Dall Italia e dal Mondo- Pagina 67

CARNE DI CANE, DA OGGI IL FESTIVAL DI YULIN (CINA)

“Con il solstizio d’estate torna purtroppo anche il famigerato festival della carne di cane di Yulin. Rinnoviamo oggi – spiega in una nota l’on. Michela Vittoria Brambilla, presidente della Lega italiana per la Difesa degli Animali e dell’Ambiente – la richiesta che facciamo da anni al governo italiano, e ai suoi partner europei: chiediamo loro di intervenire presso il governo cinese perché questa crudele e inaccettabile manifestazione, condannata in tutto il mondo, sia finalmente fermata. Come associazione, rivolgiamo il nostro appello direttamente all’ambasciatore della Repubblica popolare cinese in Italia, ricordando che altri paesi asiatici hanno bandito il consumo di carne di cane ed auspicando che la Repubblica popolare faccia altrettanto”.

Finti vigili urbani le sfilano 10mila euro dal materasso

DALLA LOMBARDIA

Due finti vigili urbani hanno truffato una pensionata di 89 anni di Pavia . I due sono  entrati in casa con la scusa di effettuare un sopralluogo dopo alcuni furti avvenuti nella zona. La donna derubata ha poi dichiarato nel verbale di denuncia che i due truffatori si sono presentati  in divisa, con tanto di pistola, spiegandole  che volevano controllare se mancava qualcosa dalla sua abitazione.  La pensionata ha mostrato ai due che teneva dei soldi, circa 10mila euro in contanti, in alcune buste sotto il materasso. I falsi vigili l’hanno distratta, le hanno rubato  denaro e sono scappati.

Heysel, Commemorazione a Bruxelles con la Juventus e i familiari delle vittime

 
A 33 anni dalla tragedia dell’Heysel, oggi il Parlamento europeo ha ricordato le vittime della drammatica finale di Coppa dei Campioni del 29 maggio 1985, quando, poco prima dell’inizio del match tra Juventus e Liverpool, persero la vita 39 persone
L’iniziativa è stata promossa dall’eurodeputato Alberto Cirio, insieme all’Associazione Familiari Vittime dell’Heysel e “Quelli di Via Filadelfia”, con i presidenti Andrea Lorentini e Beppe Franzo. Presente anche il gonfalone della Juventus, accompagnato da Paolo Garimberti, presidente dello Juventus Museum, e Gianluca Pessotto, team manager della Primavera Juventus. Con loro anche i rappresentanti di vari club bianconeri e alcuni testimoni.
Proprio sotto la lapide che allo stadio di Bruxelles ricorda i nomi delle vittime, è stata deposta una corona di fiori insieme a una rosa bianca in memoria di Erika Pioletti, la giovane travolta l’estate scorsa in Piazza San Carlo, a Torino, durante la finale di Champions League.
Dopo la commemorazione, la delegazione si è spostata all’Europarlamento per un momento di approfondimento sull’eredità storica e normativa lasciata dall’Heysel e la sicurezza degli eventi sportivi.
«Questo è un tema sempre attuale e non scontabile – ha sottolineato l’eurodeputato Alberto Cirio –Lo affrontiamo qui a Bruxelles perché, nel bilancio Ue, deve essere data priorità anche alla sicurezza di scuole e impianti sportivi. Vanno garantiti fondi agli Stati affinché i comuni possano fare gli interventi sulle proprie strutture. Un genitore deve sapere che, quando i suoi figli sono a fare sport, sono in un luogo sicuro».
«Il nostro è un impegno a ricordare – ha commentato Paolo Garimberti, presidente dello Juventus Museum –, ma anche uno stimolo a fare. A far sì che queste cose non si ripetano e a creare delle strutture di sicurezza, prevenzione ed educazione adeguate. Affinché le nuove generazioni, che non conoscono nulla di certi avvenimenti, sappiano, ricordino e imparino. E le vecchie generazioni evitino di cadere negli stessi errori».
«La Juventus all’Heysel rappresentava l’Italia, quindi questa deve essere considerata una tragedia italiana – ha aggiunto Gianluca Pessotto, team manager della Primavera Juventus –Sarebbe bello che i rappresentanti di altre società sportive potessero partecipare a questo momento di memoria ed emozione».
Tra i ricordi anche quelli di Nereo Ferlat, uno dei sopravvissuti dell’Heysel«Non  posso dimenticare le urla dei tanti disperati che cercavano la salvezza e l’immagine dei corpi accatastati. Bisogna continuare ogni anno ad aggiungere un tassello, in modo che le generazioni future possano capire che con la violenza non si ottiene nulla, non solo sui campi sportivi, ma in tutti i campi della vita».
«Credo che l’eredità dell’Heysel sia innanzitutto, dal punto di vista processuale, la condanna della Uefa, che da quel momento è responsabile degli eventi che organizza, cosa che prima non accadeva – ha sottolineato Andrea Lorentini, presidente dell’Associazione Familiari Vittime dell’Heysel –Dal punto di vista personale l’Heysel mi lascia in eredità anche il gesto di mio padre, che è morto nel tentativo di salvare un bambino rimasto ferito negli spalti».
«Dobbiamo tramandare ai posteri quanto avvenuto all’Heysel – ha aggiunto Beppe Franzo, presidente dell’Associazione “Quelli di Via Filadelfia” –. Perché sia un monito e affinché rimanga accesa la fiamma di queste 39 vittime».

