LIFESTYLE- Pagina 233

Il dolce buongiorno del Turin Palace Hotel

BENVENUTA PRIMAVERA


Non solo gli ospiti che soggiornano in struttura possono risvegliarsi con una colazione “coccola”, ma anche chi semplicemente desidera iniziare al meglio la giornata. Dal lunedi al venerdi, su prenotazione, perché non concedersi un breakfast goloso in un luogo magico?

Il risveglio è soft al Turin Palace Hotel. Anche per il palato. La Sala Mollino, dalle 7 alle 11, si trasforma infatti in luogo della delizia, dove concedersi un inizio giornata nel segno del benessere e della golosità, accompagnato da un sottofondo musicale che invita ad una tranquilla ripresa.

Il momento della colazione, in questo storico albergo nel cuore di Torino, è un rito da celebrare, scandito da dolcezze e da un pizzico di sale ed affidato ad un ricco buffet con diverse isole del gusto. Non solo croissant e madeleines, ma anche crostate e torte, muffin e biscotti preparati dalla pastry-chef de “Les Petites Madeleines”, (Ristorante interno dell’Hotel) e pancakes serviti con sciroppo d’acero come da tradizione, stuzzicano gli amanti dei sapori zuccherini dando loro il “Buongiorno!”.

Uova & bacon, un’ ampia selezione di salumi (prosciutto cotto e crudo, bresaola, arrosto di tacchino e salame) e di formaggi anche locali, a testimoniare l’attenzione per i prodotti del territorio, sono invece proposti a chi fa della sapidità il proprio pallino. Spazio viene anche dedicato a quanti cercano un healthy breakfast, con un “angolo benessere” a base di salmone norvegese affumicato, fonte di Omega3, frutta di stagione e secca, semi e bacche, inestimabili per le loro vitamine, cereali e yogurt, mieli di produzione locale, composte e confetture artigianali accompagnate da fresche spremute, estratti e centrifughe.

Anche gli amanti della classica colazione all’italiana non saranno però delusi: pane fresco con lievito madre in diverse tipologie, focacce, fette biscottate da insaporire con marmellate e creme al cacao e scaglie di cioccolato fondente 70% o gianduja di Guido Gobino, danno la giusta carica per iniziare con slancio. Un occhio di riguardo infine per quanti devono fare i conti con alcune allergie, attraverso una articolata sezione gluten free a base di prodotti confezionati delle più note marche specializzate.

Il breakfast gourmet del Turin Palace Hotel non è però riservato solo agli ospiti della struttura, ma anche agli esterni, solo su prenotazione, esclusivamente da lunedi al venerdi (costo per persona: 25 euro).

La Primavera del palato inizia da qui.

