Le trame dei film nelle sale di Torino
A cura di Elio Rabbione

Alla ricerca di Dory – Animazione. Regia di Andrew Stanton e Angus MacLean. Una festa per i piccoli, e non soltanto. A tredici anni dal successo planetario di “alla ricerca di Nemo”, ecco che oggi è la pesciolina Dory a prendere il sopravvento sulla terna dei protagonisti di un tempo, mentre nuovi caratteri marini s’aggiungono. In una lunga traversata tra Australia e California, Dory cercherà di accettare quella smemoratezza che la perseguita, anche con l’aiuto di vecchie conoscenze, dallo squalo balena Destiny che causa la miopia va a sbattere da ogni parte al polpo Hank, nervoso quanto basta, a Bailey, beluga migliore di tutti. Durata 97 minuti. (F.lli Marx sala Groucho, Ideal, Lux sala 2, Massaua, Reposi, The Space, Uci)
Blair Witch – Horror. Regia di Adam Wingard, con Wes Robinson e Corbin Reid. Un gruppo di ragazzi scomparsi in un bosco, unica testimonianza una videocassetta, amici e parenti che si mettono alla loro ricerca, verità sconosciute e misteri, la presenza vendicativa di una strega che quel bosco lo aveva abitato secoli addietro. Per quanti la paura può essere un buon inizio per il divertimento. Durata 90 minuti. (Massaua, Reposi, The Space, Uci)
Bridget Jones’s baby – Commedia. Regia di Sharon Maguire, con Renée Zellweger, Colin Firth e Patrick Dempsey. Nuova avventura, tra i soliti problemi di peso e il sonno perso per qualche ritocchino di troppo, per l’imbranatissima single ultraquarantenne, portabandiera di una buona parte dell’universo femminile. Scomparso il bel tenebroso Hugh Grant, Bridget si ritrova ancora una volta a fare i conti con l’aristocratico Colin e, nuovo acquisto e rimpiazzo, con il facoltoso Patrick (tirato fuori da “Grey’s Anatomy”), nella speranza di affibbiare un padre al pargolo che è in arrivo. Sembra che si torni al divertimento della prima puntata della serie, quella “del diario” e che si siano abbandonati “i pasticci” davvero enormi del seguito. A tutti i fan, provare per credere. Durata 122 minuti. (Greenwich sala 1 V.O., Ideal, Lux sala 1, Massaua, Reposi, The Space, Uci)
Demolition – Amare e vivere – Drammatico. Regia di Jean-Marc Vallée, con Jake Gyllenhaal, Naomi Watts, Chris Cooper e Judah Lewis. Dal regista di “Dallas Buyers Club” e di “Wild”, la storia di Davis, broker di successo, che perde la moglie in un incidente d’auto. Si accanisce contro se stesso, contro quegli oggetti che le ricordano la defunta, contro la casa stessa, sino alla distruzione, avvilito, confuso, rabbioso; sino a quando, inaspettatamente, inizia a frequentare una sconosciuta, e suo figlio, cui attraverso lunghe lettere confessa tutto il proprio disagio di uomo solo. Forse con la presenza di un nuovo nucleo familiare qualcosa potrà cambiare. A tratti eccessivo e sopra le righe, ma una grande prova interpretativa del protagonista. Durata 101 minuti. (Eliseo rosso)
L’effetto acquatico – Commedia. Regia di Solevi Ansbach, con Samir Guesmi e Florence Loiret-Caille. Samir, di professione gruista, si innamora di Agathe, istruttrice di nuoto a Montreuil, nella regione parigina. Pur di averla accanto e poterla frequentare, decide di prendere lezioni di nuoto nella piscina comunale, benché sia già un provetto nuotatore. Se la ragazza (del cuore) dovrà raggiungere l’Islanda per partecipare ad un congresso internazionale dei maestri di nuoto, Samir non esiterà a seguirla: non dovrà che spacciarsi per un istruttore israeliano. Più semplice di così… La rivista “Ciak” ha definito il film come “uno dei film più divertenti dell’anno, un gioioso inno alle infinite declinazioni dell’amore, in cui l’acqua svolge il ruolo di Cupido ed è più resistente di ogni scelta razionale”. Opera postuma della Anspach scomparsa un anno fa a 55 anni. Durata 85 minuti. (Eliseo rosso)
El abrazo de la serpiente – Drammatico. Regia di Ciro Guerra, con Jan Bijovoet e Nilbio Torres. Karamakate, sciamano amazzonico, vive lontano dalla sua gente: un giorno arriverà Evan, etnobotanico americano, alla ricerca di una misteriosa pianta allucinogena. Insieme partiranno per una ricerca che li porterà sino al cuore della foresta. Splendido bianco e nero, premio alla Quinzaine des Réalisateurs dello scorso anno a Cannes. Durata 125 minuti. (Classico V.O.)
