LIFESTYLE- Pagina 11

Domenica 7 settembre la Hope Color torna a Rivarolo Canavese

La camminata inclusiva unica nel suo genere organizzata  dalla Hope Running colorerà nuovamente di speranza e gioia tutta la città

Dopo il grande successo dello scorso anno, la Hope Color torna a colorare le vie di Rivarolo Canavese. Venerdì 25 luglio la Giunta Comunale ha concesso il patrocinio alla manifestazione, che si terrà nel pomeriggio di domenica 7 settembre.

Le magliette gialle della ASD Hope Running APS di Chivasso guidate dal presidente Giovanni Mirabella cureranno l’organizzazione di questa camminata inclusiva di 5 chilometri di puro divertimento, unica nel suo genere. Un autentico tripudio di colori che unisce simbolicamente sport, speranza e gioia. Lungo il percorso, sviluppato interamente sul territorio comunale con partenza e arrivo presso la Polisportiva Rivolese di via Trieste 84, i partecipanti si troveranno immersi in una pioggia colorata.  Un’esperienza indimenticabile, piena di energia positiva, adrenalina e tutta da vivere che nel maggio 2024 richiamò oltre 700 persone!

Una festa delle diversità, aperta a tutti, da vivere con il sorriso e la voglia di divertirsi contribuendo alla raccolta fondi destinata all’acquisto di ausili sportivi integrati destinati a persone con disabilità, garantendo così la continuità dell’impatto sociale della Hope Color oltre la giornata della manifestazione.

La Hope Color di Rivarolo Canavese si fregia del patrocinio del Ministro per le Disabilità della Repubblica Italiana, Alessandra Locatelli, concesso il patrocinio per tutti gli eventi Hope Color in programma nel 2025. Una grandissima soddisfazione per lo stesso Giovanni Mirabella, insignito nel dicembre del 2023 dell’onorificenza di Cavaliere della Repubblica Italiana, e per i tanti volontari dell’associazione chivassese, che dal 2018 ad oggi si impegnano quotidianamente nel favorire l’inclusione sociale attraverso lo sport e celebrare la diversità.

Il presidente della Hope Running di Chivasso dà a tutti l’appuntamento a Rivarolo Canavese per domenica 7 settembre: “Vi aspettiamo per quella che sicuramente sarà una bellissima giornata di festa all’insegna dell’inclusione. Il cuore di Rivarolo Canavese esploderà in un mare di colori e sorprese! Ci tengo a ringraziare il sindaco Martino Zucco-Chinà, il vicesindaco Marina Vittone e tutta la Giunta Comunale della Città di Rivarolo Canavese per l’ospitalità. Insieme alla Polisportiva Rivarolese, con la quale siamo davvero felici di collaborare nuovamente, daremo vita ad una manifestazione coloratissima, il cui ricavato sosterrà importanti iniziative benefiche. Noi siamo pronti a dare vita ad una grande festa inclusiva ed a colorare per un giorno Rivarolo Canavese con la speranza: iscrivetevi e unitevi a noi in questa camminata tra i mille colori della diversità!”.

“Rivarolo si conferma Città dello Sport – dichiarano i Consiglieri Francesca Bevacqua, delegata a eventi sportivi e politiche giovanili, e Alessandro Anedda, delegato alla pratica sportiva – che sa attrarre nuove realtà associative e offrire imperdibili occasioni di promozione della pratica sportiva, come l’evento ‘Sport in Città’, che si terrà la settimana successiva alla Hope color, domenica 14 settembre, coinvolgendo non solo il Centro comunale Polisportivo, ma anche il centro storico e il Parco del Castello Malgrà, dove si svolgeranno dimostrazioni e prove pratiche dei vari sport, ma anche spettacoli di danza sportiva, musica e intrattenimento. Due date, il 7 e il 14 settembre dedicate interamente a Sport e solidarietà, che speriamo vedano un’ampia partecipazione di pubblico”.