PER PRENOTAZIONI: Tel.011. 0825321 – info@turinpalacehotel.com

Le torte fatte in casa

Torta di Mele

Crostata alla marmellata

Plum cake

Torta caprese

Le scaglie di cioccolato

Cioccolato fondente 70% di Guido Gobino

Gianduja di Guido Gobino

I dolci mono porzione

Muffins pistacchio

Muffins cioccolato bianco

Muffins alla vaniglia

Pancakes con sciroppo d’acero

Krapfen

Donuts

I Croissant

Croissant integrarli ai frutti di bosco

Croissant vuoti

Croissant cioccolato

Sfogliatelle crema

Croissant vegano al carbone vegetale

Croissant vegano alla marmellata

Strudel di mele vegano

Croisssant vegano curcuma e papaya

Croissant vegano ai cereali e frutti di bosco

L’ angolo del benessere

Bacche di goji

Mandorle

Nocciole

Noci

Granella di pistacchio

Semi di zucca

Semi di girasole

Semi di lino

Papaya disidratata

Cocco disidratato

Ananas disidratato

I succhi di frutta

Ananas

Arancia

Mela

Pompelmo rosa

Spremute su richiesta al tavolo

I Cereali

Cornflakes

Fiocchi d’avena

Muesli extra fruit

Muesli cioccolato e nocciole

Coco Pops

La frutta fresca di stagione tagliata

Arance

Pompelmo rosa

Carpaccio di ananas marinato

Tagliata kiwi

Cesto di frutta di stagione

Selezione di yogurt freschi

Interi bianchi o alla frutta

Magri e senza lattosio alla frutta

Yogurt di Soya

I prodotti gluten free

Risette scotti

Panini schar

Fette croccanti schar

Crackers schar

Biscotto classico schar

Crostatine schar

Pausa ciok schar

A completare il buffet delle colazioni:

Fette biscottate

Fette biscottate integrali

Selezione di confetture Agrimontana monoporzione

Selezione di composte Agrimontana monoporzione con fruttosio

Selezione di mieli artigianali locali Bocca l’agri azienda “miele d’acacia, melata di bosco, millefiori, castagno, ciliegio, tiglio e tarassaco”

Il pane fresco lievito madre e focaccia

Filone di segale

Filone integrale

Filone bianco

Panini integrali

Panini bianchi

Focaccia e pizza rossa

Le uova

Uova strapazzate

Uova bollite

Omelette su richiesta

Uova fitte su ordinazione

Uovo mimosa

Verdure di stagione

Il Bacon & la salsiccia

I nostri salumi

Salame Milano

Prosciutto crudo

Prosciutto cotto

Arrosto di tacchino

Bresaola della Valtellina

I formaggi

Ricotta Fresca

Toma piemontese

Raschera

Edamer

Invernizzi formaggino alla crescenza

Mozzarelline

Il Salmone Norvegese affumicato

Le insalate

 

Disagio e bellezza

LIBERAMENTE  Di Monica Chiusano

Alle volte, il disagio fisico, psichico e mentale, devasta l’aspettativa della bellezza interiore, distruggendo di gran lunga anche quella esteriore.

Cominciamo a pretendere bellezza dalla nostra anima e da quella nostra preziosissima dignità, che chiama l’evoluzione della meraviglia: la nostra, in tutto il suo incanto!

