ECONOMIA E SOCIETA'- Pagina 596

Sostegno alle imprese e comunità energetiche

La norma contro le delocalizzazioni e di sostegno all’imprenditorialità piemontese, ma anche la proposta di legge per le comunità energetiche. Per entrambi i provvedimenti le associazioni, gli enti, gli organismi che ne hanno titolo, possono presentare in via telematica le proprie osservazioni al Consiglio regionale.

Sono infatti aperte fino al 22 dicembre le consultazioni online sulla proposta di legge 204 “Norme in materia di contrasto alle delocalizzazioni produttive, incentivi alle imprese e sostegno all’imprenditorialità, al fine di salvaguardare i livelli produttivi ed occupazionali”. Qui il testo.  Fino al 29 dicembre, invece, sarà possibile inviare le proprie memorie per la consultazione online line sulla proposta di legge 271 “Istituzione delle comunità energetiche”. Qui il testo. Direttamente dalla homepage del sito del Consiglio regionale la nuova modalità di consultazione rende più facilmente accessibile, per associazioni ed enti aventi diritto, l’invio delle memorie per i provvedimenti discussi in Commissione. Si possono inserire le osservazioni sui progetti di legge inviandole all’indirizzo email che si trova cliccando qui.  Le consultazioni pubbliche sono uno degli strumenti attraverso cui le istituzioni di ogni livello chiedono regolarmente il parere delle imprese e dei gruppi interessati del settore pubblico e privato. Il Consiglio regionale ha da tempo previsto la possibilità di svolgere le consultazioni online sui singoli progetti di legge esaminati in Commissione, una modalità che va ad aggiungersi alla più tradizionale consultazione “fisica”. Una delle criticità che emerge da tutte le esperienze di consultazione digitale promosse dalle istituzioni italiane è l’esiguità della partecipazione, con percentuali molto basse rispetto al numero complessivo dei soggetti coinvolti. Per l’Assemblea piemontese, ad esempio, il tasso di adesione negli anni passati è stato di circa il 7per cento. La richiesta di partecipazione non è più ad invito via mail, ma è aperta a chiunque voglia far pervenire il proprio contributo. Non cambieranno i soggetti coinvolti nella consultazione. Come stabilito da Statuto e Regolamento sono presi in considerazione i contributi inviati da enti, associazioni e altri organismi e non da singoli cittadini.

GM  – www.cr.piemonte.it

 

Il destino del Libano

FOCUS  di Filippo Re

Che ne è del Libano a poche settimane dalla rocambolesca “fuga” del premier Hariri da Beirut, poi tornato in patria una volta passata la “grande paura”? Nella capitale libanese la crisi sembra rinviata ma l’incertezza politica resta molto alta e nasconde insidie ancora più pericolose. Il premier Saad Hariri ha ritirato le dimissioni dopo aver cercato all’estero una sorta di legittimità internazionale ma continua a ripetere che il regime siriano, filo-iraniano, lo vuole morto. Come il padre Rafik, fatto saltare in aria a Beirut est con una tonnellata di tritolo il 14 febbraio 2005 insieme ad altre venti persone. E per il figlio Saad i mandanti sono i servizi segreti di Damasco. Sullo sfondo di questo scenario si riaccende il duello Riad-Teheran che rischia di frantumare i fragili equilibri politici del Paese dei Cedri. L’offensiva regionale dell’Arabia Saudita sunnita ha come obiettivo l’odiato Iran sciita che continua a

guadagnare terreno nell’area e si presenta come il vincitore assoluto della partita siriana contro il radicalismo sunnita. Il governo libanese accusa i sauditi di aver “prelevato” il premier Hariri, la cui famiglia è legata a Riad da vecchie amicizie e interessi economici, perchè guida un governo in mano agli Hezbollah filo-iraniani, arcinemici dei sauditi. Se Teheran è sempre più forte sullo scacchiere mediorientale, Riad non va certo per il sottile. Tutto è cambiato con l’ascesa al trono di re Salman e soprattutto con la nomina a ministro della Difesa e poi a principe ereditario del giovane figlio, il trentaduenne Mohammad Bin Salman che è diventato in poche settimane l’artefice della nuova politica interna e internazionale del suo Paese. I sauditi non perdono tempo per scagliarsi ogni giorno contro gli ayatollah iraniani ritenuti i grandi avversari da sconfiggere ad ogni costo, con il benestare degli americani. Il principe MbS vuole dominare la regione ma deve affrontare la crescente influenza geopolitica iraniana e attacca tutti coloro che nell’area sostengono la potenza persiana, appoggiata dalla Russia. Come nello Yemen, dove continua a salire il livello dello scontro tra le due potenze regionali, reso ancora più incandescente dopo la morte dell’ex presidente Ali Abdullah Saleh, trucidato, stile Gheddafi, dai ribelli sciiti Houthi, a cui l’Iran fornisce i missili usati per colpire obiettivi in territorio saudita. Oppure quando rompe le relazioni diplomatiche col Qatar accusato di essere una pedina iraniana nel Golfo o quando tenta di destabilizzare il Libano per mettere in difficoltà l’aggressiva politica di Teheran.

