ECONOMIA E SOCIETA'- Pagina 562

Formazione e lavoro più vicini con il master

La distanza  si riduce con il Master universitario in Marketing, Sales & Digital Communication e quello in Marketing, Sales & Management dell’Industria Alimentare

 

Avvicinare sempre di più il mondo della formazione universitaria alle aziende. È quello che da anni si propone l’ Università di Torino, con la promozione di Master quali quello universitario di primo livello in Marketing, Sales & Digital Communication, giunto quest’anno alla sua sesta edizione ( con inizio il 22 novembre prossimo), e che vede tra i propri partner l’ Ascom, Atlec, la Camera di Commercio di Torino e il Cdvm (Club Dirigenti Vendite e Marketing) dell’Unione Industriale di Torino. Si tratta di un Master organizzato dall’ Università degli Studi di Torino, nella sua sede di corso Unione Sovietica 218 bis, diretto da Anna Claudia Pellicelli del Dipartimento di Management, Professore di Marketing Strategico, Marketing Internazionale, Branding, Economia e Direzione delle Imprese. “Si tratta di un’offerta formativa – spiega uno dei partecipanti all’ultima edizione del Master, Alessandro De Carolis, ora Marketing & Events Manager presso Villa Balbiano a Andezeno – che si fonda su basi pratiche e si propone di ridurre la distanza tra la fase di apprendimento e quella professionale, per consentire ai giovani partecipanti di inserirsi e operare con successo in importanti realtà imprenditoriali, sia di carattere nazionale sia internazionale. Sponsor e partner aziendali contribuiscono attivamente alla didattica con casi e testimonianze, contest internazionali e anche premi di studio per studenti particolarmente meritevoli”.

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Il Master prevede lezioni in aula, affiancate a attività outdoor, business game, seminari e visite aziendali, oltre a un corso universitario di Specializzazione in Retail Management, con sede a Barcellona, oggi una delle città più dinamiche e globali a livello non solo europeo nel campo del retail. Stage da 4 a 6 mesi consentono poi agli studenti del Master di svolgere attività di primo inserimento lavorativo, in diverse aree aziendali in Italia e all’estero. Da quest’anno i partner consolidati del settore alimentare dell’Unione Industriale di Torino hanno poi progettato, in collaborazione con l’ateneo torinese, un secondo Master specifico per il settore alimentare, che avrà inizio il 22 novembre prossimo, sempre presso la sede dell’Università degli Studi di Torino, in corso Unione Sovietica 218 Bis. Il Master in Marketing, Sales & Management dell’Industria Alimentare ha come suo obiettivo primario la formazione di figure manageriali in campo alimentare. Sono partner del Master le eccellenze del made in Italy, che contribuiscono a una partecipazione attiva alla didattica con testimonianze, case studied, workshop e project in field. Una particolare attenzione sarà riservata a materie come il marketing internazionale, il trade marketing, il tema degli acquisti e vendite, finanza e controllo, supply chain management, labelling e digital marketing, nonché la materia di business agreement, dato il moltiplicarsi delle normative europee in materia di diritto agroalimentare. Nel corso del Master è anche previsto il corso di Specializzazione in Food & Beverage Management a Barcellona.