Il fumo tra piacere e salute. I divieti in arrivo

IL COMMENTO Di Pier Franco Quaglieni
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In una intervista sul “Corriere della Sera “Patty Pravo racconta che a dieci anni fumo’ la prima sigaretta e che non ha mai smesso. Aggiunge testualmente: “Mi davano 50 lire per la gondola, io andavo a scuola a piedi e le spendevo per le Nazionali Super, poi sono passata alle Marlboro rosse. A quattordici anni anziché  a scuola sono stata a far l’amore ( …), mi è piaciuto tanto“ . Il pomeriggio torno’ a farlo. Oggi Patty ha 75 anni e fuma ancora e dichiara di aver provato anche tutte le doghe  leggere e pesanti, salvo la cocaina.
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Pravo che deriva  il nome dalle dantesche “anime prave” dell’Inferno fu il mito della trasgressivita’ già a metà  degli Anni 60. Ricordo il Piper di via XX Settembre a Torino. Anche lì si fumava in modo quasi sfrenato. Ricordo Maria Grazia, una mia compagna di liceo, che già a diciassette anni arrivava al pacchetto giornaliero, per  non dire della mia amica Luisa che una volta mi disse con una certa  spavalderia  è quasi con orgoglio che mai avrebbe rinunciato alle Marlboro rosse . “A  casa mia -aggiunse  – potrebbe non esserci il pane, ma mai almeno una stecca di sigarette”. Fumava  quasi disperatamente anche negli ultimi anni,  malgrado una delicata operazione che avrebbe imposto l’assoluta astinenza dal fumo.
“Le Marlboro rosse – mi diceva Luisa – sono una passione a cui non posso resistere da quando provai ad aspirare avidamente il fumo all’età di 14, un piacere a cui non potrò mai rinunciare“.
Ho voluto citare qualche esempio di  alcune tabagiste perché le donne sono fumatrici molto più accanite.  Ci sono persino donne che hanno bisogno della sigaretta quando fanno l’amore,  per  poter aggiungere ad un piacere un altro piacere.
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La sigaretta ha rappresentato un simbolo  trasgressivo per molte generazioni e molte donne fumavano in passato per manifestare anche  una parità con gli uomini. Oggi si fuma per piacere o perché non più in grado di liberarsi dal vizio contratto in età sempre più giovane. Si ha un bel dire che il fumo fa male, ma aspirare una sigaretta per molti diventa qualcosa di irrinunciabile.Basta vedere la frenesia con cui i viaggiatori in stazione escono dai vagoni già con la sigaretta in bocca per poter fumare anche solo mezzo minuto, aspirando  con tiri lunghissimi in modo da consumare quasi tutta la sigaretta in pochissimo tempo .
Io ricordo le difficoltà con cui venne accolta la normativa che vietava di fumare nei locali cinematografici e nelle scuole.  Ricordo che tante professoresse non riuscivano ad adattarsi e ricorrevano a sotterfugi,  pur di fumare. La legge Sirchia ha dato più sistematicità ai divieti anche nei ristoranti e in altri luoghi . Sirchia è stato davvero un ministro della Sanità che non è arretrato di fronte alle proteste.Oggi si vuole estendere il divieto di fumare  ai tavoli esterni dei ristoranti, alle fermate  all’aperto di bus, metro, treni e traghetti e persino, sembra, nei parchi.
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Il fumo a me oggi da’  fastidio, dopo aver fumato con piacere decine d’anni . Quando accesi la prima sigaretta, riuscendo finalmente ad aspirare il fumo nei polmoni,  fu una gioia immensa. Prima compravo qualche volta le sigarette, ma non le apprezzavo.  Dopo la prima volta presi subito  il vizio a cui dovetti rinunciare per ragioni di salute lo scorso decennio . Altrimenti, avrei sicuramente  continuato  perché il fumo era qualcosa di speciale, come diceva  Mario Soldati che ha continuato a fumare anche in tardissima età. Montanelli continuo ‘ a fumare due sigarette al giorno dopo i pasti quando aveva più di ottant’anni .
Oggi mi da’ fastidio il fumo, ma non ho  dimenticato  il piacere del fumo e quindi capisco e in qualche modo invidio chi fuma.  Se qualcuno mi tentasse, magari farei volentieri un tiro. La via dei divieti può essere un modo per ridurre il fumo? Certo è modo per tutelare i non fumatori dal fumo passivo che non so, in verità,  se faccia così male,  abituati come siamo all’aria inquinata delle grandi città. Certamente  bisogna trovare il modo di dissuadere ad iniziare a fumare,  ma ho i miei dubbi circa i risultati. Nelle scuole e nelle università ragazzi e soprattutto ragazze fumano in gran numero.
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Ricordo di una mia allieva che usciva  da lezione per andare a fumare.  Quando, chiacchierando con alcuni  studenti,   stavo fumando in loro compagnia e   dissi che io mi limitavo alle sigarette, notai un certo stupore   in quei giovani che forse erano abituati anche alle canne. Questo è un tema che ci porterebbe distanti perché oggi le canne sono quasi una consuetudine  non solo giovanile e presto si arriverà alla loro legalizzazione in totale  controtendenza con il proibizionismo nei confronti del tabacco. Le campagne contro il fumo forse non bastano, forse  occorrono i divieti e le sanzioni per indurre almeno a ridurre il fumo.
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O forse i divieti potrebbero rendere persino più attrattivo il fumo. Il proibizionismo negli Stati Uniti non ridusse gli alcoolisti. Questa è storia.
Lo Stato ha il dovere di tutelare la salute pubblica e i non fumatori, ma è giusto proibire a chi vuole fumare di poter di fatto fumare, se non a casa o sul balcone , ammesso che non ci siano vicini che protestano? E’ una vecchia questione  quella secondo cui lo Stato non dovrebbe proibire le scelte sbagliate dei cittadini. Ma quando queste scelte danneggiano altri lo Stato deve provvedere a tutelare gli  altri.  Anche le sigarette elettroniche sono comprese nei divieti e nessuno finora sta stabilito in modo chiaro e definitivo se siano così dannose come le sigarette vere. Conosco fumatori che non hanno mai abbandonato le sigarette per quelle elettroniche che non li soddisfano affatto. Su Facebook c’è un club delle fumatrici che è fermo a qualche anno fa e che esalta il fumo addirittura per le donne in gravidanza: una vera farneticazione.
Personalmente  ritengo che i divieti non basteranno a frenare il vizio del fumo che dura da secoli.  Neppure l’alto prezzo dei pacchetti riesce a frenare la corsa dal tabaccaio.
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Forse l’unico modo per rallentarla sarebbe quello di costringere i fumatori a pagare dei ticket  aggiuntivi sui servizi sanitari a cui ricorrono. Non so come si possa procedere  su questo terreno e forse è una idea non percorribile  perché la salute e ‘ un diritto costituzionale. In ogni caso il fumo resta un tema divisivo, malgrado la scienza medica abbia dimostrato i gravi danni che provoca.

