LIFESTYLE- Pagina 296

A Mondojuve i giovani influencer del web

Domenica 13 maggio a partire dalle ore 17 Mondojuve – lo Shopping Center situato tra i Comuni di Vinovo e Nichelino si prepara ad accogliere i giovani influencer di House of Talent: Michele Cavallaro, Roberto Magro, Federico Mancosu, Maddalena Sarti, Edoardo Maragno, Swami Caputo e la new-entry Giuseppe Barbuto, seguiti da centinaia di migliaia di follower sui social network, incontreranno i loro fan presso laGalleria DianaHouse of Talent è la prima realtà nazionale che raccoglie tutti i maggiori influencer del web: la crew in continua espansione è composta dai ragazzi che hanno partecipato alle due edizioni del reality show di Rai2 “Il Collegio” insieme ai più creativi Muser, gli utenti della piattaforma creativa social Musical.ly, amatissima dai teenager.

 

Il meraviglioso mondo di Alice

DOMENICA 20 MAGGIO San Secondo di Pinerolo (Torino)

“Non importa che età avete, se siete importanti o insignificanti: tutti tornate a essere bambini”. Così la grande Virginia Woolf ebbe a scrivere in elogio di uno dei più importanti romanzi della letteratura per l’infanzia qual è stato e continua ad essere “Le avventure di Alice nel Paese delle Meraviglie” pubblicato per la prima volta nel 1865 dal matematico e scrittore inglese reverendo Charles Lutwidge Dodgson, in arte Lewis Carroll

E allora è proprio una bella idea, che ci aiuterà per l’appunto a diventare tutti (almeno per un giorno) un po’ bambini, quella che insieme hanno avuto la Fondazione Cosso e la Cooperativa Theatrum Sabaudiae progettando per domenica 20 maggio, dalle 10 alle 19, presso il Castello di Miradolo (via Cardonata 2 a San Secondo di Pinerolo), “Il meraviglioso mondo di Alice”: una giornata dedicata ai bambini, alle famiglie e ai visitatori di ogni età per vivere insieme esperienze indimenticabili ispirate al romanzo di Carroll, con fiabeschi personaggi in abito vittoriano che si muoveranno tra le sale del Castello di Miradolo e i sentieri del Parco. Obiettivo, quello di creare veri e propri tableaux vivants a tema, sorprendendo i visitatori del giardino storico che potranno trovarsi di fronte la piccola Alice Liddell, protagonista del romanzo, così come il Bianconiglio, con l’orologio nel panciotto, o il Bruco che riposa sotto la tenda ottomana; se poi si vorrà si potrà anche prendere posto al tavolo da Tè dei matti o giocarsi la testa affrontando la perfida Regina di cuori. La giornata sarà anche arricchita da attività creative, giochi, visite guidate, degustazioni e dolci pause ispirate al tema. La corte interna ospiterà “Drink me” e “Eat me”, due angoli per l’acquisto di tè e pasticcini da passeggio. Dalle 12 ci sarà la possibilità, su prenotazione, di ritirare presso la Caffetteria il proprio cesto da Pic Nic da consumare nel Parco. Alle 11 e alle 16 appuntamento con “TLab La stagione in tazza” e “T-Time Tra fiaba e realtà”, due laboratori per degustare e imparare a conoscere il tè, in collaborazione con The Tea di Claudia Carità. Per partecipare alla giornata, è stato anche programmato un Servizio Navetta dedicato, da Torino al Castello di Miradolo, con partenza alle ore 10 da piazza Carlo Felice e rientro alle 17.30. Costi e prenotazioni: il biglietto di ingresso al Parco include i tableaux vivants a tema e gli allestimenti dedicati al “Meraviglioso mondo di Alice”, l’attività creativa per i bambini “Lo spazio delle meraviglie”, l’audio racconto in cuffia stagionale e la mappa del Parco. Tutte le altre attività, laboratori, degustazioni, Pic Nic, Servizio Navetta da Torino, richiedono la prenotazione e hanno un costo aggiuntivo al biglietto di ingresso al Parco.

 

Per info e prenotazioni: tel. 0121/502761 o prenotazioni@fondazionecosso.it

 

g. m.