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La sfida irano-saudita, che riesuma l’antica rivalità arabo-persiana, rischia di degenerare in una guerra aperta da combattere sul territorio libanese per interposta persona, tra gli Hezbollah libanesi filo-iraniani e i gruppi alleati di Riad, tra sunniti e sciiti, creando un contesto simile a quello siriano, con il pericolo di coinvolgere Stati Uniti, Russia e Israele. La tensione tra Saad Hariri e gli Hezbollah è altissima da dodici anni, da quando in un attentato a Beirut fu ucciso Rafik Hariri, padre dell’attuale capo del governo libanese. Gli ultimi eventi scavalcano lo scenario libanese e annunciano l’arrivo di una nuova crisi in una regione che non conosce pace e sta uscendo solo ora dall’orrore della lunga stagione di sangue segnata dall’Isis. La sfida è tra sauditi e iraniani che già si combattono in Siria, Iraq e Yemen armando le loro milizie alleate mentre il piccolo Libano, già sfiorato più volte dalla guerra siriana, può diventare il terreno di un altro scontro armato tra potenze regionali, Arabia Saudita e Israele da un lato, l’Iran e i suoi alleati dall’altro. Ma con Teheran c’è anche la Russia che nella guerra siriana è sul fronte opposto a quello saudita ma insieme a Riad decide pur sempre il prezzo del petrolio sul mercato mondiale. Un’alleanza consolidata dopo la storica visita a Mosca di re Salman d’Arabia nello scorso ottobre, la prima volta di un monarca saudita in Russia. Quanto sta accadendo nei Palazzi del potere a Beirut rischia di avere gravi contraccolpi in tutto il Medio Oriente. Nella cancellerie occidentali cresce la preoccupazione per il fragile Paese levantino, da sempre una polveriera sul punto di esplodere, ma anche un punto di riferimento per i cristiani della regione, un Paese di circa 4,5 milioni di persone che finora è riuscito a mantenere un equilibrio pur accogliendo un milione e mezzo di profughi siriani, mezzo milione di rifugiati palestinesi e pagando guerre e crisi divampate in altri luoghi. Quasi un miracolo che sembra sostenuto dalle parole cariche di ottimismo del suo presidente, il cristiano Aoun, che getta acqua sul fuoco per spegnere i primi focolai d’incendio, secondo cui “la crisi in Libano è alle spalle con il sunnita Hariri saldamente al vertice del governo insieme agli Hezbollah mentre la Siria si avvia verso la democrazia con Assad ancora presidente”.

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Teheran appoggia il Partito di Dio libanese (Hezbollah) presente con vari ministri nel governo di Beirut e nel Parlamento, militarmente più forte e meglio armato dell’esercito regolare libanese. In Siria gli Hezbollah hanno subito pesanti perdite, oltre 2 mila uomini, e per una forza stimata in circa 25 mila effettivi è un duro colpo. Continua a sognare Aoun: “il Libano non ricadrà in una guerra civile, anzi il modello di convivenza fra diverse comunità e religioni che ha retto dal 1990 in poi può estendersi ai Paesi vicini”. Uscito nel 1989 da quindici anni di guerra civile, il Libano è un mosaico etnico-religioso formato da 18 diverse entità confessionali, 12 delle quali sono chiese cristiane. In virtù di un’intesa tra le forze politiche, la carica di presidente spetta a un cristiano maronita, quella di premier a un musulmano sunnita e quella di presidente del Parlamento a uno sciita e i seggi dell’Assemblea nazionale sono divisi in modo da soddisfare le varie identità presenti nel Paese. Tutte le confessioni cristiane oggi raggiungono il 36%, gli sciiti il 34%, i sunniti il 23% e i drusi il 7 per cento. I cristiani restano la maggioranza ma l’equilibrio religioso è a rischio a causa del massiccio afflusso di rifugiati siriani che sta cambiando la proporzione tra i vari gruppi. Prigioniero di forze e interessi molto più grandi, il Libano resta un Paese a “sovranità limitata” come dimostrano i recenti raid israeliani che partono dallo spazio aereo libanese per colpire obiettivi iraniani in Siria.

