LIFESTYLE- Pagina 155

Scusi, ma lei chi è? Cosa ci fa in casa mia?

Quando non ci si riconosce di fronte allo specchio e non si sa più chi sono i propri famigliari
Siamo talmente abituati a passare di fronte ad uno specchio e riconoscerci, che non ci facciamo più
caso, ma cosa succederebbe se un giorno ci svegliassimo e non fossimo in grado di identificare la
nostra figura, ponendoci di fronte alla superficie riflettente in cui ci guardiamo fin da bambini?
Esiste una condizione patologica, nota come sindrome di Capgras che contempla tale situazione.
La sindrome prende il nome dal medico che la identificò in un paziente ormai quasi 100 anni fa; la
malattia è nota anche come “sindrome dell’impostore”.
Poiché la sindrome di Capgras è rara è, di conseguenza, difficile da studiare. La maggior parte di
ciò che sappiamo proviene dai resoconti dei medici sui singoli pazienti e sappiamo anche da alcune
recenti ricerche che è più facilmente riscontrabile tra le persone affette da patologie
neurodegenerative come la demenza: fino al 16% delle persone affette da demenza a corpi di Lewy,
un particolare tipo di inclusioni cellulari, o da Alzheimer presentano anche la sindrome di Capgras.
Si verifica facilmente anche in persone che presentano differenti patologie cerebrali, come la
schizofrenia, il Parkinson o l’epilessia; può manifestarsi anche in esiti di ictus o nel caso di una
lesione cerebrale traumatica, o in persone sofferenti di schizofrenia.
Una ricerca stima che le persone con schizofrenia e demenza costituiscano l’81% di tutti i casi. Uno
studio sulla sindrome di Capgras ha utilizzato un database sanitario di 250.000 persone nel Regno
Unito, trovando solo 84 casi in quell’ampio gruppo. Un filo conduttore era che molte persone con la
sindrome di Capgras avevano anche altri tipi di deliri. Le persone affette da questa patologia
tendono inoltre a essere di mezza età, ad avere avuto in passato altri problemi di salute mentale. Le
donne sono più colpite degli uomini, con frequenza quasi doppia.
Il riconoscimento del volto di un’altra persona è un processo complicato, che coinvolge un notevole
flusso di stimoli neurologici e cognitivi deputati a valutare, elaborare e determinare chi sia la
persona di fronte alla quale ci troviamo. Avviene in aree cerebrali situate nell’area temporale e
occipitale e in parte del sistema limbico ed è opinione comune che possa esservi una mancanza di
connessione tra il riconoscimento facciale e le emozioni provocate dal vedersi comparire di fronte
un volto familiare.
Quando si vede un volto noto, nel cervello entrano in azione due sistemi. Il sistema nervoso
periferico trasmette le informazioni somatiche ed emotive relative a quel volto al sistema nervoso
centrale, il quale è deputato ad analizzare le caratteristiche di quel volto con un processo che in
tempi infinitamente piccoli giunge a riconoscerlo, o a identificarlo come non conosciuto. I medici
non sanno ancora esattamente quali siano le cause della sindrome di Capgras, ma numerosi indizi
portano a credere che l’interruzione della connessione fra il sistema nervoso centrale ed il
periferico, sia una delle cause principali della malattia.
Molti pazienti con la sindrome di Capgras presentano una o più alterazioni nel tessuto encefalico;
non è necessario che le alterazioni riguardino esattamente le parti del cervello responsabili del
riconoscimento, possono semplicemente trovarsi in aree ad esse collegate.
Si ritiene che le emozioni siano controllate dall’amigdala, un ammasso cellulare a forma di
mandorla situata in profondità all’interno dei lobi temporali del cervello; vi sono due amigdale, una
situata in ciascun emisfero cerebrale. Si tratta di una struttura del sistema limbico coinvolta in
molte delle nostre emozioni e motivazioni, in particolare quelle legate alla sopravvivenza. E
coinvolta nell’elaborazione di emozioni come paura, rabbia e piacere. L’amigdala a anche
responsabile della determinazione di quali ricordi sono archiviati e dove sono archiviati i ricordi nel
cervello. Si pensa che questa determinazione sia basata sull’enorme risposta emotiva che un evento
evoca, in particolare l’incontro e il riconoscimento di un volto amico. In pratica si tratta di una
sentinella delle nostre emozioni.
Se il tessuto cerebrale di sua pertinenza viene ad essere alterato da malattie degenerative o