Le iscrizioni sono aperte online al link https://www.endu.net/it/events/hope-color-rivarolo-canavese/ : la quota di partecipazione è di 15,00 euro per gli adulti (dai 10 anni in su) e comprende il kit evento (maglietta, bustine di colori in polvere, gadgets), mentre per i bambini è di 10,00 euro.

Ci si può iscrivere anche prenotare attraverso il centralino della Hope Running al numero telefonico 371 517 2531, dove poter usufruire anche degli sconti riservati ai Pacchetti Famiglia. Il pagamento in questo caso potrà essere effettuato con Satispay o bonifico bancario, oppure direttamente in contanti nelle giornate di venerdì 5 (dalle ore 17,00 alle 20,00), sabato 6 settembre (dalle ore 10,30 alle 18,00) e domenica 7 settembre (dalle ore 10,30 in avanti) al Punto Iscrizioni allestito presso la Polisportiva Rivolese di via Trieste 84 a Rivarolo Canavese.

– 1 adulto + 1 bambino → € 21 (invece di € 25)

– 1 adulto + 2 bambini → € 30 (invece di € 35)

– 2 adulti + 1 bambino → € 32 (invece di € 40)
– 1 adulto + 3 bambini → € 40 (invece di € 45)
– 2 adulti + 2 bambini → € 41 (invece di € 50)

– 3 adulti + 1 bambino → € 42 (invece di € 55)
– 3 adulti + 2 bambini → € 52 (invece di € 65)

– 4 adulti + 2 bambini → € 63 (invece di € 80)

Questo il programma: https://www.hoperunning.com/programma-hope-color-2025/

 

Tutte le info relative alla ASD Hope Running APS le potete trovare qui:

Sito web ufficiale: www.hoperunning.com

Facebook:  www.facebook.com/hoperunningchivasso

Facebook:  www.facebook.com/hopecolorbyhoperunning

Instagramwww.instagram.com/hope_running

Come donarewww.hoperunning.com/sostienici

5×1000: codice fiscale Hope Running n° 91032000019

Omegna, dal 22 agosto la 122^ edizione della Festa di San Vito

In palio anche un’autovettura, banco di beneficenza più ricco che mai. Concerti, musica classica, pop, eventi culturali, enogastronomia e area bimbi. Gli organizzatori: “Diversificare per attrarre nel segno della tradizione, 11 giorni di grande musica dal vivo e live show”.

Torna ‘San Vito 2025’. Quest’anno il calendario segna l’edizione numero 122 per uno degli eventi più antichi del Piemonte e in Italia, nonché altrettanto partecipati in grado di richiamare flussi turistici da ogni parte d’Italia e dall’estero.

Punto di forza uno strepitoso ‘Banco di Beneficenza’ unico in Italia, con una splendida autovettura ‘Skoda Fabia’ quale primo premio, e centinaia di altri che vanno da soggiorni turistici in rinomate location, a centri benessere, spa e sportivi, cene in ristoranti prestigiosi, elettrodomestici, tecnologia, informatica e molto di più.

La kermesse, di certo la più nota e rinomata per chi ama i laghi d’Orta, Maggiore e di Mergozzo, straordinaria e unica porzione geografica piemontese apprezzata in tutta Europa, andrà in scena come di consueto a Omegna, in provincia di Verbania, terra natia del celebre scrittore e poeta Gianni Rodari, da Venerdì 22 Agosto a Lunedì 1° Settembre, tradizionale ricorrenza di San Vitino.

Moltissime le novità in programma, con il ritorno delle tradizioni più emozionanti quali l’eccezionale e coinvolgente spettacolo piromusicale protagonista con un doppio appuntamento la sera delle domeniche 24 e 31 agosto. E con loro, in settimana ad arricchire una scaletta di tutto rispetto, una scelta musicale rivolta a grandi e giovani con artisti di primo piano della scena contemporanea dai repertori conosciuti e capaci di accontentare ogni tipo di pubblico. Insieme ai celebri ‘Salotti Diderot’ per fare il punto a metà tra storia e attualità con firme importanti del panorama letterario locale e nazionale, con una serie di dibattiti condotti dalla giornalista Sara Rubinelli insieme ai vari ospiti pronti a parlare di fede, bellezza e grandi temi.

