ECONOMIA E SOCIETA'- Pagina 370

Blocco degli sfratti: la posizione di Ape Confedilizia Torino

Alla luce delle proteste scritte e verbali che da tutta Italia stanno arrivando alle sedi locali di Confedilizia, compresa la sede di Torino, l’Ape Confedilizia di Torino e Provincia sottolinea come l’ulteriore proroga disposta con il Decreto Legge n. 183 del 31 dicembre 2020  fino al 30 giugno 2021, porti la sospensione dell’esecuzione degli sfratti a quasi un anno e mezzo per immobili appartenenti, nella massima parte, a famiglie di piccoli risparmiatori che integrano la pensione già insufficiente, con il canone di locazione dell’immobile, frutto dell’investimento della liquidazione alla fine del rapporto lavorativo

Un provvedimento che limita il diritto di proprietà privata, visto che di fatto si requisiscono immobili privati, di piccoli proprietari, privi di un adeguato meccanismo di risarcimento e obbligati a pagare l’IMU.

Una misura senza buonsenso e che mette indistintamente sullo stesso piano tutti gli sfratti per morosità, anche quelli antecedenti allo stato di emergenza, annullando di fatto provvedimenti dei giudici spesso risalenti ad anni fa. Situazioni che nulla hanno a che fare con la pandemia. I giudici avevano già ordinato di restituire gli immobili ai loro proprietari, ma la legge ha fatto carta straccia di questi provvedimenti.

Una norma che colpisce in egual misura morosità colpevole e volontaria relativa a qualsiasi tipo di immobile residenziale o commerciale e non compie alcuna distinzione fra chi è davvero in difficoltà economica e chi sta approfittando della situazione.

Il proprietario dopo i sacrifici sostenuti per l’acquisto,  non solo perde la rendita, ma deve far fronte al pagamento delle tasse e svolgere un’attività assistenziale non di sua competenza.

Sarebbe, infatti, compito dello Stato, nel caso di difficoltà dell’inquilino, di individuare interventi di sostegno e non scaricare l’incombenza sui privati cittadini.

Il blocco degli sfratti indurrà molti proprietari ad abbandonare l’affitto tradizionale, a svantaggio delle famiglie in cerca di casa e il mercato immobiliare sarà paralizzato. Si preferirà tenere la loro casa vuota, in attesa di cederla a un figlio e altri ancora proveranno a vendere il proprio immobile, con effetti sociali negativi. Gli effetti drammatici sono descritti nelle proteste di tanti cittadini, che continuano a inondare la casella di posta elettronica nazionale (bloccosfratti@confedilizia.it) e quelle di giornali e televisioni.

Il danno sarà grave per l’intera economia, anche per il comprimersi della mobilità sul territorio: le persone non si fidano di uno Stato che non le tutela e si muovono di conseguenza. I più fortunati si tufferanno nel settore degli affitti brevi, quando finalmente torneranno i turisti.

La strada da seguire non è il blocco degli sfratti, che incoraggia di fatto l’illegalità e danneggia gli stessi inquilini onesti, ma l’individuazione, in concreto, delle difficoltà collegate alla pandemia, per far seguire interventi di sostegno a carico dello Stato e non di privati cittadini.

In ogni caso Confedilizia sta studiando l’ipotesi di ricorrere alla Corte Costituzionale essendo la norma affetta dal sospetto di grave vizio di incostituzionalità”.

Nucleare, Legambiente: “Dopo anni di ritardi è il momento della condivisione”

Deposito nazionale rifiuti radioattivi, pubblicata  la CNAPI

 

 “Serve un cambio di passo per trovare una corretta destinazione per i rifiuti radioattivi a bassa e media intensità, mentre per quelle ad alta intensità serve un deposito europeo”

“Lo smaltimento in sicurezza dei nostri rifiuti radioattivi è fondamentale per mettere la parola fine alla stagione del nucleare italiano e per gestire i rifiuti di origine medica, industriale e della ricerca che produciamo ancora oggi. La partita è aperta da tempo, non è semplice ma è urgente trovare una soluzione visto che questi rifiuti sono da decenni in tanti depositi temporanei disseminati in tutta Italia. Per questo dal 2015 abbiamo più volte denunciato il ritardo da parte dei ministeri competenti nella pubblicazione della Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee. Ora è necessario che si attivi un vero percorso partecipato, che è mancato finora, per individuare l’area in cui realizzare un unico deposito nazionale, che ospiti esclusivamente le nostre scorie di bassa e media intensità, che continuiamo a produrre, mentre i rifiuti ad alta attività, lascito delle nostre centrali ormai spente grazie al referendum che vincemmo nel 1987, devono essere collocate in un deposito europeo, deciso a livello dell’Unione, su cui è urgente trovare un accordo”. È questo il commento di Stefano Ciafani, presidente di Legambiente, sulla Carta Nazionale delle Aree Potenzialmente Idonee a ospitare il Deposito Nazionale e Parco Tecnologico (CNAPI), pubblicata oggi dalla Sogin, che individua 67 aree le cui caratteristiche soddisfano i criteri previsti nella Guida Tecnica n. 29 dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) del 2014 e i requisiti indicati nelle linee-guida dell’International Atomic Energy Agency (IAEA).