Se la ricerca chiama, Torino risponde Record di presenze per la Just the Woman I am

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21 mila partecipanti per raccogliere fondi per la ricerca sul cancro.

Si è appena conclusa la Just the Woman I am, la corsa non competitiva per raccogliere fondi per la ricerca sul cancro.

Domenica 5 marzo, si è concluso, con una corsa non competitiva, l’evento di respiro internazionale Just the woman I am Il programma di tre giorni che ha alternato eventi dedicati alla prevenzione, workshop e incontri incentrati sul fitness e il benessere.

I torinesi hanno risposto con grande partecipazione tanto che gli organizzatori parlano di record di affluenza, oltre 21 mila presenze.

Articolo e foto di

LOREDANA BAROZZINO 

Non sono bella, piaccio

Ogni epoca ha avuto il proprio ideale di bellezza, i propri canoni ed il relativo maquillage; in questo articolo tratterò in particolare la bellezza femminile.

Nell’antico Egitto, e la scoperta della tomba di Tutankhamon lo dimostra, le donne conoscevano ed usavano l’eye-liner.

Nell’antica Grecia, per esempio, nelle donne erano apprezzate le forme sinuose, vengono raffigurate con fianchi larghi e con seno e glutei rotondi, sodi ma non troppo prominenti.

Arriviamo alla civiltà romana, dove la ricerca della bellezza riguarda anche gli uomini. Le donne devono avere occhi grandi e ciglia lunghe; anche qui troviamo testimonianze dell’uso dell’eye-liner ottenuto mescolando antimonio, fuliggine e piombo applicato con un attrezzo realizzato appositamente in osso o legno; un finto neo, nell’angolo superiore della bocca, era un’aggiunta ulteriore che, a seconda della posizione, comunicava qualcosa di preciso a chi lo guardava.

Attraversando i vari secoli, il concetto di bellezza ha subito profondi cambiamenti, particolarmente con la conoscenza di nuove civiltà con le loro tradizioni.

Mai come nella nostra epoca, però, la bellezza e, in generale, l’aspetto fisico hanno avuto tanta importanza da discriminare chi non rispecchi determinati canoni o non si adegui allo stile imperante.

Nell’immediato primo dopoguerra assistiamo ad una bellezza femminile quasi androgina, poco seno, capelli alla “garçonne”; i capelli lunghi sono fuori moda, compaiono i pantaloni anche per le donne.

Gli anni 30 del secolo scorso vedono un ritorno alla sensualità, alla femminilità: icone come Marlene Dietrich, anche se è vestita spesso da uomo e fuma, o Greta Garbo sono il modello cui molte donne si ispirano.

