sfera psicologica non viene ancora riconosciuta l’attenzione necessaria e questo si traduce automaticamente in un approccio che le interpreta come qualcosa di sacrificabile.
C’è bisogno di un cambio di paradigma che coinvolga esperti, società civile, politica e cittadini comuni e per tale ragione serve un segnale forte che parta il pomeriggio del 19 gennaio in tante piazze d’Italia, in cui molte persone si ritroveranno per dire che non c’è più tempo. Va intrapresa adesso un’azione che modifichi profondamente la situazione, perché le vittime sono state già troppe e le persone colpite da queste patologie non vanno lasciate indietro, nessuna di loro.
Il governo ascolti l’appello. In queste battaglie non c’è colore politico, sono battaglie di civiltà.
Matteo Guglielmo Azione Piemonte Under 30
Foto di Giuseppe Lo Baido
Ieri la riapertura del Museo regionale di Scienze naturali di Torino dopo dieci anni, rivendicata dal presidente della Regione Alberto Cirio, è stata occasione per il governatore e la sua Giunta di presentare in conferenza stampa il lavoro fatto nell’ultimo quinquennio. Le elezioni regionali sono ormai vicine e – secondo i sondaggi – Cirio non avrà problemi a “riconquistare” la Regione, complici le divisioni del centrosinistra. Tanto è vero che ieri ha già dato appuntamento alla conferenza stampa di inizio anno del 2025. Cirio ha ricordato alcune delle “conquiste” della sua amministrazione: il Museo, appunto, poi l’apertura del grattacielo della Regione del Lingotto, e il Terzo Valico i cui primi dieci chilometri tra Piemonte e Liguria sono stati inaugurati proprio ieri. Se tornerà a governare il Piemonte Cirio punterà sulle infrastrutture, sul miglioramento delle liste d’attesa in sanità e sulla questione casa.
Tra gli obiettivi dei prossimi mesi ci sono, infatti, l’approvazione della legge sulla casa, che ha tra i suoi punti salienti la lotta all’abusivismo, le premialità legate alla residenza e la possibilità di calmierare le bollette energetiche per le fasce deboli e per i genitori separati in difficoltà economica. Entro giugno sarà anche approvata la legge sul benessere degli animali, il testo unico sul terzo settore e il bilancio previsionale. A proposito dei conti il presidente ha ricordato che dal 2019 «questa amministrazione ha pagato oltre 2 miliardi di debiti, senza alzare le tasse per i cittadini, con una gestione virtuosa certificata anche dall’agenzia di rating Moody’s». Il 2024 consegnerà al Piemonte anche il nuovo Piano per la qualità dell’aria, al centro di un tavolo tecnico che su basi scientifiche ne sta elaborando i contenuti come previsto dalla norma nazionale, con l’obiettivo di consolidare il trend di miglioramento della qualità dell’aria – Arpa ha certificato il calo degli sforamenti nel 2023 – e centrare tutti gli obiettivi previsti dalle direttive europee per il 2025 e il 2030. Per quanto riguarda la sanità, il presidente ha ricordato che, dopo anni di tagli, si è invertita la tendenza. A partire dal personale: «Nel 2014 lavoravano in Piemonte 54.967 persone nella sanità. Dopo 5 anni di governo del centrosinistra erano oltre 400 in meno, e il totale era sceso a 54.543 unità, che è il numero del personale sanitario quando sono diventato presidente nel 2019. Oggi, a fine del 2023, dopo 4 anni della nostra amministrazione, è cresciuto a 56609 unità, oltre 2 mila in più rispetto al 2019. Questo risultato è anche il primo frutto dell’accordo sottoscritto con i sindacati della sanità, che grazie allo stanziamento straordinario della Regione di 56 milioni di euro all’anno ha già permesso di assumere, al 31 dicembre 2023, 250 persone per arrivare a 2000 entro dicembre 2024». Anche il dato sui posti letto certifica il cambio di passo. Nel 2014 in Piemonte c’erano 17992 posti letto, nel 2019, dopo cinque anni di governo del centrosinistra erano scesi a 16429. Oggi, dopo 4 anni della nostra amministrazione, sono 17810: 1400 posti letto in più a cui si aggiungono ulteriori 1000 posti letto, previsti dall’aggiornamento del piano socio-sanitario che sarà approvato entro il mese di marzo.
“Noi guardiamo avanti – ha detto Cirio – non ci facciamo venire il torcicollo volgendo lo sguardo al passato. E abbiamo ancora tante idee da realizzare”.
È morto a 76 anni nella sua abitazione Angelino Riggio, noto esponente del centrosinistra torinese. È stato due volte sindaco di Nichelino e per dieci anni, dal 2000, consigliere regionale del Pd. E’ lutto nel mondo della politica.