(dal settimanale LA VOCE E IL TEMPO)

 

 

 

Contro lo spreco alimentare un quiz in piazza

Dimenticate la solita tombola e i giochi di società…mettetevi alla prova nello chalet di legno che Borello Supermercati, sponsor di Natale coi Fiocchi, porterà in Piazza Castello l’8, il 9 e il 10 dicembre. Con la regia di Cean, l’appuntamento è dalle 10 alle 20 sotto il grande albero illuminato, a due passi dal Calendario dell’Avvento di Luzzati

Durante il ponte dell’Immacolata si gioca con i pranzi e il cenone di Natale. Quiz, giochi e abilità… Chi vincerà?Le persone sono il valore principale attorno al quale il signor Borello ha costruito la propria rete di supermercati, pensandoli e progettandoli perché in ognuno degli oltre 50 punti vendita in Piemonte le persone e le loro esigenze siano i veri protagonisti. E quale migliore modo di festeggiare insieme se non organizzare una grande festa di Natale? Lo spunto per i giochi che animeranno il weekend sono i valori che in oltre 40 anni di storia hanno guidato Borello Supermercati, primo fra tutti l’impegno verso un consumo consapevole. Le feste di Natale, i pranzi… quanta roba si accumula nel frigo… e quanta roba rischia di finire gettata via! Da adesso non più! Impariamo il consumo consapevole giocando. Il cibo non si butta.  E voi, quanto siete bravi a non sprecare? Mettetevi alla prova con un quiz, tra conservazione dei cibi e trucchi da vera massaia! Chi è il più bravo a parlare in piemontese? Lo scopriremo partecipando alla sfida “Dialetto ti sfido”Spazio ai più piccoli nel gioco “Frigo mio!”, dove contano abilità e astuzia per sistemare tutti i cibi del cenone nel migliore dei modi. E per i romantici della tradizione #dillosottoalvischio… una parola, un bacio, un ricordo speciale per dire a qualcuno ti voglio bene! Chi sarà il primo a provarci?

 

Per i più golosi l’appuntamento è tutti i giorni dalle 17 alle 17.30, per la degustazione di panettone Borello.

Ecco come comportarsi in caso di eredità

Di Patrizia Polliotto* 

Quando scompare un congiunto, gli eredi sono tenuti a provvedere a risolvere alcune questioni burocratiche come la dichiarazione di successione, il passaggio di proprietà degli immobili, disdette varie, divisione dell’eredità e voltura di utenze. Le vigenti disposizioni legislative in merito statuiscono che gli eredi, i quali hanno accettato l’eredità, hanno l’obbligo di saldare anche le eventuali partite ancora aperte lasciate dal defunto: e, qualora i beni del congiunto non fossero sufficienti a garantire ciò, gli eredi che accettano la destinazione a proprio favore dell’eventuale patrimonio risponderanno anche con tutti i propri beni, e non solo con quelli ricevuti con l’eredità”. La terza via è accettarla con il cosiddetto ‘beneficio d’inventario’. In tal frangente è dunque sufficiente e necessario stilare una dichiarazione presso un notaio o un cancelliere del tribunale che redigerà l’inventario, cioè, l’elenco con relativa descrizione dei beni ereditati. Ed ecco che, in primo luogo, se l’erede aveva crediti o debiti verso il defunto li conserva: può farsi pagare come creditore e può pagare come debitore oltre al fatto che risponderà dei debiti solo con i beni ereditari.

* Avvocato, Fondatore e Presidente del Comitato Regionale del Piemonte
dell’Unione Nazionale Consumatori
UNIONE NAZIONALE CONSUMATORI
COMITATO REGIONALE DEL PIEMONTE
TEL. 011 5611800, Via Roma 366 – Torino
EMAIL: UNC.CONSUMATORITORINO@GMAIL.COM

Preserviamo: le storie di pazienti e curanti

Esperienze, Storie, Emozioni Realmente Vissute Insieme Affrontando la Malattia Oltre le paure

 

Il 5 dicembre, in occasione del Convegno “Preservazione della fertilità e qualità della vita”, organizzato dalla Prof.ssa Chiara Benedetto e dal Prof Alberto Revelli all’Ospedale Sant’Anna, è stato presentato il libro di Medicina Narrativa PRESERVIAMO, che raccoglie le testimonianze rese da alcune pazienti affette da tumore che hanno affrontato il percorso della preservazione della fertilità e dagli operatori sanitari che le hanno aiutate a mantenere la speranza di poter diventare genitori. Il libro ha lo scopo di richiamare l’attenzione sull’importante opportunità che viene attualmente offerta ai giovani pazienti colpiti da tumore. L’idea nasce dall’esperienza vissuta nell’ambito del progetto “Fertisave”, attivato nel 1997 presso il Dipartimento Universitario di Discipline Ginecologiche e Ostetriche – Ospedale Sant’Anna di Torino, con lo scopo di preservare la fertilità dei giovani pazienti oncologici di entrambi i sessi, che grazie ai sensibili progressi nelle terapie possono non soltanto guarire, ma anche ambire a una qualità di vita normale, che comprenda anche la gioia di procreare. Ad oggi hanno usufruito del progetto “Fertisave” 476 donne, di età compresa tra i 3 e i 40 anni, e 1131 uomini. La proposta di preservare la fertilità, in un momento così critico della vita, ha importanti ripercussioni psicologiche: è accolta dai pazienti oncologici e dai familiari come uno “sguardo al futuro”, come un vero e proprio “investimento di vita”.