A dare il via ai festeggiamenti, la sera di Venerdì 22 Agosto, il grande concerto bandistico della ‘Nuova Filarmonica Omegnese’ giunta al 40° della sua fondazione, per proseguire la sera di Sabato 30 con la partecipatissima Processione di San Vito animata dal Parroco Don Gianmario Lanfranchini che reca in sé la secolare e suggestiva benedizione del Lago D’Orta e delle imbarcazioni: una tradizione che prosegue dal lontano 1611 e che vedrà come di consueto la partecipazione del Vescovo di Novara Franco Giulio Brambilla. Spazio anche alla musica classica con ‘I Concerti di Santa Marta’, tre appuntamenti serali in Collegiata. Sabato 23 Agosto aprono gli alunni del Liceo Musicale ‘Piero Gobetti’ di Omegna, Lunedì 25 agosto prosegue l’orchestra di musica barocca Ensemble Pecelli, il 27 agosto i clarinettisti del Quartetto Gama.

Come sempre, spazio anche alle eccellenze agroalimentari delle diverse regioni italiane e ai mercatini artigianali e con oggetti di antiquariato e modernariato che animeranno con una proposta ricca, variegata e allettante il lungolago omegnese per l’intera durata dei festeggiamenti.

Torna l’atteso appuntamento con la salita al Campanile della Chiesa della Collegiata, luogo denso di fascino e terrazzo incantevole per ammirare da un punto di vista privilegiato tutta la maestosa bellezza del Lago d’Orta dalla riva omegnese.

Mercoledì 27 sera, invece, ritorna presso il ‘Forum’ l’appuntamento con i cosiddetti ‘Fuochini’, ovvero i fuochi d’artificio a misura di bambino, che grande consenso riscuotono al pari dei grandi. Un’iniziativa che rientra nel cosiddetto programma ‘San Vito Bimbi’ rivolta ai più piccoli, con il Parco della Fantasia ‘Gianni Rodari’ pronto a trasformarsi in un’area ricca di attrattive e iniziative per i minori.

E con loro ben 11 giorni di spettacoli e musica dal vivo con un’accurata selezione di olcune fra le migliori cover band pronte a proporre le canzoni più famose di Claudio Baglioni, dei Queen e di Cristina D’Avena, oltre ai classici senza tempo della dance e del beat. Senza dimenticare ‘La Cittadella del Gusto’, area destinata alle associazioni agroalimentari del territorio intente nella proposizione di specialità zonali.

In attesa dell’arrivo del programma completo delle proposte di ‘San Vito 2025’, per Matteo Pino, Presidente del ‘Comitato Festeggiamenti’, “Proseguiamo con vigore nel cammino di rilancio e rinnovo, pur nel rispetto e nella continuità della tradizione della nostra Festa. Il post Covid ha visto un importante e significativo investimento finalizzato al ritorno all’origine con la reintroduzione dei magnifici fuochi artificiali suddivisi nuovamente su due domeniche, per un totale di oltre 50mila presenze registrate solo in quelle specifiche giornate. L’obiettivo è incrementare la visibilità di un evento multipotenziale e multidisciplinare in grado di rappresentare un’alternativa valida di soggiorno turistico di fine agosto per amplissime e diverse fasce di pubblico”.

Mentre per Valentino Valentini, Presidente dell’Associazione ‘Un secolo di San Vito’, “L’appuntamento con la Festa patronale omegnese punta a diversificare il target massimizzando la capacità attrattiva del territorio. Una kermesse che parla agli amanti della musica, dell’arte, della buona cucina, della tradizione, della cultura, della fede, dell’intrattenimento tutti vissuti su una terrazza naturale affacciata su un lago di grande suggestione quale quello d’Orta, che in Omegna ha una delle sue punte più note e stimate. Con l’intento di rinnovarsi restando fedeli a sé stessi, in un’ottica di avvicinamento e coinvolgimento progressivo di un maggior numero di giovani chiamati a partecipare attivamente anche in prima persona, oltre che alla fruizione, alla costruzione della nostra grande kermesse”.