Elvis & Nixon – Biografico. Regia di Liza Johnson, con Michael Shannon e Kevin Spacey. Lo studio ovale della Casa Bianca ormai visto tante volte, l’incontro del 21 dicembre 1970 fortemente voluto da Elvis Presley desideroso di avere dal presidente Nixon un’investitura ufficiale ad agente FBI , lui acerrimo nemico del traffico della droga. Esiste di quell’appuntamento a due una foto d’archivio, la regista è andata a scovare e interrogare i vecchi collaboratori dei due protagonisti che costruire una sceneggiatura, con giudizi assai discordanti presi qua e là sui giornali. Comunque un’occasione storica che si può con interesse rispolverare. Durata 86 minuti. (Eliseo blu, Romano sala 1, Uci)
L’era glaciale: in rotta di collisione – Animazione. Regia di Mike Thurmeier e Galen T. Chu. Scordatevi la teoria del Big Bang. L’origine dell’universo è merito della ghianda dello scoiattolo-topo Scrat, causa di una cascata di meteoriti sul nostro pianeta. A salvare la situazione ci penseranno gli amici Sid, Manny, Diego e il resto del branco, tutti in fuga verso Geotopia. Durata 100 minuti. (The Space, Uci)
Escobar – Drammatico. Regia di Andrea Di Stefano, con Benicio del Toro e Josh Hutcherson. Niente di meglio che una vacanza in Colombia per il giovane surfista canadese Rick, in mezzo a onde mozzafiato, tra sabbia immacolata e lagune da favola. Ancor meglio se arriva l’amore con gli occhi della splendida Maria: finché un giorno la ragazza presenta il suo ragazzo allo zio, che di nome fa Pablo Escobar. Narcotrafficante, capace di far girare politica e economia del suo paese a proprio piacimento, ma anche padre premuroso nel raccontare favole ai figli, marito romantico verso una moglie cui dedica canzoni, cattolico oltre ogni dubbio che prega prima di una strage. La vita di Nick diverrà un incubo. Robusto film intorno alle contraddizioni di un uomo, una storia di formazione, un perfetto insieme di thriller e di inevitabile melò. Durata 120 minuti. (Romano sala 2)
L’estate addosso – Commedia. Regia di Gabriele Muccino, con Brando Pacitto, Joseph Haro, Matilda Lutz e Taylor Frey. Anni Novanta. Con l’aiuto delle note e delle parole soprattutto di Jovanotti, all’indomani della maturità, i giovani Maria e Marco, antipaticissimi l’uno all’altra, si ritrovano a viaggiare insieme alla volta di San Francisco. Lì incontreranno ad attenderli Matt e Paul, coppia gay: con loro scopriranno la loro giovinezza, fatta di pregiudizi e di inaspettati innamoramenti, di fedeltà diverse e di scoperte che li cambieranno. Presentato a Venezia fuori concorso. Durata 103 minuti. (Due Giardini sala Ombrerosse, Massaua, Reposi, The Space, Uci)
La famiglia Fang – Commedia drammatica. Regia di Jason Bateman, Jason Bateman, Nicole Kidman e Christopher Walken. Tratto dal romanzo omonimo firmato da Kevin Wilson, edito in Italia da Fazi, è la storia di una coppia di genitori, due artisti di strada che nella loro vita hanno sempre avuto un debole per la provocazione a tutto tondo, e del risvolto che quella filosofia di vita, tra caos e una continua ricerca creativa sempre condotta oltre ogni convenzione sociale, ha prodotto sui figli (da sempre chiamati A e B), esseri al colmo della più ostile infelicità. Poi un giorno i vecchi genitori scompaiono. Ancora un “teatrino” preparato ad arte o una messinscena macabra quanto reale? Durata 105 minuti. (Ambrosio sala 3)