Music Art Park FVG

Arteventi presenta la prima edizione di MAP – Music Art Park FVGl’evento internazionale che sabato 23 e domenica 24 giugno porta experimental e minimal music all’Art Park di Verzegnis (Udine), la Collezione d’Arte Contemporanea a cielo aperto di Egidio Marzona


Il progetto, a cura di Eva Basso e Agnese Toniutti e finanziato dal bando Tolmezzo Città Alpina 2017 (con il sostegno della Regione Autonoma del Friuli Venezia Giulia), nasce dalla volontà di valorizzare in chiave multidisciplinare il patrimonio culturale del territorio carnico, nello specifico dell’Art Park di Verzegnis, esplorando le possibilità offerte dal dialogo e dalla compenetrazione di musica e arti visive. Con questo spirito, MAP è stato preceduto da due appuntamenti musicali nel territorio montano del Friuli – WAITING FOR MAP 1 – TUMIEÇ al Museo Carnico delle Arti Popolari “Michele Gortani”, Tolmezzo (Ud) e WAITING FOR MAP 2 – TRÉP alla Galleria d’Arte Moderna “Enrico De Cillia”, Treppo Carnico (Ud) – con Luca Piovesan alla fisarmonica e Agnese Toniutti al pianoforte.
 
L’Art Park di Verzegnis è un parco d’arte contemporanea che nasce appunto nel verde delle montagne della Carnia dall’idea di uno di un grande collezionista, Egidio Marzona, che dal 1989 invita alcuni tra i più interessanti e importanti artisti internazionali a creare interventi espressamente per la sua tenuta, lasciando loro totale libertà. Nel corso dei decenni il Collezionista ha raccolto installazioni e opere di land art, minimal e conceptual art, rese poi disponibili alla Comunità, creando un piccolo museo all’aperto – oggi parte delle realtà espositive della Rete Museale Carnia Musei – nei terreni che circondano il centro abitato e le sue case-museo.
 