La cucina anarchica di Giorgio Rava

rava2Chi conosce l’artista cusiano sa bene quanto ami scrivere, dipingere e  disegnare, definendosi “anarchico”. Una creatività che dimostra anche nell’amore per la cucina che, secondo i più, pratica ad “eccellenti livelli”

 

S’intitola “Ricette (anarchiche) tra lago d’Orta, Maggiore e oltre” il libro di Giorgio Rava, edito da Tararà. Chi conosce l’artista cusiano sa bene quanto ami scrivere, dipingere e  disegnare, definendosi “anarchico”. Una creatività che dimostra anche nell’amore per la cucina che, secondo i più, pratica ad “eccellenti livelli”, come conferma Alberto Gozzi, un’autorità celebre nel campo, introducendo questo volume e le 122 ricette che vengono presentate al lettore. Giorgio Rava , è un intellettuale a tutto tondo che – tra le altrerava3 passioni e curiosità, ama cucinare e reinventare delle ricette di  questa sua cucina che definisce, appunto, “ anarchica”. E’ lui stesso a spiegare il perché di questo rapporto amoroso dalle lontane radici. “Tra i ricordi della primissima infanzia vi sono i profumi della cucina delle mie nonne, quella paterna e quella materna, l’una lombarda (il suo risotto con lo zafferano), l’altra romagnola (la pasta fatta in casa e i cappelletti); poi quella di mia madre romagnola cha ha sposato un piemontese, ma di quel Piemonte “alto”, sembra addirittura walser, che aveva in sé la cocciutaggine e la ruvida dolcezza del pane di segale delle genti venute dalla Valle del Goms”. Una cucina “bastarda” , o meglio “anarchica” da cui Giorgio ha tratto il  suo DNA culinario, aggiungendo alle memorie famigliari  la  sua personale propensione  alla baldoria, alle disfide tra gli rava cucinaamici ai fornelli , ai piatti sperimentali alla cui base spesso sta il suo orto “ cui attendo con le cognizioni di mio padre e di un diploma di Perito Agrario su un terra magra di montagna”. Quando insegnava tra le letture che propinava ai suoi alunni emergeva potente il legame tra palato e letteratura: dagli etilici vapori de “L’Assommoir” di Zola  alla fame del Riccetto della “Vita violenta” di Pasolini, o a quella della famiglia dei Braida de “La malora” di Fenoglio, ma anche il “Manifesto della Cucina Futurista” e il risotto alla milanese di Carlo Emilio Gadda. Del resto, e sono parole sue “ la vita è un minestrone o una bouillabaisse; noi ne siamo i cuochi e  sta a noi condirla, farla più o meno saporita, trovarne i giusti ingredienti”. Alberto Gozzi scrive che le ricette di Rava sono “veramente anarchiche, libere da ogni espressione di regole fondamentali, come ad esempio le grammature degli ingredienti”. Da una “Guerra di Piero” a base di Bettelmatt a una “Catalana” con tanto di omaggio a Orwell, da una salsiccia “Candelora” ad una pasta con il formaggio erborinato del Mottarone fino alle maliziose ostriche alla “Chateau d’If” del conte di Montecristo, il libro di Giorgio Rava si legge con un certo languore. Per la  sua capacità affabulatoria, certamente, ma anche per l’induzione a provare le delizie che propone in chiave, appunto, “anarchica”.

Marco Travaglini

Plum cake dolce di zucchine

Una ricetta insolita un dolce a base di zucchine, vero? Il risultato credetemi vi stupira’, e’ un dolce soffice e profumato, veloce da realizzare, adatto a tutti, ideale per ogni momento della giornata, provare per credere!

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Ingredienti

250gr. di farina 00

3 uova intere

180gr. di zucchero

80ml di olio di semi

30gr. di uvetta

50gr. di cioccolato fondente

20gr. di noci

200gr. di zucchine fresche

1 bustina di lievito per dolci

1 pizzico di cannella (facoltativo)

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Lavare le zucchine, grattugiarle e lasciarle scolare per almeno un’ora per eliminare l’acqua di vegetazione. Nel mixer sbattere lo zucchero con le uova, aggiungere la farina, la bustina di lievito e l’olio di semi. Aggiungere all’impasto le zucchine, il cioccolato ridotto a scaglie, l’uvetta precedentemente ammollata in acqua tiepida e strizzata, le noci tritate e un pizzico di cannella in polvere. Mescolare bene e versare in uno stampo da plum cake foderato con carta forno. Cuocere in forno preriscaldato a 180 gradi per circa 45 minuti. Lasciar raffreddare e servire a fette.

Paperita Patty

Re Barolo all’asta

Si è tenuta questa mattina – domenica 6 maggio– presso il Tempio dell’Enoturista del Castello di Barolo, l’Asta del Barolo, promossa dall’Accademia del Barolo. Per l’occasione sono arrivati professionisti, collezionisti, giornalisti da tutto il mondo – inclusi USA, Canada, Cina, Sudafrica e Australia – ed erano in collegamento via skype acquirenti dall’estero, da Singapore e Hong Kong. Grande anche la partecipazione degli appassionati del territorio.

