ECONOMIA E SOCIETA'- Pagina 595

Troppi morti per incidenti in bici

 

In Piemonte ventitré morti per incidenti in bicicletta in un solo anno. Il dato è emerso in seguito all’interrogazione di Gian Luca Vignale (Mns) che  in aula ha posto la questione all’assessore ai Trasporti Francesco Balocco, per chiedere quale sia il grado di sicurezza sulle piste ciclabili in Piemonte. Lo scorso anno su 10.905 incidenti accaduti nella nostra regione, ha risposto Balocco, 1.042 hanno coinvolto i ciclisti: 1.002 sono stati i feriti, mentre 23 le persone decedute. Nel 2015 i sinistri erano stati 11.134: 1.043 quelli che hanno interessato i fruitori delle due ruote, 997 sono stati i feriti e 13 i morti. La rilevazione degli incidenti stradali con lesioni alle persone è inclusa nel Programma statistico nazionale istituito dall’Istat, i dati – acquisiti da una molteplicità di enti tra i quali tutte le Forze dell’ordine e le Polizie locali – vengono poi trasmessi anche alla Commissione europea. Le percentuali di incidentalità ciclistica rispetto al totale dei casi verificatesi in Piemonte, mettono in evidenza che il 45,3% nel 2015 e il 43,7% nel 2016 si sono verificati nella provincia di Torino e gli incidenti che coinvolgono i ciclisti, nella sola provincia di Torino, risultano essere l’8% di tutti quelli che si sono verificati nell’intera provincia per tutti i mezzi di locomozione. Seguono Novara, Cuneo e Alessandria. Nella provincia di Novara si ha la percentuale più alta rispetto all’incidentalità dell’intera provincia,  di incidenti che vedono coinvolti ciclisti pari al 16,5% dei sinistri totali. I dati evidenziano inoltre che, seppur siano diminuiti gli incidenti nel 2016, sia al contrario aumentata la loro pericolosità: il numero dei decessi è passato da un valore pari a 13 nel 2015, ad un valore pari a 23 lo scorso anno e, nello specifico nella Città metropolitana si è passati rispettivamente da 6 morti a 11. Durante il question time è stata data risposta anche alle interrogazioni a risposta immediata di Davide Bono (M5s) sulla situazione del nuovo polo sanitario di Venaria (To), di Antonio Ferrentino (Pd) sull’utilizzo dell’erbicida glifosato, potenzialmente altamente pericoloso per la salute delle persone, per l’ambiente e la biodiversità, di Elvio Rostagno (Pd) sulla riqualificazione del rifugio Selleries in Val Chisone (To), di Francesca Frediani (M5s) sulla docente del Liceo scientifico “Gramsci” di Ivrea (To) che avrebbe accompagnato gli studenti ad un comizio di Matteo Renzi, di Federico Valetti sui disagi su tutto il servizio ferroviario regionale a causa della neve, di Angela Motta (Pd) sui requisiti per l’esercizio della professione presso le imprese funebri, di Marco Grimaldi (Sel) sul contrasto al dissesto idrogeologico, di Stefania Batzella (Gruppo misto – Movimento libero indipendente) sul progetto di cooperazione transfrontaliera Italia-Francia “Prosantè” tra l’AslTo3 e il centro ospedaliero di Briançon, di Silvana Accossato (Mdp) sull’effettiva apertura e operatività della Clinica della memoria di Collegno (To).

 

MB – www.cr.piemonte.it

(foto: il Torinese)

E se la preside ‘autoritaria’ facesse solo il suo mestiere?

IL COMMENTO  di Pier Franco Quaglieni

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La preside del liceo “Regina Margherita” e’ oggetto di vigorose proteste da parte dei docenti dell’istituto che annunciano uno sciopero contro la loro dirigente.Un fatto eclatante e davvero insolito. La prof. Marianeve Rossi , preside da pochi mesi, viene accusata di autoritarismo, mentre lei parla semplicemente di ripristino della legalità all’interno dell’Istituto da lei diretto . Il “Regina Margherita ” , visto anche solo di fuori, per l’estrosa e inappropriata pittura geometrica della facciata, appare una scuola nella quale gli organi dirigenti sembravano assenti . Infatti per due anni essa e’ stata priva di un preside titolare, malgrado l’alto numero di allievi e tre sedi. E’ impossibile dimenticare nella storia del “Regina Margherita “l’incredibile episodio degli interni della scuola deturpati dagli studenti negli anni 70 ,quando il preside Alonge , futuro docente universitario e preside del DAMS, lasciò fare all’estro contestativo degli studenti che ,invece di seguire le lezioni, si improvvisarono pittori fantasiosi . Dovettero far ridipingere l’intero istituto, a carico ovviamente dello Stato . Il “Regina ” ebbe un grande preside negli anni della contestazione, cinquant’anni fa, con Roberto Berardi futuro ispettore centrale del Ministero della P.I. che seppe affrontare di petto il facilismo e il permissivismo trionfante. Poi la scuola divenne via via sempre più un istituto magistrale In crisi e alla disperata ricerca di una nuova identità che trovo ‘ con la sezione linguistica. Smarri ‘ la sua storia e come liceo (sono diventati tutti licei e i veri licei hanno perso il loro smalto originario) non venne mai considerato rilevante ne’ in positivo ne’ in negativo.