neoplastiche, il paziente può riconoscere il volto di qualcuno, ma non associa alcuna emozione alla
vista di un volto familiare, cioè lo riconosce coscientemente come volto, ma non riesce a collegarlo
a ad una persona da cui sia legato emotivamente.
Ed ecco che allora la sindrome di Capgras è anche definita “sindrome dell’impostore”, perché le
persone affette da questo disturbo sono fermamente convinti che alcuni impostori abbiano
sostituito i loro cari e nessun ragionamento può far cambiare loro idea.
Tale delirio riguarda non solo le persone, ma anche gli animali domestici, o addirittura alcuni
oggetti possono non essere più riconosciuti.
In casi particolarmente accentuati, nel paziente il delirio del mancato riconoscimento, può associarsi
alla idea che un luogo in cui vive abitualmente sia stato riprodotto fedelmente, ma non sia quello
“originale”, e che addirittura esistano due versioni identiche dello stesso luogo e che lui si trovi
costretto a vivere in quello clonato. Questa patologia, che prende il nome di paramnesia duplicativa,
è collegata a lesioni cerebrali localizzate nel lobo frontale
Alcuni esperti suggeriscono una terapia per aiutare il paziente e i suoi cari a gestire la malattia. Con
le terapie di riabilitazione, le persone care devono cercare di mettersi al posto del paziente per
capire al meglio quali siano le emozioni che sta provando. Questo approccio alla malattia offre al
paziente un senso di sicurezza, in particolare se teme che l’impostore sia lì per fargli del male.
Anche la consulenza familiare si rivela molto utile. Cercare di persuadere una persona affetta da
sindrome di Capgras che si sta sbagliando non risolve la situazione, ma può causare maggiore
sofferenza per tutti. Le persone care dovrebbero sempre cercare di mostrare compassione.
E’ fondamentale tenere sempre presente che è una condizione patologica a causare la falsa
credenza. Si deve provare a distrarre il malato, facendogli svolgere una delle sue attività preferite.
Una voce rilassante e un tocco delicato dimostreranno il vostro sostegno e li aiuteranno ad
affrontare la realtà.
La diagnosi si basa essenzialmente sul riconoscimento dell’ideazione delirante da parte del paziente.
È necessario effettuare un esame neurologico corretto ed escludere l’eventuale consumo di sostanze
tossiche come la ketamina e ricercare, mediante una approfondita anamnesi possibili antecedenti
psichiatrici, oltre alla ricerca di pregressi traumi cranici. La valutazione del paziente comprenderà
uno studio di imaging cerebrale tramite tomografia assiale computerizzata (TAC) e risonanza
magnetica (RM). A queste indagini potrà essere associata l’esecuzione di un elettroencefalogramma
(EEG) per escludere possibili focolai di coinvolgimento del cervello.
È importante coinvolgere i familiari o chi si prende cura del paziente per sapere quando sono
iniziate le allucinazioni e per ottenere quanti più dettagli possibile.
Oggi, oltre alla funzionalità e alle patologie ben conosciute in ambito Accademico, alcune correnti
di pensiero ipotizzano anche la teoria che l’amigdala sia responsabile della nostra capacità di
trascendere quanto vi è di conosciuto, mantenendo la percezione dell’ordinaria realtà attraverso
l’inibizione della maggior parte dei segnali sensoriali che bombardano il cervello e il corpo
filtrandoli, permettendoci così di vivere l’ordinaria realtà che percepiamo come “normale”.
L’iperattivazione dell’amigdala rimuove i filtri sensoriali, come dimostrato da alcuni pazienti che a
seguito di interventi neurochirurgici sull’amigdala hanno riferito di aver sperimentato la sensazione
di aver avuto accesso ad una dimensione “altra” potendo comunicare con gli “spiriti” o di aver
ricevuto particolari indicazioni, provenienti direttamente dall’Aldilà.
Indicazione questa assai intrigante e, forse, conosciuta da antichi popoli che hanno lasciato
rappresentazioni delle loro divinità dipinte all’interno di una “mandorla mistica”, un involucro che
ricorda la forma dell’amigdala, la cui stimolazione, come detto, potrebbe, forse, aprire le porte ad
una dimensione ancora sconosciuta ai nostri sensi, ma ben conosciuta da tutti quelli che credono ad
una dimensione spirituale a cui, in occasioni particolari ci sarebbe data la possibilità di accedere.
Rodolfo Alessandro Neri