 

Il giornalista Giancarlo Montaldo ha battuto 51 lotti di preziose e antiche bottiglie (oltre 150) risalenti a vecchie annate, dal 1947 fino agli anni 2000, tra cui alcuni formati Magnum e Doppio-Magnum. Nessun lotto è andato disatteso; il ricavato totale è stato di oltre 50.000 euro. La bottiglia più cara è un barolo Monfortino del 1926 di Giacomo Conterno che si è aggiudicata per 4.400 euro una studentessa taiwanese di “3IC”, nuovo centro studi internazionale su vino e cibo diretto da Ian D’Agata, che ha riunito in questi giorni a Barolo studenti e professionisti da tutto il mondo. Anche altri studenti del corso 3IC, infatti, hanno partecipato all’Asta. Il lotto della bottiglia di Monfortino è stato integrato da una forma di Bra duro d’alpeggio, grande formaggio di tradizione piemontese, messo a disposizione da Latteria Inalpi. Il lotto più prezioso, quello messo a disposizione dall’Accademia del Barolo, anch’esso integrato da una forma di Bra duro, è stato acquistato da Giuseppe Piumatti di Bra Servizi.  

 

Era presente anche Elliott Krause, un imprenditore americano che ha molto investito nel territorio e che, con la sua presenza, attesta la sua grande passione per il Barolo e le sue terre. Come vuole la tradizione l’Asta ha come finalità la charity: grazie alla collaborazione con l’associazione 1 Caffè di Luca Argentero e Beniamimo Savio, infatti, il ricavo netto aiuterà a coprire i costi per la creazione e il mantenimento autonomo di un punto di stoccaggio e smaltimento per alimenti e vestiti, nonchè di preparazione di pasti caldi a Torino, in piazza 18 Dicembre, gestito dal Progetto Leonardo Onlus. 

(foto Davide Gonella)

Torna il Festival del Gelato

Sabato 5 e domenica 6 maggio montagne di gelato a Torino. In piazza Vittorio dalle 14 alle 22 torna il Festival del Gelato per assaporare i classici gusti pistacchio, nocciola, crema, cioccolato … e per scoprirne di nuovi creati dai molti mastri gelatai presenti. L’iniziativa fa parte del Gelato Festival Europa. Nella foto una precedente edizione in piazza Solferino.

Ian e John, i rinoceronti bianchi protetti a Torino

Ian e John, hanno tre anni e sono fratelli. Si tratta di due rinoceronti bianchi della specie più a rischio, appena  arrivati nell’habitat Serengeti nel bioparco Zoom Torino dall’Inghilterra,  da un’altra struttura zoologica dell’ Eaza, l’associazione delle più prestigiose strutture zoologiche europee: il Cotswold Wildlife Park and Gardens di Oxfordshire. L’iniziativa fa parte del programma di interscambio tra parchi europei. Nei siti  Eaza  sono ospitati 310 rinoceronti e in Italia sono  6 i rinoceronti bianchi presenti.

L’orologio conteso

Mirella, in quanto gazza, com’è facilmente intuibile dal nome, ha un piccolo particolare che la distingue dagli altri uccelli: subisce il fascino degli oggetti luccicanti, è attratta da quelli particolarmente colorati, che adora rubare e nascondere. “Comunque”, tiene a precisare con gli altri pennuti, “andiamoci piano con le offese: io non sono una ladra. Diciamo che ho la tendenza ad appropriarmi delle cose belle anche se non sono mie. Ma non è un difetto, semmai una qualità. Mi piace il bello e di fronte al bello non resisto. Suvvia, e che sarà mai?“

baveno stazione

Mirella è una gazza ladra bella e furba. Bella, poiché possiede un piumaggio iridescente che la rende del tutto particolare, come solo gli uccelli eleganti sanno di poter essere. A prima vista è bianconerama, a seconda della luce, s’intravedono riflessi color verde metallico e grigi. Ne è consapevole e lo fa pesare agli altri uccelli durante il volo, quando alterna veloci battiti d’ala a lunghe planate, inarcando il becco con aria altezzosa. Anche quand’è a terra cammina e saltella impettita, tenendo la coda sollevata. Si crede molto furba e scaltra, abituata com’è a fregare il prossimo. Ma Mirella, in quanto gazza, com’è facilmente intuibile dal nome, ha un piccolo particolare che la distingue dagli altri uccelli: subisce il fascino degli oggetti luccicanti, è attratta da quelli particolarmente colorati, che adora rubare e nascondere. “Comunque”, tiene a precisare con gli altri pennuti, “andiamoci piano con le offese: io non sono una ladra. Diciamo che ho la tendenza ad appropriarmi delle cose belle anche se non sono mie. Ma non è un difetto, semmai una qualità. Mi  piace il bello e di fronte al bello non resisto. Suvvia, e che sarà mai?“. Mirella va presa così com’è. Si ritiene, nonostante il difettuccio, una gazza senza aggettivo. E pretende di esser chiamata esclusivamente con il nome proprio. Comunque, visto che – pur negandone l’evidenza – un po’ ladra lo è nei fatti, ha accumulato un bel bottino nel nido che si è ricavata tra le travi del solaio della signora Brigida, l’anziana proprietaria della locanda del “Monte Camoscio”. Lì, nel fitto intreccio di ramoscelli, brillano gli oggetti racimolati durante le sue scorribande. Un bottone dorato, una spilla di latta, una fibbia argentata, alcuni tappi di metallo a corona, una moneta da cinquecento lire di quelle vecchie, con incise le tre Caravelle, il cappuccio di una stilografica. Tutte cose belle, luccicanti e quindi di valore. Ma da un po’ di tempo Mirella ha messo gli occhi sull’orologio del capostazione Ballanzoni. Amleto Ballanzoni è un omone sulla sessantina, con il volto incorniciato da una folta barba bianca. I bambini, per questo, l’hanno ribattezzato “Babbo Natale”.