Frantz – Drammatico. Regia di François Ozon, con Pierre Niney e Paula Beer. All’origine un testo teatrale, cui seguì nel ’32 un film di Lubitsch; oggi l’autore di “8 donne e un mistero” e di “Potiche” riprende il tema sottolineando le pagine del pacifismo. In un piccolo villaggio della Germania appena uscita dalla Grande Guerra, il giovane Adrien si reca in visita alla famiglia del ragazzo del titolo per chiedere a tutti il perdono per la morte che lui stesso ha causato in guerra. Non ne ha il coraggio, ma la presenza della fidanzata del defunto (la Beer è stata premiata a Venezia con il “Mastroianni” per questa interpretazione) lo spingerà verso una confessione: spetterà ad Anna accettare o no un nuovo futuro. Anche un omaggio all’antico bianco e nero. Durata 113 minuti. (Due Giardini sala Nirvana, Nazionale sala 1, Uci)
Indipendence Day: Rigenerazione – Fantascienza. Regia di Roland Emmerich, con Jeff Goldblum, Bill Pullman e Liam Hemsworth. A vent’anni dal precedente e originalissimo “Indipendence Day”, il regista votato anima e corpo ai disastri terrestri più spettacolari torna se non sul luogo del delitto dalle parti delle minestre piuttosto mal riscaldate: il tutto con la modica spesa di 160 milioni di dollari. Ritroviamo vecchie facce della puntata precedente, qualcuno ha lasciato come Will Smith, altri nuovi hanno nuovo peso nella catastrofica vicenda, compreso il nuovo presidente degli States, che guarda caso è una donna (come Hillary?). Per inguaribili nostalgici. Durata 120 minuti. (Ideal, The Space, Uci)
Io prima di te – Commedia (tra sospiri e lacrime). Regia di Thea Sharrock, con Sam Caflin e Emilia Clarke. Sospiri e lacrime, ovvero preparate i fazzoletti. Ovvero siamo di fronte a uno di quei soggetti che, senza tema di essere smentiti, scottano e molto. Alla radice il romanzo scritto (furbescamente?) da Jojo Moyes, bestseller per cuori d’antan o forse soltanto giustamente più sensibili. Lei, di famiglia modesta, carattere splendidamente esuberante, lui biondo ricco bellone manager, su sedia a rotelle a seguito di tragico incidente. Saprà lei ridargli un po’ di felicità e magari distoglierlo da pensieri che proprio non collimano con quelli di una vita normale? Una buona chiave per i giovani attori che aspirano al successo. E il pubblico, da che parte si schiererà? Apertissimo un dibattito mi piace/non mi piace. Durata 110 minuti. (Ideal, Massaua, Reposi, The Space, Uci)
Jason Bourne – Azione. Regia di Paul Greengrass, con Matt Damon, Alicia Vikander, Vincent Cassel, Tommy Lee Jones e Julia Stiles. A dirigere chi, per la “vicenda Bourne”, ideata da Robert Ludlum, ha già retto con la solida magistrale professionalità i precedenti “Supremacy” e “Ultimatum”: il che è una grande sicurezza. Poi il protagonista con un Damon sempre alla ricerca della propria memoria, con tra le mani questa volta dei file che potrebbero in qualche modo spiegargli la morte violenta di suo padre, tesissimo e di filtrate parole, gran maestro dell’azione, di granitica espressione dalla prima inquadratura all’ultima. Qui lo ritroviamo nel suo isolamento in Grecia, scovato dalla collega Nicky, con un nuovo e sempre più sconcertante “programma governativo”. Menzogne e mezze verità, perfidi dirigenti della CIA e immancabile killer che ha la feroce ruvidezza di Cassel, una ambigua agente dei Servizi Segreti in vena di far carriera, che ha i tratti un po’ spenti della nuova star Wikander, pronta a lasciare aperta quella porta che fa ben sperare in altra/e avventura/e. Ritmo da brivido, eccellente, come nei capitoli precedenti pezzi da antologia (vedi, per esempio, alla voce “inseguimenti”, ad Atene tra le strade coinvolte nei disordini più recenti come a Las Vegas, insuperabile, come i pedinamenti, come i corpo a corpo). Forse spiace, nel divertimento generale e anche nel caos che ne deriva, che Greengrass e sceneggiatori abbiano privilegiata la grancassa e abbiano messo la sordina al disordine mentale e interiore del protagonista. Durata 123 minuti. (Ideal, Uci)