Mara Martellotta

Il nuovo ruolo del notaio

“ll notaio – spiega Remo Morone, notaio torinese presso lo studio  Morone, di antiche tradizioni – si pone come un elemento di  collegamento tra il cittadino e le istituzioni”
Il notariato vanta origini molto antiche  che, nei Paesi di diritto latino, risalgono al diritto romano,  anche se figure simili non mancavano già presso gli antichi Greci.  Nella società attuale, in rapida trasformazione, la figura del notaio si è trovata a partecipare direttamente al processo di modernizzazione del Paese. “ll notaio – spiega Remo Morone, notaio torinese presso lo studio  Morone, di antiche tradizioni – si pone come un elemento di  collegamento tra il cittadino e le istituzioni. La sua funzione deve consistere in un’attività ermeneutica di interpretazione della volontà delle parti e, per questa ragione, l’ufficio notarile si differenzia dagli altri due uffici puramente giuridici dell’avvocato e del giudice  per il diverso modo di “fare diritto”. Ritengo che il notaio debba incarnare la sintesi tra il libero professionista ed il pubblico ufficiale e, perciò, a lui sono richieste anche doti di “empatia” per rispondere al cliente, che ha sempre bisogno di un rapporto umano e di essere accolto e capito, prima ancora di ricevere una soluzione al suo caso”. “Il notaio – aggiunge Remo Morone – oggi più che mai deve svolgere un ruolo utile nella cosiddetta “giuridizione preventiva”, in quanto è  opportuno che alcuni contratti siano scritti da un soggetto imparziale. Tanto più, infatti, si coinvolge il notaio nelle trattative e nel preliminare delle compravendite immobiliari, già a partire dalla firma della proposta, tanto più si eviterà di incorrere in spiacevoli sorprese: il notaio, in questo caso, ha, infatti, un ruolo per così dire di “giurisdizione preventiva”.
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“Un altro ruolo notarile importante – sottolinea il notaio Remo Morone – è  quello di consulenza, essendo specializzato in alcune materie, quali le successioni, i passaggi generazionali e le operazioni societarie. Il notaio è in grado di assicurare, quindi, una valida consulenza in materia fiscale, per far spendere di meno alle parti, per esempio al momento dell’acquisto di un immobile.” “Imparzialità e terzietà – aggiunge Remo Morone –  devono rimanere caratteristiche peculiari del notariato e sono proprio queste a collocarlo in un’area in  certo modo “pubblicistica”. Il futuro del notariato, secondo me, sarà quello di una più stretta collaborazione con altre figure professionali, quali avvocati, commercialisti e geometri. Con gli avvocati è  auspicabile una collaborazione nell’ambito dell’attività stragiudiziale degli stessi, nella stipula dei contratti e nelle operazioni commerciali e societarie ;  con i geometri nell’ambito dell’approfondimento delle tematiche urbanistiche e edilizie, prima della stipula dei contratti immobiliari. Sempre in tema di contrattazione immobiliare, aggiungerei che dal notaio, ritengo sia indispensabile recarsi fin da subito, ad esempio, per specificare le spese condominiali straordinarie, in caso di frazionamenti preventivi, o per scegliere la migliore intestazione di un bene da parte del soggetto acquirente. Consiglio, quando si decide di acquistare un bene immobiliare, di affiancare sin dal primo momento all’agenzia immobiliare la figura notarile a scopo preventivo di mediazione. Il notaio può infine diventare figura anche estremamente preziosa nel caso di acquisto di beni mobili,  quando è opportuna una figura super partes,  in situazioni di particolare conflittualità “. Come si dice, allora, “tanto più notaio, tanto meno giudice”; ed è un auspicio che  mai come oggi è attuale.
Mara Martellotta

Mercatini di libero scambio e sicurezza

Recentemente fa a Torino si è consumata una vera e propria tragedia in pieno giorno, all’interno della struttura del mercatino di libero scambio sito in via Carcano: il nigeriano Kahlid Be Greata ha ucciso con un unico fendente alla gola Maurizio Gugliotta, originario di Catanzaro, ma residente da tempo a Settimo Torinese

Un omicidio apparentemente per futili motivi, che deriverebbe, all’origine, da un diverbio sugli spazi all’interno della struttura, che non può che colpire inevitabilmente l’opinione pubblica sia per l’oggettiva gravita del reato sia per il contesto dove si è consumato. Questi mercatini, ormai costituitisi nelle città più grandi, sono oggetto di dibattiti sia sui giornali sia tra la gente, molto spesso non solo per la loro ubicazione, che sembra essere sempre improvvisata in qualche zona d’ombra e, quindi, facilmente soggetta a degrado, quanto per la più completa mancanza di servizi igienico-sanitari a norma, per la manifesta inadempienza rispetto agli obblighi fiscali, la non tracciabilità di quanto commerciato e, infine, per la sicurezza intesa non solo quale rispetto di norme riguardanti la legge penale, ma soprattutto per quelle spesso non scritte del vivere civile, anche perché chi vuole aprire una attività di vendita al dettaglio in termini regolari viene sottoposto a una serie di procedure che, a molti, oggi sembrano non poco vessatorie.