LO SCENARIO POLITICO di Giorgio Merlo
Il tema della selezione e della qualità della classe dirigente continua ad essere uno dei nodi cruciali, se non decisivi, della crisi della politica nella società contemporanea. Un nodo che è anche, e soprattutto, frutto del profondo cambiamento che è intervenuto dopo la fine della prima repubblica e del primo tempo della seconda repubblica da un lato e l’irruzione del populismo anti politico, qualunquista e demagogico dall’altro. E, di conseguenza, il superamento dei partiti politici democratici, partecipativi e collegiali del passato oltre all’azzeramento delle tradizionali culture politiche che sono state decisive e determinanti ai fini dell’elaborazione politica e progettuale di questi strumenti previsti e garantiti dalla nostra Costituzione.
Ora, al di là di tutte le analisi e delle riflessioni che quasi quotidianamente dedichiamo alla politica e alla profonda trasformazione di questi ultimi anni, sono sostanzialmente due i temi cruciali sul tappeto che se non vengono affrontati e risolti il deficit di preparazione ed autorevolezza delle classi dirigenti non troverà alcuna soluzione.
Innanzitutto il capitolo dei ‘partiti personali’. È del tutto evidente che se non vengono spazzati del tutto i cosiddetti ‘partiti personali’ e i ‘partiti del capo’ è quasi impossibile porre il tema della qualità e dell’autorevolezza delle classi dirigenti. E questo per un motivo persin troppo semplice da spiegare. Ovvero, nei partiti personali non c’è dibattito, non c’è confronto, non c’è sostanzialmente democrazia con il rischio, più che concreto, che il tutto si risolve in quello che Norberto Bobbio definiva già alla fine degli anni ‘80 come “la democrazia dell’applauso”. E cioè, la radicale e totale identificazione tra la base e il capo partito che ha il potere di fare tutto ciò che vuole al di là e al di fuori di qualsiasi statuto o regolamento interno. Come puntualmente avviene nei partiti personali. E, quindi, solo con il ritorno della democrazia all’interno dei partiti si può cercare, seppur lentamente, di invertire progressivamente la rotta e ritornare a selezionare e a promuovere una nuova classe dirigente.
In secondo luogo, e di conseguenza, va radicalmente archiviato il principio e la prassi della “fedeltà”. Perchè se il criterio di fondo per la promozione delle classi dirigenti politiche resta quello di non contraddire mai il “verbo” del capo è di tutta evidenza che i partiti si riducono ad essere moderne e lussuose caserme ma dove ogni spiffero democratico viene sacrificato sull’altare dell’esaltazione e della sacralità del capo. Questo era, e resta, il vero nodo politico da sciogliere che non è soltanto riconducibile ad un fatto metodologico ma affonda le sue radici in una concezione della politica, e della democrazia, profondamente distorta.
Ecco perchè, anche se è perfettamente inutile pensare di riproporre l’esperienza dei vecchi partiti popolari, democratici e di massa della prima repubblica, è altrettanto evidente che se non ritornano almeno i partiti democratici spazzando via, di conseguenza, il disvalore della “fedeltà” al capo di turno, ogni ipotesi di ridare fiato alla partecipazione, valorizzare la democrazia ed esaltare i partiti come strumenti essenziali e decisivi della politica è destinato a svanire nell’arco di poco tempo. Se è vero, com’è vero, che la politica sta lentamente ritornando è altrettanto vero che questi due nodi adesso vanno sciolti. Altrimenti ci troviamo di fronte all’ennesimo bluff, anche dopo il ritorno della destra, della sinistra e, forse, anche del centro.
“Ancora una volta l’Assessore Marrone distorce la realtà ed usa un linguaggio irrispettoso verso le donne, vaneggiando di rivoluzione delle culle e mettendo in correlazione il tema della natalità con il tema dell’aborto, calpestando ancora una volta i sentimenti e le sensazioni che provano le donne che faticosamente scelgono di intraprendere quel percorso” ha dichiarato Silvana Accossato, Capogruppo di Liberi Uguali Verdi in Consiglio regionale.
“In realtà ieri il Tar ha solo rigettato l’urgenza di bloccare la realizzazione della stanza contro l’aborto ma ha deciso di discutere nel merito il ricorso presentato qualche mese fa da CGIL e associazione Se non ora quando. Stanza che, è bene ricordarlo, non è mai stata operativa” ha continuato Accossato.
“Certo rimane per noi grave che Marrone in 2 anni abbia regalato quasi un milione e mezzo alle associazioni antiabortiste, per progetti di cui aspettiamo ancora di conoscere il merito e la rendicontazione. Con quei fondi si sarebbero potuti rifinanziare i consultori e i centri antiviolenza, dimenticati dal governo Meloni, come LUV ha chiesto più volte con i suoi emendamenti al bilancio” ha concluso la Capogruppo di LUV in Consiglio regionale, Accossato.
Silvana Accossato
Capogruppo Liberi Uguali Verdi
Consiglio regionale del Piemonte