I magnifici 7 – Western. Regia di Antoine Fuqua, con Denzel Washington, Ethan Hawke e Chris
Pratt. Una volta Akira Kurosawa e John Sturges, oggi Fuqua a (ri)raccontarci il mito d’anta, con il magnate senza scrupoli che vuole impossessarsi di un intero villaggio e dell’appetitoso bacino minerario che gli sta intorno, promettendo ai poveri contadini un risarcimento ridicolo o una strage se non accetteranno. Ma qualcuno riuscirà a raccogliere un gruppo di criminali a difesa di uomini e cose. Durata 133 minuti. (Ideal, Lux sala 3, Massaua, The Space, Uci)
Ma Loute – Commedia. Regia di Bruno Dumont, con Fabrice Luchini, Juliette Binoche e Valeria Bruni Tedeschi. Nell’estate del 1910, in un’Europa che sta scivolando verso una guerra di proporzioni terrificanti, l’ispettore Machin e il suo assistente si ritrovano a dover indagare, in un piccolo centro del nord della Francia, sulla sparizione di alcune persone. Si trovano di fronte la famiglia Brufort, di umili origini, e quella borghese, in piena decadenza, dei Van Peteghem. Entrambe hanno dei segreti, ben conservati tra le pareti di casa. Durata 122 minuti. (Classico)
Prima di lunedì – Commedia. Regia di Massimo Cappelli, con Fabio Troiano, Vincenzo Salemme, Sandra Milo e Martina Stella. Un incidente tra auto in una Torino affogata nella calura d’agosto, il poco di buono Carlito (come Pacino nel film di de Palma) che “invita” chi lo ha investito, invece di risarcire i danni, a consegnare a Torre del Greco un uovo di pasqua sui generis. Durata 90 minuti. (The Space, Uci)
Questi giorni – Drammatico. Regia di Giuseppe Piccioni, con Margherita Buy, Filippo Timi, Laura Adriani, Maria Roveran, Caterina Le Caselle e Marta Gastini. In una città di provincia, le sensazioni, l’amicizia, le abitudini, il quotidiano di quattro ragazze, universitarie. Una nuova occasione, ancora una volta il tema del viaggio, per stare insieme, una di loro deve andare a Belgrado per una proposta di lavoro come addetta alla reception in un albergo della città. Forse è il momento di lasciar affiorare quei segreti che sino ad ora sono rimasti nascosti. In concorso alla Mostra di Venezia. Durata 120 minuti. (Romano sala 3)
The Beatles – Eight days a week – Biografico. Regia di Ron Howard. In attesa di “Inferno” tra poco meno di un mese, il regista di “Rush” ricostruisce attraverso immagini, spezzoni di vita pubblica e privata, attraverso il dietro le quinte di tanti concerti e apparizioni, la storia del gruppo che all’inizio degli anni Sessanta cambiò il corso della musica. Per i fedelissimi e gli appassionati di ogni generazione. Durata 137 minuti. (Ambrosio sala 1, Centrale V.O., F.lli Marx sala Harpo V.O., Massimo sala 2)


fu tra i soci fondatori e segretario generale dello Yatch Club Italiano, tra i soci fondatori, nel 1899, della FIAT e primo presidente dell’Associazione Club e dell’ ACI; il prozio, il conte Guido, eroe nella guerra italo-turca del 1911, e il nonno Carlo fondatore del Museo dell’Automobile a Torino).