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L’immigrazione nel nostro Paese sta diventando sempre più un fenomeno invasivo non solo nei numeri, ma anche nella percezione della presenza di individui, tendenzialmente africani, ai quali, in nome di una presunta “accoglienza”, ma, mi realtà, di una degenerazione della stessa, si concede nei fatti, rispetto a tanti italiani in evidente difficoltà, un binario preferenziale: vitto e alloggio presso una cooperativa convenzionata, la possibilità di lavorare, alla fine, quale ambulante presso un mercatino di solidarietà, dove lo scontrino fiscale è un optional e lo spazio assegnato costa giusto qualche euro al giorno. Ovviamente chi ha un occhio attento sa che la realtà non è proprio così come quella che appare, visto che, come è emerso anche dai media, vista la criticità del fenomeno, in molti centri di accoglienza queste persone, delle quali una parte è composta da riconosciuti profughi e da una restante di cercatori di fortuna, sono effettivamente costrette a soggiornare in strutture sovrappopolate, senza un numero di docce adeguato e, in alcuni casi, mal nutriti, oggetto di una feroce speculazione da parte di chi li gestisce in termini convenzionati con l’amministrazione pubblica. Molte di queste donne entrano nel racket della prostituzione, mentre gli uomini presenziano costantemente tutti i bar cittadini nell’intento di questuare la carità nell’insofferenza dei titolari dei pubblici esercizi e dei loro clienti. Chiaramente il fenomeno, nella sua complessità, non poteva che venir politicizzato dalle parti, spesso anche in termini invasivi e violenti, cercando di inserire la polemica in situazioni che hanno, in realtà, prettamente origine da violazione del diritto sia da parte delle Prefetture nella collocazione dei migranti in strutture troppo spesso non a norma, secondo i criteri di abitabilità tramite bandi di gara confezionati con urgenza e dei quali, pur essendo atti pubblici a pena di nullità, si fa molta fatica a entrarne in possesso o addirittura in visione, da parte delle cooperative, nei termini di ospitalità delle persone a loro affidate, in ultimo ai richiedenti asilo che, in molti casi, probabilmente vivendo situazioni di forte stress, turbano la quiete pubblica con schiamazzi nei migliori dei casi.

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Tanto clamore anche a livello nazionale sta destando la vicenda dell’asilo Govone sito a Genova Pegli, nella frazione di Multedo, dove la Prefettura locale ha affidato al momento una dozzina di migranti ad una cooperativa, che li avrebbe collocati all’interno di una struttura di proprietà di un ente religioso di suore, che ha ereditato la palazzina a seguito di una donazione di privati, con il vincolo della destinazione di uso ad asilo per bambini, nella sorpresa e, quindi, anche nella paura di tutto il quartiere che, necessitando di una struttura dove affidare la propria prole nelle ore lavorative, si è visto chiudere dalle suore una struttura a tutti gli effetti efficiente e più che giustificata da un punto di vista economico e sociale, salvo poi, alla fine della recente estate, in termini del tutto casuale, assistere alla sua riapertura, questa volta per ospitare inizialmente centinaia di migranti, salvo poi aver constatato la reazione del quartiere, dopo aver ridimensionato il progetto iniziale. Ho sentito troppe volte apostrofare questi residenti come razzisti, fascisti nei termini più ottimistici, e quali semplici egoisti; ma, nei fatti, chi può coscientemente criticare una mamma italiana di quarant’anni con due figli piccoli, che si ritrova proprio nel mezzo del quartiere, per chi non lo conoscesse, pedonalizzato da stradine più che veri e propri passi carrabili, una struttura con soggetti scarsamente identificati dei quali si sa poco e niente e sui quali i primi a non essere trasparenti e di dialogo con l’opinione pubblica sono le istituzioni con i loro rappresentanti e dirigenti?

 

Incendi: “sospendere la caccia”

La siccità del 2017 e gli incendi che continuano a divampare in questi giorni hanno probabilmente dato il definitivo colpo di grazia alla fauna selvatica piemontese

L’anomalo andamento meteorologico di quest’estate, che continua anche in questo inizio d’autunno, ha infatti fortemente ridotto le disponibilità alimentari e determinerà per molte specie l’impossibilità di sopravvivere all’inverno in arrivo. La situazione è poi drammaticamente peggiorata dagli incendi che stanno coinvolgendo numerosissime aree del Piemonte ed il cui spegnimento pare estremamente difficoltoso e comunque non immediato. Già il 29 agosto scorso le scriventi associazioni avevano chiesto alla Regione Piemonte di prendere in seria considerazione le considerazioni dell’ISPRA (l’Istituto pubblico che istituzionalmente si occupa di problemi della fauna) e prevedere serie limitazioni dell’attività venatoria per la stagione 2017/2018.   La Regione nulla ha fatto. La Legge 157/92 prevede proprio la possibilità che la Giunta Regionale possa adottare idonei provvedimenti di limitazione della caccia per tutelare le popolazioni selvatiche in difficoltà. Se questa che viviamo non è una significativa emergenza ambientale che necessita di provvedimenti seri e urgenti ci chiediamo quale possa essere. Non solo: la Legge 353/2000 (Legge quadro in materia di incendi boschivi), al comma 1 dell’art. 10 prevede una serie di divieti che riguardano le zone percorse dal fuoco, tra cui in particolare, il divieto di caccia:” Sono altresì vietati per dieci anni, limitatamente ai soprassuoli delle zone boscate percorsi dal fuoco, il pascolo e la caccia” Tale divieto è immediatamente operativo, indipendentemente dalla perimetrazione che i comuni sono obbligati ad effettuare ai sensi del comma 2 dello stesso articolo. Mentre i cacciatori in Val di Susa circondano le zone percorse dal fuoco e attendono gli animali stremati per ucciderli l’Assessore regionale Giorgio Ferrero con lettera del 25 ottobre 2017 indirizzata agli ambiti di caccia (ATC e CA) subordina il proprio agire alle richieste del mondo venatorio! Invece di intervenire con tempestività per tutelare la fauna selvatica l’Assessore Ferrero chiede ai cacciatori cosa debba fare!   Le scriventi associazioni chiedono alla Regione Piemonte un immediato provvedimento di sospensione dell’attività venatoria su tutto il territorio regionale in attesa di corrette valutazione sugli effetti futuri che l’attuale drammatico stato di calamità potrà avere sul patrimonio faunistico della nostra regione.

