Il torinese Mario Soldati, scrittore e regista, ebbe a rispondere “a un disperato ricercatore di cibi genuini, che la sua ricerca non era più così disperata se lui soltanto si fosse dato la pena di lasciare l’asfalto e di inoltrarsi qualche chilometro per le strade secondarie, di breccia o di terra battuta.” A mia volta, se dovessi incontrare “un disperato ricercatore di cibi genuini” (e il loro numero è cresciuto), utilizzando ancora le parole e le indicazioni di Mario Soldati, gli darei una risposta ancor più rassicurante: il percorso è breve, non c’è bisogno di andare lontano, basta allontanarsi di poco dalle vie di traffico, grande o piccolo, dall’industria, piccola o grande, e dai messaggi ingannevoli della Grande Distribuzione (solo grande e basta!).

Occorre guardarsi intorno, superare le barriere delle nostre abitudini consolidate di acquisto e di consumo, decidere di essere informati e stabilire un rapporto più attento, interessato e vero con il nostro cibo quotidiano per guardare oltre le apparenze e allora scopriremo persone appassionate e progetti da sostenere con la nostra scelta convinta. Stanno vicino a noi i molti che hanno intrapreso il percorso per salvare la qualità della nostra alimentazione: gli agricoltori biologici, gli artigiani, i ristoratori, i negozi biologici e le botteghe dedicate alle produzioni agroalimentari di qualità, troppo rare e preziose per finire sulle “gondole” della Grande Distribuzione.
***
Anche se non sempre ce ne rendiamo conto, il rapporto che abbiamo con ciò che mangiamo è tra i più intimi in assoluto, lo introduciamo nel nostro corpo, diventa parte di noi stessi, fino a essere tra i primi responsabili del nostro stato di salute immediato, ma ancor più per gli anni che dobbiamo ancora vivere, Per non parlare dell’impatto che il cibo ha sulla qualità del nostro ambiente, sia per la metodologia di coltivazione e produzione, che per quella di trasformazione e distribuzione. E’ necessario essere più consapevoli e coinvolti nella filiera del nostro cibo, sapendo che il modo in cui ci alimentiamo, e facciamo la spesa, ha un’enorme influenza sui comportamenti e le scelte di tutti gli attori dell’agroalimentare (produzione, trasformazione e distribuzione del cibo), oltre che sugli equilibri sociali ed economici del pianeta.
***
Le catene della grande distribuzione organizzata (GDO) da tempo hanno scelto di abbassare i prezzi al consumatore come principale elemento della propria strategia di marketing: il basso prezzo, il sottocosto sono l’ultima frontiera per mantenere disperatamente le loro quote di mercato. Abbagliati dai messaggi altisonanti che promettono convenienza e risparmio, non ci interroghiamo più su come sia possibile acquistare qualcosa a un prezzo indicato come inferiore al costo di produzione, ci sembra normale e non ci sforziamo di capire cosa comporti una politica di questo tipo. Così le promozioni impazzano, tanto che oltre il 30% dei nostri acquisti viene effettuato solo in presenza di un’offerta. Questo meccanismo ha avuto la conseguenza di alterare la percezione del giusto valore di un prodotto alimentare, tanto che ormai siamo convinti che il prezzo corretto sia quello scontato, che non è più un’eccezione, ma la regola. E l’industria alimentare si allinea e asseconda questa tendenza, preoccupandosi poco del rapporto con la produzione locale, con la convinzione che sia conveniente delocalizzare anche la produzione agroalimentare. Peccato se, con la delocalizzazione della produzione manifatturiera, abbiamo già avuto riscontro di quanto tale scelta sia deleteria!
***
E’ giunto il momento di smettere di chiedere quanto costa il cibo e di domandare piuttosto: quanto vale? George Orwell sosteneva che per vedere ciò che sta sotto il nostro naso occorre un grande sforzo, ma vi assicuro che vale la fatica ed è una scelta che molto presto riserva le sue gratificazioni!E’ conveniente impegnarsi per sostenere un sistema di resistenza alle offerte sconvenienti dell’industria e della GDO, è l’inizio di un cammino per ricostruire nuovi circuiti economici locali, un percorso obbligato se vogliamo costruire un’economia sostenibile!
.
FINE PRIMA PARTE – continua
Ignazio Garau
Presidente Italiabio







sta per attraccare al molo. Più che vederlo lo s’intuisce, complice la nebbia che avvolge quel tratto di lago, dal singhiozzare strozzato della sirena. Annuncia la sua presenza prima ancora che s’intravveda la sua mole biancastra. Pochi minuti e, con rapida manovra di sagole, verrà fissata la fiancata ai piloni d’attracco consentendo al signor Alvaro di far scorrere la passerella dal molo all’imbarcazione. 