per analogia, i Calligrammes di Apollinaire, e di cui molto spesso risulta protagonista la Versilia, e, soprattutto, Forte dei Marmi, cui Roberto Biscaretti di Ruffia si sente legato sin dalla nascita da un amore che travalica la semplice passione per un luogo di villeggiatura. L’attaccamento a questa terra, compresa tra il mar Tirreno e le Alpi Apuane, amata da poeti come Eugenio Montale e d’Annunzio, da pittori quali Carlo Carrà, e da scultori come Mitoraj e Henry Moore, e ancor oggi Botero, gli è stata trasmessa dalla nonna materna, la contessa
Katina Viglietti Morisani, figlia del comandante Errico, fondatore della ben nota Compagnia della Vela e tra gli artefici del Bagno Dalmazia. “Verde”, “Corsa solitaria” “Estate fine” e “Ombelico” trovano la loro genesi e ispirazione proprio nella poesia di Forte dei Marmi, che Roberto ama soprattutto fuori stagione, anche nella magia che il mare sa riservare d’inverno .
Anche “Versiliana” che si trova in questo album, trae origine da questo luogo e richiama un celebre soggiorno dannunziano, avvenuto a inizio Novecento, nella villa omonima, circondata da un gran parco di pini marittimi, dove il Vate amò la Duse, compose e le dedicò la Francesca da Rimini. D’altronde la formazione dell’autore, prima della laurea in giurisprudenza, è stata strettamente intrecciata al suo amore per il mare e per Forte dei Marmi, dove egli ha anche abitato, dopo la maturità classica conseguita al Collegio Navale Morosini di Venezia e la frequenza all’Accademia Navale di Livorno.
E’ in uscita presso l’editore Lampi di stampa una nuova edizione de “Il Capitano”, la storia di Filippo Maria Beltrami, noto architetto Milanese, e della moglie Giuliana Gadola.
Mauro Begozzi e Cesare Pavese, arricchisce l’edizione del 1964, di cui il volume è fedele riproduzione. “La vicenda del capitano diventata subito una leggenda… È un libro che può essere letto in tanti modi e a tutte le età”, sottolinea Gianni Rodari. Cesare Pavese nel marzo del 1946, dopo aver letto “Il Capitano” scrive a Giuliana Gadola e, dopo averle ricordato la sua amicizia col giovanissimo Gaspare Pajetta, caduto a Mégolo al fianco di Beltrami, aggiunge: “Non voglio farle – né Lei aspetta – apprezzamenti letterari su questo libro, ma posso almeno dire, che è il primo di ispirazione partigiana, dove non s’acquatti la retorica…». Un libro importante, una storia vera sul riscatto degli italiani dalla vergogna del regime fascista.

fiato a ben vedere corto, è l’affastellarsi di una eccessiva simbologia che carica a negativa dismisura il racconto (l’albero sradicato, le chiacchiere di un uomo che a volte appare più che altro completamente fuori di sé, il mobilio preso a calci e ben oltre) come finisce con il nuocere raccontare ogni cosa – disperazione, linguaggio, atteggiamenti, azioni di ogni giorno, fughe nella ribellione – sfacciatamente sopra le righe, senza quei binari che la renderebbero assai più credibile.