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Il corpo docente in passato ebbe professori molto validi, ma oggi il solo fatto che la stragrande maggioranza degli insegnanti sia sindacalizzata in un periodo di profonda crisi dei sindacati, non depone favorevolmente, pur senza voler fare generalizzazioni ingiuste . Accusare un capo d’istituto di autoritarismo appare un argomento spuntato ed abusato. Un vero ritorno al clima del’68 con cinquant’anni di ritardo . Il Preside di una scuola ha precisi doveri e responsabilità che non possono facilmente conciliarsi con un corpo docente abituato a far da se’ o quasi . Ci furono istituti in cui a governare era la triplice sindacale e non il capo di istituto. Non furono delle belle storie perché chi non era o non voleva allinearsi era considerato un reprobo senza diritti. Il fatto che si litighi sulle toilettes , come riportano i giornali, non appare particolarmente significativo.  Noi non conosciamo la prof. Rossi, non sappiamo se usi metodi “autoritari “. Sappiamo però che per troppi anni la figura del preside e’ stata considerata come quella del passacarte e del mero burocrate a cui accollare ogni responsabilità delle decisioni assunte dagli organi collegiali della scuola, nati da quei “Decreti delegati Malfatti “che tanto danno hanno provocato alla scuola, minando in primis la professionalità dei docenti e la libertà di insegnamento . Pensare ad una preside pre -sessantotto non ci dispiace e la tanto contestata prof. Rossi ci appare simpatica . C’e ‘ chi ha parlato di lei come di una sorta di padrone del vapore dei primi del secolo scorso. A noi appare una donna che sa assumersi le proprie responsabilità senza le diplomazie e i bizantinismi di tanti presidi- manager che non vengono neppure dall’insegnamento o addirittura giungono dal sindacato .

 

quaglieni@gmail.com

Sanità, il nodo delle liste d’attesa

In Piemonte le liste di attesa in sanità sono un nodo irrisolto che si è ulteriormente ingarbugliato in questi quattro anni di amministrazione Chiamparino. La legislatura regionale è quasi agli sgoccioli ed il traguardo del 2019 si avvicina ,nonostante la questione collegata all’autentica delle firme ( problema che c’è sempre stato , ma cheha portato all’annullamento delle elezioni soltanto nel 2014) ,ed il peggioramento di tutti  i  servizi che  dipendono  dalla  Regione è  stato  una  costante   di  questi ultimi anni. Allora, ecco l’annuncio, faranno, faranno, etc, etc. Peccato che i programmi sino ad oggi presentati dalla Giunta Chiamparino non siano altro che una scopiazzatura in peggio dei programmi che noi stavamo efficacemente realizzando e che avrebbero cambiato veramente la   marcia se la legislatura non fosse stata bruscamente ed
ingiustamente   interrotta. Venendo   all’annuncio   di   voler   far   prenotare   direttamente visite ed esami dai medici di famiglia , la decisione era stata nostra, anche se ,per noi, si collocava all’interno di  una strategia complessiva che prevedeva anche l’esercizio
della medicina di base all’interno di  strutture  aperte almeno dodici ore al giorno.
Roberto Cota

Mappe del territorio metropolitano

 Il primo atlante della città di oggi e della sua trasformazione nel recente passato

 

Mercoledì 13 dicembre, ore 17,30 IED – Istituto Europeo del Design, via san Quintino 39

Ingresso libero fino a esaurimento posti disponibili. Registrazione consigliata.

 

Un incontro pubblico dedicato a descrivere chi sono i torinesi oggi, in un racconto che intreccia fenomeni strutturali e nuove dinamiche, processi di lungo periodo e manifestazioni più recenti.

I dati raccolti confermano come la Torino contemporanea sia una città plurale, caratterizzata da una forte componente straniera, e punto di riferimento anche per l’immigrazione da altre regioni italiane, specie meridionali. A fronte di una crescente componente di popolazione anziana, diventa sempre più centrale valorizzare la risorsa rappresentata dai giovani e lavorare per cercare di affrontare le disparità nei livelli di istruzione, di occupazione e di reddito, che con differenze a volte anche molto significative interessano i vari quartieri cittadini.

Nel terzo seminario dedicato a conoscere ed approfondire le caratteristiche strutturali del nostro territorio, si proverà ad avviare una discussione attorno a come le politiche e le strategie di rigenerazione possano agire da leva per attivare/riattivare le comunità urbane, agendo da fattore di sviluppo locale, intercettando in maniera operativa e concreta la dimensione socioeconomica, incoraggiando e promuovendo la generazione di nuove competenze, capacità ed opportunità.

 

Dopo CASE. Tra spazi vuoti e eccessi di proprietà (16 ottobre 2017) e SUOLI. Trasformazioni urbane, vecchi problemi e nuovi usi (13 novembre 2017), PERSONE. Capitale sociale a Torino: una città, tante vite è il nuovo appuntamento del ciclo di incontri pubblici dedicati a conoscere, approfondire e discutere le caratteristiche strutturali del nostro territorio. Gli incontri costituiscono il percorso di accompagnamento verso la redazione di Torino ATLAS. Mappe del territorio metropolitano, uno strumento che attraverso mappe, rappresentazioni cartografiche e infografiche propone una panoramica sulla Torino di oggi. Curato da Urban Center Metropolitano e Centro Einaudi, in collaborazione con IED – Istituto Europeo del Design, Torino ATLAS è un vero e proprio atlante e presenta una selezione dei dati statistici prodotti e raccolti nel tempo dal gruppo di ricerca del Rapporto Rota.

Il prossimo appuntamento è dedicato alle IMPRESE (16 gennaio 2018 al Centro Einaudi).

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PERSONE. Capitale sociale a Torino: una città, tante vite

Mercoledì 13 dicembre, ore 17,30

IED – Istituto Europeo del Design, via san Quintino 39

Ingresso libero fino a esaurimento posti disponibili. Registrazione consigliata.

 

Intervengono:

Luca Davico (DIST e Centro Einaudi), Claudio Calvaresi (Avanzi.org)

 

Partecipano alla tavola rotonda:

Alberto Barberis (Gruppo giovani Imprenditori, Unione Industriale Torino), Silvia Cordero (Ufficio Pio, Compagnia di San Paolo), Tommaso Delmastro (IED Torino), Erika Mattarella (Bagni di via Agliè), Carlo Massucco (Comune di Torino).