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Lui, sempre sorridente e pacioso, non se l’è mai presa. Anzi: la somiglianza con il caro e simpatico vecchietto gli garba, strappandogli un sorriso. Da poco meno di trent’anni dirige con fischietto e paletta la stazione ferroviaria di Baveno, sulla linea Milano-Domodossola. Un tempo era una fermata importante, ora un po’ meno, ma il signor Amleto, con in testa il suo berretto da Capostazione di prima classe in panno rosso e galloni dorati, non si scompone. Il dovere è sempre il dovere. “I treni devono viaggiare in orario”, dice scrutando orgoglioso il suo Perseo meccanico, a carica manuale, con la lucida locomotiva turca disegnata sulla cassa. Quest’orologio da tasca, fissato al panciotto con una catena d’argento, è il segno distintivo del ferroviere, quasi un segno del comando. L’orologio assume un’importanza vitale e deve garantire l’assoluta precisione nel calcolo dello scorrere del tempo per regolare il traffico su rotaia. Tutto dipende dal tempo: tabelle, orari, coincidenze, scambi. Tutto dipende dalla sincronia degli orologi. E quello in possesso di Amleto Ballanzoni non è un orologio comune: è un modello costruito appositamente per le Ferrovie dello Stato e quindi è “l’Orologio”, quello con la “o” maiuscola. Preciso e infallibile, da mantenere sincronizzato e perfettamente funzionante. “L’orologio per noi è un po’ come l’Arma dei Carabinieri: nei secoli fedele”, sentenzia al bancone del Circolo Operaio l’Amleto, lisciandosi la barba. Beh, magari non dura proprio dei secoli ma qualche decennio sì. E il suo Perseoera lì, testimone muto ma preciso, a confermarlo. Il destino del ferroviere e quello del suo orologio sono talmente indissolubili che, di norma, vanno in pensione insieme. Infatti, deposto il berretto e riconsegnato fischietto e paletta, l’orologio rimane di proprietà, quasi fosse una medaglia, un distintivo, un segno di riconoscimento per chi ha fatto parte della grande famiglia dei ferrovieri. Proprio a quell’orologio mirava la gazza ladra. Per Mirella rappresentava l’oggetto del desiderio. Un lucente e ticchettante trofeo da aggiungere alla sua collezione. Di più: il pezzo più pregiato, la “chicca” di cui potersi vantare a destra e manca. Iniziò a svolazzare con aria indolente attorno alla stazione. Un battito d’ali così svagato non avrebbe destato i sospetti del capostazione che, tra l’altro, gazza ladranon pareva avere – così almeno pensava Mirella – grandi conoscenze in fatto di uccelli e quindi particolare timore nell’avvistare nei dintorni il volteggiare di una gazza, per di più ladra. Così, nei giorni scorsi, è accaduto il fatto più inatteso e terribile che l’Amleto Ballanzoni si sarebbe mai immaginato di vivere: il furto dell’orologio. Un furto con destrezza, senza dubbio. E’ bastato un attimo di disattenzione, uno sguardo distolto dal prezioso oggetto che il signor Amleto aveva appoggiato sulla scrivania dell’ufficio, dopo averlo staccato dalla catenella per poterlo lucidare per bene, e… puff! Sparito! Il disperato capostazione ha frugato dappertutto, in un crescendo di agitazione e sconforto. Niente. Il suo Perseo non c’è più. Vero che la