Martedì 4 ottobre, alle 21,00, al Teatro “Gobetti” di via Rossini a Torino andrà in scena la pièce teatrale “Carlo,Ettore,Maria e la Repubblica. Storia d’Italia dal 1945 a oggi”,di Leonardo Casalino e Marco Gobetti.
faceva la prostituta in una casa chiusa di Torino. Il loro amore, la passione di Maria per il cinema e la letteratura, le loro lotte, i loro vecchi mestieri e quelli nuovi, il loro riscatto sociale offrono lo spunto per una storia piccola e paradigmatica, però, del tentativo nella grande storia, di formare una società civile capace di un rapporto maturo con il potere politico. Che cosa resta di quel tentativo? La risposta spetta a Carlo, figlio di Ettore e Maria, la cui vicenda affonda le radici nel presente che viviamo e nei settant’anni che lo precedono. Un intreccio di biografie di pura invenzione che lascia emergere la nascita e storia della Repubblica Italiana. Un racconto che, evocando la storia di Italia dal 1945 a oggi, intende farsi strumento di ricordo, ma anche di apprendimento, sogno, coraggio, pensiero e azione. L’appuntamento del 4 ottobre è preceduto da alcune “Prove pubbliche su strada” , il 26,27 e 28 settembre – dalle 15 alle 16 pomeridiane – di fronte alla Libreria La Bussola , al civico 9 di via Po. L’evento, con il Patrocinio della Città di Torino, prevede un biglietto unico a € 10 , con prevendite presso la Libreria La Bussola.
Un evento culturale – cinematografico fuori dai soliti schemi: così si potrebbe definire la settima edizione del “Festival del cinema rurale”, che ha avuto luogo con una terna di rappresentazioni svoltesi rispettivamente ad Ameno, Omegna e Miasino, nei giorni 16,17,18 settembre.
sezioni e di film proiettati poi in serata. Era presente anche Davide Vanotti che, insieme alla stessa Fornara, cura la direzione artistica del festival stesso. Sarebbe troppo lungo qui commentare tutte le proiezioni, di durata e tipologia completamente diverse tra loro, ma tutte particolarmente attraenti e interessanti. Molto divertente il primo cortometraggio, di Lana Pavkov, intitolato World Champion; tre simpatici agricoltori serbi hanno collezionato un sacco di coppe e vinto il campionato del mondo assegnato a chi ha la formula per avere le uova più resistenti alla rottura: la prova avviene facendo scontrare 2 uova tra loro per vedere a che punto si rompono. Il secondo, intitolato “Ice cream”, prodotto da Serhat Karaaslan, è abbastanza comico mostra un ragazzo di 11 anni che, correndo tra campi e sentieri attorno a casa sua, richiamato più e più volte dalla madre, rincorre il venditore di gelati che arriva in paese col suo scassatissimo side-car adibito a gelateria mobile. Pur di ottenere un cono, anche mezzo sciolto, Rojhat convince il gelataio ad essere pagato con due uova, rubacchiate in cascina sotto la pancia delle galline. Quello che non è chiaro (anzi è comico) come faccia l’operatore a inseguire il ragazzino per tenerlo inquadrato da vicino. “Il potere dell’oro rosso” è invece una fiction che narra l’incontro, iniziato male e finito bene, tra un burbero e sospettoso contadino pugliese e un giovane bracciante africano, alle prese con la coltivazione dei pomodori (l’oro, appunto, rosso). Il film – documentario DERT, di Mario e Stefano Martone, mostra come con l’aiuto della cooperativa INSIEME , si possano superare gli assurdi comportamenti e
conflitti nazionalistici, che hanno portato a scontri armati, passati e recenti. Esempio significativo il conflitto jugoslavo, sviluppatosi tra il 1991 e il 1995, che ha riportato in Europa lo spettro della guerra, in un’epoca in cui la tecnologia e i mezzi di comunicazione avevano già raggiunto un alto livello di sviluppo. Oggigiorno, questi avvenimenti, sono stati quasi cancellati dalla memoria pubblica come se fossero parte di un passato lontano dal nostro presente. Purtroppo, pur essendo cambiata l’area geografica, anche oggi dobbiamo assistere a guerre all’interno dei singoli stati. Tornando al film e al conflitto Jugoslavo, non è un caso che gli scontri si siano sviluppati all’interno di quest’area geografica: la presenza di numerose e diverse etnie, che convivono l’una accanto all’altra, ha comportato gravi tensioni, dovute in parte alla ripartizione del territorio. La cooperativa INSIEME, coinvolge le persone che hanno scelto di continuare ad amare la loro terra,valorizzare i frutti che produce e dividerseli di comune accordo: alla faccia delle etnie a cui ognuno sembra o vuole appartenere.