GustiAmoBardo, percorsi di gusto e sostenibilità in alta Val di Susa

Tre giorni dedicati al gusto per le vie di Bardonecchia in festa, da Venerdì 24 a Domenica 26 Giugno 

Bardonecchia, anche conosciuta come la Perla delle Alpi per la bellezza e l’unicità della sua accogliente Conca, apre le porte alla stagione estiva 2022 con un lungo fine settimana decisamente innovativo e promettente all’insegna del gusto, del divertimento, della condivisione con una serie di eventi per adulti e bambini che  hanno per tema il variegato universo del gusto con uno sguardo attento anche alla sostenibilità ambientale. E’ l’occasione per una grande festa dell’estate appena iniziata con degustazioni conviviali e momenti culturali, con intrattenimenti musicali di qualità e opportunità di puro divertimento per chi desidera approfondire la cultura enogastronomica di questa terra di montagna forte di importanti tradizioni secolari.

Giornate tutte da vivere e di cui fare esperienza concreta e diretta dedicate al food, alle tecniche di distillazione, alla miscelazione, alla presentazione di drink studiati per l’evento. Sono anche giornate dirette a far conoscere le eccellenze locali in percorsi che si sviluppano tra le vie del centro storico, tra gli stand della centralissima Via Medail, nel suo affascinante Borgo vecchio, durante la notte bianca in programma nelle sue piazzette, tra i suoi angoli più caratteristici, che raccontano di secoli di storia fino al Parco archeologico della Tur d’Amun, con quanto resta dell’antico maniero che fu dei signori di Bardonecchia dove è in programma una grande conclusiva grigliata finale. Tutto grazie al fattivo coinvolgimento di produttori di eccellenze gastronomiche del luogo e regionali oltre ai principali bar e locali di Bardonecchia e alle più importanti realtà green italiane.

Lei, la cittadina di alta valle più a ovest  del nostro Paese, che ha visto e vissuto la nascita dello sci in Italia, in uno sviluppo turistico costante e sempre innovativo, non perde l’occasione, anche in questa promettente stagione estiva, per offrire proposte interessanti e coinvolgenti puntando sulla sua eccellenza naturalistica, artistica, culturale ed enogastronomica.

Da Venerdì 24 a Domenica 26 giugno Bardonecchia è in festa e si apre ad un evento che intende coinvolgere tutti, villeggianti, turisti e residenti,organizzato e fortemente voluto dalla Pro Loco Bardonecchia con il patrocinio della Civica Amministrazione e la collaborazione di To Be, un’agenzia torinese organizzatrice di manifestazioni. “ Durante l’evento, con cui inizia la nostra stagione estiva 2022 dice Carola Vajo, Presidente della Pro Loco – si potrà scoprire Bardonecchia a 360°, nella sua territorialità e nelle sue proposte sportive ma anche con uno sguardo all’innovazione ed alla sostenibilità green, nella speranza di poter coinvolgere attivamente molte persone invitandole in allegria a degustare cibi locali sostenibili a chilometro zero.”

                                                                                       Patrizia Foresto

Ikea inaugura il nuovo ristorante

Lunedì 27 giugno l’inaugurazione con colazione offerta ai visitatori e la presentazione di una settimana di eventi gratuiti dedicati alla tradizione della cucina svedese

 

 A 13 anni dall’apertura del negozio di Collegno, IKEA ripensa gli spazi dedicati a ristorante e bar, rinnovandoli, per offrire una migliore esperienza ai visitatori e creare un ambiente ancora più accogliente dove tutti possano sentirsi come a casa.

 

Un nuovo design ispirato allo stile scandinavo accoglierà i clienti nei 1300 mq dedicati alla ristorazione, con 500 posti a sedere, pensati per le esigenze dei diversi clienti: un’area gioco e posti dedicati alle famiglie, uno spazio attrezzato per smartworking con wifi, prese elettriche-usb e portaborraccia.

Sia nell’area ristorante che in quella del bar, nuove attrezzature e vetrine espositive permettono di offrire più prodotti garantendo come sempre la massima qualità.

 

Il ristorante di Collegno sta sperimentando inoltre, un’innovativa esperienza di pagamento, grazie a 8 casse automatiche che, attraverso dei sensori, riconoscono in pochi secondi i piatti e generano rapidamente lo scontrino, senza bisogno di selezionare manualmente i prodotti uno ad uno e che permetteranno ai  clienti di risparmiare tempo e accomodarsi per gustare i piatti del menù.

 

Chi ogni giorno entra in IKEA si aspetta un ambiente accogliente in cui trovare ispirazione per la propria casa, dove trascorrere anche momenti di convivialità gustando buon cibo” dichiara Giorgia Perna Food Manager di IKEA Collegno Siamo felici di inaugurare oggi un ristorante ed un bar rinnovati pronti ad ospitare i nostri visitatori che potranno scegliere oltre ai piatti della tradizione svedese, con le ormai iconiche polpette, anche piatti italiani,vegetariani e soprattutto le novità plant-based, nate dal crescente interesse verso alternative più sane e sostenibili

 

In occasione dell’inaugurazione, nel corso della settimana, all’interno dell’area ristorante, saranno organizzati appuntamenti gratuiti per il pubblico con degutazione che vedranno protagonisti i prodotti della cucina svedese:

 

lunedì 27 giugno ore 17.00 – Chef competition

Due Chef IKEA si sfideranno nella preparazione di piatti, la ricetta votata dai partecipanti potrebbe diventare un nuovo piatto ad edizione limitata

martedì 28 giugno ore 17.00 – Merenda svedese

un momento di gioco pensato per genitori e figli, alla scoperta delle curiosità sulla tradizione svedese

mercoledì 29 giugno ore 17.00 – Degustazione dei caffè svedesi

la tradizione svedese del caffè, la degustazione delle varie tipologie e abbinamenti culinari.