Maggiori informazioni e l’intero programma disponibili sul sito www.sanvito-omegna.it.

L’estate degli altri

Molti italiani non andranno in vacanza, non se lo possono permettere

Quest’estate 8,4 milioni di italiani non andranno in vacanza, di questi, il 69 % (5,8 milioni) a causa di motivi economici: aumento del costo della vita, prezzi sostenuti per alloggi e trasporti. Secondo una ricerca Ipsos, infatti, gli Italiani pronti a partire cala al 72% contro il 76% del 2024.

La vacanza non e’ piu’ una scelta, ma un privilegio che si puo’ permettere un numero sempre minore di persone. Se si vuole andare nello specifico rispetto alla causa che porta alla rinuncia della partenza le ragioni preminenti sono: mancanza di risparmi da dedicare alle ferie, aumento dei costi di viaggio, imprevisti legati alla salute.

Chi rinuncia di piu’? Ancora una volta gli anziani sono coloro che fanno il sacrificio piu’ grande, il 23% tra i 65-74enni infatti rimarra’ a casa, soprattutto al nord-est.

Secondo l’Istat, nonostante il trend rispetto al 2022 sia rimasto stabile, resta comunque sotto i livelli del 2019, in sostanza quelli precedenti alla pandemia.

La vacanza estiva, dunque, rappresenta un indicatore sociale e i dati ci raccontano di una societa’ sempre piu’ caratterizzata da fragilita’ economiche e strutturali.

L’estate delle spiagge, dei tour intorno al mondo, delle passeggiate in montagna, della allegria e della spensieratezza, pertanto, non e’ la stessa per tutti. Ci sono persone, molte oramai, che vedranno gli altri partire, fare le valige, acquistare biglietti e guide turistiche nella consapevolezza che tutto questo non per loro non ci sara’.

Dietro questa netta differenza tra chi parte e chi resta c’e’ una sempre piu’ tangibile frattura sociale e l’estate rappresenta una linea di demarcazione, tracciata in neretto, tra chi puo’ e chi no; e’ lo specchio, dunque, del termometro sociale, cosi’ coma la modalita’ con cui si vive il tempo libero e’ un indicatore di benessere e opportunita’.

Il tanto anelato “stacco” per ricaricarsi e recuperare le energie spese per il lavoro durante l’anno dovrebbe essere una spettanza e rimanere sul balcone di casa aspettando settembre non lo e’ di sicuro.

Il diritto alla pausa e’ riconosciuto dall’articolo 36 della nostra costituzione “Sia il riposo settimanale, sia le ferie annuali sono previsti allo scopo di consentire al lavoratore di realizzare la propria persona anche in relazione ai suoi interessi ed ai suoi rapporti famigliari, nonchè di riposare e recuperare le forze”.

MARIA LA BARBERA

Profumo di mare con l’insalata di polpo mediterranea

/

 

Il profumo del mare nel piatto. Un piatto fresco e leggero dal gusto unico e saporito. L’insalata di polpo puo’ essere servita come antipasto o come secondo piatto accompagnato da pane abbrustolito leggermente strofinato con uno spicchio di aglio. Una ricetta semplicemente deliziosa.

***

Ingredienti

1 Polpo di medie dimensioni

100 gr. di olive verdi o nere

100 gr. di sedano

½ cipolla rossa di Tropea

10 pomodori Pachino

20 capperi dissalati

Olio evo, succo limone, sale, pepe q.b.

2 foglie di basilico e prezzemolo, 1 foglia alloro

***

Cuocere il polpo in pentola a pressione in acqua poco salata con l’aggiunta di una foglia di alloro per circa 15/20 minuti dall’inizio del fischio. Lasciar intiepidire. Lavare e pulire le verdure, affettarle e metterle in una ciotola con le olive, i capperi, il prezzemolo tritato e i pomodorini tagliati a meta’. Tagliare il polipo a tocchetti, condire con olio evo, poco sale, pepe macinato al momento e succo di limone, unire alle verdure, mescolare e lasciar insaporire. Servire accompagnato da fette di pane casereccio abbrustolito e strofinato con poco aglio.