Tra le tante iniziative nel nome di” Vendemmia in arte” si inserisce la mostra di Labar, famoso pittore, scultore, incisore che, lasciata da tempo la sua Sicilia, ha trovato in Monferrato nuove ispirazioni.
di archetipi, sedimentazione del patrimonio inalterato della terra monferrina. Sono forme di vita senza tempo, assolute ed eterne, memoria di appartenenza alla cultura contadina che indaga e conosce i segreti della natura. Attraverso la contemplazione della realtà che lo circonda, Labar concilia ciò che è visibile all’invisibile con percezioni meditative ed evocative di spiritualità; ama allo stesso modo Monferrato e Sicilia, la diversità sta solo nelle simbologie che identificano le due realtà. Da una parte la collina con i suoi frutti, dall’altra il cormorano, l’agave, il mare. Soprattutto il mare, la spiaggia purificata dalla spuma delle onde che rievocano i miti della Magna Grecia tanto da portare alla mente i versi foscoliani che ricordano nostalgicamente” le sacre sponde di Zante”
372 espositori per un complessivo di 505 opere esposte: queste le cifre che animano la 174a Esposizione di Arti Figurative, aperta sino alla fine di ottobre presso le sale della Promotrice delle Belle Arti al Valentino
ricorda le rive “lungo la Dora” di Pippo Bercetti, alle opere inquiete e inquietanti di Guido Bertello (l’immagine tragicamente fissa di “Tre palle un soldo”) e ai fiori rosati dell’acquerellista Luciana Bey scomparsa di recente, agli esercizi inconfondibili e spavaldi di Soffiantino e di Carol Rama, al “Nudo” di Spazzapan e alle spiagge abitate dalle barche di Enrico Paulucci, ai ritratti scolpiti di Nini Maccagno: quasi sempre in un buon livello di esposizione – anche se come in ogni mostra non mancano debolezze o forzature, artisti che aiutano numericamente la mostra ma qua e là la impoveriscono qualitativamente – trovano posto artisti giovani e meno giovani, che consolidano o portano avanti un preciso loro discorso artistico, nelle differenti forme di
approccio, dagli oli agli acquerelli alle tecniche miste, dalla terracotta al legno al bronzo, attraversando intenzioni e risultati tra squarci di paesaggi e ritratti per la maggior parte, tra azzardi contemporanei, tra reminiscenze degli antichi maestri (anche certi collegamenti a Vermeer o a Leonardo o ad Antonello si fissano nella sicurezza dell’originale), tra fantasiose, moderne, composizioni.