Già nel 1999 con il dossier “L’eredità radioattiva” Legambiente evidenziò come la stagione del nucleare italiano non fosse finita, alla luce della pesante eredità delle scorie nucleari collocate in depositi temporanei situati in aree assolutamente inidonee e delle operazioni di smantellamento e bonifica delle vecchie centrali ancora da completare. Per questo nel passato l’associazione ambientalista ha più volte ricordato come il problema degli attuali siti nucleari a rischio non può essere risolto costruendo nuovi depositi in questi stessi siti ma individuando, con trasparenza e oggettività, il sito per una diversa e sicura collocazione di tutti i materiali radioattivi presenti in quelle aree. Il Deposito nazionale (che secondo il Programma nazionale per la gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi dovrà essere realizzato entro il 2025) sarà inoltre funzionale allo smantellamento e alla bonifica delle vecchie centrali nucleari ancora presenti sul territorio nazionale e per gestire i rifiuti prodotti annualmente negli ospedali, dall’industria e dai centri di ricerca.

“Il Piemonte ospita oltre l’80% di tutte le scorie nucleari nazionali – dichiara Giorgio Prino, presidente di Legambiente Piemonte e Valle d’Aosta – stoccate nei due impianti di Saluggia e Trino. Nei due siti è depositata la grandissima parte delle scorie nazionali ad alta attività, e conseguentemente ad altissima pericolosità. Due siti riconosciuti come inidonei per la vicinanza a fiumi, falde, zone abitate, due siti la cui pericolosità per ecosistema e cittadinanza è assolutamente evidente. Al più presto si deve giungere, ancor prima del 2024, ad un accordo internazionale per il loro trasferimento in quei Paesi che gestiscono già grandi quantitativi di materiali, e che diano tutte le garanzie per trattarli in sicurezza per le persone e per l’ambiente, in attesa del Deposito Unico Europeo. Contestualmente è necessario procedere al trasferimento di tutti gli altri materiali radioattivi nel Deposito Nazionale, scelto con oggettività e trasparenza in modo che possa rappresentare la soluzione caratterizzata dal rischio e dall’impatto più basso possibile”.

“Il documento CNAPI – continua Giorgio Prino – individua in Piemonte 8 siti (due in provincia di Torino e 6 in provincia di Alessandria). È necessario imbastire un percorso trasparente ed un dialogo completo, partendo dai dati dei rapporti SOGIN, con tutti i soggetti territoriali: istituzioni, associazioni, cittadini, tecnici e comunità scientifica. Abbiamo 60 giorni per portare le osservazioni. Lo faremo come sempre basandoci su oggettività scientifiche, in tutela del nostro territorio, delle sue specificità e senza forzature NIMBY”.

“Tutti ricordiamo quello che successe nel 2003 quando l’allora commissario della Sogin e il governo Berlusconi scelsero, con un colpo di mano e senza fare indagini puntuali, il sito di Scanzano Jonico in Basilicata che, dopo le sollevazioni popolari a cui partecipammo anche noi, fu ritirato – conclude Andrea Minutolo, responsabile scientifico di Legambiente – Si tratta di un’esperienza davvero terribile da non ripetere. La pubblicazione della CNAPI è solo il primo passo. Siamo infatti convinti che i troppi ritardi e la poca chiarezza che hanno caratterizzato fino ad ora questo lungo e complesso percorso, rischiano di far partire il tutto con il piede sbagliato. Formalmente da oggi ci sono 60 giorni per produrre delle osservazioni da parte del pubblico al lavoro fatto, ma non ci si può limitare a questo. Ribadiamo con fermezza l’urgenza di avviare un percorso trasparente, partecipato e condiviso col territorio che coinvolga i cittadini, le associazioni, le amministrazioni locali e la comunità scientifica, a partire dalle informazioni contenute nella CNAPI”.