Paperita Patty

Sfoglia caramellata alla crema, trionfo di dolcezza

/

Una croccante sfoglia caramellata che racchiude una deliziosa crema pasticcera aromatizzata al limone.

Un perfetto connubio di morbidezza e friabilita’, semplice e irresistibile.

 ***

Ingredienti

 

1 confezione di pasta sfoglia pronta quadrata

500ml. di latte fresco intero

4tuorli

100gr. di zucchero

40gr. di maizena

1 bustina di vanillina

1 limone

Zucchero a velo

 ***

Preparare la crema pasticcera. Portare ad ebollizione il latte aromatizzato con la buccia di limone grattugiata, lasciar intiepidire e filtrare. Lavorare i tuorli con lo zucchero, unire la vanillina, versare il latte a filo sempre mescolando. Cuocere la crema a bagnomaria per circa 10 minuti. Lasciar raffreddare, aggiungere il succo di  ½ limone senza mai smettere di mescolare. Disporre una base di sfoglia su un piatto da portata, coprire con la crema pasticcera, mettere la seconda sfoglia, ricoprire con la crema. Disporre l’ultima sfoglia, spolverizzare di zucchero a velo, guarnire a piacere. Servire fresca.

 

Paperita Patty

Trasformiamo le nostre aspettative in aspirazioni

/

Se le nostre aspettative sono troppo elevate, quasi tutto ciò che ci accadrà nella vita non le (e ci) soddisferà, e noi saremo perennemente scontenti. E se non saremo in grado di contenerle, esse rischieranno di diventare pretese, alimentando ulteriormente la nostra insoddisfazione, e, molto spesso, la nostra rabbia nei confronti del mondo e anche di noi stessi.

Un corto circuito che ci porterà dritti dritti all’infelicità. Quando nutriamo aspettative, semplicemente noi aspettiamo che le cose accadano così come le pensiamo e desideriamo, che tutto avvenga così come noi ce lo immaginiamo, e non sentiamo di dover fare nulla o quasi per determinare e favorire che le cose accadano e si concretizzino in un certo modo.

Vivere dominati da troppe aspettative ci rende persone deboli dal punto di vista emotivo. Impariamo perciò a trasformare le nostre aspettative in aspirazioni, passando dalla passività negativa dell’attesa e della pretesa all’azione positiva verso le nostre mete. Desideri, ambizioni e obiettivi sono indispensabili componenti per una vita viva, sana, dinamica e positiva.

Ma smettiamo di aspettarci che le cose accadano perché debbono accadere e mettiamoci in azione per far sì che accadano. Accettando serenamente il fatto che, nonostante il nostro impegno, esse potranno anche non accadere. Tutti noi abbiamo qualche sogno che vorremmo si realizzasse. Anche le persone meno entusiaste della loro esistenza.

Quelle che pensano che la vita le abbia profondamente deluse e accettano passivamente una condizione di sconfitta definitiva, convinte che non valga la pena coltivare sogni. Forse anche loro hanno un sogno, magari dimenticato, in fondo ai cassetti della loro anima. Trasformiamo allora le nostre eventuali aspettative in aspirazioni.

Le aspirazioni sono la speranza positiva di veder concretizzati i nostri interessi, sono le spinte potenti e vitali che ci aiutano a migliorarci e che danno una marcia positiva alla nostra vita. Sono la conseguenza attiva dei nostri desideri, l’azione concreta, responsabile e razionale per realizzarli. Sono l’assunzione di responsabilità nel nostro percorso esistenziale.

(Fine della seconda parte dell’argomento).

Potete trovare questi e altri argomenti dello stesso autore legati al benessere personale sulla Pagina Facebook Consapevolezza e Valore.

Roberto Tentoni
Coach AICP e Counsellor formatore e supervisore CNCP.
www.tentoni.it
Autore della rubrica settimanale de Il Torinese “STARE BENE CON NOI STESSI”.