MAP Music Art Park FVG esplora dunque le possibilità offerte dal dialogo e dalla compenetrazione di musica e arti visive, con una proposta musicale legata alla experimental e minimal music, in sintonia con la poetica degli artisti presenti nella Collezione di Egidio Marzona. Il legame tra musicisti e artisti prende forma e diventa sempre più stretto negli Stati Uniti degli anni Sessanta, in un clima in cui era naturale condividere una visione comune dell’arte e della vita, collaborare alle stesse performance e a volte addirittura abitare gli stessi spazi. MAP Music Art Park FVG ripercorre questo legame in forma contemporanea e attraverso un’esperienza inedita: far interagire le opere dell’Art Park con la musica ispirata a quel periodo. Bruce Nauman, Richard Long, Richard Nonas, Dan Graham, Lawrence Weiner, Daniel Buren o Sol LeWitt (per citarne solo alcuni): questi i grandi maestri del Novecento che hanno creato installazioni, percorsi ambientali e interventi a cielo aperto e nelle case del Collezionista intorno ai quali si alterneranno musicisti e performer dai diversi background, dando vita a un flusso di concerti, happening, sperimentazioni partecipative da ascoltare e da vedere, per sentirsi liberi tra arte e natura, tra suoni e forme.
 
Ma MAP – Music Art Park FVG non è solo musica: sono in programma anche escursioni con gli artisti, visite guidate, attività didattiche per i più piccoli, talk e performance. Il progetto non si limita infatti a creare un evento che venga ospitato in Carnia, ma vuole riflettere sul ruolo dei centri considerati minori nel panorama culturale italiano, cercando di abbattere quella distanza che spesso si crea tra il pubblico e le diverse espressioni della contemporaneità. E la zona di Tolmezzo è ricca di arte contemporanea: dalla Galleria De Cillia di Treppo Carnico, alle mostre estive d’arte sacra a Illegio, che, insieme con l’Art Park di Marzona, garantiscono importanti contenuti per un turismo culturale di tipo slow. Abitando il territorio come luogo di relazioni e di forze sollecitabili, MAP FVG è un progetto partecipativo pensato per creare valori condivisi grazie al coinvolgimento della comunità locale e delle realtà che animano il territorio. Vista la natura della Collezione Marzona, il progetto è aperto inoltre a undialogo internazionale, vocazione naturale per una terra di confine come il Friuli Venezia Giulia.
 
MAP FVG | 23 giugno 2018 dalle 17.00
L’evento principale si svolge sabato 23 giugno presso l’Art Park di Verzegnis (Udine), con un programma di attività pensate per coinvolgere sia un pubblico di adulti che di bambini: visite guidate, laboratori didattici e performance daranno il via a una serata musicale insolita e coinvolgente, che vedrà interpreti internazionali d’eccezione “attivare” le opere della collezione a partire dal tramonto. Il tutto accompagnati dai sapori della Carnia, grazie alla collaborazione con SlowFood FVG e con l’Antica Osteria Stella d’Oro di Verzegnis (Ud). Il pubblico avrà inoltre l’opportunità di scoprire le opere custodite negli spazi privati delle Case-Museo del Collezionista Egidio Marzona, guidati dalla musica degli artisti di MAP FVG.
 
after MAP | 24 giugno 2018 dalle 14.00
Una giornata alla scoperta del territorio con un’escursione alla Cava del Marmo Rosso – sede del Simposio Internazionale di Scultura del Marmo Rosso di Verzegnis – laboratori didattici esperienziali, visite guidate tematiche (arte e musica) all’Art Park, talk accompagnati da momenti musicali e degustazioni a Km zero in collaborazione con le attività locali.

Mancini soccorre 94enne investita da auto

DALLE MARCHE

Il ct della nazionale azzurra Roberto Mancini, di Jesi,  ha soccorso una 94enne che era stata investita a Senigallia. Mancini, in vacanza,  passava casualmente in zona insieme ad alcuni amici, tra i quali anche un medico. L’anziana è stata toccata da un’auto mentre attraversava la strada in bici. Allora  l’allenatore l’ha aiutata informando successivamente il 118. La donna ha riportato alcune fratture ed è stata trasportata in ospedale. Suo figlio,  tramite Facebook, ha poi  ringraziato Mancini per essersi fermato.