porta e la finestra erano come sempre aperte ma, mio Dio, e’ successo tutto così in fretta da non riuscire a farsene una ragione. Chi può essere stato? Il perché lo si intuisce: era un signor orologio che poteva senz’altro far gola a qualche malintenzionato. Ma, nonostante si sforzi di pensare a chi possa essere il colpevole, l’identità del ladro rimane un mistero. L’orologio si e’, come dire?, volatilizzato! Non immaginava, il pover’uomo, di aver fatto centro con quella definizione. Sì, perché proprio su di un volatile andava concentrata l’attenzione e, successivamente, la ricerca della refurtiva. Amleto Ballanzoni, però, non s’intende per nulla d’uccelli. Sa distinguere un passero da un’aquila solo per le dimensioni. Sa tutto su locomotive, convogli, linee, ma di ornitologia non conosce nulla. Buio pesto. Non sapendo distinguere un tordo da un merlo, una beccaccia da una poiana, immaginarsi cosa può sapere delle gazze e del loro “vizietto”. Così Mirella impreziosì la sua collezione e per un po’ se ne stette buona buona a rimirare i suoi trofei senza sentire l’impellente bisogno di dedicarsi al furto, alla rapina, all’altrui alleggerimento. Al capostazione, con il morale sotto le scarpe, non restò che arrangiarsi in qualche modo. Nell’attesa di comprarsi un orologio nuovo, pur con la consapevolezza che come il suo Perseo non ce ne sarebbe stato più di eguale, ha recuperato dalla soffitta il vecchio pendolo a cucù. E’ un ricordo della zia Ermelinda che, a  sua volta, l’ha ereditato dal signor Giustinetti, un impiegato alle poste svizzere di Martigny che d’estate e per molto tempo soggiornò in una camera d’affitto qui, sul lago Maggiore. Per ringraziare la zia delle gentilezze e di un certo qual affetto che aveva in lei trovato corrispondenza, lasciò come pegno d’amicizia il simbolo più indicativo del tempo per uno svizzero: un orologio. Nella fattispecie, un orologio a cucù. Esattamente questo che, pur impolverato e con la superficie tormentata da qualche scalfittura, mantiene – a dispetto dell’età – un invidiabile funzionamento. Il meccanismo é in buono stato ma il merito del suo pieno recupero va tutto ad Amleto che, con passione e curiosità, si diletta a smontare e rimontare tutti i meccanismi che gli capitano tra le mani. E’ un pezzo veramente raro della produzione tedesca di orologi a cucù di fine ‘800, e deve avere anche un discreto valore economico. Il frontale riproduce, stilizzandola, una tipica stazione ferroviaria dell’epoca, in foggia neogotica. “Quasi un segno del destino”, commenta l’omone, piacevolmente sorpreso dalla scoperta. Il cucù se lo ricordava vagamente e vederlo ora come riproduzione del suo ambiente di lavoro e di vita gli fa dimenticare per un po’ il magone del furto subito. Il movimento, revisionato e sincronizzato, consente – allo scoccare delle ore – l’apertura di uno sportello dal quale esce un uccellino che esegue un intonato canto del cuculo. Tutto questo ovviamente grazie alla suoneria, ma il piccolo volatile canterino sembra quasi vero. “Non è la mia cipolla”, borbotta Amleto, “ma non è neanche poi male e, in fondo, tiene bene il tempo che poi è giusto il mestiere che deve fare”.