tratta del settimanale più collezionato d’Italia. La zia Nina ci teneva tanto alle sue copie della Domenica del Corriere, nata come inserto domenicale del Corriere della Sera, nel 1899, recapitata in omaggio agli abbonati del quotidiano ma anche venduta separatamente in edicola al prezzo iniziale di 20 centesimi.Il successo era dovuto al semplice fatto che, a differenza dei quotidiani dell’epoca, la Domenica del Corriere dava ampio spazio alle fotografie e ai disegni. Così, anche il fornaio Adelmo Brovelli e il boscaiolo Teresio Ognissanti, analfabeti loro malgrado, potevano farsi un’idea dei fatti del mondo mentre la zia e le sue amiche leggevano con avidità le cronache e gli articoli di grandi firme come Indro Montanelli che diresse il giornale fino al 1946.E’ sempre stato divertente guardare la tavole a colori e leggere le didascalie. Gran parte sono dedicate alle montagne, agli alpini, all’eroismo della grande Guerra e alle disgrazie. Curiosità e propaganda si mischiano e rendono bene l’idea di cosa si intendesse comunicare all’epoca. Mi fa sorridere la storia dei turisti assaliti da aquile sul Mottarone, illustrata da Beltrame sul numero che uscì a metà maggio del 1931. Anche la didascalia che accompagna il disegno offre l’immagine di una lotta senza quartiere: “Un gitante, suo fratello e la sua figlioletta, soffermatisi a riposare durante una escursione sul Mottarone, in località di dove si domina la vallata del Lago d’Orta, vennero assaliti da tre aquile, una delle quali tentò di ghermire la bambina, I due uomini iniziarono una battaglia a colpi di bastone, riuscendo, dopo lunga lotta, ad abbatterne e catturarne una, e a mettere in fuga le altre”. E che dire di quest’altra, degli inizi d’agosto di quel medesimo anno? “ Mentre guidava sul Lago Maggiore, presso Angera, un “fuori bordo„ appena acquistato, un ingegnere milanese, per una falsa mossa, cadeva in acqua e colpito dall’elica annegava. Una signorina che accompagnava l’ingegnere, terrorizzata, non seppe fermare il motore e allora l’imbarcazione prese a girare vorticosamente, evitando per miracolo una barca carica di bambini. Il battello andò poi a sfasciarsi contro la riva”. Morto l’ingegnere, salvi per il rotto della cuffia i pargoli, che fine aveva fatto la signorina che accompagnava lo sfortunato motoscafista? Una domanda che non avrà mai risposta. Girovagando nel sottotetto m’imbatto nello scaffale d’angolo, tra la finestrella dell’abbaino e l’attaccapanni dove giace, impolverato, un vecchio e liso soprabito. Ci sono diversi faldoni per archiviare i documenti. Su ognuno, in bella grafia e a grandi caratteri, è indicato il contenuto. Uno, in particolare, attira la mia attenzione. S’intitola “Lettere da Alpinia” e contiene un po’ di tutto. Mi colpisce una busta ingiallita dal tempo, bordata di fiorellini di un lilla ormai sbiadito. Contiene una
vecchia lettera, scritta a mano da una calligrafia ordinata e ben leggibile. “Nina carissima, oggi Annarella e io,abbiamo visitato il nostro giardino Alpinia. Ti ricordi quante volte ci siamo state,insieme? Ora, nonostante tu non possa ancora muoverti da Baveno ( Ndr. La zia, a quell’epoca, complice una rovinosa caduta, era costretta a casa, “agli arresti domiciliari”, come raccontava a noi nipoti ) e non possa vederlo con i tuoi occhi, non preoccuparti: è sempre una meraviglia! Il dottor Iginio e il giardiniere Tronchetti lo tengono curato come un bijoux, con i vialetti puliti, le aiuole fiorite, ordinate, e tutte quelle piante alpine così minuscole e pure così forti e resistenti. Oggi c’è un bel sole e lo sguardo può sconfinare in Svizzera e sulla pianura padana. Dalla balconata del Belvedere, incombente sul lago Maggiore e sulle isole, si vedevano piccolissime le case di Stresa e Baveno e,ancor più in là, Pallanza e Intra. Nina, con un solo sguardo abbiamo abbracciato le principali vette della Val Grande, dal Togano alla Laurasca, dal Pedun fin giù nel Verbano dove domina la Zeda. E ancora, più in la, il monte Disgrazia,in Valtellina. E le Grigne, all’estremità delle Alpi Orobie che incombono dalla sponda orientale del Lago di Como, fino al Legnone , la cima più alta della zona di Lecco. Che imponenza, tutte queste vette! Che sarebbero i nostri laghi senza i monti? Così, sedute al tavolino dell’Alpino Fiorente, ci siamo dette: dai, scriviamo a Nina! So bene che tu vorresti buttar via le stampelle e incamminarti fin qui.. Ma, vedrai: è solo questione di tempo e di pazienza. Intanto, ti abbracciamo forte! A presto! Tua Clotilde… Ps. ( ti saluta anche Annarella)”.
vedeva la luce “Duxia” poi ribattezzato, dieci anni più tardi, in Alpinia. Un’avventura riassunta nelle lettere, ritagli di articoli, intere pagine delle riviste d’epoca, dettagliatissime mappe, corredate da minute osservazioni a matita e tante foto in bianco e nero e a colori,scattate con le prime Ferrania. Descrizione dei fiori e piante, appunti su semine e donazioni che arrivavano – grazie agli scambi con gli orti botanici universitari – dai quattro angoli del mondo. In alcuni quadernetti la zia aveva diligentemente annotato, tra l’altro, le essenze dell’orto di guerra, dove si coltivavano – tra il 1942 e il 1944 – piante ad uso alimentare mentre il giardino svolgeva un’azione di “portentoso calmante per lo spirito in questi tempi turbinosi”. Storie di piante pioniere, belle e tenaci. Piante montanare, capaci di vivere sul magro, unite strette nel difendersi, cedevoli alle carezze dell’aurora e resistenti all’infuriare della bufera. Le più adatte a rappresentare lo spirito della montagna. Intanto, dall’abbaino filtrano i raggi del sole che, timido, si fa strada tra le nuvole. Sbircio fuori: ha smesso anche di piovere. Prima di ripartire farò un salto al giardino.La zia, ne sono più che certo, approverebbe.
Manca poco ormai all’inizio de “I grandi terroir del Barolo”, evento ideato da Go Wine nel 2010 e promosso in collaborazione con la Cantina Comunale di Castiglione Falletto e la Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo.


