Parte la stagione dei saldi Spenderemo 200 euro a testa

Saldi al via a Torino e in Piemonte giovedì 7 gennaio

C’è la soddisfazione dell’Ascom che riterrebbe un eventuale nuovo lookdown “un disastro per l’intera filiera della moda e dell’abbigliamento”.  Intanto un sondaggio di Confesercenti, rivela che un torinese su due è interessato a fare acquisti  durante i saldi, ma appena il 10% ha già stabilito un budget: mediamente 200 euro, in calo rispetto al 2020. La lista dei desideri dei torinesi registra  calzature, cappotti, giacconi e giubbotti, oltre a capi di maglieria (38%), capi di camiceria (26%), magliette e intimo (entrambi al 22%), borse (13%) e accessori (11%).

«Vite in Gioco» coinvolge più Comuni

Il progetto interessa Chieri (capofila), Moncalieri, Carmagnola e Nichelino.A Chieri lo Sportello avrà sede in via Vittorio Emanuele II 1 (fronte Biblioteca Civica), sarà aperto al pubblico una mattina al mese. La Linea Telefonica attiva 6 ore a settimana.

L’assessore Raffaela VIRELLI: «Offriremo un servizio di accompagnamento, anche legale, oltre che di informazione e sensibilizzazione.»

 

Il Comune di Chieri con il progetto «Vite in Gioco» si è aggiudicato il concorso di idee promosso dall’AslTO3 (Dipartimento Patologie della dipendenza).

Il progetto, realizzato in collaborazione con i Comuni di Moncalieri, Carmagnola e Nichelino ed il SerD dell’AslTO5 e finanziato con 24mila euro, consiste nell’attivazione di una Linea Telefonica e di uno Sportello Itinerante, Informativo e Creativo, che promuoverà azioni di consulenza economica e finanziaria rivolta alle famiglie, vittime indirette del gioco d’azzardo, e azioni di cittadinanza attiva, ovvero percorsi informativi e formativi insieme alle realtà sociali attive nei territori.

«Il gioco d’azzardo patologico costituisce un problema molto grave dal punto di vista sanitario e sociale, il gruppo GAP segue 83 pazienti tra Chieri, Carmagnola, Moncalieri e Nichelino, ma esiste un significativo sommerso, persone e famiglie che sono reticenti a rivolgersi al SerD, e questo progetto intende intercettare le potenziali richieste di aiuto e quindi intervenire per aiutare le famiglie a contrastare le difficoltà economiche che il problema comporta, affrontando e circoscrivendo la situazione di crisi, favorendo contatti con la rete formale ed informale che è presente sul territorio. Con la Linea Telefonica e con lo Sportello offriremo un servizio di accompagnamento, anche legale, oltre che di informazione e sensibilizzazione, e l’AslTO5 garantirà il proprio supporto pubblicizzando il servizio, facendolo conoscere alle famiglie e incentivando così le persone ad avvicinarsi. Sportello, SerD e servizi sociali opereranno in stretta sinergia»: così spiega l’assessore alle Politiche sociali Raffaela VIRELLI.

Il servizio sarà gestito da due operatori: un educatore economico finanziario, specializzato sui temi  relativi all’indebitamento causato dal gioco in denaro, e un educatore professionale, formato e con esperienza relativa al gioco d’azzardo patologico, che avrà il compito di coordinare e connettere le attività dello sportello con i servizi territoriali e le realtà socialmente attive sui territori.

La Linea Telefonica si rivolgerà principalmente alle famiglie indirettamente colpite dai debiti di gioco dei loro familiari e agli stessi giocatori problematici, e sarà uno strumento per tutti quei cittadini che vogliono informarsi sul tema dei rischi relativi al gioco d’azzardo e sui servizi di cura attivati dai SerD dell’ASLTO5. Attraverso la chiamata telefonica sarà possibile valutare la domanda e concordare con la persona interessata un incontro personalizzato con l’educatore finanziario, presso lo sportello locale oppure tramite videochiamata. La Linea Telefonica sarà attiva 6 ore settimanali per parlare direttamente con l’operatore; in altri orari sarà possibile lasciare un messaggio vocale o un messaggio scritto su WhatsApp o sms per essere ricontattati.