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Una giovane donna scrive: ”Nel raccontare la mia esperienza mi sono sentita parte di un qualcosa. E’ una sensazione bellissima vedere che a qualcuno davvero importa quello che le persone hanno da dire. Oggi si parla poco e non capiamo che la comunicazione tra le persone è il patrimonio più grande dell’umanità…Sono venuta in questo centro di preservazione della fertilità per proteggere il mio sogno. Da sempre immagino come sarà il giorno in cui incontrerò i suoi occhietti…pur essendo molto giovane è una cosa che coltivo dentro. La gioia di essere madre…ho deciso di congelare i miei ovociti in previsione di una chemioterapia che potrebbe portarmi a sterilità. Quando ho ricevuto questa notizia mi sono sentita il terreno crollare sotto i piedi…Quindi, appena mi hanno parlato della possibilità del congelamento e preservazione degli ovociti, mi hanno riacceso la speranza. Quando sono arrivata nel centro di preservazione della fertilità ho subito trovato delle persone splendide che mi hanno spiegato tutto chiaramente… Mi hanno sostenuta tutti…una volta fatto il prelievo degli ovociti mi sono sentita invincibile. Ho visto l’ennesima difficoltà della mia vita trasformarsi in un ricordo…Lo rifarei altre mille volte, perché mi è stata data la possibilità di poter essere felice nonostante la vita mi abbia messo davanti un ostacolo enorme… “ Altre pazienti che hanno effettuato la crioconservazione di ovociti prima di sottoporsi a chemioterapia, interrogate sul proprio futuro scrivono: “Ho cercato di fare vincere la vita e di lasciarmi una porta aperta verso il futuro che ho sempre immaginato, con una famiglia e dei bimbi…un qualcosa che potrebbe essere più forte degli effetti negativi che i farmaci hanno avuto sulle mie ovaie… la chiave che mi fa uscire dal tunnel buio”.  “Io ho tanta speranza nel mio domani. Speranza di ritrovare una vita fatta di piccole belle cose quotidiane. Speranza di riprendere le forze e di affrontare la vita ancora più pienamente e consapevolmente di prima. Speranza di stare bene e chissà, un giorno avere una maternità”.

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I racconti delle pazienti, unitamente all’esperienza clinica quotidiana in quest’ambito, hanno rinforzato la determinazione a potenziare l’offerta assistenziale per le donne affette da tumore in giovane età, e da alcuni mesi è funzionante presso la S.C. Ginecologia e Ostetricia 1U dell’Ospedale Sant’Anna il servizio “Mamme oltre il tumore”, dedicato non solo alle candidate alla preservazione della fertilità, ma anche alle donne che ricevano la diagnosi di tumore maligno in corso di gravidanza o che, guarite dalla malattia, desiderino iniziare una gravidanza. Al Servizio, che è a disposizione di tutti i centri della Rete Oncologica del Piemonte e della Valle d’Aosta, si accede telefonando direttamente allo 011.3134576 nei giorni feriali, dalle ore 11.00-12.30 e dalle ore 14.00 – 15.00. “Il vissuto della nostra realtà ci ha dimostrato quanto sia fondamentale un lavoro ‘di squadra’ in cui operino fianco a fianco ginecologi, oncologi, chirurghi, pediatri, biologi, biotecnologi, psicologi, ostetriche e infermieri” spiega la Prof.ssa Chiara Benedetto. “Nel 2016 in Italia, circa 5mila donne sotto i 40 anni hanno scoperto di avere il cancro, spesso ancor prima di essere diventate mamme, ma solo il 10% di loro ha avuto accesso alle tecniche di preservazione della fertilità.” riporta il Prof. Alberto Revelli. Il desiderio di diventare genitori dopo la malattia è stato sottovalutato troppo a lungo; e per questo è fondamentale sensibilizzare pazienti e operatori sanitari su questo tema.