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Così, il pendolo a cucù ha preso servizio. La cosa non è passata inosservata nemmeno a Mirella che, finita la fase contemplativa, ha ripreso i suoi giri. Udito il canto del cuculo, si è precipitata a curiosare dalla finestra dell’ufficio della stazione. Ciò che vede la lascia interdetta, con il becco spalancato. “Mamma mia, che fusto! Che melodia, che ugola intonata”, dice tra se, incantata davanti alla visione dell’uccelletto di legno che fa capolino dal pendolo al battere dell’ora. Mirella ha un tuffo al cuore. Avverte il fascino irresistibile del maschio canterino e, turbata, guardandolo con occhio languido, se ne innamora così, su due zampe. Il classico colpo di fulmine, direte voi. Sì, “le coupe de foudre”, come dicono gli svizzeri tra Losanna e Ginevra. Roba da lasciare lì stecchita la gazza, che dimentica d’essere ladra e s’immagina stretta in un abbraccio a cinguettare fitto fitto con quell’esempio superbo di germanico volatile. Come fare ad attirare la sua attenzione? Come farsi vedere e fargli sentire il piacevolissimo brivido che le intirizzisce le piume? Aspetta rapita per ore, alternandosi in volo tra il davanzale della finestra e l’albero di fichi lì davanti. Ogni tanto il cuculo esce, canta e poi si ritira dietro l’anta di legno. Non sembra interessato alla presenza di Mirella. Quasi non l’avvertisse. La gazza è incredula. “Ma come? Non avverte, quel pennuto, il mio fascino? Non incrocia mai il mio sguardo. Anzi, mi pare che tenga sempre gli occhi fissi davanti a se… E quel suo rimanere lì, impettito come uno stoccafisso? E’ una mia idea o quello se la tira un po’? “. Mirella, come tutte le gazze, è caratteriale, piuttosto scontrosa, scorbutica. Ma il fascino esercitato da quell’uccelletto del cucù è troppo forte e lei, nonostante tutto l’orgoglio, non puo’ (e non vuole) resistergli. “Che sia sensibile ai regali?”, pensa Mirella. Dopotutto le gazze come lei subiscono l’attrazione dei bellissimi oggetti lucenti. Chissà che quell’uccello, per timidezza, non avendo il coraggio di volar via da quella strana casetta, non abbia bisogno di qualche incoraggiamento? Detto e fatto, Mirella vola al suo nido e, preso il bottone dorato, lo posa sulla mensola a fianco del pendolo a cucù. Allo scoccare dell’ora, puntualmente, l’uccelletto orologio contesofa capolino cantando e, senza rivolgere lo sguardo né a destra né a sinistra, ritorna in casa, chiudendosi la porta dietro le spalle. Forse il bottone è un po’ misero, pensa la gazza, e poco per volta si priva di tutto il suo patrimonio, accumulato di furto in furto. In ultimo si priva anche del pezzo più pregiato: l’orologio sottratto al capostazione mettendo a segno il colpo più bello della sua vita. E’ innamorata persa, la povera Mirella. Innamorata senza speranza, ignara del fatto che l’uccello di legno dell’orologio a cucù non può corrisponderle l’affetto essendo lui, per l’appunto, un finto volatile. Così, dopo tutto quel darsi da fare senza ottenere in cambio nemmeno uno sguardo, con il cuore gonfio di amarezza, la gazza fa per riprendersi le sue cose ma – colmo della disperazione – oltre al bottone, ai tappi e alla spilla non trova più l’orologio. Amleto Ballanzoni l’ha visto sulla mensola e, incredulo, si è dato una gran manata in fronte: “Eccolo lì, il mio Perseo! Vecchio balordo, cominci a perdere i colpi! L’avevo davanti agli occhi e non riuscivo a vederlo da tanto ch’ero agitato. Meno male, va… D’ora in poi starò più attento a dove metto le cose”. Per il capostazione, recuperato il prezioso orologio, il caso era chiuso. E il pendolo a cucù? Ormai fa parte dell’arredamento. Funziona bene e, per di più, è perfettamente in “linea” con l’ambiente dato che raffigura una stazione ferroviaria. L’unica modifica che Amleto ha deciso di introdurre riguarda quel fastidioso cuculo che canta, monotono, ogni ora. L’eliminazione è avvenuta senza troppe storie. E’ bastato spegnere il meccanismo della suoneria con l’apposita levetta e l’uccello resta, segregato e silenzioso, dentro la sua casetta trasformatasi in prigione. Mirella, ormai disperata, vedendo quella porticina chiusa ha deciso di andarsene via, il più lontano possibile da quell’odioso uccello pieno di sé che chissà poi cosa credeva di essere. Volata via e stabilitasi sulle colline del Vergante, dalle parti di Massino Visconti, ha conosciuto una gazza maschio. I due vanno d’amore e d’accordo, rastrellando oggetti per abbellire la loro dimora nel bosco alle pendici del monte San Salvatore. Amleto Ballanzoni, a sua volta, fischia e agita la paletta all’arrivo e alla partenza dei treni nella sua stazione, con il berretto rosso in testa e l’orologio ben saldo alla catenella del panciotto. L’uccelletto di legno riposa nella penombra della sua dimora in attesa di tornare a cantare allo scoccare di ogni ora. Può darsi che accadrà presto ma noi non lo sappiamo. E poi questa è un’altra storia.