 

ENPA, LAC, LAV, LEAL, LEGAMBIENTE Circolo L’Aquilone, LIDA, OIPA,

PRO NATURA, SOS Gaia

Roberto Piana

Vice Presidente LAC Piemonte

 

Pakistan, le libertà violate

FOCUS  di Filippo Re

“I cristiani sono dei maiali. Non meritate di vivere”. Queste parole di un militante estremista rivolte a un giovane cristiano rapito da milizie islamiste in Siria riassumano brutalmente quanto contenuto nel Rapporto di “Aiuto alla Chiesa che soffre” (Acs) sulla persecuzione anticristiana dal titolo: “Perseguitati e dimenticati. Rapporto sui Cristiani oppressi in ragione della loro fede tra il 2015 e il 2017”, presentato in questi giorni a Milano. L’Acs è una Fondazione di diritto pontificio che ogni anno monitora le violazioni della libertà religiosa nel mondo. Lo studio, che prende in esame tredici Paesi (Cina, India, Iraq, Pakistan, Siria, Sudan, Turchia, Egitto, Eritrea, Iran, Nigeria, Arabia Saudita e Corea del Nord) si basa su ricerche sul campo effettuate dall’Acs tra il 2015 e il 2017. Negli ultimi anni la situazione dei cristiani è peggiorata a causa di violenze e oppressione, fondamentalismo e nazionalismo. In Pakistan, per esempio, oltre agli arresti e agli omicidi di cristiani accusati falsamente di blasfemia, si fa più allarmante il problema delle conversioni forzate, dal cristianesimo alla religione islamica. Ogni anno sono migliaia i cristiani obbligati ad abbracciare l’Islam in cambio della falsa promessa di essere rimessi in libertà e tra questi ci sono molti detenuti di fede cristiana. Le comunità cristiane protestano per le case bruciate e per i maltrattamenti a cui sono sottoposti i cristiani che sposano donne musulmane. I capi religiosi cristiani hanno chiesto alle autorità locali di prendere provvedimenti contro un procuratore che ha confessato di aver spinto prigionieri cristiani ad abbandonare la loro fede per abbracciare l’Islam. La stampa pakistana ha diffuso la notizia, riportata da Asia News, che un giudice ha condotto una quarantina di prigionieri cristiani in tribunale a Lahore, nella provincia del Punjab, dichiarando di potere garantire la loro liberazione se si fossero convertiti alla religione islamica. I cristiani sono stati arrestati per aver linciato due musulmani sospettati di aver avuto legami con i due terroristi talebani che a marzo attaccarono alcune chiese in città. Ogni anno, secondo le organizzazioni pakistane per i diritti umani, almeno mille donne cristiane e indù sono costrette a convertirsi e a sposare uomini musulmani. In base ai dati dell’ultimo “Rapporto sulle minoranze religiose in Pakistan” della Commissione nazionale giustizia e pace della Conferenza episcopale pakistana, cinque cristiani si sono convertiti all’Islam nel 2014. L’unica provincia pakistana che ha approvato una legge contro le conversioni religiose forzate è il Sindh.