Giovedì 30 giugno ore 17.00 – Un salmone, mille gusti

I diversi modi di cucinare il salmone, metodi di cottura e abbinamenti per ogni occasione.

 

Focaccia genovese e non solo da Sant’Agostino

IL 22 E IL 23 GIUGNO
NELLA FOCACCERIA SANT’AGOSTINO REGNO DI PIZZA E FOCACCIA GENOVESE
CON PIERO LOVECCHIO ANCHE LA PIZZA TONDA CON LIEVITO MADRE E LA ROMANA 100% BIGA
 
 
È in via Sant’Agostino il cuore pulsante dell’attività di Salvo Lo Porto che dal 1997, prepara la focaccia classica genovese in un locale che per anni è stato punto di ritrovo serale e notturno degli amanti del buon cibo, dei cultori dell’arte, della musica e della scena artistica torinese. Ma il 22 e il 23 giugno insieme alle sue storiche preparazioni il pizzaiolo Piero Lovecchio realizzerà anche la pizza tonda con lievito madre e la romana 100% con la biga. Un modo per salutare l’arrivo dell’estate che va ad affiancarsi alla nuova Merenda Sinoria che dal mese di giugno qui si serve con focaccia al formaggio, pizza al taglio, genovese bianca e vini naturali.
 
Mai chiusa per ferie dall’anno della sua apertura, la Focacceria Sant’Agostino prosegue la sua attività di riferimento per gli amanti della focaccia al formaggio, della classica genovese, della farinata e della pizza in teglia: le focacce, preparate con farina biologica, sono di due tipologie: quella al formaggio composta da due sfoglie sottili cotte nella teglia di rame senza lievito e realizzata con lo Stracchino a cui prima della cottura viene aggiunto olio extravergine di oliva; la classica genovese che ha una lievitazione minima di 8 ore prima di essere stesa in teglia alluminata dove riposa altre tre ore. La farinata, invece, è realizzata con farina biologica di ceci ed è infornata in una teglia di rame direttamente nel forno a legna che ha una cottura mista con legno di faggio e ulivo.
 
Salvo Lo Porto è un pizzaiolo autodidatta e deve la sua formazione a maestri come Vittorio Caviglia con cui ha lavorato a Genova Nervi e all’amicizia di personaggi come Biagio Palombo de La Baracchetta di Recco (Ge). Nel 1997, appena ventenne, la decisione di aprire il suo primo locale torinese in quella via Sant’Agostino che, con il vicolo e la vicina Porta Palazzo, gli ricordava proprio Genova.
Nel 2001 Lo Porto apre un altro locale in piazza Castello, in pieno centro a Torino, dove ancora oggi regna sovrana un’offerta di street food, mentre nel 2009 ingrandisce il locale di via Sant’Agostino aggiungendo tavoli e proponendo anche alcuni piatti di cucina. L’ultima apertura è nel 2013: la focacceria di via Lagrange dove Lo Porto si specializza nelle lavorazioni con lievito madre e nella pizza tonda e dove propone anche la “leggerissima” una pala romana idratata all’80% preparata con biga e servita, a  pranzo, con cotto o mortadella.
 
Le tre focaccerie di Lo Porto fanno capo al brand Focaccerie Gran Torino creato dal pizzaiolo torinese: Focacceria Sant’Agostino (via Sant’Agostino 6), Focacceria Reale (piazza Castello 153) e Focacceria Lagrange (via Lagrange 11/f) a Torino.
 
Per maggiori informazioni:
Facebook: @FocaccerieGranTorino

 La Cena in Bianco rimarrà nella storia del CAAT

 

Sabato 18 giugno 2022 

La nostra struttura ha accolto, a partire dal pomeriggio fino a notte inoltrata, una community allegra, elegante e festante di oltre diecimila persone.
Sono state allestite, a cura dei partecipanti, 5 tavolate da un chilometro ciascuna, le quali hanno accolto a cena le migliaia di famiglie con bambini, coppie e single tutti rigorosamente vestiti di bianco da testa ai piedi (così come bianche erano le tavolate, le sedute, le installazioni…).
Migliaia di torinesi e di persone giunte da ogni parte d’Italia (una coppia è giunta addirittura da Pescara, al fine di partecipare a questa serata), hanno scoperto e apprezzato una realtà come quella del CAAT, fino ad oggi poco nota fatta eccezione per gli operatori del settore.