Via via attraverso i decenni assistiamo ad un cambiamento continuo di stili, di mode, di acconciature; il clima politico ed economico influenzano enormemente le tendenze: dalla minigonna degli anni 60, in pieno boom economico, alla gonna maxi nel periodo delle contestazioni femministe, per giungere ai jeans quando si comincia a parlare di parità).

Mai come ai giorni nostri, però, la bellezza è stata da un lato trascurata o travisata e, al contempo, usata come mezzo di discriminazione già in tenera età.

Con la complicità dei social, chiunque si discosti dalla bellezza ideale di quel momento viene additato come se fosse un untore, un individuo in grade di nuocere alla società, indegno di farne parte.

Nel film “Vacanze di Natale” la scena tra Billo (Jerry Calà) ed il proprietario del locale in cui Billo suona è diventata iconica. Billo è sempre circondato da donne molto belle e, per questo, spesso si distrae dal suo compito. Il proprietario del locale lo apostrofa “Ma cosa ci troveranno mai le donne in un pupazzo come te?” E Billo pacificamente risponde “Non sono bello, piaccio.”

Per definire questo disprezzo, questa discriminazione a seconda dell’aspetto fisico rispondente o no a determinati canoni è stato coniato il termine bodyshaming.

Questo senso di inadeguatezza, spesso inculcato dalle persone che ci sono più vicine, che noi consideriamo positive ma che, evidentemente, non lo sono affatto porta ad un vero e proprio distress, per risolvere il quale non di rado chi ne sia affetto ricorre a sedute di psicoterapia, prodotti cosmetici costosi, sedute in palestra o continui acquisti di nuovi abiti mentre la cosa, banalmente, più efficace sarebbe non curarsi di quelle critiche.

Chi ha stabilito cosa sia meglio? O cosa sia giusto? O cosa sia bello? Spesso una ragazza o anche una donna matura che mi chiede un servizio fotografico, soprattutto se sono sessioni di fotografia terapeutica, mi dice, con tono di domanda indiretta:“Dovrei perdere qualche chilo” oppure “Dovrei eliminare un po’ di cellulite”. solitamente rispondo che non è con me che deve parlarne ma col suo medico: se il sanitario ritiene che il suo sovrappeso sia dannoso per la salute (cuore, ginocchia, colonna vertebrale, ipertensione) allora adotterà i provvedimenti opportuni (dieta, attività fisica, ecc).  Ovviamente giro la domanda alla ragazza: “perché vuoi dimagrire?” Quasi sempre la risposta è perché “mi sento grossa”, “perché sembro un baule”, “perché nessuno mi guarda”.

E’ evidente che sia una motivazione che nasce dalla modella stessa, perché si paragona con i modelli sbagliati che la pubblicità ci propina con ogni mezzo, perché associa la riuscita sentimentale delle sue amiche al loro aspetto fisico (trascurando che spesso hanno trovato un qualcuno che era stato scartato da tutte le altre) ed è altrettanto evidente che il mondo circostante rafforzi questa sensazione isolando chi non rispecchi determinati parametriperché sovrappeso, strabico, senza capelli perché calvo o sottoposto a chemioterapia, o patologicamente magro perché paziente oncologico.

L’attrice Martina Colombari ha posato di recente senza alcun makeup dichiarando che “È una lotta, quella all’aspetto ideale, che impegna con accanimento crescente le donne fin dall’età pediatrica e poco importa se questo feticcio di adeguatezza ad uno standard artificiale e malsano venga raggiunto a prezzo di un imponente disagio psicologico, minaccia all’identità sociale, dispercezionecorporea, disturbi della nutrizione, dell’alimentazione e dell’umore che lasciano strascichi nell’arco dell’intera esistenza. Questa idea di bellezza è il burqa dell’occidente dietro cui si nasconde tutto il resto che costituisce il vero valore di una donna: la sua essenza, unicità, i suoi talenti e capacità”

Secondo voi le compiante Rita Levi Montalcini o Margherita Hack, Maria Montessori o Anna Magnani, Nilde Iotti o Hannah Arendt sono diventate famose per il loro aspetto fisico, per la loro avvenenza?