 

Moderano:

Simona Patria (ATC Torino), Davide Pellegrini (Associazione Italiana Sharing Economy)

Al Pronto soccorso del Mauriziano il codice Fast

Al Pronto soccorso dell’ospedale Mauriziano arriva il codice Fast. Alle porte dell’arrivo della stagione invernale e di conseguenza dell’influenza, che comporta il problema di sovraffollamento dei Pronto soccorso, su iniziativa del Direttore generale dottor Silvio Falco e del responsabile del DEA Domenico Vallino verrà attivata questa nuova ed innovativa tipologia di codice e di percorso del paziente. Si tratta di un nuovo percorso dove confluiranno pazienti con problematiche mediche e chirurgiche di diversa gravità (codici bianchi verdi e gialli), per i quali però si prevede un iter diagnostico terapeutico veloce che sfocia in una rapida dimissione dalla Struttura del Pronto soccorso. Questo nuovo ambulatorio sarà attivo dal lunedì al venerdì dalle ore 10 alle ore 18, ovvero nella fascia oraria con più alto flusso di accessi in DEA (che conta quasi 60.000 accessi ogni anno con la maggior parte dei casi di codice verde e bianco). Lo scopo di questa innovativa e rivoluzionaria iniziativa è quella di ridurre i tempi di attesa per la visita medica e migliorare il Servizio offerto alla popolazione. In analogia ai codici bianchi potrebbero essere soggetti al pagamento del ticket regionale sul PS, secondo quanto previsto dalla normativa. L’ambulatorio sarà gestito da un medico dell’équipe di Medicina e Chirurgia di accettazione e d’urgenza supportato da un infermiere esterno all’organico del DEA, ma dipendente dell’Azienda Mauriziano UmbertoI. L’attività verrà svolta in un’area dedicata adiacente alla sala d’attesa del Pronto soccorso.

Torino citta’ cardioprotetta, anche alla Tesoriera

Saranno presenti alcune classi delle scuole del territorio che assisteranno a una dimostrazione sull’utilizzo dei DAE

Martedì 12 dicembre alle ore 11 al Parco della Tesoriera (presso la sede del Cai Uget) sarà installato il primo degli otto defibrillatori, donati dalla Live Onlus alla Città di Torino nell’ambito del progetto “Torino Città Cardioprotetta”, che saranno collocati nei prossimi mesi in tutte le Circoscrizioni cittadine. L’obiettivo è quello di promuovere i principi della tutela della salute e diffondere la pratica dei “gesti salva vita”. Interverranno Enzo Lavolta, Vicepresidente Vicario del Consiglio comunale, Marco Chessa, Consigliere comunale di Torino e Claudio Cerrato, Presidente della Circoscrizione 4. Testimonial dell’evento sarà l’atleta Marco Giuliano della Società di pallanuoto Torino ’81. Saranno presenti, inoltre, alcune classi delle scuole del territorio che assisteranno a una dimostrazione sull’utilizzo dei DAE (Defibrillatori Automatici Esterni) a cura di ANPAS Piemonte (Associazione Nazionale Pubbliche Assistenze).

Linea di confine. Spigolature di vita e storie torinesi

di Pier Franco Quaglieni

Israele e Trump – De “Repubblica” ed altro – Scuole fredde, teste calde – Cuochi e chef

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Israele e Trump

Il Presidente degli Usa Trump ha deciso di traferire l’ambasciata americana in Israele a Gerusalemme,un atto promesso e non mantenuto anche da altri Presidenti americani,considerando il clima perturbato in Medio Oriente. La decisione di Trump difficilmente può essere condivisa. Gettare benzina sul fuoco in questo frangente internazionale e’ quanto di peggio si possa fare.Chi scrive e’ stato sempre un fermo e costante sostenitore di Israele e del suo diritto ad esistere,ma non può condividere un gesto politico che sta creando nuove violenze e nuove tensioni. Il valore della pace e’ preminente rispetto a tutto.Ha ragione Papa Francesco che sostiene la necessità della prudenza. Oggi il mondo arabo diviso potrebbe trovare linee comuni proprio in nome della solidarietà con i Palestinesi. Gerusalemme e’ la città di tre religioni e va rispettata come città della pace e non porla come pomo di discordia. Nella politica estera americana ci vuole equilibrio e saggezza,l’idea di imitare Reagan di fronte alla Libia e’ un’idea sbagliata ,come fu un gravissimo errore quello di Obama di fronte a Gheddafi. La minaccia dell’Isis va combattuta ,dandole priorità con realismo politico e non con atti ,magari condivisibili in linea di principio,ma inopportuni in questo momento.Difendere Israele comporta un’accortezza che Trump drammaticamente non possiede.

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De “Repubblica “ed altro

La manifestazione di estremisti di destra sotto la sede del quotidiano “La Repubblica” va condannata con fermezza perché evoca oggettivamente lo squadrismo. Il miglior modo per manifestare contro il giornale di Scalfari, Mauro e Calabresi e’ non acquistarlo in edicola. Io non lo compro mai e divido le persone tra chi si informa solo su quel quotidiano e chi non si abbevera sulle pagine di quel giornale che pure fu una grande novità del giornalismo italiano. Ma non si può neppure sostenere che i giornali non possano essere contestati con manifestazioni, specie se si tratta di giornali-partito. In ogni caso, gli stessi estremisti in questione stanno dando una mano a chi oggi vuole creare nel Paese un clima di intolleranza ,evocando i fantasmi del passato. Un pericolo fascista oggettivamente non esiste perché le sorti di una democrazia malata si giocheranno con un voto democratico nella prossima primavera .In Italia nessuno può evocare il clima della Repubblica di Weimar. La nostra e’ una Repubblica malandata e rissosa, spesso inconcludente, ma non siamo giunti a questo punto. Sia pure con un sistema elettorale che già adesso si sta rivelando poco utile a governare, si può pensare al domani. Il vero pericolo sono i 5 stelle per la loro incompetenza e impreparazione. Non scambiamo i fantasmi del passato remoto con i problemi dell’oggi.