Veremejenko, i “Giochi nell’acqua” che Lidia Delloste ambienta con grazia in tranquille distese azzurre. Come tutta la maestria di Adelma Mapelli traspare dal raffinato lirismo di quell’”Attimo” che ferma con il suo acquerello in un perfetto gioco di luci e di ombre, incantano le “Rose” di Anna Cervellera, il viso scavato e bluastro che occupa le “Riflessioni” di Tiziana Inversi, il felino di Rinella Palaziol colto nella
tranquillità di un personale relax o quelli di Luisa Conte – “The Felix Band” – simpaticamente legati alla loro musica, le geometrie dello “Scalo merci” di Andrea Tulliach e l’affettuoso omaggio a Ettore Scola firmato da Marisa Manis tra ritagli di giornale e esatte reinvenzioni, tra “C’eravamo tanto amati” e “Una giornata particolare”, il golfo napoletano raccontato da Anna Borgarelli, il metafisico “Incontro con gli autori” uscito dalla fantasia di Carlo Rivetti, il fotogramma di Anna Sciarrillo che regala ancora una volta l’erotismo della Antonelli e del suo “Malizia”, il favolismo che Natalia Alemanno sparge sul “Cairo”, il realismo succoso con cui Santina Barbera trasmette i colori italiani in un piatto, estremamente vivo e “verace”, di pomodori, mozzarella e basilico.
Bizzarro e geniale definisce oggi Giovanni Gaidano il suo antenato, lasciando per breve durata l’ambiente del suo “Olfattorio” di piazza Bodoni e, girato l’angolo, immergendosi tra le sale della Galleria Fogliato
Tavernier – o dei rappresentanti della nobiltà che lo reclamano, sino ad arrivare a Casa Savoia (il ritratto non terminato del 1902 a Vittorio Emanuele III, che lo volle ai piedi del letto negli ultimi momenti di vita, come racconta la principessa Maria Gabriella, che ha prestato il quadro per la mostra). Ma a quell’ultima tappa, lui scontroso e chiuso nel lavoro e nella ricerca, caparbiamente schivo, arriva malvolentieri, vede nell’ambiente non tanto le occasioni più che positive che potrebbero nascere quanto piuttosto la fatica ad un adattamento, un linguaggio troppo lontano dal suo, la rinuncia a valori più immediati.
“Estasi” (del 1888) con il canto e il suono di una chitarra di un giovane di fronte al divertimento di due ragazze, l’una più giovane e vero interesse dell’uomo, deciso alla corte pur sotto l’occhio vigile e ingombrante dell’altra donna, deciso e sfrontato se si pensa a quel mozzicone di sigaretta che Gaidano ha posto lì, nel bel mezzo del pavimento in primissimo piano. O “I delusi”, presentato all’Esposizione Generale Italiana di Torino nel 1884, la rappresentazione drammatica e realissima di due giovani amanti, abbracciati, morti per le esalazioni di un braciere, un fatto di cronaca che avrebbe colpito l’autore o un amore contrastato, simbolico e autobiografico allo stesso tempo, vissuto da un ragazzo all’epoca ventitreenne; o l’”Angelus” dell’87 dove l’aspetto religioso, costruito con i visi e gli atteggiamenti della gente della sua terra, viene per un attimo disturbato dalla risata che il ragazzino davanti a noi cerca di soffocare.
altrettante diverse età. Basterebbero gli occhi ormai assenti della vecchia nonna o l’importanza tutta manageriale data al cav. Mellano, certi schizzi maschili come la “Ragazza seduta in giardino”, colta in un attimo di affaticata se non dolorosa riflessione, la grandezza e il rispetto propri del “Ritratto di uomo con barba” e soprattutto la spensieratezza di un giorno di festa della “Ragazza con bustino” – l’eleganza semplice, il sorriso, il vezzo del piccolo mazzo di fiori, la leggera smorfia e il sorriso tra ombra e luce – per sottolineare ancora una volta la grandezza di Gaidano nell’avvicinarsi ai suoi personaggi, nel coglierne gli aspetti meno in superficie, nell’approfondire attraverso un puntuale particolare psicologie, sentimenti, infelicità o gioie di un momento.