Pietro Zanna, il vigezzino che inventò il calorifero

La voce della sua scoperta si diffuse rapidamente e, valicando le Alpi, giunse anche in Italia. Alle nozze di Vittorio Emanuele con Maria Adelaide, Carlo Alberto e l’arciduca Ranieri d’Asburgo,Viceré del Regno Lombardo-Veneto, ritrovandosi nella Palazzina di caccia di Stupingi, ebbero un lungo colloquio dove il tema, più che le strategie e l’alta politica, si protrasse su quel meraviglioso sistema che permetteva di riscaldare il palazzo imperiale senza che apparissero tracce di fuoco

Pietro de Zanna, all’anagrafe Pietro Giovanni Maria Zanna, vigezzino di Zornasco ( era nato in quella frazione di Malesco, a due passi dal confine con la Svizzera,nel 1779), è stato l’inventore del calorifero ad aria compressa. E’ a lui che si deve il primo sistema di riscaldamento ad aria calda, progenitore di tutti gli impianti nati successivamente. Correva l’anno 1839 e lo Zanna – emigrato da giovane con il fratello Bartolomeo in Austria – conduceva a Vienna una fumisteria che produceva macchine per il riscaldamento. Il geniale vigezzino era riuscito per primo a “diffondere bene il calore senza provocare correnti moleste, a filtrare e miscelare adeguatamente con acqua riscaldante, ad appartare perfettamente la camera di riscaldamento dalla camera di combustione e dalle canna fumarie, ad assicurare la buona tenuta delle condotte, adoperando con giudizio il metallo, la muratura e il cotto insieme, ad estendere il raggio d’azione dell’impianto senza limiti di spazio per mezzo di focolari sussidiari”. Insomma, una gran bell’idea che trovò applicazione pratica,con successo, alla residenza Imperiale di Hofburg dove, a quel tempo, regnava Ferdinando I d’Asburgo-Lorena. La voce della sua scoperta si diffuse rapidamente e, valicando le Alpi, giunse anche in Italia. Alle nozze di Vittorio Emanuele con Maria Adelaide, Carlo Alberto e l’arciduca Ranieri d’Asburgo,Viceré del Regno Lombardo-Veneto, ritrovandosi nella Palazzina di caccia di Stupingi, ebbero un lungo colloquio dove il tema, più che le strategie e l’alta politica, si protrasse su quel meraviglioso sistema che permetteva di riscaldare il palazzo imperiale senza che apparissero tracce di fuoco. Quando Carlo Alberto seppe che l’autore di quel prodigio era un suo suddito lo mandò a chiamare e gli commissionò il riscaldamento del palazzo reale di Torino e dei vari castelli dei Savoia. L’inventore, tornato a Vienna, preparò tutto il materiale e provvide a trasportarlo con una carovana di carri fino a Torino. Fatta fortuna e aggiunta la particella nobiliare al proprio cognome, l’intraprendente Pietro, come tutti i vigezzini arricchitisi con l’emigrazione, appena poteva tornare nella sua valle e al suo paese natale di Zornasco, non mancò di beneficiare con generosità la comunità locale, con particolare riguardo per la chiesa parrocchiale. Durante le funzioni religiose, ai benefattori erano riservati, in segno di gratitudine, piccole attestazioni di riguardo. Il De Zanna,uomo di rigidi principi e molto religioso ( nel suo ufficio campeggiava un grande quadro raffigurante la Madonna di Re) pur essendo modesto, rimase stupito e si sentì ferito nel vedersi assegnare l’ultimo cero e l’ultimo posto in chiesa. Così,non senza amarezza – da quanto si narra – partì per Vienna e non fece mai più ritorno a Zornasco. Evidentemente,nel piccolo paese tra i monti, non avevano ben compreso chi fosse quel loro concittadino,considerato dalla stampa italiana e straniera alla stregua del grande Benjamin Franklin.