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Scuole fredde, teste calde

Alcune scuole torinesi sono rimaste al freddo. Gli studenti sono subito scesi in agitazione bloccando le lezioni. Sicuramente non si può svolgere un lavoro didattico proficuo al freddo. Ma trarne spunto per far casino non appare lecito. Io ricordo di aver insegnato nella mia giovinezza al liceo “Cottini” che aveva un impianto di riscaldamento inadeguato. Per quattro anni feci lezione con il cappotto e il cappello in testa. Erano gli anni del terrorismo e in quella scuola circolavano i volantini delle Br ed alcuni colleghi erano apertamente favorevoli se non contigui al terrorismo. Non ricordo che gli allievi avessero da eccepire sul riscaldamento, venivano a scuola con la giacca a vento. Forse il caldo della politica, di una certa politica sostituiva i termosifoni mal funzionanti. Quando entrai per la prima volta nel mese di novembre in quella scuola, un bidello mi chiese sorpreso perché avessi lasciato il soprabito in sala professori. Io rimasi stupito da quell’interrogativo così strano. Lui mi avverti che avrei potuto non più ritrovarlo al momento dell’uscita perché in quella scuola rubavano tutto .Dopo poco mi resi conto che il riscaldamento non funzionava e dovetti munirmi di cappotti adeguati, rifiutando io di indossare l’eskimo di tanti colleghi che nei collegi docenti volevano la votazione per alzata di mano e parlavano come piccoli agitatori politici.

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Cuochi e chef

Anche a Torino sta montando l’idea che la cucina debba essere affidata non ai cuochi esperti, ma agli chef più o meno stellati che vanno più in tv che non ai fornelli. Oggi una parte di avventori tende ad andare al ristorante non tanto per gustare un determinato piatto, ma per vantare di aver assaggiato i virtuosismi di uno chef, per usare le parole di Roberto Robazza in un pregevole articolo uscito su “Civiltà della tavola”, mensile dell’Accademia Italiana della Cucina ,l’istituzione fondata dal grande Orio Vergani nel 1953 e che ha a Torino tanti accademici significativi, in primis Elisabetta Cocito, che ha scritto un godibilissimo articolo sul viaggio alla ricerca dei cibi genuini nella Valle del Po fatto da Mario Soldati nel 1957 alla tv . All’Accademia non ci si lascia condizionare dalle mode e si esprimono valutazioni sui locali dove si cena. Il cuoco dovrebbe essere il mezzo, osserva Robazza, per raggiungere il fine rappresentato dal buon cibo . Oggi si tende a concentrare tutto sullo chef, spesso a prescindere dal cibo offerto. Potremmo fare degli esempi anche a Torino, senza arrivare a Milano dove questa piccola perversione ha raggiunto limiti sconvolgenti . Si potrebbe infine anche parlare del rapporto davvero incredibile tra Carlin Petrini che dovrebbe rappresentare un che di popolare come fu ARCI Gola e gli chef stellati, apparentemente, solo apparentemente ,un ossimoro. All’università del gusto di Pollenzo le due realtà si incrociano e si compenetrano fino a identificarsi.

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LETTERE   scrivere a quaglieni@gmail.com

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Le barche della Regione

Cosa ne pensa dell’idea della Regione Piemonte e dell’idea degli assessori al turismo e all’ambiente di consentire imbarcazioni con motore affittate a chiunque per favorire il turismo ?

Leopoldo Vita

Mi sembra un’ idea sbagliata. Sul Po ,viste le dimensioni del fiume a Torino, si va a remi. Si dovrebbero invece ripristinare “Valentina” e “Valentino” per incrementare il turismo. I due battelli, come tutti ricordiamo, fecero una pessima fine e nessuno più ne parla. Lasciare a chiunque la conduzione di una barca a motore e’ da irresponsabili. Già con le barche a remi degli imbarcaderi accadevano incidenti anche mortali con annegamenti di persone. Hanno ragione i canottieri ad apporsi,loro il fiume lo vivono e lo conoscono anche nelle sue insidie.

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L’addio alla mamma del professore

Caro professore, ho letto sull’edizione torinese del “Corriere della Sera” della scomparsa della sua mamma, davvero una grande nobildonna, semplice e modesta, vissuta oltre i cent’anni. Sincere condoglianze .

Gina Trossarelli

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Grazie,ho ricevuto tantissime attestazioni ,in questa triste occasione anche da persone che non conoscevo .E’ stato di grande conforto sentire vicino tanti amici come lei.

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La redazione e il direttore del “Torinese” partecipano al dolore del prof. Quaglieni per la scomparsa della cara mamma

L’impatto di Re Peperone

Il bilancio della“68a Fiera Nazionale del Peperone di Carmagnola” e della “21a Mostra Regionale della Toma di Lanzo e dei Formaggi d’Alpeggio” di Usseglio

I dati presentati a Torino presso la Sala Stampa della Regione Piemonte – Piazza Castello 165

 

Le ricerche universitarie coordinate dal dott. Giuseppe Attanasi – docente dell’Università Bocconi di Milano e dell’Università di Lille 1 – confermano il successo delle due manifestazioni.  L’impatto economico totale minimo della Fiera Nazionale del Peperone 2017 è stato di 10.491.376 € – 2 volte l’impatto rilevato nel 2016, 4 volte quello del 2015 e 5 volte quello del 2014 – e sono aumentati del 15% i turisti altamente motivati che si sono recati a Carmagnola proprio per la Fiera.  L’impatto economico totale minimo della Mostra di Usseglio è di di 156.006,00 €

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Giovedì 7 dicembre 2017 presso la Sala Stampa della Regione Piemonte a Torino, si è svolta la conferenza stampa di presentazione dei risultati di due qualificate ricerche universitarie sugli effetti economici, sociologici e turistici delle manifestazioni “68a Fiera Nazionale del Peperone di Carmagnola” e “21a Mostra Regionale della Toma di Lanzo e dei Formaggi d’Alpeggio” di Usseglio, due eccellenze della provincia di Torino e del panorama nazionale delle manifestazioni gastronomiche e culturali che confermano il loro successo anche attraverso questi dati.