Tutto è nato da una chiacchierata informale, parecchi mesi fa, con Antonella d’Afflitto (ideatrice e promotrice della Cena in Bianco), la quale, a seguito di un servizio televisivo sul nostro mercato, mi ha contattato proponendomi la visionaria idea di realizzare questo straordinario evento proprio qui al CAAT; ho da subito accolto con entusiasmo questa suggestione e, dopo tutti i necessari approfondimenti con gli organi istituzionali preposti alla sicurezza e all’ordine pubblico, ho condiviso con la Direzione e con il CDA della società questo progetto, che è stato da tutti abbracciato con convinzione ed entusiasmo, avendone colto la valenza sociale e di valorizzazione del nostro centro.
Si è trattato di un’occasione irripetibile per promuovere nei confronti dei piemontesi e non solo, la nostra realtà, i nostri grossisti ed i nostri produttori locali. Abbiamo portato alla scoperta del CAAT una miriade di persone che altrimenti non avrebbero mai avuto l’occasione di conoscerci.

Da parte nostra ci siamo adoperati con il massimo impegno al fine di garantire un’esperienza piacevole, allegra e da conservare nella memoria e nel cuore.
L’organizzazione di un simile evento, ha richiesto infatti un significativo impegno e lavoro da parte del Caat per fornire:

⦁ soluzioni per la sicurezza poste in essere grazie a un team di 40 steward per gestire il flusso ed il deflusso delle oltre 3000 vetture, curandone il parcheggio all’interno dell’area.
⦁ un servizio di assistenza sanitaria, con tre ambulanze di cui di cui 2 per il soccorso di base ed una per quello avanzato, un medico rianimatore e 10 soccorritori a piedi ed in bici
⦁ un servizio di supporto, con 12 addetti, alle operazioni di scarico dei mezzi e trasporto del materiale di allestimento (tavoli, sedie, stoviglie) fino alla “sala da pranzo
⦁ un piano antincendio tarato per l’evento
⦁ servizi igienici presidiati (uomo, donna e disabili) lungo tutto il perimetro della tavolata attrezzati di fasciatoi per i nostri ospiti più piccoli
⦁ un servizio di igiene ambientale per la pulizia e lo smaltimento dei rifiuti prodotti
⦁ punti acqua potabile in prossimità della sala da pranzo
⦁ un set scenografico che ha riprodotto una “zona mercato” allestita con migliaia di chili di prodotti ortofrutticoli e abbellita da una “quinta” fatta di tende bianche, lampadari, bancali e bilance
⦁ un momento musicale a sorpresa, con la presenza della “pocket” orchestra “Bandakadabra” che ha intrattenuto e fatto ballare tutti i partecipanti coinvolgendoli in una travolgente verve comico-teatrale
⦁ shopping bag, come sorpresa finale, brandizzate Cena in Bianco e Centro Agroalimentare Torino al cui interno sono stati inseriti prodotti a marchio rispettivamente offerti dalle ditte Fogliati e Borgnino
⦁ un allestimento con luminarie per creare suggestione all’interno della sala da pranzo e della “zona mercato”

Questa bellissima festa, che ha visto una massiccia partecipazione, è stata possibile grazie all’ideatrice della Cena in Bianco, Antonella d’Afflitto unitamente agli organizzatori Carlo Bentivoglio e Paolo Faretra e grazie all’eccellente lavoro condotto dalla squadra del CAAT coordinata dal Direttore Generale Gianluca Cornelio Meglio.
Tutto si è svolto in condizioni di totale sicurezza e, nonostante la quantità imponente di persone, non vi è stato nulla che abbia scalfito la speciale atmosfera della serata.
Mai nella propria storia il CAAT aveva visto così tanta eleganza e divertimento all’interno della propria struttura; è stata una serata magica i cui ricordi e le cui immagini rimarranno a lungo nella memoria di coloro che hanno avuto la possibilità di unirsi alla nostra tavola.

(Comunicato stampa CAAT)

Un successo la prima edizione della Giornata dei Giardini delle Essenze

Il 19 giugno scorso otto giardini di sei differenti comuni della provincia di Cuneo, hanno
accolto centinaia di visitatori grazie a laboratori, animazioni e visite guidate
Il caldo di questi giorni non ha scoraggiato i tanti curiosi e visitatori che lo scorso 19 giugno
hanno partecipato alla prima edizione della Giornata dei Giardini delle Essenze, promossa
dall’Associazione Le Terre dei Savoia in collaborazione con i Comuni di Bene Vagienna,
Cavallermaggiore, Cherasco, Lagnasco, Racconigi e Savigliano. Un importante momento di
valorizzazione territoriale che ha consentito l’apertura simultanea di ben otto giardini, tra i
quali l’Orto Tintorio di Cavallermaggiore, inaugurato proprio sabato 18 giugno alla presenza
di autorità locali e regionali.