Marco Travaglini

Picnic 1° maggio, verdure protagoniste

Secondo gli chef stellati il trend sono i picnic gourmet con protagonisti gli ortaggi di stagione, come carciofi, radicchio e asparagi. Promosso anche dai nutrizionisti secondo cui rappresenta il perfetto bilanciamento dei principi nutritivi

Come da tradizione il 1° maggio vedrà molti italiani alle prese con il tradizionale picnic e secondo gli chef stellati il trend è prepararlo in chiave gourmet e a base di verdure (68%): in primis carciofi (28%), radicchio (21%), piselli (18%), asparagi (10%), indivia (8%), ma anche carote (7%), finocchi (5%) e sedano (3%). Promosso anche dai nutrizionisti: per uno su 4 (28%) le varianti con gli ortaggi sono leggere, per uno su 5 sono gustose (22%) e salutari (17%), ovvero contribuiscono in modo significativo a una dieta sana ed equilibrata, e di conseguenza al benessere psicofisico.

Un picnic primaverile a base di verdure è nel menù anche degli chef internazionali: il cestino gourmet dallo chef francese Nicolas Pierantoni che collabora con il pluristellato Alain Ducasse (21 stelle Michelin) all’Hostellerie de L’Abbaye De La Celle in Provenza, propone tra le pietanze prêt-à-porter asparagi freschi conditi con una delicata vinaigrette e alcuni ortaggi ripieni, quali pomodori, zucchine e cipolle. È quanto emerge da uno studio promosso dal Polli Cooking Lab, l’osservatorio sulle tendenze alimentari dell’azienda toscana Fratelli Polli, condotto con metodologia WOA (Web Opinion Analysis) attraverso un monitoraggio web su un pool di 30 esperti fra chef e nutrizionisti sul significato e valore del picnic.

Ma perché uno chef consiglia di privilegiare le verdure nella preparazione di un cestino per il picnic? Per uno su 3 (33%) le verdure sono versatili, possono cioè essere cucinate in tanti modi, a vapore, grigliate, gustate sottolio o sottaceto, e dunque si prestano bene alla sperimentazione di nuove ricette gourmet; per uno su 4 (28%) sono leggere, caratterizzando un piatto senza appesantirlo, anche sotto il profilo nutrizionale.

Lo conferma Luca Piretta, nutrizionista e gastroenterologo all’Università Campus Bio-medico di Roma: “Il picnic rappresenta un momento ludico all’aperto, per cui ritengo molto importante privilegiare quegli alimenti che forniscono energia pronta e quelli freschi che permettono una facile idratazione anche per compensare le probabili attività fisiche che accompagnano questi eventi. Pertanto un’insalata di riso o una pasta con tonno o pollo accompagnata da verdura di stagione, sia fresca che preparata a casa, sarebbe la soluzione ideale”. Tra le verdure primaverili ideali il Prof. Piretta consiglia di preferire “fave e carciofi, in quanto apportano fibre in abbondanza (utilissime per mantenere sano il microbiota intestinale) e sali minerali, come potassio, ferro e magnesio, necessari, accompagnate da una discreta quantità di acqua, per compensare le probabili perdite in una giornata di sport e passeggiate all’aria aperta”.

E quali pietanze gli chef consigliano di cucinare per un picnic? Chi preferisce mettere nel cestino del picnic dei cibi da preparare velocemente, ma senza rinunciare alla ricercatezza del gusto, può orientarsi tra pasta fredda condita con con pachino, crema di carciofi, asparagi, speck e pecorino (27%), gradevoli da gustare anche ad alta quota durante un picinic in montagna; torte rustiche di pasta brisé con formaggio, patate rosse e carciofi (28%); quiches con cipolle e acciughe (26%); omelette funghi trifolati (17%) o un’insalata di cous cous con pomodorini, tonno, olive verdi, wurstel e mais (13%), per deliziare il palato anche dei più giovani.

Tra i piatti maggiormente consigliati dagli chef spicca l’insalata di riso (56%) che si colloca sul podio insieme alla torta salata (53%) e all’insalata verde (49%). Perché è tanto amata? Per la sua versatilità (46%) e facilità di preparazione (48%): per uno chef su 3 (31%) è possibile condirla con carciofini, speck e noci, ideale per una piacevole pausa pranzo durante una lunga camminata in montagna, o con radicchio e noci (28%), per gustare un accostamento inedito tra il gusto piacevolmente amaro del radicchio e la croccantezza delle noci; per uno su 4 (25%) con del pesce fresco, come gamberetti, abbinato a zucchine crude, sedano e sottaceti, perfetta per un picnic in spiaggia o per chi non vuol rinunciare al sapore del mare neppure in montagna; per uno su 10 (9%) con della frutta, come le pere, insieme a del formaggio stagionato, come il gorgonzola, da mixare con una spezia, come lo zenzero, per un sapore più esotico e un gusto agrodolce. Per i vegani, invece, la tradizionale insalata di riso viene rivisitata in chiave gourmet dagli chef con tofu (27%), carciofi (34%), piselli (31%), mais (23%), carote (27%), sedano (17%), finocchi (19%), capperi e cipolle (14%).

 

La chef Mariangela Susigan consiglia una variante esotica e montana allo stesso tempo, con cui celebrare la terra e il bosco: “La mia ricetta preferita è con riso rosso, carotine baby, semi, tometta della Valchiusella, frittattina di erbe selvatiche e una corda di aceto di lamponi”. Lo chef Vito Mollica suggerisce invece di preparare “un buon riso profumato, come il basmati, il jasmine o il venere, cucinandolo in modo ‘pilaf’ per mantenere e preservare le qualità di queste tipologie di riso anche una volta cotto”. Lo chef de “Il Palagio” propone una variante agrodolce: “Per la mia insalata utilizzo come condimenti solo verdure stagionali croccanti, dando acidità all’insieme con agrumi di stagione, anche semplicemente con arancia o mandarino e guarnendolo infine con del tonno rosso scottato“.