Davide Malizia vince la “Nocciola” d’oro

ALLA FIERA NAZIONALE DI CORTEMILIA

In occasione della ‘Fiera Nazionale della Nocciola’ di Cortemilia – giunta quest’anno alla sua 71esima edizione – evento che celebra la ‘Tonda Gentile, ovvero la regina dell’Alta Langa varietà di nocciola tipica di questa zona, il campione del mondo di Pasticceria e Gelateria Davide Malizia è stato premiato con la ‘Nocciola d’Oro’. Si tratta di un riconoscimento prestigioso che inserisce nell’impegno più ampio degli organizzatori e del Comune di Cortemilia di valorizzare una delle eccellenze del Piemonte, dalle qualità uniche come appunto la forma tonda, il guscio sottile che permette un’ottima pelabilità, un sapore fruttato, aromatico, poco legnoso e un profumo intenso, ma al tempo stesso delicato che la differenzia dalle altre nocciole del mondo.

“Un onore per Cortemilia avere il Campione del Mondo di Pasticceria alla Fiera Nazionale della Nocciola” – dichiarano il sindaco di Cortemilia Roberto Bodrito ed il consigliere comunale con delega al Turismo Marco Zunino, che aggiunge: “consegnare al Maestro Malizia la Nocciola d’oro, simbolo di Cortemilia, conferma ancora una volta il nostro obiettivo, che è quello di riuscire a promuovere l’immagine della Nocciola Piemonte Igp delle Langhe agli occhi del grande pubblico, soprattutto delle gelaterie e pasticcerie, in Italia e all’estero”.

Del resto il Maestro Davide Malizia, pluripremiato per le sue specialità già 8 volte Campione del Mondo di Pasticceria e di Gelateria – una da campione e sette come allenatore – Maestro Apei l’Associazione degli Ambasciatori Pasticceri dell’Eccellenza Italiana presieduta da Iginio Massari e vincitore nel 2020 del prestigioso premio Sucre d’Or come Miglior Artista al Mondo dello Zucchero per i prossimi 10 anni, da sempre è stato ispirato dalla pasticceria piemontese e dalle eccellenze agroalimentari dell’Alta Langa. “Dal tartufo alla tradizione dolciaria rappresentata dai cuneesi, i bonet, le paste di meliga e gianduiotti, questo territorio esprime materie prime di grande fascino e importanza. In particolare, la nocciola è stata al centro di alcune mie realizzazioni, penso ai biscotti delle Langhe, alla crostata segreto al pralinato di nocciole e al cake nocciolino. Ricevere questo premio conferma la grande cultura italiana della produzione delle nocciole” – spiega il campione del mondo di Pasticceria e Gelateria.

Anche per l’utilizzo della nocciola ha prevalso sperimentazione, ricerca e formazione, punti cardine per Malizia ed elementi che contraddistinguono la sua Aromacademy di Roma unica scuola specializzata di pasticceria, entrata nel 2024 anche nel club esclusivo del Relais Desserts la prestigiosissima associazione francese che riunisce i più grandi pasticceri e cioccolatieri del mondo.

cs

Giovanni Melampo, il fabbro Giuanin

/

Giovanni Melampo, noto a tutti come “Giùanin”, l’ho conosciuto negli anni in cui veniva in banca a chiedere prestiti per la sua attività di fabbro. Camminava sempre a zig e zag, con passo incerto e le mani in tasca dove teneva sempre due mele, una per parte:” Vùna par tegna via luntan al dùtur e l’altra parché a lè mej veglà drèe“, mi diceva. Che, tradotto, era la sintesi del proverbiale “una mela al giorno leva il medico di torno” con l’aggiunta di un po’ di previdenza al fine di non farsi trovare sprovvisto di cibo quando i morsi della fame reclamavano udienza. Giùanin era, per certi versi, un artista. Possedeva una straordinaria abilità nel lavorare i metalli e una bacchetta di ferro, nelle sue mani, poteva diventare davvero un oggetto prezioso.