 

 

 

Un presidente col pugno chiuso non è super partes

IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni

In televisione è apparso in modo molto visibile che il presidente del Senato Pietro Grasso, assumendo la carica di capo di “Liberi ed eguali”, ha salutato i suoi sostenitori con il pugno chiuso. Nulla da ridire per il pugno chiuso in una riunione di partito, invece molto da ridire sul fatto che Grasso si esibisca in un atto simbolico di parte, rimanendo presidente del Senato, la seconda carica dello Stato che può esercitare il ruolo di presidente della Repubblica supplente . Quella carica finora era rimasta non contaminata da quanto accadde con la Camera con Fini , Casini e con la Presidenta attuale. Ci fu un precedente nel 1967 quando il presidente del Senato  Cesare Merzagora per un’intervista nella quale criticava la degenerazione partitocratica senza toni polemici ,fu costretto a  dimettersi. Nel 1947 il presidente dell’Assemblea Costituente Giuseppe Saragat quando fece la scissione socialista  di Palazzo Barberini ,creando il futuro  partito socialdemocratico, inizialmente  chiamato partito socialista dei lavoratori italiani, si dimise dall’incarico. Giovanni Spadolini che fu segretario del partito repubblicano ,si dimise dal partito, quando venne eletto Presidente del Senato. Chi presiede certi organismi deve essere e deve apparire super partes. Una lezione che il sen.  Grasso avrebbe dovuto apprendere nel corso della sua  lunga carriera di magistrato. Ma ,evidentemente ,forse, né allora né dopo, Grasso ha prestato molta attenzione ai ruoli istituzionali ricoperti.

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Appare scandaloso che i maggiori giornali italiani non abbiano riportato la fotografia con il pugno chiuso e non abbiano neppure raccontato questo episodio emblematico che parla più di ogni discorso. “Liberi ed eguali” nasce senza fantasia ,guardando al passato. Per un partito che vorrebbe essere la sinistra dura e pura, richiamarsi alla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 10 dicembre 1948 appare un gesto moderato. Va tuttavia ricordato  che la Dichiarazione delle nazioni Unite  precisava che “ tutti gli essere umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti.” Un’eguaglianza nei punti di partenza che ha poco o nulla da spartire con l’egualitarismo giacobino e bolscevico che certa sinistra nostrana vuole sbandierare. Il pugno chiuso di Grasso evoca in modo macabro anche  il comunismo reale, i gulag, il Muro di Berlino, non solo i tanti militanti comunisti italiani in buona fede che meritano assoluto rispetto. Ernesto Rossi che aveva patito il carcere e il confino per i suoi ideali, sosteneva che certe “ineguaglianze“ sono “salutari” e sono quelle tra i pigri e laboriosi ,gli inetti e gli incapaci. La scuola facile per tutti, che regala i titoli di studio, e i sindacati che proteggono anche i fannulloni sono realtà di cui la sinistra radicale è responsabile storicamente. Il discorso dei “Liberi ed  eguali “ senza se e senza ma, si potrebbe dire, appare  ancorato ad un concetto di sinistra, forcaiola e giustizialista che ha provocato grandi guasti in Italia a partire dall’”Autunno caldo” del 1969 in cui si teorizzava il salario come variabile indipendente dalla produttività.  Forse il presidente del Senato dovrebbe meditare prima di ripetere per tre volte, come un vero agitatore di piazza, ”Liberi ed eguali”, domandandosi cosa queste parole significhino effettivamente nella cultura e nella storia.

 

quaglieni@gmail.com

Molinette in prima linea contro la calcolosi

Presso la Clinica Urologica universitaria dell’ospedale Molinette della Città della Salute di Torino (diretta dal professor Paolo Gontero), è in atto una strategia per contenere le sempre crescenti liste d’attesa sulla calcolosi urinaria, una patologia che pesa significativamente sulla sanità regionale visto che può colpire, almeno una volta nella vita, il 10% della popolazione. Questo grazie alla possibilità di eseguire le procedure chirurgiche il giorno stesso in cui il paziente si presenta in Pronto Soccorso con la colica renale. Solo nel 2016 150 pazienti hanno beneficiato di questa modalità e si stima un 10% in più per il 2017. Si tratta di pazienti selezionati, cui viene conferito un grado di urgenza quando il calcolo urinario è di dimensioni tali da rendere impossibile l’espulsione spontanea oppure pazienti che hanno fallito i tentativi con la terapia medica e continuano a ripresentarsi al Pronto Soccorso. “Questa strategia ci consente di evitare l’inserimento in lista d’attesa di pazienti che altrimenti aspetterebbero 2 mesi per effettuare un intervento che ha il carattere di urgenza della classe A ed andrebbe quindi espletato entro 1 mese, secondo le direttive regionali”, spiega il professor Paolo Gontero, direttore della Clinica Urologica. Per fronteggiare queste situazioni è disponibile un’équipe di infermieri reperibili, coordinati dalla Caposala Mirabelli, in grado di attivare al di fuori dell’orario di servizio una sala operatoria attrezzata, in cui possono essere effettuati in tempo reale interventi di calcolosi urinaria anche complessi, quali la chirurgia intrarenale retrograda (nota con l’acronimo di RIRS), una modalità mini-invasiva che consente di trattare per via endoscopica anche calcoli renali di dimensioni significative. E proprio sull’argomento della RIRS, la Clinica Urologica delle Molinette dedicherà nelle giornate del 6 e 7 dicembre un Convegno presieduto da Paolo Gontero e coordinato dai dootori Paolo Piana (responsabile della calcolosi) ed Andrea Bosio. In tale occasione verranno effettuati in diretta interventi di RIRS alla presenza di una faculty di ospiti nazionali ed internazionali.