Lo Sportello Itinerante offrirà supporto e consulenza economico-finanziaria (analisi e supporto della situazione debitoria, valutazione della gestione del denaro e del rischio economico e patrimoniale per sé, i figli e i congiunti), accompagnando i famigliari nella comprensione della complessità del Gioco d’Azzardo Patologico, individuando e pianificando strategie maggiormente funzionali sulla gestione del denaro, coinvolgendo professionisti esperti in materie giuridiche e finanziarie, ed inviando gli interessati al servizio specialistico dell’ASL che procederà alla presa in carico per la diagnosi e la cura.

I Comuni di Chieri, Moncalieri, Carmagnola e Nichelino cofinanzieranno il progetto, mettendo a disposizione locali idonei ad ospitare lo Sportello e coprendo le spese di funzionamento delle sedi.

A Chieri lo Sportello avrà sede nei locali che già ospitano il centro antiviolenza (via Vittorio Emanuele II 1, fronte Biblioteca Civica), inizialmente sarà aperto al pubblico una mattina al mese, per poi arrivare a garantire un’apertura quindicinale.

L’intenzione è anche quella di avviare un percorso di conoscenza e di collaborazione con le realtà sociali presenti, promuovendo momenti aperti alla cittadinanza e affiancando gradualmente all’attività dello Sportello e della Linea Telefonica una serie di volontari formati sul tema, che potranno divenire moltiplicatori di messaggi e di informazioni corrette sui rischi legati al gioco d’azzardo, nonché ricevitori e identificatori di situazioni critiche che potranno così essere orientate ai servizi specialistici dell’ASL.

Scuola, dad fino al 16 gennaio per le superiori. In presenza dal 7 per elementari

SCUOLA: IN PIEMONTE RIPARTENZA  Il presidente della Regione Cirio firmerà l’ordinanza nelle prossime ore: «Siamo pronti a partire con continuità e in sicurezza, ma l’attuale quadro epidemiologico ci impone prudenza» Il Piemonte chiede al Governo di vaccinare subito anche il personale scolastico 

 

Il presidente della Regione Piemonte Alberto Cirio firmerà nelle prossime ore una ordinanza per la ripartenza della scuola in Piemonte, che conferma il ritorno in classe in presenza dal 7 gennaio per le primarie e le secondarie di primo grado e prevede il mantenimento della didattica a distanza al 100% per le scuole superiori fino al 16 gennaio (ad eccezione degli studenti con esigenze speciali e delle attività di laboratorio), con ritorno in classe in presenza a partire dal 18 gennaio, sempre compatibilmente con l’andamento dell’epidemia.

La decisone è stata condivisa questa mattina dalla Regione durante un incontro con le Prefetture, i Sindaci dei Comuni capoluogo, i Presidenti delle Province, i rappresentanti degli Enti locali (Anci, Anpci, Upi, Uncem e Ali-Legautonomie), sentiti anche i sindacati, l’Ufficio scolastico regionale e il Ministro della Salute.

«In queste settimane – sottolinea il presidente Cirio – il prezioso lavoro coordinato dalle Prefetture con la collaborazione degli enti locali e di tutto il mondo della scuola piemontese ha portato alla definizione di un piano di organizzazione dei trasporti operativo per garantire il ritorno in classe degli studenti delle scuole superiori sia al 75% che al 50%. Il Piemonte è pronto a partire, ma l’attuale quadro epidemiologico ci impone prudenza, perché la curva del contagio in crescita in molti Paesi europei e in altre regioni italiane ci mette concretamente di fronte al rischio di una terza ondata che dobbiamo fare in modo di contenere. Il Governo, inoltre, ha modificato nella notte i criteri per la definizione delle soglie di rischio, abbassando i valori per il passaggio di colore tra le diverse zone, per cui è fondamentale avere questa settimana di tempo in più per monitorare l’andamento epidemiologico. Dobbiamo dare sicurezza e certezza alle famiglie e al mondo della scuola, perché non avrebbe senso aprire per poi richiudere dopo qualche giorno».

«L’obiettivo – aggiunge ancora il presidente Cirio – è far tornare in nostri ragazzi in classe ma con continuità e in sicurezza, proprio per questo abbiamo predisposto il Piano scuola sicura, partito ufficialmente ieri per il personale docente e non docente e dall’11 gennaio per gli alunni delle seconde e terze medie, con tamponi gratuiti su base volontaria per prevenire la nascita di focolai e garantire la didattica in presenza. Anche per questo chiedo al Governo di poter usare le rimanenze delle dosi di vaccino destinate alla prima Fase per vaccinare subito anche il personale scolastico, tra le categorie professionali più colpite dal contagio nella seconda ondata che è prioritario tutelare».