 

La ricerca è stata condotta da un team di ricercatori coordinati e guidati dal dott. Giuseppe Attanasi, docente dell’Università Bocconi di Milano e dell’Università di Lille 1, e composto dalla dott.ssa Simona Cicognani – ricercatrice dell’Università di Verona, dal dott. Paolo Galloso – responsabile Ufficio Studi Anima di Confindustria Milano e dalla dott.ssa Sara Poli – Laurea Magistrale all’Università di Torino, con la partecipazione del Laboratoire d’Economie Experimentale de Strasbourg (LEES) – Université de Strasbourg (Francia) e del Laboratori d’Economia Experimental (LEE) – Universitat Jaume I Castellón (Spagna).

Lo scopo di queste ricerche è stato quello di misurare gli effetti economico-sociologici delle due manifestazioni sul turismo culturale nelle loro città e nella Provincia di Torino, con valutazioni che non vogliono essere semplicemente informativi sulle rilevazioni statistiche dei dati di affluenza, quanto piuttosto un tentativo di monitorare, attraverso la raccolta continuativa dei dati nel tempo, l’impatto economico ed il capitale sociale generato sull’economia locale.

Per ciò che riguarda la metodologia, le stime sono state realizzate a partire da un questionario cartaceo sottoposto ai visitatori nel corso delle due manifestazioni da parte di diversi intervistatori, studenti di istituti superiori del territorio appositamente formati per questo genere di rilevazioni.

I DATI DELLA “68a FIERA NAZIONALE DEL PEPERONE” DI CARMAGNOLA”

La ricerca mostra il livello e la natura dell’effetto positivo della manifestazione sul territorio di Carmagnola, in termini sia di qualità percepita dai partecipanti sia di impatto economico generato dalle spese dei turisti.

È stato quindi stimato l’impatto economico totale nel breve periodo determinato dall’aumento transitorio della domanda nei settori di attività maggiormente legati alla manifestazione: alloggi, ristoranti, caffè e bar, visite culturali e trasporti.

La stima dell’IMPATTO ECONOMICO TOTALE MINIMO È PARI A 10.491.376 € 2 volte l’impatto rilevato nel 2016, 4 volte quello rilevato nel 2015 e 5 volte quello rilevato nel 2014 – e rappresenta il valore minimo della ricchezza economica prodotta dalla Fiera sul suo territorio nell’edizione 2017.

La causa di tale straordinario aumento dell’impatto economico dell’evento è stato identificato nella maggiore presenza, da 1% nel 2016 a 15% nel 2017, di turisti italiani e stranieri che si sono recati a Carmagnola nei giorni dell’evento per partecipare allo stesso, e che non vi si sarebbero recati se esso non fosse stato organizzato.

Il risultato dell’elaborazione costituisce l’IMPATTO ECONOMICO MINIMALE soprattutto per il fatto che il campione è stato ristretto considerando solo i “visitatori non originari che risiedono al di fuori della provincia di Torino e che si sono recati a Carmagnola motivati dalla Fiera”, escludendo quindi coloro che sarebbero venuti a Carmagnola anche se non ci fosse stata la Fiera, coloro che sono venuti a Carmagnola per far visita a parenti e amici e coloro che sono venuti per lavorare alla Fiera. Inoltre, l’aggettivo “minimo” indica che si tratta di una soglia inferiore anche perché potrebbero esserci altre componenti di lungo periodo (ritorno dei turisti nella zona, passaparola per la partecipazione ad altri eventi, ecc…) che questo studio ancora non compiutamente.

Per completare l’analisi dell’impatto economico dal punto di vista sociologico, è stato introdotto il concetto di CAPITALE SOCIALE ISTANTANEO, che mostra come le persone, dal semplice atto di condividere una singola esperienza comune (nel nostro caso, la Fiera del Peperone), sviluppino una fiducia maggiore nelle persone che incrociano durante l’evento, e che tale fiducia genera una maggiore spesa individuale nei prodotti della manifestazione e nei servizi del territorio che la ospita. Si è registrato un aumento del capitale sociale istantaneo del 9% rispetto al 2016, associabile sia all’esperienza di partecipazione alla Fiera che alla generazione di fiducia nei confronti del territorio che la ospita.

Per ciò che riguarda il CAMPIONE, sono stati raccolti in totale 487 questionari con una probabilità d’errore di campionamento del 4,5% (ottenuta dal test di Marbach e considerando la stima di 250000 visitatori in totale), valore di gran lunga inferiore alla probabilità limite del 10% accettata in letteratura.

Dei 487 intervistati, il 58% sono donne e il 42% uomini, il 36% ha meno di 30 anni ed il 38% ha più di 40 anni e si può quindi sostenere che l’evento attrae un po’ tutte le fasce di età. La provenienza degli spettatori è alquanto eterogenea e mostra una forte attrazione di turisti non-piemontesi, metà dei quali provenienti dall’estero,con il 31% residenti a Carmagnola ed il restante 69% composto come segue: il 7% risiede a Torino, il 17% in provincia di Torino, il 29% in Piemonte ma al di fuori della provincia di Torino (+9% rispetto al 2016, +20% rispetto al 2015, +19% rispetto al 2014), il restante 16% è composto da soggetti non residenti in Piemonte, dei quali l’8% risiede in altre regioni d’Italia e l’8% all’estero.

Per quanto riguarda l’origine degli intervistati si può dire che il turismo generato dalla Fiera non è un turismo cosiddetto “di rientro”, visto che la maggior parte dei visitatori non residenti a Carmagnola sono turisti non originari.