(foto: il Torinese)

Italia dove vai?

Il Censis (Centro Studi Investimenti Sociali) fotografa, con il suo 51 rapporto, il Bel Paese che tanto bello non è più da vent’anni. Seppur quest’anno ci sia stata la crescita (metà però di quella delle altre nazioni europee) e non congiunturale, ma probabilmente strutturale, a sentire l’ex ministro dell’Economia Domenico Siniscalco (attualmente Vicepresidente della Morgan Stanley), gli italiani non hanno fiducia in nessuno che li rappresenta e dirige l’Italia: l’84% degli italiani non ha fiducia nei partiti politici, il 78% nel Governo, il 76% nel Parlamento, il 70% nelle istituzioni locali, sia Regioni che Comuni. Se la fiducia è una cosa seria, come recitava uno slogan pubblicitario, la sfiducia riguarda tutti e non perdona nessuno.

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A riprova, ne sono l’aumento progressivo degli assenteisti alla elezioni. Se il 60% è insoddisfatto di come funziona la democrazia nel nostro Paese, va ancor peggio per il 64% che è convinto che la “gente”, il popolo non conti nulla, fino ad arrivare al 75% che valuta negativamente l’erogazione dei servizi pubblici in relazione al costo. Il Censis rileva che: “non sorprende che i gruppi sociali più destrutturati dalla crisi, dalla rivoluzione tecnologica e dai processi della globalizzazione siano anche i più sensibili alle sirene del populismo e del sovranismo”. Ne consegue che il rancore, l’astio nei confronti di tutti e di tutto la fa da padrone. Un’Italia che cambia (male aggiungiamo noi) di conseguenza stravolge e rivoluziona le classifiche delle cose importanti che nell’ anno che sta per finire stanno peggiorando rispetto al censimento che fotografa la situazione, per buona parte, dello scorso anno. L’amara classifica fa registrare che: i social network si posizionano al primo posto (32,7%), per fortuna resiste il mito del “posto fisso(29,9%), ma chi lo avrà più? inseguito dallo smartphone (26,9%), dalla cura del corpo -i tatuaggi e la chirurgia estetica – con il 23,1% e drammaticamente dal selfie (21,6%) per tutte le occasioni; precedendo il sogno della prima casa che fa registrare solo il 17,9% e quello di un valido titolo di studio come strumento per accedere al lavoro e di gratificazione sociale (14,9%). Stranamente, tra i desideri, l’auto nuova scende al (7,4%) e il cinema non conta quasi più nulla facendo registrare solo il 2,1% delle indicazioni. Con una maggioranza schiacciante vincono i social network e internet (26,6%) che anche per ridurre il costo delle intermediazioni fa registrare la crescita del Web per il “fai da te“.

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Alla fine si taglia su tutto, ma non su Smartphone e computer. In questo, avvilente panorama, crollano gli investimenti pubblici non solo a causa del Patto di Stabilità, ma anche per via della burocrazia e del recepimento troppo rigido delle normative europee. Ancora una volta si registra il sommerso, ma non è più quello degli anni ’70, che nascondeva aree di grande produttività, di sviluppo e ricchezza. Questo è un sommerso “post terziario”, statico che non crea sviluppo, benessere e non funge da volano per l’economia con lavori spesso affidati a multinazionali con maestranze all’estero Albania,Romania, India ecc.) e tasse pagate all’estero o non pagate del tutto. Anche quest’anno tirano ancora il turismo e l’export per chi ha capacità di autofinanziamento perché le Banche (non solo per colpa loro) ai piccoli imprenditori non erogano credito. La strada per risalire la china sarà lunga e non si vede nulla o quasi all’orizzonte che faccia ben sperare. Se l’Italia fa registrare ancora un grande sommerso è anche quella dei lavoretti, dei lavori a partita Iva. Concludiamo con frasi dello scrittore Giovanni Arpino: ” Vivi in pace e dà pace“, ma aggiungiamo noi, di questi tempi, chi ti fa vivere in pace e soprattutto chi te la dà?, e in particolar modo sarà possibile che, “risorgeremo salvatori”… solo se crederemo nell’italianità!