Marco Travaglini

“Sequestrano” ambulanza costringendola a intervenire

DALLA CAMPANIA

Un’ambulanza ferma all’ospedale Loreto Mare di Napoli, è stata costretta a soccorrere due feriti in un incidente avvenuto poco distante. Due persone in sella a uno scooter si sono recate nel pronto soccorso minacciando i sanitari per costringerli a seguirli per soccorrere i feriti nell’incidente . Hanno detto che i soccorsi tardavano a intervenire.

McGovern, l’utopista

A Barak Obama, in occasione della sua rielezione nel 2012,  mancò un voto. Non uno qualsiasi, trattandosi di quello di George McGovern. Infatti, il 21 ottobre di quell’anno, l’America perse il candidato presidenziale più “di sinistra” della sua storia. L’ex senatore democratico morì a novant’anni in una clinica del South Dakota quando la sfida tra Obama e Romney si stava avviando alle battute finali. Quarant’anni prima, all’epoca del Watergate, McGovern -considerato un “pericoloso sovversivo” e un “socialista” per le sue idee liberal – fu sconfitto da Richard Nixon nella corsa alla Casa Bianca. “Uno statista di grande coscienza e convinzioni”, lo ricordò con emozione Obama al quale, quattro anni prima, McGovern aveva dato il suo appoggio pur avendo inizialmente sostenuto Hillary Clinton. Alla sua scuola sono cresciuti leader come Bill Clinton che, nel 1972, coordinò la campagna pro-McGovern in Texas, e Gary Hart che l’organizzò su scala nazionale. Un giorno, Robert Kennendy, lo elogiò così: “Fra tutti i colleghi è la persona mossa da maggiore sentimento, quello che agisce nel modo più genuino”. Figlio di pastore metodista, diceva di aver imparato a odiare la guerra dopo aver pilotato i bombardieri B24 nel secondo conflitto mondiale. Nel 1972 il suo programma  prevedeva il ritiro dal Vietnam in cambio della liberazione dei prigionieri di guerra statunitensi, l’amnistia per gli obiettori di coscienza  e una riduzione di più di un terzo in tre anni delle spese per la difesa. Ma pensava anche agli ultimi, immaginando un piano di prestiti agevolati per le persone a reddito basso e una concreta lotta alla fame nel mondo. Perse quelle elezioni di quarantacinque anni fa, e le perse anche male. Nonostante tutto rivendicò, con coerenza e orgoglio, le sue idee con un indomabile fervore “liberal” che contribuì  decisamente a migliorare l’America. “Io credo nel potere delle idee”, ripeteva McGovern e , nonostante la sconfitta, fu quest’ utopica passione a consegnarlo alla leggenda.

Marco Travaglini

La tesi di laurea di Lawrence d’Arabia

Prendeva parte alle campagne di scavi archeologici dirette dal British Museum, esplorava a piedi per mesi intere regioni nella terra dell’Eufrate e del Tigri, i due grandi fiumi mesopotamici, visitava e perlustrava castelli e fortezze medievali, scattava fotografie e disegnava ciò che vedeva. Costui era Thomas Edward Lawrence (1888-1935), molto prima di diventare il celebre Lawrence d’Arabia, uno dei capi della rivolta araba contro i turchi negli anni della Grande Guerra. Il giovane Lawrence, appena ventunenne, aveva già percorso il Vicino Oriente indagando da vicino gli stili architettonici di forti e bastioni arabi e crociati analizzandone la posizione strategica. Dagli studi e dalle sue osservazioni di archeologo nacque la tesi che sviluppò all’Università di Oxford ottenendo il massimo dei voti. In viaggi e ricerche nella Siria ottomana raccolse note e appunti scritti a matita, disegni e fotografie, giungendo perfino a mettere in discussione le teorie archeologiche più conosciute dell’epoca. La tesi dello studente di Oxford, arricchita da alcuni diari composti tra le dune dei deserti mediorientali, è stata raccolta nel libro “I castelli dei crociati” di Thomas Edward Lawrence che l’editore Castelvecchi riporta oggi in libreria dopo tanto tempo, con la prefazione di Franco Cardini e l’introduzione dello storico Denys Pringle.