«Abbiamo creduto fin da subito nella filosofia dell’Essenza del Territorio e abbiamo deciso
non a caso di riqualificare un’area posta a fianco delle scuole, della futura Biblioteca civica e
del Priorato di San Pietro che già ospitava il Giardino dei Semplici» il commento del sindaco
di Cavallermaggiore, Davide Sannazzaro. «Siamo contenti per le presenze registratesi nel
weekend grazie a “Iter in Hortis” promosso dal Progetto Cantoregi e ai laboratori di tintura
curati da Giulia Perin. Un sincero ringraziamento anche a Erbochiesa, alla Cooperativa
Laboratorio, alla Cascina Sant’Anna e alla Famiglia Genta Ternavasio per la collaborazione
offerta durante l’intera giornata. Una bella opportunità per riscoprire angoli reconditi del
nostro comune e per immergersi nel fascino introverso della bellezza. La speranza, ora, è che
la Rete dei Giardini delle Essenze possa allargarsi a poco a poco e che quest’evento a loro
dedicato cresca anno dopo anno».

Tanti i fruitori registratisi anche negli altri giardini, dall’Orto Romano di Bene Vagienna (con
visita agli scavi di Augusta Bagiennorum e attività di riconoscimento delle piante) all’Antico
Orto dei Padri Somaschi e al Giardino dei Semplici di Cherasco (con corsi di cucina, yoga,
custodia di piante aromatiche e animazione per bambini), dal Giardino delle Essenze di
Lagnasco (dove si sono svolti laboratori per creare dipinti con la polvere di erbe), al MuseoGiardino della Civiltà della seta “Mario Monasterolo” di Racconigi (con laboratori per la
trattura della seta) fino al Giardino dei Sensi del MÚSES di Savigliano, che ha invece
accompagnato i più piccoli nella creazione di un erbario, aprendo parimenti le porte
all’ESSICA LAB.

«Un sentito ringraziamento a tutti coloro che hanno collaborato per la buona riuscita di
questa prima edizione» hanno dichiarato il presidente dell’Associazione Le Terre dei Savoia,
Valerio Oderda, e la direttrice, Elena Cerutti. «Siamo estremamente soddisfatti per il
riscontro avuto in termini di pubblico perché abbiamo constatato interesse, partecipazione e
coinvolgimento, sintomo che quest’intreccio tra natura, cultura e tradizione affascina e
appassiona. Siamo altrettanto compiaciuti, però, per la sinergia collaborativa venutasi a
creare con le singole Amministrazioni e con le diverse realtà associative e professionali che
hanno animato ciascun giardino. Essere riusciti a creare una rete così tangibile e vivace ci
gratifica e ci inorgoglisce. Grazie, infine, a Compagnia San Paolo di Torino che dal 2012 crede
nell’Essenza del Territorio e grazie alle altre Fondazioni Bancarie locali e alle istituzioni che ci
hanno supportato nella realizzazione e nella promozione di questa giornata, che speriamo
possa crescere ulteriormente nei prossimi anni in termini di Comuni coinvolti e attività
proposte».

Escoffier e Cavallito: il rapporto tra il “re dei cuochi” e il suo discepolo italiano

L’AMICIZIA E IL CARTEGGIO TRA AUGUSTE ESCOFFIER E IL SUO PRIMO DISCEPOLO E COLLABORATORE ITALIANO, IL PIEMONTESE SILVESTRO CAVALLITO, AL CENTRO DI UN CONVEGNO INTERNAZIONALE

 

“L’ORO DI SILVESTRO CAVALLITO”, 21 GIUGNO 2022 ALL’AGRITURISMO

OSTERIA DELLA POMPA A COCCONATO (ASTI)

 

 

“Carlton Hotel, Pall Mall, London. 14 mai 1918. Mon cher Silvestro, bien que mon temps soit très limité je ne veux pas vous faire attendre la recette…” Inizia così una delle lettere indirizzate dal grande chef francese Auguste Escoffier al suo primo discepolo italiano, un piemontese, più precisamente originario di Cocconato d’Asti: Silvestro Cavallito.

Questo epistolario, oltre a un prezioso quaderno di cucina del Carlton Hotel  databile a cavallo tra ‘800 e ’900 contenente molte ricette inedite e varianti, menù per importanti eventi dell’epoca, alcuni di Escoffier e molti altri di grandi chef della brigata di cucina al lavoro sotto la sua guida – danno conto del rapporto di collaborazione e amicizia che si era instaurato tra Escoffier e Cavallito e saranno al centro del convegno “L’oro di Silvestro Cavallito – Collaboratore e primo discepolo italiano dello chef Auguste Escoffier” che si svolgerà a Cocconato il prossimo 21 giugno, a partire dalle 18, organizzato dall’associazione Antares.