Chi invece fosse stufo di portare con sé il solito panino con salumi e formaggio a una scampagnata in montagna o al mare, può seguire i suggerimenti degli chef preparando un panino d’autore farcito con verdure grigliate, caciotta dop, pomodori secchi, capperi e zenzero (34%). Ma non solo panini, gli chef propongono anche tramezzini con indivia, guanciale, formaggi dop e verdure fresche di stagione (38%) o tortillas con carciofi, zucchine, crema di latte di pecora, pomodori secchi e pesto di rucola (42%), qualora si volesse dare anche un tocco d’internazionalità al proprio pranzo prêt-à-porter.

Per esaltare il gusto di un’insalata di riso o di un panino gourmet, gli chef suggeriscono un buon vino rosso della valle del Chianti (34%) o un Brunello di Montalcino (17%), decisamente più meditativo; un Verdicchio frizzante (26%), per chi preferisce il bianco da degustare rigorosamente freddo o una buona birra ambrata leggera, possibilmente artigianale (23%).

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Studio promosso dal Polli Cooking Lab, l’osservatorio sulle tendenze alimentari dell’azienda toscana Fratelli Polli, condotto con metodologia WOA (Web Opinion Analysis) attraverso un monitoraggio web su un pool di 30 esperti fra chef e nutrizionisti sul significato e valore del picnic. All’interno i quotati del nutrizionista Luca Piretta e degli chef Mariangela Susigan e Vito Mollica.

 

Torino insolita

Torino è una città elegante, una signora aristocratica decorata in stile Liberty, adornata di Barocco, una dama raffinata che con il suo fare misurato induce al rispetto, al garbo, quasi alla soggezione.

Ogni angolo, ogni strada, palazzo o opera è intrisa di storia e cultura, visitarla o viverla è una esperienza di puro sapere, emozionante e profonda. L’aura di mistero che la avvolge poi la rende una padrona di casa magica ed enigmatica. La città della Mole, la prima capitale d’Italia, è ammirata e considerevolmente visitata proprio per questi aspetti che ne fanno un posto unico, una meta rara e preziosa. Torino però può sorprendere, stupire con dettagli e particolari originali, stravaganti e attuali. Luoghi ed elementi decorativi che appartengono ad una nuova visione dell’arte e del design, ad un corrente modo di esprimersi, a moderne espressioni legate ad antiche passioni. Una tra le cose originali da fare a Torino è dormire nella Suite di Cioccolato del Golden Palace, una esperienza multisensoriale che renderà il soggiorno più dolce e gradevole tra arredi che simulano tavolette di cioccolato, meravigliose degustazioni e sensazioni che allietano l’olfatto. Un’altra particolarità la troviamo a Piazza Palazzo di Città, una istallazione sulla facciata di un edificio, un piercing chiamato “Baci Rubati”, ideato dall’architetto Corrado Levi, da cui escono gocce di sangue blu e rosse. L’opera che doveva essere temporanea è invece rimasta lì, in pieno periodo settecentesco. Un percorso alternativo ed interessante è lo Street Art Tour, un meraviglioso e appassionante viaggio in una Torino che si dedica e apprezza la modernità in tutte le sue espressioni. Bellissimi murales che sono non solo espressioni d’arte ma anche di protesta e disagio sociale. Su Inkmap.it, un progetto dell’Associazione Il Cerchio E Le Gocce, le opere più significative. Per un momento di gradevole relax, una pausa di puro piacere musicale è raccomandato fermarsi alla Galleria San Federico un edificio degli anni ’30 che ospita negozi, cinema e locali, un posto molto elegante e ricercato. All’entrata di questo raffinato spazio, dalla parte di Via Roma, è consuetudine che gruppi o solisti musicali si fermino a suonare opere classiche, melodie famose ed evocative. Passeggiando per il centro non ci si può non fermare alla Farmacia del Cambio, storico e delizioso bar di Torino dove troviamo la pluripremiata Jessica, la torta al cioccolato a sei strati, orgoglio della pasticceria piemontese e pura felicità per il palato. Se ci si allontana dal centro invece e ci si dirige verso Cit Turin non può sfuggire all’occhio il grattacielo di Intesa San Paolo, un progetto di Renzo Piano, “un frammento di ghiaccio a Torino”. In questo spazio di innovazione architettonica si può mangiare al Piano 35 beneficiando di una vista mozzafiato e assistere ad interessanti ed esclusivi eventi presso il suo auditorium.

Maria La Barbera