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“Mi sono alzato all’alba e ho fatto il bagno nell’Eufrate, poi sono andato dall’altra parte del fiume e ho fatto il giro della cinta esterna della fortezza crociata, fotografando l’angolo sud-orientale del castello…anche quando non si incontrano montagne o fiumi, vi sono colline e valli con distese di rocce sufficienti a rendere impossibile il cammino. Non potrai mai renderti conto, senza visitarla, dell’impervietà della regione…sulla strada che va da Antiochia ad Aleppo la mia scorta ha camminato, insieme con i cavalli, per quattro ore, e viaggiare a piedi è cosa che va contro ogni naturale disposizione di un siriano”. Questo è il giovane Lawrence che oltre un secolo fa, nell’estate del 1911, come studente della celebre università inglese, visitò Siria e Palestina in una situazione molto diversa da quella odierna. “Per quanto in crisi profonda, scrive Cardini, la “pax othmanica” che ancora per poco regnava sul Vicino Oriente permetteva itinerari e confronti attraverso luoghi lontani magari poche centinaia di chilometri fra loro, ma non solcati, come accade oggi, da frontiere pericolose e spesso impossibili a varcarsi. Il lavoro prezioso di Lawrence ci consente oggi di verificare la situazione qual era più di cent’anni fa quando mancavano rilievi precisi e foto specifiche di quei luoghi”.

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Nel suo volume Lawrence affronta vari temi: dall’architettura militare in Europa fino al tempo della prima crociata all’architettura bizantina, dalle fortificazioni dei crociati in Siria a quelle in Europa nel XII secolo. E ancora, dalla posizione stategica dei castelli crociati alla descrizione di cinque fortezze nella regione di Edessa. Archeologo, agente segreto di Sua Maestà britannica, militare e condottiero, traduttore e scrittore, Lawrence è stato uno dei personaggi più ammirati della sua epoca. La guerra contro i turchi ottomani tra il 1916 e il 1918 a fianco dei nazionalisti arabi ne ha fatto una leggenda. La sua fama di scrittore è legata in particolare a “ I sette pilastri della saggezza”, pubblicato nel 1922. I “Castelli dei Crociati” uscì postumo nel 1936, un anno dopo la tragica morte dell’autore. Aveva la passione per la moto il giovane Lawrence e percorrendo una stretta strada di campagna rimase vittima di un incidente. Una disgrazia, secondo molti non casuale e la cui dinamica non è mai stata ben chiarita. Una moto, una lastra di ghiaccio, un sasso sulla strada. Dopo una vita avventurosa e straordinaria muore a soli 47 anni in un banale incidente di motocicletta alla vigilia di un incontro con Hitler. “Non sappiamo, scrive Cardini nella sua biografia su Lawrence d’Arabia, se questo incontro sarebbe mai avvenuto, certo era stato sollecitato dalle due parti”. Noi però ci fermiamo al libro di Castelvecchi che è un’importante testimonianza della formazione culturale del condottiero della rivolta nel deserto. Tra i vari libri sulla figura di Lawrence, ci piace ricordare anche “Le sabbie di Lawrence”, scritto dal giornalista e scrittore torinese Renzo Rossotti, noto ai lettori non solo per i suoi “gialli” ma anche come storico di Torino e profondo conoscitore della storia e della letteratura inglese.