Riguardo alla durata della permanenza, il 94% dei turisti stranieri si è recato alla Fiera per restarci e viverla, pernottando a Carmagnola, così come hanno fatto anche molti turisti italiani non piemontesi (il 72%), magari approfittando della Fiera per visitare altri luoghi vicini a Carmagnola.

Per quanto riguarda l’alloggio utilizzato da chi resta almeno una notte, solo il 49% si è rivolto all’offerta tradizionale – alberghi, agriturismi e B&B (–15% rispetto al 2016, +37% rispetto al 2015), mentre il 42% è stato ospite di parenti e amici (+12% rispetto al 2016, +25% rispetto al 2015). L’offerta tradizionale di alloggio quindi regge e mostra un trend in crescita il legame col territorio in termini di ospitalità da parenti e amici.

Il 28% dei turisti piemontesi (ma residenti fuori dalla Provincia di Torino), il 49% dei turisti italiani (ma non piemontesi) ed il 31% dei turisti stranieri (–43% rispetto al 2016) hanno visitato quest’anno la Fiera per la prima volta, segno che l’evento svolge sempre un importante ruolo di attrazione di nuovi utenti nel territorio che lo ospita.

Per ciò che riguarda la PERCEZIONE GENERALE DELLA FIERA, la motivazione alla partecipazione allo stesso è stata alquanto eterogenea, segno di un evento maturo, che non si basa solo sull’elemento “tradizione” o sulla gastronomia. Il 13% del campione ha dichiarato di partecipare perché “l’evento rappresenta una tradizione” (–6% rispetto al 2016), il 30% per “l’offerta gastronomica” (+15% rispetto al 2016), il restante 57% si è diviso tra “per stare in mezzo a molta gente e divertirsi” (14%), “per curiosità” (29%), “per caso” (3%), “per gli ospiti delle serate” (5%), e per altre ragioni (6%).

Veniamo ora al GIUDIZIO DEGLI UTENTI SULLA FIERA. La stragrande maggioranza degli utenti pensa che si tratti di un evento culturale (81%, +19% rispetto al 2016) e di una manifestazione tradizionale (90%, +4% rispetto al 2016). Il 71% (+8% rispetto al 2016, in linea con il 2015) pensa che la qualità artistica della Fiera intesa come “spettacolo” sia elevata. Allo stesso tempo, il 94% (+11% rispetto al 2016, +15% rispetto al 2015, +40% rispetto al 2014) ritiene che si tratti di un raduno di massa, segno di come di anno in anno la maggiore affluenza di pubblico all’evento stia spostando la percezione dello stesso verso l’idea di una forma di ritrovo per un enorme numero di persone. Solitamente, nel momento in cui si perde il carattere “familiare” di un evento, avviene parallelamente un peggioramento nella percezione dello stesso. Non sembra essere il caso della Fiera del Peperone, visto che il 63% degli intervistati dà all’espressione “raduno di massa”un’accezione positiva.

Un dato molto significativo è che l’87% degli intervistati (l’89% nel 2016) parteciperebbe comunque alla Fiera anche se non fossero presenti ospiti di livello nazionale e internazionale, mentre solo il 62% (il 54% nel 2016) parteciperebbe ugualmente se non fossero presenti le piazze enogastronomiche. L’importanza di queste ultime nel motivare alla partecipazione all’evento è confermata durante questa edizione, se rapportata ai dati delle edizioni precedenti.

Per ciò che riguarda la PERCEZIONE DI ELEMENTI SPECIFICI DELLA FIERA, Come per le tre edizioni precedenti, le aree di maggiore interesse sono quelle enogastronomiche (47%) e la Piazza dei Sapori (40%) con un’offerta gastronomica ritenuta soddisfacente dal 91% degli intervistati (–1% rispetto al 2016), soprattutto a causa della sua varietà (48%) e qualità (40%), meno invece per il prezzo (4%) e la novità (8%) dei prodotti.

Per quanto riguarda invece l’offerta artistica le risposte degli intervistati indicano chiaramente che continuare ad offrire spettacoli artistici di genere diverso è la scelta migliore, vista l’eterogeneità delle preferenze dell’audience della Fiera, trovando in cima alle preferenze, per la prima volta, la Musica Tradizionale Piemontese (29%), e poi la Musica da ballo (27%), i comici (20%), la musica giovanile (16%), la musica tradizionale di altre regioni ed altri paesi (6%) ed il teatro (2%).

Veniamo ora alla spesa percepita e a quella ritenuta congrua per l’organizzazione degli spettacoli artistici, i dati evidenziano, ancora più che nelle edizioni passate, una richiesta di maggiore investimento finanziario nei pur apprezzati spettacoli artistici con solo il 48% degli intervistati (–30% rispetto al 2016) che crede che spendere meno di 30000 euro sia congruo.

I DATI DELLA “21° MOSTRA REGIONALE DELLA TOMA DI LANZO E DEI FORMAGGI D’ALPEGGIO” DI USSEGLIO

La ricerca si è compiuta per la seconda volta su questa manifestazione.

Con la stessa metodologia e gli stessi concetti utilizzati per la ricerca sulla Sagra del Peperone di Carmagnola, l’impatto economico totale della Mostra di Usseglio è di 156.006,00 € (+62% rispetto all’edizione 2016).

Per ciò che riguarda il capitale sociale istantaneo, si è osservato che il 31% dei visitatori accorda la propria fiducia “istantanea” al fatto che la Mostra Regionale della Toma di Lanzo valorizza la tradizione piemontese e in particolare promuove i prodotti di montagna.

Sono stati raccolti in totale 250 questionari su un numero totale di visitatori di circa 27.000. Il campione valutato è composto per il 45% da donne, il 55% da uomini, il 22% con meno di 30 anni di età e il 66% ha più di 40 anni.