L’evento si svolgerà all’Agriturismo Osteria della Pompa (Strada Maroero 47 Cocconato, Asti), che Cavallito iniziò a costruire negli anni Venti e inaugurò nel 1924, dopo aver trascorso molti anni in Inghilterra, dove aveva avviato la sua carriera di chef e aveva incontrato Escoffier. A quel tempo ormai, Cavallito era rientrato definitivamente in patria, ma la sua grande esperienza di cucina fatta al di là della Manica si rivela anche nei dettagli della progettazione di questo locale, il cui nome originale era “Bottiglieria della Pompa”, da una complessa opera ingegneristica in facciata che consentiva di spingere l’acqua fino al terzo piano e da lì, per caduta, ai servizi di quelli sottostanti. Oggi il locale è di proprietà di Adriano Cavallito, lontano parente di Silvestro: proprio ad Adriano fu consegnato, quando acquistò l’edificio, il carteggio tra il “cuoco dei re e re dei cuochi” e il suo avo, ristoratore di Cocconato.

All’incontro prenderanno parte il presidente europeo “Discepoli di Escoffier” Jean Alain FavreAldo Rodino, storico e consigliere dell’associazione I Discepoli di Escoffier, sezione Piemonte e Valle d’Aosta, i delegati dell’Accademia della Cucina Italiana Massimo Malfa e Alberto GoriaDonatella Clinanti, responsabile del Centro Studi dell’Accademia della Cucina Italiana. In apertura il saluto istituzionale del sindaco di Cocconato, Umberto Fasoglio e dell’assessore regionale all’Agricoltura Marco Protopapa.

Il convegno sarà moderato da Mario Averone.

Seguirà una cena a cura dell’Associazione “Discepoli di Escoffier”. Ecco il menù: aperitivo d’onore, crostino con fette di pane di Cocconato e robiola del Caseificio Balzi, prosciutto crudo del Salumificio Ferrero su grissino stirato a mano; servizio di cucina e credenza: ostriche Belon servite con germogli primaverili, paté di fagiano in crosta con gemme al passito di Moscato Stella Lucente, quiche lorraine, crespella ai porri di Cervere su vellutata di pomodoro, quaglia alla moda del Delfinato, pesca Melba, friandise di Fabrizio Galla e in chiusura Vermouth Classico Casa Martelletti.

Il servizio cantina sarà cura del Consorzio Cocconato – Riviera del Monferrato:

Chiaretto Monferrato Doc 2020 Vin Gris, Az. Agricola San Bartolomeo

Sauvignon Piemonte Doc 2021 Maciot, Azienda Biologica Demeter

Grignolino Asti Doc 2020 Poggio Ridente, Azienda Biologica

Monferrato Rosso Doc 2018 Rosa Bianca, Az. Agricola Marovè

Barbera Asti Sup. Docg 2018, Az. Agricola Nicola Federico

Malvasia di Castelnuovo Don Bosco Doc 2021, Az. Vinicola Dezzani

La magia e le neuroscienze. Due epoche a confronto

La classe medico scientifica dei secoli passati aveva grande considerazione per la magia e le tecniche magiche, prima che la notevole espansione culturale del Novecento, con il suo apporto scientifico, avesse chiarito molti dei lati, fino a quel momento, poco comprensibili dell’essere umano, in particolare per alcuni aspetti relativi al comportamento e all’interazione fra le persone. La magia fu collocata dall’ambiente Accademico fra gli argomenti privi di qualsiasi verità; tale posizione, oggi pressoché universalmente accettata, continua a conservare il suo mistero e il fascino antico che residua in alcune correnti di pensiero.

La Magia era intesa come pratica delle proprietà psichiche acquisite durante i diversi gradi dell’iniziazione e prevedeva l’appartenenza a un gruppo ristretto di persone capaci di comunicare segretamente tecniche in grado di poter sviluppare in un individuo notevoli potenzialità, al di fuori della portata delle persone comuni, impegnate a soddisfare le esigenze spicce, relative alla propria sopravvivenza, tutte intente a soddisfare le inevitabili necessità legate alla vita elementare, ovvero alle incombenze familiari, alla vita spicciola legata al proprio mantenimento e alla risoluzione dei problemi che possono derivare dalla attività lavorativa.

In epoche lontane dalla nostra si pensava che il mondo visibile fosse riprodotto in un mondo invisibile da cui è compenetrato, che attorno a noi vi fosse una dimensione in grado di sfuggire all’azione dei sensi, poiché completamente spirituale.

La dimensione invisibile era ritenuta popolata da esseri spirituali, insensibili al bene e al male, con la possibilità di diventare strumenti sia dell’uno sia dell’altro, chiamati “Elementali” e che, inoltre, in questa dimensione avrebbero albergato le nostre idee, intese dalla mentalità dell’epoca come esseri reali, capaci di agire come vere e proprie creature autonome e diffondersi nell’ambiente circostante. Tale teoria si deve a uno dei principali studiosi del Cinquecento, Tefrasto Bombasto Paracelso, medico e mago, il quale lasciava intuire che la diffusione delle idee e dell’apprendimento fosse possibile grazie alla fusione dei nostri pensieri con le forze semi-intelligenti dei Regni della Natura: questo meccanismo ne avrebbe permesso la diffusione consentendo, di conseguenza, l’apprendimento per emulazione.