 

Non aveva, però, il senso della misura. Ricordo che, una volta, Ruggero Locati gli commissionò una gabbietta per tenerci un merlo: “Giùanin, mà ràcumandi. Una gabbia che non sia troppo piccola perché il merlo deve potersi muovere ma neanche troppo grande, perché la devo tenere in casa. Ci conto, eh?”. E lui disse di sì. Erano all’osteria della Trappola, seduti uno di fronte all’altro. Ma, come poi s’accorse anche il Locati, Giùanin quand’era “preso” non connetteva più di tanto. Quante volte era capitato anche a me di vederlo. Arrivava al Circolo, si metteva seduto al tavolo vicino alla finestra e comandava il primo mezzino. E poi un’altro , e un’altro ancora. Se gli si diceva qualcosa rispondeva a malo modo: “ L’acqua fa marcire i pali. Lo dicono tutti i  grandi bevitori di vino , e lo dico anch’io. Anzi, caro al mé ragiùnier, lo sai come dicono gli svizzeri? L’acqua fa male ed il vino fa cantare. E, allora, se vuoi farmi compagnia, prendi anche te un bicchiere e beviamo alla nostra salute. E poi , cantiamo”. E attaccava con il repertorio di canti degli alpini. Stonato com’era, era uno strazio doverlo ascoltare. Ma ,ormai, ci avevamo fatto l’abitudine. Tornando alla gabbia del merlo, passarono diverse settimane senza notizie. Locati si stava preoccupando quando, una mattina che era uscito un po’ prima per andare dal medico, incrociò il  fabbro. “Uelà, Giùanin. Incœu pensavì propri a tì. E ma disevi, tra mì e mì: al sarà minga mòrt ? Ed invece, vardatt’chi , ancamò viv. E la me gabbia dal merlo? Ti gh’he semper avùu la bravura de fa ma, madonnina cara, al temp te scarligà via“. Locati, milanese della Bovisa trapiantatosi sul lago Maggiore, non aveva perso l’abitudine del dialetto meneghino. Giùanin gli disse che aveva avuto dei problemi e  che andava di fretta ma anche che non s’era dimenticato e, all’indomani, il Locati avrebbe avuto la sua gabbia. A suo modo era una persona di parola. E così, il mattino dopo di buon ora, Ruggero Locati sentì il rumore di un motocarro fuori casa e un paio di colpi di clacson. Uscì e Giùanin gli chiese di aiutarlo a scaricare la “gabbietta”. Bastava guardare in faccia Locati per cogliere la sua somiglianza con la “rana dalla bocca larga”. Era rimasto lì, a bocca aperta, basito. La”gabbietta” aveva un diametro di circa due metri  ed era alta più di tre. Una voliera, ecco cos’era. Una voliera in piena regola e per più in ferro battuto. “Mah,mah,mah…” inziò a balbettare il Locati, incredulo. “Non c’è ma che tenga. Volevi una gabbia per il merlo,no? Eccola, qui. Larga e spaziosa. E siccome ti ho fatto aspettare un po’ di più, sai che faccio? Te la regalo”. Detto e fatto. Scaricata la gabbia, il Giùanin mise in moto e se ne andò, lasciando il milanese senza parole, ancor più a bocca aperta. Ecco, Giovanni Melampo era così, come dire?.. imprevedibile. Generosissimo e altruista , non sopportava però che  gli si dessero consigli sul lavoro. “ A l’è com’insegnàgh  a rubà ai làdar“. Cioè, era come insegnare a rubare ai ladri. Frase che rivolgeva a chi  aveva il vizio di dare spiegazioni inutili a chi era più esperto e competente. Oppure, bofonchiando tra i denti, sibilava un “ Pastizzee, fà ‘l tò mesté!“, sottolineando come fosse bene che ognuno lavorasse secondo la propria competenza. Poteva permetterselo, essendo un fabbro che “faceva i baffi alle mosche”. Dove abitava, sulla strada tra Loita  e Campino, praticamente sul confine tra Baveno e Stresa, aveva anche la sua bottega. L’incudine in ghisa era imponente. “Più è grossa, meglio è“, mi diceva il Giùanin. E quella, tra le due estremità, aveva una lunghezza di quasi due braccia. Di martelli ce n’era tutta una serie. “Per ogni lavorazione esiste il martello ideale. Vede, ragioniere, il peso è proporzionato a quello del pezzo da lavorare. E tutto dipende dall’efficacia che si vuol dare al colpo. Quello lì, ad esempio, è un martello da due chili. Quell’altro là ne pesa quasi tre mentre quello che sta lì, vicino a lei, pesa solo quattro etti“.