Tommaso Lo Russo

Non si arresero al ‘68

di Pier Franco Quaglieni
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Ho ritrovato una lettera che ha un valore storico, datata 11 marzo 1968 e  firmata da tre docenti incaricati  e due assistenti dell’Università di Torino. Abbiamo raccontato come nacque la contestazione nel novembre 1967  in questo articolo http://www.iltorinese.it/il-67-cinquant-anni-dopo-e-io-difendo-mario-allara/ Adesso questa lettera coraggiosa non di baroni, ma di docenti allora poco importanti(il più noto è  il prof. Rosolino Sacchi che divenne un Maestro insigne, un geologo di fama internazionale e che è anche Accademico delle Scienze ), dimostra che ad opporsi alle deriva demagogica non furono solo Allara, Venturi, Garosci. Anche allora giovani docenti ebbero la consapevolezza di che cosa stava succedendo e lo denunciarono con fermezza. Si denunciava il protrarsi di una <<situazione di violenza, illegalità, paralisi che aggrava profondamente la crisi dell’Università italiana>>. Si affermava che <<l’agitazione studentesca, partita all’origine da ragioni valide connesse all’invecchiamento e alle molteplici manchevolezze della struttura universitaria, è stata strumentalizzata in funzione politica da organizzate minoranze >> La lettera si conclude  con questa affermazione profetica :<< Riteniamo  che debolezza, conformismo e desiderio di facile popolarità da parte di autorità accademiche e dei docenti, siano al momento il pericolo principale>>. Grande, grandissimo prof. Sacchi che seppe vedere fin da subito cosa sarebbe accaduto e rifiutò” la facile popolarità ” per tentare di impedire la desertificazione degli studi. Davvero una rara avis Rosolino Sacchi con i suoi colleghi di Geologia.
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quaglieni@gmail.com

Contratti di lavoro: responsabilità di appaltatore e committente

Ne parliamo con l’avvocato Erasmo Geusa* del Foro di Torino

 

IL FATTO. Il conducente del veicolo della ditta alfa (dipendente della ditta appaltatrice del contratto di trasporto), a fine corsa e nello stabilimento della committente beta, effettuando “una manovra impropria”, non inerente allo scarico della merce da lui trasportata, cadeva in una vasca che risultava allagata da acque calde per la lavorazione dei tessuti animali adiposi, a temperatura di circa 70 gradi, provocandosi ustioni su circa il 40% della superfice corporea, ustioni di terzo grado, che gli provocavano la morte per shock settico e sindrome da fibrillazione.

 

IL DIRITTO. Ci si chiede quale sia la responsabilità della società alfa, della società beta e come esse vengano regolate secondo la normativa vigente. La materia è regolata dal D.Lgs n. 81/2008 e dagli artt.113 e 589 cp.: segnatamente, nella vicenda in oggetto, per l’accusa trattasi di cooperazione colposa nella causazione dell’evento mortale, tra la ditta alfa e la ditta beta, in persona dei vertici apicali che le rappresentano. Come viene qualificata la condotta colposa? La colpa è qualificata da tre accezioni differenti: imprudenza, imperizia, negligenza. (art.43 cp: … è colposo, o contro l’intenzione, quando l’evento, anche se preveduto, non è voluto dall’agente e si verifica a causa di negligenza o imprudenza o imperizia, ovvero per inosservanza di leggi , regolamenti, ordini o discipline). La colpa, in questa materia, in generale, e nel caso in oggetto in particolare, viene evidenziata quindi rispetto alle buone regole previste in materia di prevenzione degli infortuni nei luoghi di lavoro, in materia di formazione dei dipendenti che, a vario titolo, devono svolgere le proprie mansioni nei suddetti luoghi e in materia di cooperazione di informazioni e buone prassi applicative tra i rapporti che, a vario titolo, intercorrono nei contratti di appalto, tra il committente e l’appaltatore. In materia usa chiamarsi la norma giuridica a cui fare riferimento per andare esenti da colpa, la “norma di copertura”.