Principio suggestivo sostenuto da più di uno studioso antico, ma privo di ogni fondamento scientifico.

Si trattava del tentativo di dotti curiosi e intelligenti di riuscire a comprendere un meccanismo fondamentale del funzionamento della nostra mente che, solo da qualche anno, riusciamo a trattare, svincolati da ipotesi tanto fascinose, quanto inconsistenti.

Negli ultimi decenni si sono compiuti passi da gigante nello studio e nella comprensione dei meccanismi alla base della interazione sociale umana, grazie alla scoperta di una particolare tipologia di neuroni presenti nel cervello, cui è stato assegnato il nome di “neuroni specchio”.

La caratteristica fondamentale consiste nel fatto che i neuroni specchio rispondono alle azioni che osserviamo negli altri attivandosi allo stesso modo quando ricreiamo in noi stessi quell’azione.

Detto in altre parole, quando osserviamo qualcuno compiere determinati movimenti, nel nostro cervello si attivano gli stessi gruppi neuronali necessari a compiere quell’azione, come se la stessimo compiendo noi, anche se restiamo semplici osservatori.

In più, oltre all’imitazione, sono responsabili di una miriade di altri sofisticati comportamenti umani e processi di pensiero. I difetti nel sistema dei neuroni specchio sono collegati a disturbi come l’autismo.

Sono stati scoperti per la prima volta nel cervello di una scimmia. Nell’uomo, un’attività cerebrale coerente con quella dei neuroni specchio è stata trovata nella corteccia cerebrale in determinate aree, quali le zone preposte all’attività motoria e somatosensoriale.

I dati sui bambini hanno dimostrato che il sistema dei neuroni specchio si sviluppa prima dei 12 mesi di età e che questo sistema può aiutare i piccoli a comprendere e a imitare le azioni di altre persone.

I neuroni specchio sono associati a uno degli aspetti più intriganti del nostro complesso processo di pensiero, ovvero la “comprensione dell’intenzione”.

Ci sono due distinti processi di informazione che si possono ottenere osservando un’azione compiuta da un altro individuo: osservando una persona attiva di fronte a noi, consciamente, ma anche inconsciamente, ci si domanda quale sia l’azione che questi sta compiendo; quindi ci si interroga sul perché stia compiendo tale azione, fase assai importante dell’osservazione perché, in quegli istanti in cui guardiamo agire un soggetto, i nostri neuroni specchio sono in grado di prevedere l’azione futura che deve ancora verificarsi.

Grazie alle indagini del tessuto cerebrale, con la risonanza magnetica, è stato possibile esaminare l’intero cervello e si è scoperto che esiste una rete molto più ampia di aree cerebrali che mostrano proprietà speculari negli esseri umani, ben più estesa di quanto si pensasse in precedenza. Queste aree aggiuntive includono la corteccia somatosensoriale e si pensa che siano in grado di permettere a colui che osserva di intuire anche quali siano le sensazioni che sta provando il soggetto su cui è appuntata l’attenzione.

Con la scoperta dei neuroni specchio è stato fornito un deciso supporto alla teoria gestuale, esaminata in precedenza con esperimenti da cui era stata intuita e elaborata la tesi secondo la quale il linguaggio umano è sorto in origine grazie a posture e gesti corporei e, solo successivamente, è subentrata la parola, come avviene tutt’ora tanto che il nostro linguaggio moderno è costituito da parole associate ad una gestualità caratteristica.

I neuroni specchio permettono dunque di creare un collegamento diretto tra il mittente di un messaggio e il suo destinatario. Grazie al meccanismo dello specchio, le azioni compiute da un individuo diventano messaggi che vengono compresi da un osservatore senza alcuna mediazione cognitiva.

Questo meccanismo è, così, un vero e proprio meccanismo capace di connettere le nostre menti e trasmettere informazioni, consentendo un valido apprendimento, in assenza di creature elementari che trasportano nell’etere i nostri pensieri, come immaginavano antichi studiosi, come detto curiosi ed estremamente intelligenti, che si interrogavano su come potessero avvenire determinate manifestazioni della mente umana, giungendo a risposte incongrue si, ma per il semplice motivo che, all’epoca in cui si trovavano a vivere, non potevano disporre dei supporti tecnologici di imaging, con cui oggi sondiamo con sempre maggiore raffinatezza le meraviglie dell’organo più misterioso che più di ogni altro garantisce la nostra crescita evolutiva.

Rodolfo Alessandro Neri