Fondazione Crt, 3,9 milioni per 200 progetti

235 progetti di istituzioni ed enti non profit saranno realizzati sul territorio con i 3,9 milioni di euro di contributi assegnati dalla Fondazione CRT . Salgono così a 571 le iniziative ordinarie sostenute quest’anno da Fondazione CRT con circa 8 milioni di euro complessivi.

“Sostenere capillarmente le istituzioni e le associazioni non profit, che costituiscono la ‘trama’ produttiva, sociale e culturale delle comunità, significa rafforzare la resilienza del territorio in un periodo eccezionalmente complesso come questo”, dichiara il Presidente della Fondazione CRT Giovanni Quaglia.

“Phygital experience, sostenibilità sociale e ambientale, nuove generazioni: sono gli elementi al centro delle iniziative sostenute da Fondazione CRT, in linea con gli obiettivi dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite e con le esigenze del nuovo mondo post Covid”, afferma il Segretario Generale della Fondazione CRT Massimo Lapucci. La fetta maggiore dei finanzianti va all’area Ricerca e Istruzione : approvati 103 contributi per oltre 2,3 milioni di euro: circa 1,1 milioni di euro agli enti del territorio e 1,2 milioni di euro ai progetti degli Atenei.
Fondazione CRT sostiene quest’anno numerose progettualità focalizzate sul Covid, sugli effetti della pandemia nella società e su possibili soluzioni concrete alle problematiche in ambito scuola, lavoro e trasporti. Fondazione CRT supporta inoltre le attività di ricerca di realtà come la Fondazione Edo ed Elvo Tempia, l’Istituto Zooprofilattico e gli istituti del CNR che operano in Piemonte e Valle d’Aosta, e il sistema della ricerca degli Atenei del territorio: progetti che vanno dall’oncologia alla tecnologia, dalla neurologia all’ambiente, dalla didattica alla fisica, dalle scienze internazionali alla psicologia – permettono a giovani ricercatori e scienziati di portare avanti la propria attività e, nello stesso tempo, contribuiscono all’avanzamento della conoscenza in numerosi campi del sapere. All’area Welfare e Territorio vanno 104 contributi per 1,3 milioni di euro. Si segnalano fra i progetti finanziati gli interventi in ambito volontariato, il progetto “Sviluppo rete metropolitana e regionale di assistenza alle vittime di reato” dell’Associazione Rete Dafne onlus che aprirà 3 nuovi sportelli di accoglienza ad Asti, Cuneo e Rivarolo; le iniziative di sostegno alimentare “Educhiamo al cibo, aggiungiamo valore” dell’Associazione veterinaria per la cooperazione internazionale, che gestisce l’Emporio della Solidarietà cui si rivolgono circa 500 persone; il progetto “Respiro” della Fondazione torinese don Mario Operti Onlus per la costituzione di un fondo di garanzia a supporto di persone, famiglie e micro attività in difficoltà economica a causa della crisi sanitaria.
Fra le iniziative per lo sviluppo de territorio, viene finanziato il progetto “Il Monferrato dei Castelli Bruciati” a Odalengo Grande, un itinerario di oltre 100 km per il turismo lento a piedi, a cavallo, in bicicletta; il progetto “Semi di Biodiversità” dell’Associazione WWF oasi e aree protette piemontesi di Biella, per conservare le piante rare o protette; il progetto dell’Unione montana Valle Stura “Oltrepassare il confine”, un festival itinerante che, attraverso il territorio della Valle Stura, declinerà il tema dei confini nel presente, nel passato e nel futuro, nei diversi linguaggi contemporanei.

Nel campo dell’Arte e Cultura Fondazione CRT ha assegnato 28 i contributi per complessivi 280 mila euro a sostegno, in particolare, di festival cinematografici e culturali, iniziative di audience engagement, archivi digitali. Tra i progetti sostenuti, il Dirittibus del Museo Diffuso della Resistenza, il bus che, toccando quartieri e scuole di Torino (compatibilmente con l’emergenza sanitaria), coinvolge la città sul tema dei diritti; la “Rete di Archivi della Collina Torinese e del Chierese”, un portale ad hoc per valorizzare un patrimonio culturale locale rendendolo accessibile a un pubblico ampio; il Seeyousound International film, primo festival cinematografico in Italia dedicato al cinema di genere musicale. E ancora: l’iniziativa “A scuola con Rodari. Dai giornalini scolastici cartacei degli anni ’70 ai giornalini di classe online di oggi”, promossa dal Museo della Scuola e del Libro per l’Infanzia per il centenario della nascita dello scrittore.
Fondazione CRT contribuisce infine all’acquisto di un autocarro per la Colonna Mobile Regionale, cui ha destinato negli anni 6 milioni di euro per la costituzione e il mantenimento.