Personalmente, e so di non essere l’unico, ritengo che chi affida unicamente al proprio fisico il compito di renderlo famoso, lo faperché non possiede altro; inoltre, e mi rivolgo soprattutto alle donne, pensate che il fisico prima o poi ci abbandona per l’età, un infortunio, le gravidanze o fattori epigenetici: come pensate di vivere quando il vostro fisico non attrarrà più gli sguardi di chi incontrate?

Ora mi rivolgo ai maschietti: quando non potrete più valorizzare opportunamente il fisico della vostra compagna, sarebbe opportuno che cultura, dialogo, ironia occupassero i vostri momenti; pensateci, quando scegliete una compagna o criticate la compagna di qualcun altro; non soppesate la vostra compagna per ciò che può darvi, esteticamente o culturalmente; pensate a ciò che avete da offrirle voi.

Sergio Motta

Alessandro Mecca al Castello di Grinzane Cavour

DALL’11 MARZO RIAPRE IL RISTORANTE ALL’INTERNO DEL MANIERO – SEDE DELL’ENOTECA REGIONALE PIEMONTESE CAVOUR – ALL’INSEGNA DI UNA CUCINA ESSENZIALE, AUTENTICA, IMMEDIATA

 

Classe 1984, torinese, Stella Michelin conquistata nel novembre 2018, Alessandro Mecca arriva nelle colline delle Langhe con“Alessandro Mecca al Castello di Grinzane Cavour”, il ristorante che trova spazio tra le suggestive mura del maniero sede dell’Enoteca Regionale Piemontese Cavour. A partire dall’11marzo 2023, prenderà dunque il via la nuova avventura del cuoco – non chiamatelo chef –, dopo i sette anni trascorsi alla guida dello “Spazio7”, ospitato dalla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo a Torino.

ALESSANDRO MECCA

Figlio d’arte, dopo aver mosso i primi passi nella cucina del ristorante di famiglia, lo storico “Crocetta” di Torino – dove ha imparato le basi fondamentali del lavoro e scoperto la passione per la cucina tradizionale italiana –, il suo curriculum parla di una lunga gavetta passata per il ristorante “L’Estate di San Martino” a Villanova d’Asti e impreziosita dall’esperienza al “D.O.M.” di San Paolo con Alex Atala, fra i maggiori esponenti della cucina contemporanea brasiliana, fino al progetto dello“Spazio7”. Al suo fianco, il socio Marco Ceresa, imprenditore torinese con un passato nell’automotive, prima di approdare nel mondo della ristorazione.

 

 

LA CUCINA

 

Tra le mura medioevali del locale, nelle sale che ospitarono il Conte Camillo, con una vista straordinaria sulle colline di Langa, la maestosità del luogo si compenetra con una cucina di impostazione classica, interpretata con un approccio contemporaneo. Ispirata dai grandi maestri della cucina italiana, quella di Alessandro Mecca è una “cucina di gesto, fatta con amore e bellezza, che vive di un approccio molto naturale al cibo: non è un metodo e non è una tecnica”. L’atto del cucinare, il sapiente uso delle mani, oltre che degli ingredienti, trova quindi corrispondenza nella cucina contadina langarola, con una solida base che affonda le sue radici nella tradizione italiana.

“La mia cucina riflette il mio modo di essere: è essenziale, autentica, schietta, immediata – dichiara Alessandro Mecca –. È una cucina che abbandona il superfluo, sceglie pochi ingredienti in armonia tra loro per restituire alle persone sapori autentici e originari che stimolano sensazioni, rituali, ricordi.