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La coraggiosa decisione di proteggere le minoranze risale a un anno fa ma l’entusiasmo dei cristiani è durato poche settimane a causa della forte opposizione di alcuni esperti in legge coranica che ha costretto il governo locale a rivedere la norma varata nel 2016. Anche ad Asia Bibi è stato proposto di convertirsi, come risulta da un incontro tra l’avvocato e la donna cristiana in carcere da sette anni e a rischio di condanna a morte perchè falsamente accusata di blasfemia contro il profeta Maometto. Il processo ad Asia Bibi, la cui vicenda è tornata all’attenzione dell’opinione pubblica dopo la richiesta di alcuni imam di eseguire subito la condanna a morte per impiccagione, è stato nuovamente rinviato. Nell’ottobre scorso i giudici del Tribunale supremo rinviarono il processo contro la donna al mese di giugno. La Corte decise di rimandare l’udienza finale dopo che uno dei magistrati si ritirò improvvisamente dal caso che nel frattempo ha assunto toni ancora più preoccupanti. Adesso un nuovo inquietante rinvio. Diversi imam pakistani hanno chiesto che Asia Bibi venga giustiziata. Il linciaggio di uno studente all’Università di Mardan, torturato e ucciso per aver offeso il Profeta e aver pubblicato su Facebook opinioni favorevoli alla religione Ahmadi, sarebbe, secondo alcuni fanatici predicatori musulmani, “colpa” di Asia per la quale si chiede l’immediata esecuzione della condanna a morte come deterrente contro le violenze di massa. In Pakistan le due principali minoranze religiose sono i cristiani e gli indù. Su 180 milioni di abitanti, il 95% sono musulmani, i cristiani sono appena il 3, gli indù meno del 2%. Le donne cristiane che in Pakistan ogni anno vengono rapite e costrette alla conversione forzata sono almeno settecento. La maggior parte dei casi si registra nel Punjab dove l’estremismo islamico è molto forte. Una suora cattolica che in Punjab aiuta le vittime delle conversioni forzate, ha raccontato all’Agenzia Fides che riceve una segnalazione ogni settimana. Secondo la religiosa, il fenomeno è in crescita per diverse ragioni: “le donne sono considerate merce senza valore e, se appartengono a minoranze religiose, sono doppiamente schiavizzate”. Inoltre “la crisi economica e la povertà spingono molte persone a cercare un rifugio nella fede, e la conversione di un nuovo fedele all’islam è considerata un merito per il paradiso”. I cattolici pakistani sono più di un milione, pari all’1% della popolazione totale. Nel 2004 la chiesa locale contava 204 sacerdoti. È organizzata in due arcidiocesi, quattro diocesi e un vicariato apostolico. La Costituzione del Pakistan discrimina i cittadini in base alla religione professata e fornisce un trattamento preferenziale ai musulmani mentre l’articolo 2 della Costituzione dichiara l’islam “la religione di Stato in Pakistan” e il Corano e la Sunna “la legge suprema e la fonte di guida nella promulgazione delle leggi, L’’articolo 260 della Costituzione distingue i “musulmani” dai “non-musulmani” incoraggiando la discriminazione sulla base della religione. I passi più importanti verso l’islamizzazione del Paese sono stati fatti dal presidente Zia-ul Haq (in carica dal 1977 al 1988), il quale ha introdotto una serie di leggi islamiche e ha dato vita a un sistema giudiziario per rivedere tutte le leggi esistenti. 

(rivista “Il dialogo-al hiwar” del Centro F. Peirone)

Quattro tazzine di caffè al dì e vivi di pìù

27 e 28 Ottobre 2017 dalle ore 8.30 al Centro Congressi Unione Industriale

XXIX GIORNATE CARDIOLOGICHE TORINESI ADVANCES IN CARDIAC ARRHYTMIAS and GREAT INNOVATIONS IN CARDIOLOGY”

 

  • In passato demonizzato dal mondo medico, oggi salva cuore: gli insospettabili effetti positivi del caffè
  • La prevenzione salva più vite rispetto a qualsiasi terapia. Più della metà dei fattori di rischio sono determinati da stili di vita errati
  • Le novità terapeutiche per scongiurare la morte improvvisa

 

Quattro o cinque tazzine di caffè al giorno riducono la mortalità cardiovascolare. Questa ed altre novità inaspettate saranno trattate nelle due Giornate torinesi che vedono riuniti i più eminenti esperti italiani ed internazionali per parlare della salute del cuore.