In un anno il Piemonte perde una vasta superficie agraria

Procede senza sosta il consumo di suolo agricolo. “Edificazioni civili, opere pubbliche e nuovi insediamenti produttivi – chiarisce il presidente di Confagricoltura Piemonte Enrico Allasia – in trent’anni hanno eliminato il 20% della superficie agricola utilizzata per l’espansione delle città e delle infrastrutture, per il degrado delle aree periurbane e per l’abbandono dei territori collinari e montani”.

Il problema – come evidenzia in una nota Confagricoltura – è acuito dalla combinazione del degrado del suolo, dell’erosione e dei cambiamenti climatici che ridurrà sensibilmente i raccolti, se non si interverrà con determinazione. Il suolo è un bene prezioso e non riproducibile: se si riduce la superficie destinata all’agricoltura diminuisce la possibilità di produrre cibo, mentre la popolazione mondiale aumenta e richiede sempre maggiori derrate alimentari.

Nel 2019 , in base alle rilevazioni dell’ISPRA – Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale – si sono “persi” 21.400 chilometri quadrati sul territorio totale italiano. Questo significa che nel nostro Paese ogni giorno il suolo artificiale impermeabilizzato aumenta di 2 metri quadrati al secondo.

Nella nostra regione – spiega il direttore di Confagricoltura Piemonte  Ercole Zuccaro –  abbiamo consumato il 6,72% del totale nazionale, per una nuova superficie impermeabilizzata di  222 ettari. È una superficie imponente. Per rendere l’idea consideriamo che un campo da calcio, solo per quanto riguarda il terreno di gioco, ha una superficie di 7.140 metri quadrati: questo significa che nel 2019 in Piemonte abbiamo consumato una superficie pari a 311 nuovi campi da calcio”.

Per Confagricoltura è necessario acquisire consapevolezza del ruolo chiave che svolge l’impresa agricola sana, vitale e produttiva, nella gestione del terreno in un contesto pesantemente influenzato dall’urbanizzazione e dai cambiamenti climatici. “Green Deal, Farm to Fork, la futura Pac, le politiche di coesione, il nuovo programma nazionale della ricerca, ma soprattutto il Recovery plan – dichiara Enrico Allasia –  sono le grandi opportunità da cogliere per salvaguardare e vitalizzare la risorsa suolo”.

 

Nuovo Psr e filiera del cibo nell’agenda dell’assessore Protopapa

IL FUTURO DELL’AGRICOLTURA

La nuova programmazione del Programma di sviluppo rurale del Piemonte farà parte dei tre pilastri principali dell’azione di Governo regionale nel 2021.

Ci sarà un prolungamento del Psr 2014-2020, appena scaduto, con due anni di transizione che permetteranno di impostare il nuovo Psr,  strumento principale di programmazione per l’agricoltura piemontese, e con una dedizione a semplificare le norme e ad ampliare i soggetti beneficiari, rivolgendo particolare attenzione all’insediamento dei giovani agricoltori.

Sarà importante il rinnovamento delle misure della futura programmazione del Psr – precisa l’assessore Marco Protopapadella Regione Piemonte – per rispondere alle nuove esigenze che arrivano dai nostri territori, dalla diffusione capillare della banda larga su tutte le aree regionali agli investimenti sul green. Al tempo stesso nei due anni di transizione proseguirà il sostegno alle aziende piemontesi attraverso le misure del Programma di sviluppo rurale sull’agroambiente, dal biologico all’innovazione della meccanica e del tecnologico nella coltivazione”.  

In prospettiva di una ripartenza di tutte le attività legate al settore enogastronomico piemontese, nel 2021 l’Assessorato all’Agricoltura e Cibo della Regione Piemonte impegnerà più risorse e rafforzerà le azioni di promozione della filiera cibopuntando sempre alla qualità, alla conoscenza dell’origine e quindi della tracciabilità dei prodotti. La nascita e il riconoscimento dei futuri Distretti del cibo del Piemonte, il cui regolamento regionale è stato approvato a fine 2020, va nella direzione di una promozione legata al territorio, che si caratterizza per peculiarità naturali e gastronomiche, e nel rispetto e rivalutazione anche delle tradizioni locali.