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La condotta negligente, perché non adeguata alla “norma di copertura”, dovrà essere, però, in un rapporto di “causa effetto” con l’evento mortale: in altre parole, l’interprete dovrà sempre chiedersi se ed in qual misura quell’omissione di strumenti di tutela giust-lavoristica sia stata rilevante, anche solo parzialmente, per la causazione dell’evento. In tema di causalità colposa, un esempio scolastico, ma assai chiarificatore, può essere quello del dipendente ferito (per violazioni delle norme antinfortunistiche), anche solo in modo lieve, che subisce un incidente mortale, mentre vien trasportato in ambulanza in ospedale. Un conto è la responsabilità per le lesioni guaribili subite per quell’omesso controllo del datore di lavoro, un altro conto, invece, se a seguito del sinistro stradale gli aggravamenti siano tali da condurlo alla morte. Nel caso di specie, ripeto scolastico, si capisce il senso “del nesso di causa” nella sua applicazione pratica: il datore di lavoro dovrà, semmai rispondere, di lesioni colpose, ma non certo di omicidio colposo, per effetto di una causa sopravvenuta a lui non riconducibile. Fin qui tutto chiaro, se non addirittura banale. Torniamo però al nostro caso di specie. Dalle indagini condotte sul luogo del sinistro risultava che il conducente dell’automezzo si fosse infortunato cadendo accidentalmente in una vasca di alimentazione dell’impianto con liquidi ustionanti (che come vedremo, però, lì non avrebbero dovuto trovarsi), compiendo una manovra per nulla attinente con le sue mansioni di conducente di autoarticolati, anche perché nelle sue mansioni non era affatto prevista quella dello scarico della merce. Insomma: cosa ci faceva il dipendente della ditta di autotrasporti alfa nella vasca dello stabilimento della ditta beta? Attenzione: pare che stesse recuperando una scopa per pulire il suo automezzo (!)

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Il caso scolastico quindi, se riportato alla nostra vicenda, diventa <meno banale>, in quanto ci si deve chiedere in quale misura la condotta anomala del dipendente abbia influito nella causazione del sinistro, ma soprattutto se ed in quale misura anche i datori di lavoro siano in concorso di colpa. L’ipotesi accusatoria ha esteso anche ai datori di lavoro la responsabilità per colpa, per le seguenti ragioni. La più grave in capo al vertice apicale dell’azienda del luogo in cui è avvenuto il sinistro, ove si sono evidenziate diverse omissioni strutturali, a livello tecnico e per omessa manutenzione dell’impianto, che -se a norma- non avrebbe dovuto avere i reflui di scolo ustionanti nella vasca di alimentazione impianto, cioè non avrebbe dovuto avere acque di scolo, anche per cause anomale e non previste. Oltre a ciò venivano contestate gravi omissioni nella segnaletica e nei sistemi di protezione da ingerenze esterne di qualsivoglia natura. Ed infine la mancata formazione al personale dipendente ed addetto ad interagire con il personale esterno dei fornitori, nonché la mancata informazione alle ditte fornitrici dei rischi specifici inerenti l’attività praticata in azienda. Quanto poi alla ditta beta, cioè il fornitore del contratto di trasporto, datore di lavoro dell’infortunato, venivano ravvisate omissioni rilevanti, sia in senso di scambio di informazioni e cooperazione sui rischi inerenti l’attività svolta dall’impresa committente, sia sulla formazione diretta dei suoi dipendenti che, ovviamente, oltre a dovere conoscere le norme a tutela di un corretto comportamento per le proprie mansioni dirette, avrebbero dovuto conoscere quali accorgimenti rispettare nelle mansioni inerenti il contatto con ambienti di lavoro diversi dai propri, ma comunque collegati per la cooperazione professionale.

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Nel caso di specie, essendo l’RSPP interno privo di delega con potere effettivo di spesa, l’ipotesi d’accusa ricadeva tutta in capo al datore di lavoro, a nulla servendo appunto la delega di funzioni. Il difetto di spesa è sempre colpa, la delega funzionale senza potere di spesa non libera di responsabilità penale il datore di lavoro. Il principio ispiratore della materia è questo: il datore di lavoro virtuoso deve prevenire l’evento infortunistico secondo le regole d’esperienza e la buona prassi, secondo la “norma di copertura” appunto. Non rileva affatto che il dipendente o non abbia avuto un comportamento anomalo o eccezionale: il datore di lavoro virtuoso deve tenere lo stato dei luoghi e degli strumenti della sua azienda adeguati alle norme di prevenzione, apparentemente inutili o costosi, ma necessari se finalizzati alla tutela dei rischi tutti, previsti e prevedibili. I principi esposti in questo caso concreto quindi non sono principi scolastici: il difetto di spesa (voluto dall’imprenditore) per prevenzione dei rischi in termini di formazione ed informazione è sempre sanzionato, così come lo è quello inerente l’ammodernamento e l’adeguamento degli strumenti aziendali. Anche quando la condotta del soggetto infortunato sembrerebbe rivestire una connotazione anomala ed imprevista: per la normativa vigente il rischio prevedibile va previsto ed evitato, così come la condotta imprevista, ma non imprevedibile.

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Avv. Erasmo Geusa

Torino, Via Cibrario 28 bis tel. 011484604, mail studiolegalegeusa@libero.it

Anni 50, Cassazionista. Avvocato penalista specializzato in penale dell’economia, della sicurezza e ambiente, reati commerciali, reati fiscali e tributari, reati della pubblica amministrazione, reati bancari, reati fallimentari, responsabilità medica, responsabilità penale da infortunistica stradale e responsabilità degli enti.