A Torino, il 27 e 28 ottobre, le XXIX Giornate Cardiologiche Torinesi “Advances in Cardiac Arrhythmias and Great innovations in Cardiology” presso il Centro Congressi Unione Industriale ospiteranno i cardiologi della Mayo Clinic di Rochester (Minnesota) per discutere dei risultati dei più recenti studi, ricerche ed esperienze sul campo. Presenti anche i maggiori esperti europei, provenienti da Germania, Francia e Svizzera. L’evento, diventato ormai un polo d’interesse per la cardiologia mondiale, è organizzato e diretto da Fiorenzo Gaita, Direttore della Cattedra di Cardiologia presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università degli Studi di Torino e Direttore della Cardiologia dell’ospedale Molinette della Città della Salute di Torino, e Sebastiano Marra, Direttore del Dipartimento Cardiovascolare del Maria Pia Hospital di Torino. E i numeri parlano: otre 600 partecipanti tra medici ed operatori, 100 relatori, innumerevoli temi affrontati. Quest’anno, il Meeting è incentrato sulla prevenzione; forte degli eccezionali risultati di studi condotti prevalentemente in Europa e Stati Uniti, il trend è sempre più quello di prevenire, ossia fare in modo che ci si ammali di meno. Negli ultimi 30 anni la mortalità per cause cardiovascolari si è dimezzata. Analizzando le cause di tale diminuzione, i ricercatori hanno rilevato che in gran parte è dovuta alla correzione dei fattori di rischio.

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Certamente possiamo affermare che negli ultimi vent’anni abbiamo a disposizione nuovi farmaci, nuove tecniche chirurgiche, che indubbiamente hanno ridotto la mortalità, ma per ¾ il merito è della prevenzione – spiega il dottor Sebastiano Marraed è principalmente su questo fattore che noi medici dobbiamo impegnarci”. Un principio che dà i risultati più incoraggianti in Europa. Non si può affermare lo stesso in altri Paesi: in Cina accade il contrario grazie ad un’espansione economica che sta portando nel dimenticatoio i principi sani di un corretto stile di vita. Mentre in America sono aumentati i diabetici, gli obesi ed i sedentari, in Cina sono aumentati i soggetti con pressione alta ed i fumatori. “La mortalità a livello mondiale sta diminuendo grazie ad una nuova consapevolezza sui fattori di rischio. In questo Congresso iniziamo a ragionare in termini di eticità, rispetto dell’individuo, riduzione dell’impatto della malattia nella nostra società”. Ma oltre alla coscienza dei fattori di rischio, altro punto determinante è la conoscenza di ciò che fa bene alla salute del nostro cuore e dell’organismo in generale. In questo senso la novità più interessante, e per molti versi inaspettata, è costituita dal caffè. “Tre imponenti lavori, una metanalisi (tecnica clinico-statistica che genera un unico dato conclusivo da più studi su uno stesso argomento) e due importanti ricerche, hanno dimostrato gli effetti positivi del caffè indipendentemente dalla caffeina – prosegue Marra -. Quattro o cinque tazzine di caffè al giorno, anche decaffeinato, riducono la mortalità cardiovascolare in follow up che vanno da 10 a 18 anni. A lungo termine, bere caffè ha un effetto positivo. Il lavoro di metanalisi condotto negli Stati Uniti rileva che anche la mortalità per tumore viene significativamente ridotta. Il risultato non è legato alla presenza di caffeina, ma alle sostanze antiossidanti che sono contenute nel chicco di caffè. Il chicco di caffè è la sostanza con più antiossidanti esistente in natura”. Si potrebbe obiettare che il caffè ecciti, agiti e provochi insonnia. Ma a quanto pare anche questi sono luoghi comuni sfatati dalla ricerca. “Esistono dati su oltre 10mila individui che rivelano che chi assume caffè – su lungo periodo – ha meno ansia, dorme meglio, non ha la pressione più alta rispetto a chi non lo beve. Uno studio francese che ha analizzato oltre 200mila persone, su un periodo di 8-10 anni, riferisce dati positivi sulla mortalità. I dati piemontesi confermano che chi beve caffè ha un umore migliore, meno ansia, riposa meglio, non ha pressione o colesterolo più alti”. Analoghi effetti positivi sulla salute del cuore, seppur di più lieve entità, si riconducono all’assunzione di cioccolato fondente all’85-90%.

 

In primo piano la prevenzione della morte improvvisa.