Il comparto legato al cibo rappresenta la punta più elevata, più diffusa e più radicata nella cultura del Piemonte: i vini, i tartufi, la carne, la frutta, le nocciole, il riso sono solo alcuni esempi di filiere agroalimentari che confermano il rilievo internazionale delle nostre produzioni – sottolinea l’assessore regionaleProtopapa – Il sistema cibo in Piemonte coinvolge tutti gli ambiti di un territorio, oltre alla filiera produttiva anche quella dello sviluppo turistico locale e della tutela ambientale”.  

Un capitolo di particolare importanza sul quale si impegnerà l’Assessorato all’Agricoltura e Cibo, con il coinvolgimento di altri assessorati regionali, sarà quello del “No spreco del Cibo” che sarà rivolto all’educazione alimentare ed al risparmio.

Covid, una nuova “zona bianca”?

Se ne sta parlando dal 26 dicembre ed a quanto pare sta per diventare realtà: il governo  sta anche per introdurre la quarta fascia di rischio, dal 15 gennaio ci sarà una “zona bianca” che consentirà di far ripartire tutte le attività, palestre, cinema e teatri compresi.

L’idea che può cambiare il quadro di chiusure e riaperture l’ha lanciata Dario Franceschini dopo aver ascoltato gli scienziati. Il ministro della Cultura ha proposto la creazione di una quarta fascia di rischio, una «zona bianca» nella quale entrerebbero le regioni con gli indicatori migliori. Alcuni scienziati hanno proposto al governo di valutare l’anticipo del coprifuoco dalle 22 alle 20. Ma anche i ministri della «linea dura» pensano che questa misura non influirebbe in maniera determinante sul controllo dei contagi.

All’interno della regione “zona bianca”ci sarà la quasi normalità: uniche due  restrizioni, distanziamento sociale ed utilizzo delle mascherine. No assembramenti ma incontri tra varie persone possibili.

Vincenzo Grassano

Apertura delle scuole: troppi punti in sospeso

Il Coordinamento Nazionale dei Docenti della disciplina dei Diritti Umani segnala ulteriori preoccupazioni in merito all’apertura delle scuole giorno 7 gennaio per le continue dichiarazioni espresse da svariati esperti come quella del presidente dell’Ordine dei Medici (https://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/Scuola-Ordine-Medici-Riaprirla-aumenta-i-contagi-ok-solo-se-ce-zona-rossa-5e42deb5-ccca-4c1e-b039-09ab63f0a253.html) che creano molta confusione e ansia tra i docenti ed il personale scolastico, in quanto spesso discordanti con la posizione del Ministero dell’Istruzione.

Tendenzialmente vengono messe in evidenza inefficienza e inadeguatezze delle infrastrutture e dei vettori preposti alla mobilità delle persone (regionali, provinciali e comunali), alle quali le singole scuole, i prefetti e i sindaci sono chiamati a far fronte soltanto attraverso gli ingressi differenziati; misure sicuramente insufficienti rispetto alla curva epidemica in costante aumento quotidianamente.

Per avere un’idea chiara della realtà territoriale e dei divari a cui ci riferiamo, basta consultare la raccolta degli studi pubblicati dalla Banca D’Italia – Le infrastrutture in Italia: dotazione, programmazione, realizzazione (https://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/collana-seminari-convegni/2011-0007/7_infrastrutture_italia.pdf) e il saggio di Mariano Bella (a cura di) Trasporti e Logistica: analisi e prospettive per l’Italia – Ricerche per Conftrasporto – Confcommercio Bologna, Il Mulino 2020.
I Governi di Gran Bretagna e di Germania, sentiti i pareri dei propri esperti, chiudono per altri dieci / 28 giorni le scuole (18 gennaio, l’Inghilterra; 31 gennaio, Germania).
Secondo un’indagine statistica elaborata dallo statistico Livio Fenga, l’impatto della riapertura della scuola a settembre sulla diffusione del Coronavirus sarebbe quantificabile in oltre 225.000 casi. Attualmente, in tutta Italia, la curva dell’epidemia di Covid-19 sta tornando a salire. Se non sono mutati gli scenari (non è stata ridotta la ratio alunni – docenti, non sono state fornite mascherine ffp2, non sono stati introdotti nuovi sistemi di areazione delle scuole, per il vaccino occorre attendere maggio-luglio), come si può ipotizzare un azzeramento o, quantomeno, una riduzione dei contagi nel settore scolastico nel periodo gennaio-marzo, notoriamente periodo di maggiore diffusione di virus influenzali?
Non riusciamo a comprendere l’ostinazione con cui ci si stia affrettando in Italia ad aprire indiscriminatamente tutte le scuole, senza tenere conto delle realtà territoriali che, ribadiamo, sono profondamente differenziate e complesse nel nostro Paese.