 

Quando parlava del suo mestiere usava un italiano corretto, da “professore”. “ Oggi, sa,  il ferro battuto viene richiesto soprattutto per arredare le case, dentro e fuori. Lampadari, tavolini, cancelli, intelaiature delle finestre. Ho anche molte richieste di cerniere per mobili“. In un angolo, sotto una larga cappa, c’era la forgia con il suo mantice per soffiare l’aria sul fuoco (“così si accelera la combustione e le temperature si mantengono più elevate“). Lo vedevo bene, Giùanin, aggirarsi sicuro tra i suoi attrezzi. Sembrava un direttore d’orchestra che disponeva gli strumenti nel modo migliore per eseguire la sinfonia. Lui, al posto di oboe, violini, violincelli, arpe e percussioni aveva pinze, taglioli, stampi, punzoni, dime, lime, seghe, mole, morse, trance, trapani. Anche in cucina era un mago. Talvolta mi capitava che, giunti ormai alla mezza,alzandomi per andare a casa a buttare un po’ di pasta da condire con pomodoro e parmigiano, com’era mia abitudine, mi teneva per il braccio, dicendomi: “Sù, ragiùnier, venga con me. Stiamo un po’ in compagnia. Le faccio assaggiare un po’ di pesce che m’hanno dato giù dal Luigino“. Tra le sue passioni c’era la pesca. Che condivideva, quando possibile, con Luigino Dovrandi, pescatore professionista ormai pensionato. Luigino, per non “perdere il vizio”, buttava le reti almeno tre volte la settimana e divideva il pescato con lui. A patto che cucinasse per tutti. A me capitava così di fare da “terzo” a questi banchetti. Tra i fornelli, Giùanin si destreggiava con abilità.La sua specialità era  il fritto misto di lago: alborelle in quantità e agoni, da friggere infarinati nella padella di ferro;  bottatrice, filetti di persico e lavarello, da cuocere a loro volta, impanati con l’uovo,  in burro e salvia , aggiungendo un goccio d’olio. Una bontà da leccarsi i baffi. E non finiva lì. Talvolta portava in tavola anche il  pesce in carpione, fritto e poi marinato in aceto, cipolla, alloro. Più raramente me lo proponeva in salsa verde. Si trattava, in quei frangenti, di lavarelli, agoni o salmerini grigliati e marinati in una salsa di prezzemolo, mollica di pane, aceto, capperi, acciughe, aglio, rosso d’uovo, olio d’oliva. D’inverno ci serviva i “missultitt” con la polenta. Questi agoni essiccati li trovava Luigino nella parte alta del lago, tra Ghiffa e Oggebbio. Lì, a dispetto del tempo e delle tradizioni che lasciavano il passo, alcuni vecchi pescatori suoi amici trasformavano gli agoni pescati in tarda primavera in missoltini, essicandoli al sole e conservandoli,  strato su strato – con foglie d’alloro – pressati nella “dissolta”, un recipiente chiuso da un coperchio di legno sul quale gravavano dei pesi, così che i missoltini restassero “sotto pressione” per alcuni mesi. Una volta “liberati”, Giùanin li passava per pochi istanti sulla griglia rovente, irrorandoli d’olio e aceto, per poi servirli sui nostri piatti con delle larghe fette di polenta abbrustolita e tre bicchieri di vino rosso. Un’allegria per il palato e una gioia per la compagnia.

 

Marco Travaglini