Per quanto riguarda l’alloggio utilizzato da chi resta a Usseglio almeno una notte, il 76% ricorre all’offerta tradizionale, cioè ad alberghi, agriturismi e B&B (+51% rispetto al 2016), mentre solo il 7% è ospite di parenti e amici. Questo è un dato molto positivo per il settore turistico locale, in particolare per le strutture ricettive alberghiere.

La Mostra Regionale della Toma di Lanzo è una manifestazione in espansione. Infatti, più del 23% dei visitatori (più del 40% nel 2016) sono «nuovi» visitatori. Dei visitatori intervistati, il 33% (29% nel 2016) dichiara di partecipare alla Mostra perché “questa rappresenta una tradizione”, “per curiosità” il 20%. Il restante 47% si divide tra “per l’offerta gastronomica” (16%; 18% nel 2016), “per stare in mezzo a molta gente e divertirsi” (10%), “per caso” (3%), e “per gli ospiti delle serate” (1%). Ben il 17% dichiara di essere a Usseglio per altri motivi, soprattutto lavorativi, presumibilmente legati alla Mostra.

La stragrande maggioranza degli utenti pensa che si tratti di un evento culturale (74%; 77% nel 2016) e di una manifestazione folcloristica/tradizionale (89%; 91% nel 2016). Il 75% (stesso dato nel 2016) pensa che la qualità artistica della Mostra intesa come “spettacolo” sia elevata.

Un dato molto significativo è che la totalità degli intervistati (98%; +20% rispetto al 2016) parteciperebbe comunque alla Mostra anche se non fossero presenti ospiti di livello nazionale e internazionale.

 

 

 

Sant’Anna: 20 anni di parto a domicilio

903 le donne che sono state seguite in gravidanza dalle ostetriche del Servizio. Il primo contatto avviene tendenzialmente tra il 1° ed il 2° trimestre (rispettivamente 45% e 48%). Mentre solo nel 7% dei casi le donne sono prese in carico durante il 3° trimestre di gravidanza

Il Servizio di parto a domicilio dell’ospedale Sant’Anna della Città della Salute di Torino compie 20 anni. Primo e tra i pochi pubblici in Italia. Il primo bimbo nato a domicilio grazie alle ostetriche del Sant’Anna ora ha 24 anni, ma il Servizio nasce in modo ufficiale ed istituzionale nel 1997. Allora le ostetriche raggiungevano le donne nelle loro abitazione su una vecchia 126 FIAT. Oggi sono due le ostetriche reperibili che seguono le donne in gravidanza e durante i parti a domicilio.

In 20 anni (dati aggiornati allo scorso 31 dicembre) sono 903 le donne che sono state seguite in gravidanza dalle ostetriche del Servizio. Il primo contatto avviene tendenzialmente tra il 1° ed il 2° trimestre (rispettivamente 45% e 48%). Mentre solo nel 7% dei casi le donne sono prese in carico durante il 3° trimestre di gravidanza.

Delle 545 donne che sono risultate idonee al parto a domicilio, in 445 hanno iniziato il travaglio in casa ed in 368 hanno poi partorito nella propria abitazione: 112 (il 30% circa) erano al primo figlio, mentre 256 plurigravide. Dei 445 travagli iniziati a domicilio, 77 hanno richiesto un trasferimento in ospedale ed in 61 casi il parto è stato comunque spontaneo, mentre 13 sono stati i tagli cesarei. Nel post parto invece i trasferimenti in ospedale sono stati 19. Su 368 partorienti solo in 3 casi è stato necessario ricorrere all’episiotomia, un numero bassissimo rispetto alle percentuali nazionali.

Il numero delle coppie che hanno accolto il loro bimbo in casa è cresciuto in modo esponenziale. Dai parti di quel lontano 1997 ne sono avvenuti mediamente una ventina l’anno negli anni successivi, con un picco di 31 gravidanze nel 2007 e 39 nel 2010.

Per garantire la massima sicurezza, i protocolli per il parto a domicilio seguiti dal servizio pubblico sono rigidissimi e basati su criteri oggettivi: la donna deve essere sana; deve avere meno di 40 anni e nessun intervento o malattia importante pregressi; la gravidanza deve essere fisiologica, insorta spontaneamente e non gemellare; il bambino deve essere sano e rispettare una curva di crescita armonica e non deve essere in posizione podalica.

Le donne che hanno scelto di partorire a casa hanno un’età compresa tra i 30 ed i 40 anni, hanno una scolarità medio-superiore e sono al secondo figlio o oltre. Le famiglie che contattano il servizio del domicilio pubblico di solito vivono in città o in prima cintura. Per le abitazioni non esistono criteri particolari, se non l’accessibilità e la possibilità di raggiungere l’ospedale ostetrico ginecologico più vicino in 20-30 minuti.

Per le donne senza fattori di rischio, che effettuano una scelta motivata e consapevole di partorire a casa, sono riconosciuti i benefici per mamma, bimbo e famiglia di un parto domiciliare nell’intimità nella propria casa. L’Oms conclude che il parto a domicilio, se rispettoso di criteri di sicurezza clinici ed organizzativi, è sicuro per la madre ed il bambino.

Inoltre, considerata l’importanza indiscussa del latte materno e dei suoi benefici per la salute di mamma e bambino, bisogna evidenziare che nei parti a domicilio seguiti dal Sant’Anna l’allattamento al seno è avvenuto nel 99% dei casi con successo ed è durato oltre l’anno di vita del bambino. Inoltre è stata nulla la percentuale di casi di depressione post parto.

Uno dei principali punti di eccellenza del Servizio di parto a domicilio è la continuità assistenziale. Le ostetriche del Servizio seguono le coppie da subito, per tutti e nove i mesi di gravidanza, effettuano le visite a casa per tutto il periodo perinatale, fino a 40 giorni dopo la nascita. Queste settimane di visite e colloqui sono il tempo necessario perché si instauri un rapporto di fiducia, confidenza e conoscenza tra la coppia (con il papà coinvolto e protagonista sia delle scelte che del percorso) e le professioniste.