Come già segnalato, contraddittoria appare anche la definizione del piano vaccini che sembra essere in contrasto con il piano di rientro. Risulta palese la discrasia tra la pressione al rientro fondamentalmente pubblicizzata sulla scorta di un mai accertato scientificamente basso rischio per i docenti ed il piano che individua nei mesi di giugno-luglio il periodo di somministrazione del vaccino per i docenti. Se, dopo le numerose e reiterate richieste di specifiche e ulteriori misure da parte del nostro ente (come la somministrazione di mascherine ffp2 e ffp3, l’attivazione di sistemi di purificazione dell’area, la riduzione della ratio alunni-docente, etc.), l’unica misura prevista resta quella del vaccino, coerenza imporrebbe la riapertura delle scuole dopo il completamento dell’iter di somministrazione dello stesso. A ben vedere, si tratterebbe di attendere solo 40-60 giorni lavorativi, un periodo decisamente accettabile, se si considera il numero di vite che si possono salvare.
La scelta opposta, quella del rientro, non fa che aprire le porte alla diffusione di germi patogeni con il rischio di far incorrere il soggetto competente nel corrispondente livello territoriale in responsabilità di varia indole, non solo politica. La preoccupazione del CNDDU è che gli enti regionali e locali potrebbero vedersi destinatari di numerose azioni in sede penale e civile, non essendo l’orientamento nazionale sufficiente a tutelare la posizione giuridica del singolo organo decisionale.
Valga, infatti, ricordare che lo strumento DPCM è stato considerato incostituzionale, con la conseguenza di lasciare “scoperti” ad eventuali azioni Presidenti di regione, Prefetti, Sindaci e delegati.
A ben vedere, non si tratta nemmeno di “arrendersi” come taluni hanno impropriamente osservato, ma di adottare la migliore strategia per vincere la “battaglia” contro il Coronavirus. Quando si è privi di “armi” per combattere, o quantomeno di “scudi” per proteggersi, non basta né il “coraggio”, né la “vocazione docente” a rendere immuni.
Si sta chiedendo ai docenti di rientrare a scuola senza strumenti di protezione (che, invece, vengono forniti a medici, biologi, cassieri di supermercato, etc.), senza sistemi che garantiscano il ricambio di aria (come avviene, invece, negli ospedali, ma anche nei supermercati). Occorre comprendere, una volta per tutte, che la vita di un solo docente, quella di un solo alunno o di un familiare, vale sicuramente l’attesa di poche settimane.

Invitiamo, perciò, il lettore a domandarsi, onestamente “Fermerebbe la didattica in presenza per 3 settimane, per salvare la vita di un suo caro?” ed a riflettere sul fatto che la scuola, ad oggi, non è mai stata chiusa e non è mai stata ferma; che l’istruzione non si è mai arrestata, ma si è sviluppata con la didattica a distanza; che tutti i dirigenti hanno adottato misure per salvaguardare l’accesso alle risorse didattiche fornendo anche in comodato strumenti tecnologici a chi ne avesse bisogno.
Sono, pertanto, avulse da ogni riscontro con la realtà, le propagande portate avanti da piccoli gruppi che sono sorti con l’intenzione spesso di porre le basi ad azioni legali finalizzate al rientro a scuola e che pubblicizzano dati irreali sull’adesione di gruppi di genitori spesso inesistenti. Si avvisano, in proposito, anche i Governatori che tali condotte appaiono finalizzate solo a realizzare una pressione mediatica su scelte che non possono basarsi sul mero timore di azioni legali. Non c’è chi non veda all’orizzonte, dopo eventuali ricorsi sul rientro, anche ricorsi circa l’eliminazione dell’obbligo di mascherina in classe, come avvenuto recentemente, con l’Ordinanza Tar-Lazio n. 7468/2020 del 04.12.2020 che, addirittura, ribalta la strategia di ritorno definita a livello centrale, lasciando trasparire che la fascia di alunni meno indicata per il rientro e l’uso della mascherina in aula è quella con età tra i 6 e gli 11 anni. Quali garanzie di tutela avranno i docenti e il personale scolastico? Quali garanzie le famiglie? Quante responsabilità dovranno assumere gli amministratori del territorio interessato?

Prof. Alessio Parente Segretario generale CNDDU 

prof. Romano Pesavento Presidente CNDDU