 

Come sempre, il Meeting avrà come temi centrali le novità provenienti dai cardiologi americani e da quelli torinesi sull’interventistica. “Solo in Italia, ogni anno, 50mila persone muoiono improvvisamente, vale a dire più di 130 morti al giorno senza che si possa intervenire. – afferma il professor Fiorenzo Gaita – E’ una grossa battaglia che si cerca di portare avanti con vari mezzi “. E prosegue Forse non tutti sanno che l’Italia è, tra i Paesi occidentali, con poche altre nazioni, all’avanguardia nella prevenzione della morte improvvisa con un 90% di riduzione della mortalità negli atleti sottoposti a screening adeguato. Alle Molinette stiamo utilizzando tecniche interventistiche sempre più innovative, tese a prevenire l’evento fatale in soggetti con predisposizione, ad esempio su pazienti con malattie genetiche che possono condurre ad aritmie maligne ed a morte improvvisa anche nei giovani”.

 

  • IL DECALOGO SALVACUORE
  • Smettere di fumare
  • Camminare di più
  • Tenere sotto controllo il peso corporeo
  • Alimentarsi meglio, con cibi più sani
  • Controllare periodicamente colesterolo e glicemia prima che diventi diabete e monitorare la pressione sanguigna            
  • Diminuire la quantità di sale nel cibo
  • Bere caffè fino a 4-5 tazzine al giorno
  • Mangiare cacao fondente (non cioccolato dolce)
  • Dormire un numero adeguato di ore
  • Ridurre lo stress

Democrazia e post verità: se ne parla al “Pannunzio”

Lunedì 30 ottobre alle ore 17,30 nella Sala di Palazzo Cisterna a Torino (Via Maria Vittoria, 12), Maurizio FERRARIS Vice Rettore dell’Università di Torino parlerà sul temaDEMOCRAZIA E POST-VERITÀ”.

Il termine “post-verità”, derivante dall’inglese “post-truth”, indica quella condizione secondo cui, in una discussione relativa a un fatto o una notizia, la verità viene considerata una questione di secondaria importanza. Nella “post verità” la notizia viene percepita e accettata come vera dal pubblico sulla base di emozioni e sensazioni, senza alcuna analisi effettiva sulla veridicità o meno dei fatti reali. In una discussione caratterizzata da “post-verità”, i fatti oggettivi, chiaramente accertati, sono meno influenti nel formare l’opinione pubblica rispetto alle emozioni e convinzioni personali. Ciò in un contesto caratterizzato da una rete internet di comunicazione globale in cui tutti possono partecipare e esprimere le loro opinioni. L’idea di democrazia che emerge da questo contesto si riassume in una considerazione molto semplice: la “post-verità” costituisce un momento di mobilitazione di massa con pochi precedenti. Ogni utente del web esprime la propria verità, con una libertà che tecnicamente è sovrana rispetto a ogni altra istanza. Può esserci una democrazia senza verità condivisa? Quali possono essere i caratteri della democrazia nell’epoca della post-verità? Di questi temi parlerà il prof. Maurizio Ferraris, uno dei filosofi italiani più importanti a livello internazionale.

Freedhome compie un anno

Il primo store in Italia di economia carceraria continua a crescere

Venerdì 27 ottobre dalle 10,30 alle 19 in Via Milano 2c a Torino, si apre una no stop di degustazioni per lanciare la nuova linea biologica del brand Banda Biscotti: 10 inedite prelibatezze sfornate nel carcere di Verbania, le cui innovative ricette sono caratterizzate dall’utilizzo delle farine biologiche integrali e di ingredienti di primissima scelta. Tutte da assaggiare!  L’ambizioso progetto di uno store che potesse promuovere il lavoro in carcere attraverso la vendita dei prodotti di eccellenza realizzati negli istituti di pena italiani si conferma una solida realtà.   Partito un anno fa – grazie alla virtuosa collaborazione tra l’Amministrazione Penitenziaria, il Comune di Torino, le Cooperative sparse in tutta Italia, e il determinante contributo della Garante dei Detenuti di Torino Monica Cristina Gallo, lo store Freedhome ad oggi ospita i prodotti di circa 40 istituti penitenziari distribuiti su tutto il territorio nazionale. E continua la sua attività di scouting per ospitare quanti più oggetti e delizie sempre rigorosamente made in carcere. Un appuntamento che lancerà la volata alla stagione natalizia carica di novità tutte da scoprire: sono in arrivo gli squisiti panettoni di pasticceria provenienti da 5 diverse carceri, già prenotabili da subito online. E molte nuove idee regalo per ogni gusto e tasche. Vastissima scelta anche per i  regali aziendali: si potranno scegliere più prodotti da inserire in box di diverse dimensioni e dalla grafica accattivante. Per un cadeaux originale, buono e anche solidale.  Un Open Taste Day no stop per festeggiare e immergersi in nuove esperienze foodie senza precedenti.

Aeroporto, la tassa sul rumore è penalizzante?