IL MENU

Quanto al menu, nessuna divisione tra antipasti, primi e secondi, ma la possibilità di scegliere piatti singoli o lasciarsi guidare con due proposte: Tra le mura e Punti di vista, per vivere delle esperienze uniche, improntate a un senso di grande accoglienza e libertà.

Nel creare o nell’assaggiare un piatto ci si deve sentire liberi di essere – commenta Mecca –. Liberi di esplorare con naturalezza gli ingredienti. Liberi di gustare il cibo con tutti i sensi: occorre poter chiudere gli occhi per assaporare meglio un boccone,ascoltandone il rumore.

La carta dei vini presenta un’ampia scelta di vini del territorio, selezionati dall’Enoteca regionale Piemontese Cavour, oltre a numerose bottiglie espressione di altri territori di eccellenza vitivinicola.

IL RISTORANTE

Completamente rinnovato nei locali, con uno stile rispettoso della maestosità del luogo, reso accogliente e luminoso, il ristorante offre  in tutto la disponibilità di 40 posti su 9 tavoli, con servizi a pranzo e cena dal mercoledì alla domenica. La prenotazione è consigliata, telefonando al 333/2033571, o attraverso il sito web www.alessandromecca.it.

“Il Castello è il ristorante che vive in mezzo alle persone. Non è solo il luogo dove si cucina, si mangia e si beve. È uno spazio che accoglie con gentilezza, amore e naturale bellezza. Vorrei che fosse il luogo dove costruire legami, condividere idee, mettere in moto nuovi progetti, abbracciare valori comuni.

 

 

LA SOSTENIBILITÀ

Grande attenzione è stata posta nella scelta dei fornitori e delle materie prime, privilegiando produttori locali: piccoli coltivatori, allevatori e realtà artigiane, con un occhio di riguardo alla sostenibilità del progetto, declinata lungo i tre assi ambientale, economica e sociale.

La ricerca della qualità è la prima forma di sostenibilità. Lo pretendo nel mio ristorante: lo devo ai miei clienti. Ma al di là dell’attenzione all’ambiente attraverso la scelta accurata di fornitori e materie prime, oggi pressoché scontata, per noi essere sostenibili significa rispettare innanzitutto le persone. È la sostenibilità delle risorse umane. Intendo quell’insieme di azioni che incoraggiano la motivazione delle persone, sostengono l’espressione piena delle qualità lavorative e umane del singolo. Formazione, team building, tanto lavoro in cucina, ma anche più tempo libero. I ragazzi della mia brigata godranno di due giorni di riposo: per essere più dinamici e creativi in cucina abbiamo bisogno di vivere una vita fuori dal lavoro. L’esigenza è quella di nutrire il nostro lato umano e personale, per essere eccellenti professionisti. Le idee nuove sono anche una contaminazione della personalità dei ragazzi della mia brigata: sono freschezza, attualità, futuro”.

 

LA CAFFETTERIA

 

A impreziosire il tutto, affacciata sulle vigne che circondano il maniero, la caffetteria classica all’italiana, dove poter apprezzare – oltre ai cocktail tradizionali italiani – le specialità del Belpaese, dall’espresso al marocchino, dal bicerin (leggenda vuole fosse il caffè preferito di Cavour) allo zabaglione, accompagnati da una ricca proposta di torte fatte in casa.

Per le belle giornate, da segnalare l’area relax esterna, ricavata nel cortile interno del Castello, realizzata sullo stile dei caffè storici torinesi.

“Non vedo l’ora di cominciare questa nuova, emozionante avventura – conclude Alessandro Mecca –. Il Castello di Grinzane Cavour mi affascina da sempre: è una delle location più belle del Piemonte, in un territorio caratterizzato da standard elevatissimi nell’offerta enogastronomica. Quella di provare a crescere e a sviluppare il mio progetto di cucina tra queste colline sarà una sfida estremamente stimolante.