Secondo diversi studi la continuità assistenziale rende il parto ancora più sicuro. Il sostegno di una persona di fiducia in travaglio porta alla diminuzione sostanziale di interventi di medicalizzazione del parto, di uso di ossitocina e tagli cesarei; di traumi perineali ed episiotomie; diminuiscono i neonati che necessitano di cure intensive, i casi di depressione post partum e gli allattamenti inferiori a sei settimane.

Al fine di ampliare la propria offerta assistenziale e renderla sempre più appropriata nel 2008 il Sant’Anna ha anche introdotto una riorganizzazione per intensità di cure delle ostetricie con l’attivazione del reparto Fisiologia a gestione ostetrica, che attualmente gestisce circa 1500 parti all’anno con una percentuale di tagli cesarei inferiore al 6% ed ottimi esiti materni e neonatali ed inoltre nel 2015 ha attivato un Centro nascita a gestione ostetrica, che ha effettuato ad oggi circa 300 parti.

Recentemente, nell’ottobre 2017 il Comitato Percorso Nascita del Ministero della Salute ha elaborato le Linee di indirizzo per la definizione e l’organizzazione dell’assistenza in autonomia da parte ostetriche alle gravidanze a basso rischio ostetrico (BRO) con l’obiettivo di incoraggiare soluzioni organizzative che rispondano non solo a criteri di qualità e sicurezza ma garantiscano una maggiore continuità dell’assistenza al peripartum.

I 20 anni di parto a domicilio, i quasi 10 del reparto di ostetricia a gestione ostetrica, il più recente Centro nascita si inseriscono in modo coerente, armonico e sicuro nei processi di riorganizzazione ed umanizzazione del percorso regionale, che ha introdotto strumenti innovativi e di qualità per l’assistenza alle donne in gravidanza come l’Agenda di gravidanza.

 

 

Il Valore dei Papà

di Davide Berardi *

 

Viviamo ancora oggi in una società costantemente bombardata da messaggi illusori relativi alla figura dell’uomo che non deve chiedere mai, risolutore di ogni problema tramite l’acquisto di un determinato prodotto. Questa propaganda dell’uomo “giusto” è collegata costantemente all’immaginario collettivo per cui i maschi debbano prendere le distanze da comportamenti dedicanti ed affettivi o avvicinarvisi in minima parte a favore di atteggiamenti basati sulla durezza e indipendenza. Così da rappresentare l’uomo “forte”, colui che non piange mai. Ora, al di là del fatto che le lacrime fanno parte del corpo umano dunque, se esistono, possono essere usate come funzione corporea, in realtà, riuscire a sviluppare atteggiamenti caldi ed accudenti non rappresenta nessuna minaccia alla propria identità maschile anzi, semmai, un valore in più, poiché proprio l’aspetto accudente verso l’altro denota il livello di crescita interiore dell’individuo, segnando una matura capacità di crescita e sviluppo affettivo, demarcata dall’abbandono del semplice egoismo personale verso la considerazione dell’altro. Capacità necessaria per riuscire a volere bene veramente a qualcuno al di fuori di noi. Da ciò troviamo la forza per svincolarci dall’assolutezza della capacità cullante in famiglia affibbiata alle donne, nel corso della storia, per sottolineare la grande possibilità di revisionare la figura dell’uomo come elemento “caldo” del sistema famiglia, dandogli il corretto valore che può e deve avere oggi. La tenerezza non è soltanto donna, ma deve essere di entrambi i componenti della coppia e quale momento più propizio se non la nascita di un figlio per raccontare la capacità affettiva evolutiva che può raggiungere un uomo riempiendo a pieno la figura del Papà.

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La nascita indica un tratto di cambiamento nel corso della storia familiare ed è indispensabile sottolineare l’importanza della figura paterna, emotivamente partecipante allo sviluppo psico-fisico di un figlio. Questo perché il padre concorre ad instituire elementi quali sicurezza, stabilità ed affettività all’interno della sfera emotiva del bambino. In caso contrario, proprio perché la natura non tollera i vuoti ed il paterno è necessario nello sviluppo di crescita di un individuo, la mancanza di tale funzione di “padre” porterà con sé il rischio di un “non determinato” sentimento di appartenenza ed una probabile lacuna nei processi di identificazione. Dunque bisogna affermare che nella crescita è bello sentire l’esistenza del papà, un bello sano e funzionale allo sviluppo dei più piccoli. Papà che abbracciano, papà che baciano, papà che accarezzano e sostengono, mostrano proprio in questi comportamenti la loro forza determinante nella crescita del neonato. Non potendo sapere ne’ scegliere spesso il proprio contributo materiale nel rapporto con i propri figli è proprio nella presenza emotiva ed affettiva che il papà va a fare la differenza, non in concorrenza alle mamme, ma congiuntamente. La forza dell’amore verso i propri figli sta nel raccontarlo insieme. E, dato che la società continua ad invaderci con immagini di un “uomo standard”, l’uomo può mostrare il suo coraggio e la sua forza interiore, affettiva e mentale, proprio acquisendo consapevolezza della sua capacità di autodefinirsi, senza la necessità di seguire uno stereotipo imposto e raccontando culturalmente di quanta energia emotiva dispone, esistendo come punto caldo e forte del proprio sistema famiglia, tracciando una linea di condivisione dei compiti di cura dei figli. Il papà come risorsa di cure e valore di coraggio.

 

 

*Dott. Davide Berardi, Psicologo – Psicoterapeuta

Psicologo, Psicoterapeuta ad Indirizzo Relazionale Sistemico, Docente Corsi di Accompagnamento al parto, Psicologo della riabilitazione e del sostegno nella terapia individuale e familiare, Terapeuta del coraggio emotivo.

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