Filippo Re

Fossalta e il “fronte del Piave” di Hemingway

Fossalta me la ricordavo ridotta dalle bombe a cumuli di macerie, al punto che neppure i topi ci potevano abitare”. Così scrisse Ernest Hemingway sul “Daily Star” di Toronto  nel luglio del 1922. L’articolo, intitolato “Visita di un reduce al vecchio fronte”, venne scritto quattro anni dopo la tragica notte tra l’8 e il 9 luglio del 1918 quando – una ventina di giorni prima del suo 19° compleanno – venne colpito dalle schegge dell’esplosione di un colpo di un mortaio austriaco a corta gittata. Il giovane Hemingway, volontario arruolasi  durante la prima guerra mondiale come autista d’ambulanza  della sezione statunitense della Croce Rossa ( era stato escluso dai reparti combattenti a causa di un difetto alla vista) , cercò di mettere in salvo i feriti  quando fu colpito alla gamba destra da proiettili di mitragliatrice che gli penetrarono nel piede e in una rotula. Il luogo in cui lo scrittore fu ferito è  noto come “Buso Burato”. Lì l’acqua del Piave si dirige verso Fossalta, seguendo una linea di anse disegnate a “elle”. E lì, tra le due sponde del fiume, c’era la prima linea, con gli austriaci appostati sulla riva sinistra. Hemingway arrivò a Fossalta di Piave il 24 giugno 1918, appena conclusa la Battaglia del Solstizio e le strade del piccolo paese parevano un cimitero a cielo aperto. Quelle due settimane in cui rimase lì, fino alla notte del ferimento, segnarono in profondità la sua vita. Dopo il ferimento, ricevute le prime cure, venne trasportato in treno all’Ospedale della Croce Rossa americana di Milano, dove fu operato. Lì rimase tre mesi, durante i quali furono necessarie ben 12 operazioni chirurgiche per estrarre le oltre 200 schegge che gli erano entrate nella gamba. Lì s’innamorò di un’infermiera statunitense di origine tedesca, Agnes von Kurowsky. Dall’intera vicenda trasse spunto per uno dei suoi romanzi più celebri, “Addio alle armi”, dove il tratto autobiografico è ben visibile. Il gesto d’eroismo che lo vide protagonista sul Piave  gli valse la medaglia d’argento al valore del Regno d’Italia e  la Croce di Guerra, conferitagli dagli Stati Uniti del presidente Thomas Wilson. Così, quando fece ritorno– nel gennaio del 1919 –  al suo paese natale di Oak Park, nell’Illinois, venne accolto come un eroe. Hemingway, in viaggio in Italia negli anni seguenti, volle ritornare a Fossalta e in Veneto, dove ambientò anche un altro suo romanzo – “Di là dal fiume e tra gli alberi” – scritto nel 1950. Oggi una stele, posta lungo l’argine di Fossalta del Piave, ricorda il luogo dove Hemingway fu ferito. Per mantenere viva la memoria  della “guerra Granda” e del legame con il celebre scrittore americano, la municipalità del piccolo centro in provincia di Venezia ha realizzato un ecomuseo intitolato “La guerra di Hemingway“: un anello di 11 chilometri in cui camminare lungo il Piave ascoltando le parole dello scrittore raccolte in un’audio guida e con la possibilità di scaricare ulteriori documenti e informazioni attraverso dei QR code presenti sulle steli disseminate lungo il percorso segnato – a terra – da impronte azzurre di scarpe chiodate. A Bassano del Grappa, poco più a nord del celebre ponte in legno del Palladio, sulla riva est del fiume, sorge invece Ca’ Erizzo, elegante struttura del ‘400. Nel 1918 la villa fu residenza della Sezione Uno delle ambulanze della Croce Rossa Americana. In una parte del complesso, restaurato dall’attuale proprietario, ha sede il Museo Hemingway e della Grande Guerra, che ospita inoltre una “collezione Hemingway” con una vasta documentazione. Un’ultima annotazione sul Sacrario di Fagarè, dove riposano le salme di più di diecimila caduti (per metà ignoti) nelle dure battaglie del Piave tra il 1917 e il ‘18, provenienti da ottanta cimiteri di guerra del basso Piave. Lì è  sepolto anche il tenente Edward McKey, ufficiale della Croce Rossa Americana, amico personale di Hemingway che, in sua memoria, scrisse una poesia il cui testo è scolpito in ferro ed è visibile nella cappella centrale del Monumento.

Marco Travaglini