“L’applicazione dell’imposta regionale sulle emissioni sonore nella nostra regione può provocare delle distorsioni della concorrenza con gli altri aeroporti. Per esempio la Lombardia non applica questa imposizione come la maggior parte delle Regioni italiane. È giusto che chi inquina debba pagare, ma il problema dovrebbe essere affrontato a livello globale”.

In questi termini si è espresso Dario Maffeo, direttore delle risorse umane, affari societari e qualità della Sagat Spa, l’ente di gestione dell’aeroporto di Torino, nel corso dell’audizione in merito all’applicazione dell’imposta regionale sulle emissioni sonore degli aeromobili (Iresa). L’audizione, tenuta il 25 ottobre congiuntamente dalla prima e seconda Commissione, è stata presieduta dal presidente della prima, Vittorio Barazzotto, alla presenza della presidente della seconda, Nadia Conticelli. L’imposta ambientale sulle emissioni sonore è dal primo gennaio 2013 un tributo proprio regionale, attualmente applicato in Lazio e Campania, nell’ambito di quanto stabilito dal decreto legislativo 68/2013. Con un successivo provvedimento statale è stata disposta una entità massima di € 0,50 per tonnellata per aeromobile ed altri parametri come il riferimento a decollo o atterraggio diurno o notturno. Importante poi l’adozione, nella normativa di riferimento, della suddivisione dei velivoli in cinque classi inquinanti secondo le disposizioni dell’Icao, l’Organizzazione internazionale dell’aviazione civile, l’agenzia autonoma delle Nazione Unite che gestisce la navigazione aerea, standard compresi.Secondo la norma regionale che istituisce l’Iresa piemontese, approvata con il Bilancio di previsione l’aprile scorso, questa deve entrare in vigore dal primo gennaio 2018. Sono state poste alcune domande dai commissari e, in particolare, sono intervenuti Gianpaolo Andrissi e Davide Bono (M5s), Marco Grimaldi (Sel) e Conticelli per il gruppo Pd.

Il gruppo M5s ha chiesto come una tassa che, secondo i calcoli della stessa Sagat porterebbe ad un aggravio di costi di circa 40 euro per decollo o atterraggio dell’aereo tipo che opera su Caselle (B 737), possa influire così sensibilmente sui costi, visto che per ogni volo si vendono mediamente oltre un centinaio biglietti per altrettanti passeggeri. Grimaldi ha argomentato circa una corretta proporzionalità che possa indurre le compagnie a comportamenti virtuosi, mentre Conticelli ha chiesto se la precedente tassa ambientale, all’inizio degli anni ’90, abbia portato a concreti investimenti per la mitigazione dell’inquinamento acustico e il risarcimento delle popolazioni interessate, visto che da 15 anni non ci sono più tasse.  Inoltre, “è un principio che deve essere applicato da tutte le Regioni, non è possibile creare disparità territoriale ai danni di chi vive nelle zone aeroportuali e subisce i danni ambientali conseguenti”. Dalle risposte della delegazione Sagat è emerso che i 40 euro corrispondono, sempre nell’esempio del velivolo della Boeing, ad un aumento di circa il 25 per cento e che nel loro complesso le compagnie aeree, su Torino, verrebbero a pagare annualmente un milione di euro in più l’anno. Secondo Maffeo, sarebbe provato statisticamente che un aumento di questa entità porta normalmente le compagnie aeree, soprattutto quelle low cost, ed essere fortemente influenzate nella scelta degli scali sui quali operare. In merito ad una possibile proporzionalità delle tariffe, è stato rilevato che a Torino operano un 60 per cento di velivoli di classe terza e un 40 per cento di classe quarta (un po’ meno inquinanti). Infine, la delegazione Sagat ha raccontato come a suo tempo vennero acquistate le otto centraline per il rilevamento del rumore con i proventi della vecchia tassazione. Centraline che comunque sono state successivamente rinnovate.

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Parco della Salute, sarà così

Il grande progetto del Parco della Salute di Torino si sta delinenando. E, grazie all’assessore regionale alla Sanità, Antonio Saitta, che ha chiesto agli ingegneri e agli architetti del Politecnico che compongono il gruppo di lavoro regionale , è stata elaborata una ipotesi grafica di come sarà la nuova “cittadella sanitaria” una volta realizzata. “Non è un masterplan – afferma l’assessore – ma  il primo disegno  per mostrare ai piemontesi che siamo sulla strada giusta. Finora sono state utilizzate immagini di fantasia, con questa cominciamo ad ipotizzare più nel concreto”.